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Geopolitica

Medvedev mette in guardia Israele sulla fornitura di armi all’Ucraina

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L’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev ha messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.

 

«Sembra che Israele stia per fornire armi al regime di Kiev. Una mossa molto avventata. Distruggerà tutte le relazioni interstatali tra i nostri Paesi», ha detto sul suo acceso canale Telegram.

 

L’ex presidente della Federazione Russa ha quindi sottolineato il cortocircuito di senso di vedere lo Stato ebraico che vuole armare dei filonazisti: «per non parlare del fatto che la feccia di Bandera era nazista e lo è tuttora. Basta guardare i simboli dei loro moderni lacchè. Se Israele fornisce loro armi, allora è tempo che Israele dichiari Bandera e Shukhevych i loro eroi».

 

Stepan Bandera, considerato il padre dei movimenti nazionalisti ucraini – quelli talvolta chiamati «ucronazisti» – fu collaboratore dei nazisti e portò all’eccidio un gran numero di ebrei e di polacchi. Anche i polacchi, va detto, ultimamente paiono averlo dimenticato: una dozzina di anni fa, invece, si opposero con veemenza diplomatica all’ultimo atto del governo filoccidentale di Viktor Yushenko, che onorò il Bandera con un premio postumo.

 

Bandera, che dopo la guerra lavorò con i servizi inglesi e americani, fu ucciso a Monaco di Baviera da agenti del KGB nel 1959.

 

Circa tre ore e mezza prima del suo messaggio di avvertimento per Tel Aviv, Medvedev aveva pubblicato l’immagine di un drone con ali a delta con il seguente testo: «Nuovo lunedì: nuovo attacco. Missili e attacchi UAV sono in tutta l’Ucraina. In attesa di commenti ufficiali. Nella foto: stamattina UAV iraniano Shahed 136 a Kiev».

 

Gli Shaed 136, ribattezzati nella versione in uso dalle Forze russe come Geran-2, sono droni kamikaze che hanno colpito obiettivi sensibili in tutta l’Ucraina nelle ultime ore. Il New York Times ha riportato che specialisti iraniani sarebbero arrivati in Crimea per istruire i russi sulla loro tecnologia.

 

Come noto, il primo Paese a riconoscere la controversa creazione dello Stato d’Israele fu l’Unione Sovietica di Giuseppe Stalin. I legami tra lo Stato ebraico e la Russia sono anche oggi assai profondi: almeno metà della popolazione del Paese è russofona, così come lo sono vari personaggi politici di spicco, come l’ultranazionalista sionista Avigdor Lieberman, già buttafuori nella natìa Moldavia.

 

I rapporti tra Tel Aviv e Mosca arrivarono al punto che si dice che, durante alcuni periodi del suo governo, il premier Benjamin Netanyahu fosse arrivato a volare ben due volte al mese da Putin.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad inizio del conflitto l’atteggiamento dello Stato ebraico era ben diverso: dopo una visita al Cremlino, l’allora premier Naftali Bennet di fatto consigliò a Zelens’kyj di arrendersi; il Paese resisteva alle pressioni di Biden per la fornitura di armi agli ucraini, e l’immancabile collegamento dello Zelens’kyj (che è di origini ebraiche, come lo è il suo mentore, l’oligarca Igor Kolomojskij, cittadino israeliano che nel Paese fu visitato molteplici volte dal futuro presidente ucraino) con la Knesset, cioè il Parlamento israeliano, incontrò una certa freddezza.

 

Ora il quadro sembra cambiato. Dopo Naftali Bennet, il premier è divenuto Yair Lapid, che sembra avere rapporti estremamente cordiali con il Paese occidentale più ferocemente nemico della Russia, la Gran Bretagna. Come riportato da questo sito, la premier britannica Liz Truss, con uno strappo non da poco, ha dichiarato che sposterà l’ambasciata di Londra a Gerusalemme.

 

Non sappiamo se alla base della repentina inversione di rotta possano essere degli effetti collaterali delle continue dosi di vaccino mRNA inflitte a tutta la popolazione israeliana, la prima a subire, oltre al siero genico sperimentale, lockdown, braccialetti di localizzazione, perfino l’impossibilità di acquistare cibo senza green pass – il tutto mentre il contagio non si è mai fermato (e oggi sappiamo anche perché…)

 

Mentre è nota l’influenza che Israele può avere negli Stati Uniti, con le sue lobby e i suoi contatti, non è chiaro quanta ne possa avere in Russia, Paese di provenienza di tante famiglie askenazite. E non solo: non sono pochi gli immigrati dalla Russia che nemmeno sono ebrei, e che pure sono divenuti cittadini israeliani.

 

 

 

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Geopolitica

Hamas accetta l’accordo di cessate il fuoco

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Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori egiziani e del Qatar, ha detto lunedì ad Al Jazeera un portavoce del gruppo. L’annuncio è arrivato poco dopo che Israele ha ordinato l’evacuazione della città di Rafah in vista di un assalto pianificato da tempo.

