Pensiero
Omaggio vero alle donne ucraine
Imparai la piramide globale della donna viaggiando per le Russie.
Un conoscente russo aveva dei problemi a casa con la moglie, e me ne parlava davanti a svariati drink nei locali nel centro di Mosca. La signora sospettava che lui avesse un’amante. Era vero. La cosa ovviamente peggiorò. Quando saltò fuori che il marito si era visto con un’ucraina, la moglie russa impazzì: rabbia, gelosia, un rancore infinito che si traduceva in scenate isteriche, lanci di oggetti, e quella parola comune a molte lingue slave, omofona di quella italiana che indica una strada non rettilinea.
Mi spiegarono che era normale: le ucraine sono ritenute dalle russe bellissime, e pericolose. Le ucraine rubano i mariti alle russe: era un dogma inscalfibile.
A Mosca, qualsiasi serata in un locale o una discoteca della città rendevano questo pensiero impossibile: la quantità di bellezze inarrivabili, di tutte le possibili provenienze – siberiana, tartara, baschira, caucasica, di Kaliningrad, di Ekaterinburg, Murmansk, Krasnojarsk, Ivanov, Yakutsk, Saratov, Vladivostok, Tol’jatti – rendeva difficile ci fossero donne più incredibili di quelle che si vedono in Russia.
La piramide era quindi: le italiane detestano le russe perché rubano loro i mariti, le russe odiano le ucraine perché rubano loro i mariti. Questo metteva le ucraine in cima alla catena alimentare mondiale. Mi chiedevo tuttavia se vi fosse un gradino superiore, un vertice finale del triangolo.
Dovetti scoprirlo in un viaggio attraverso tutta l’Ucraina in auto. Quando nel percorso dicevamo che eravamo diretti ad Odessa, ci dicevano che le donne più belle del Paese erano le donne di Odessa. Ci spiegarono che le donne ucraine vedono male le donne di Odessa perché avvenenti al punto, guarda guarda, da rubare i mariti alle ucraine di altre aree.
Quindi, ricapitolando, la piramide del ladrocinio maritale, cioè della bellezza femminile percepita, è: italiane-russe-ucraine-odessiane. Stando a questo schema, le donne più belle del pianeta devono trovarsi per forza ad Odessa.
Era vero. Bastò mezza giornata alla spiaggia di Arkadja, dove a pochi metri dalla costa erano ancora visibili i muri sommersi per impedire le invasioni via mare, per capire quanto ciò fosse la verità.
Tale convincimento fu rafforzato da una serata alla discoteca Ibiza (che nome frusto e ignorantissimo, pensa uno prima di entrare, e dimenticarsene) sempre in Arkadja a Odessa.
Fu perfino scioccante. Era così: era un Walhalla parossistico, il trionfo definitivo della biologia femminile.
Era il più immane concentrato di femmine stupende mai visto prima. Qualcosa di inconcepibile, e, al contempo, di naturale. Erano ovunque: al bar, nel terrazzo, in pista, sul palco, sotto il palco, fuori a fumare, in bagno a truccarsi. Erano davanti a te. Erano dietro di te. Era qualcosa di onnipervadente. L’intera atmosfera di quella sera era come retta