 

Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha avuto telefonate con il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il ministro dell’Intelligence egiziano Abbas Kamel, informandoli «dell’approvazione da parte del movimento Hamas della loro proposta riguardante l’accordo di cessate il fuoco», ha detto il gruppo in una dichiarazione ad Al Jazeera.

 

I dettagli della proposta non sono ancora stati resi pubblici. Hamas ha precedentemente chiesto che qualsiasi cessate il fuoco fosse permanente e includesse il ritiro di tutte le truppe israeliane dall’enclave palestinese assediata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rifiutato di fornire queste garanzie, avvertendo la scorsa settimana che Israele non permetterà ad Hamas di rimanere al potere a Gaza e invaderà Rafah con o senza un accordo di cessate il fuoco.

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Netanyahu, tuttavia, ha affermato che Israele è pronto per una pausa temporanea nei combattimenti per consentire lo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi.

 

Il primo ministro israeliano minaccia da diversi mesi di lanciare un’invasione di terra di Rafah, una città nel sud di Gaza che attualmente ospita circa 1,4 milioni di palestinesi sfollati da altre parti del territorio. Nonostante la condanna di Stati Uniti, Unione Europea e decine di altri Paesi, lunedì l’esercito israeliano ha ordinato ai civili di lasciare Rafah, avvertendo che di lì a poco avrebbe colpito la città con «forza estrema», scrive RT.

 

Non è chiaro se la minaccia di invasione abbia influenzato la decisione di Hamas di accettare la proposta di cessate il fuoco. Nonostante l’insistenza di Netanyahu nell’entrare a Rafah, altri funzionari israeliani hanno suggerito che Hamas potrebbe evitare un’invasione accettando la tregua temporanea di Israele.

 

Non è inoltre chiaro se l’accordo proposto da Egitto e Qatar abbia il sostegno di Israele. Un anonimo funzionario israeliano ha detto a Reuters che Hamas ha accettato una versione «ammorbidita» dell’offerta iniziale dello Stato degli ebrei, che includeva conclusioni «di vasta portata» che Israele non avrebbe sostenuto.

 

Secondo le autorità sanitarie palestinesi, il bilancio delle vittime della ritorsione israeliana nell’enclave si avvicina a 35.000 persone uccise dalle forze israeliane.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non entrasse a Rafah.

 

«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.

 

«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.

 

Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».

 

Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.

 

Come gli accordi con Hamas si concilino con l’estremismo giudaico al governo non è dato sapere, ma lo scopriremo a breve.

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Immagine di Council.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Zelens’kyj: gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. Mosca: «overdose di droga»

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha proclamato che Dio è un «alleato» dell’Ucraina nel conflitto con la Russia.  Mentre i cristiani ortodossi celebravano la Pasqua domenica, Zelens’kyj ha rilasciato un video discorso dalla cattedrale di Santa Sofia a Kiev, in cui accusava la Russia di «infrangere tutti i comandamenti». Lo riporta il sito governativo russo RT.   «Il mondo lo vede, Dio lo sa», ha detto. «E noi crediamo che Dio abbia sulla spalla un gallone con la bandiera ucraina. Quindi, con un simile alleato, la vita vincerà sicuramente sulla morte».   L’appello di Zelens’kyj ai cristiani è arrivato mentre il Parlamento ucraino esamina la legislazione che chiuderebbe la più grande chiesa cristiana del Paese, la Chiesa ortodossa ucraina (UOC). Mentre la legge è in parlamento da mesi, il governo di Zelens’kyj si è mosso per limitare l’attività della Chiesa dall’inizio del conflitto nel 2022.

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A stretto giro è arrivata anche la risposta di Mosca, che ha preso in giro ancora una volta il presidente ucraino.   Il presidente ucraino Zelens’kyj ha apparentemente perso il contatto con la realtà, ha suggerito la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, che ha ridicolizzato la dichiarazione, suggerendo che fosse il risultato di una «overdose di droga».   «Un gallone sulla manica di Dio è la stessa storia dei rituali degli antichi ucraini eseguiti da loro da qualche parte in Mesopotamia nel momento in cui scoprirono l’America», ha detto la portavoce, riferendosi apparentemente ad alcuni meme circolanti su internet che si fanno beffe delle narrazioni di Kiev sulle origini della nazione.   Le dichiarazioni di Zelenskyj sono arrivate nel contesto della continua ritirata dell’esercito ucraino nel Donbass, nel mezzo dell’offensiva russa in corso. Domenica scorsa, il ministero della Difesa russo ha confermato che le forze di Mosca avevano preso il controllo del villaggio di Ocheretino, nel nord della Repubblica popolare di Donetsk, un importante centro logistico per le truppe di Kiev.   Secondo l’agenzia di stampa TASS, il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU) ha aperto dozzine di procedimenti penali contro i sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina, ha sanzionato i religiosi e ha privato della cittadinanza ucraina almeno 19 vescovi. Le proprietà della chiesa sono state sequestrate e i monaci sono stati sfrattati dal monastero della Lavra di Kiev, il più importante sito ortodosso in Ucraina.   La Chiesa ortodossa ucraina (UOC) ha profondi legami storici con la Chiesa ortodossa russa (ROC), alla quale tuttavia la prima ha rinunciato dopo che la Russia ha lanciato la sua operazione militare in Ucraina nel febbraio 2022.   Nonostante abbia dichiarato l’autonomia dalla Chiesa ortodossa russa (ROC), lo Zelens’kyj ha accusato la Chiesa ortodossa ucraina di agire come un «agente di Mosca», e ha promosso la Chiesa Ortodossa dell’Ucraina (OCU) creata dal governo in sua sostituzione. Organizzazione non canonica, l’OCU è stata istituita dal governo del presidente Petro Poroshenko dopo il colpo di Stato di Maidan del 2014, sostenuto dagli Stati Uniti.

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All’inizio di quest’anno, un gruppo di avvocati ha scritto al primo ministro britannico Rishi Sunak, avvertendolo che la messa al bando della UOC potrebbe causare «gravi danni agli ucraini ortodossi» e avere «terribili conseguenze per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e il suo posto nel mondo occidentale».   Come riportato da Renovatio 21, Zelens’kyj a inizio anno aveva tolto la cittadinanza a sacerdoti dellaUOC. Vi era stato quindi un ordine di cacciata dalla cattedrale della Dormizione dell’Abbazia delle Grotte di Kiev proprio per il Natale ortodosso. Una tregua di Natale sul campo di battaglia proposta da Putin era stata sdegnosamente rifiutata da Kiev.   Il regime di Kiev si è spinto a vietare le preghiere in russo.   Il regime Zelens’kyj da mesi sostiene la repressione religiosa, annunciando nuove misure volte a vietare le istituzioni religiose ritenute avere legami con la Russia nel tentativo di salvaguardare «l’indipendenza spirituale» della nazione.   La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.

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Il credere che Dio sia schierato con il proprio Paese accomuna molte realtà nazionali coinvolte in qualche modo nella situazione. Gli americani hanno talvolta addotto il pensiero di essere «il Paese di Dio», e di qui quello che si chiama l’eccezionalismo americano, che se volete è il motivo per cui nessuno degli indagati americani per crimini commessi in Italia, dal Cermis a Meredith Kercher passando per gli stupri dei soldati USA nelle basi sul nostro territorio, passa il tempo qui in prigione.   Poi c’è Israele, che è una nazione messianica per definizione, lo Stato del popolo eletto, dove peraltro lo Zelens’kyj ha comperato casa per i genitori – il presidente ha notorie origini ebraiche – e dove andava a trovare spesse volte il suo mentore, l’oligarca ebreo-ucraino (con ulteriore passaporto cipriota) Igor Kolomojskij, ora caduto in disgrazia.   Nonostante il governo della Stella di David abbia talvolta rimbalzato lo Zelens’kyj, Israele è apertis verbis un modello di riferimento per Kiev, come Paese difeso e foraggiato ad oltranza dagli USA. Al contempo, come Paese monoetnico, è stato definito ideale anche dal battaglione Azov, i cui membri vi hanno compiuto viaggi «diplomatici».   Infine, un altro Paese, nel recente passato, anche quello amante di mostrine con rune e svastiche, diceva «Gott mit uns», «Dio è con noi». Di chi si tratterà mai? Chiedere a Giustino Trudeau, o a Marco Zuckerberg.

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Geopolitica

La Colombia rompe i rapporti con Israele

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Il governo colombiano ha ufficialmente notificato all’ambasciatore israeliano la fine delle relazioni diplomatiche e l’intenzione di ritirare il personale correlato, ma ha deciso che i servizi consolari dovrebbero essere mantenuti sia a Tel Aviv che a Bogotá, secondo il Ministero degli Esteri.

 

Il presidente Gustavo Petro ha annunciato la decisione di farlo il 1° maggio, con effetto dal 2 maggio, perché l’assalto israeliano a Gaza costituisce un «genocidio».

 

Bolivia e Belize hanno interrotto le relazioni con Israele all’inizio della guerra, mentre Cile e Honduras hanno richiamato i loro ambasciatori da Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente venezuelano Maduro ad inizio anno aveva dichiarato che Israele ha lo stesso sostegno occidentale di Hitler. Il Nicaragua è andato oltre, attaccando anche i Paesi «alleati» dello Stato ebraico come la Repubblica Federale Tedesca, portando Berlino davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.

 

In Sud America Israele sembra godere del favore parossistico – definito «chiaro ed inflessibile sostegno» – del presidente argentino Milei, uomo consigliato da rabbini che sarebbe in procinto di «convertirsi» al giudaismo, che ha addirittura fatto partecipare l’ambasciatore israeliano ad un gabinetto di crisi del governo di Buenos Aires, destando scandalo nella comunità diplomatica del suo Paese.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il Milei ha definito il presidente colombiano Petro «assassino terrorista», provocando così l’espulsione di tutti i diplomatici argentini da Bogotá.

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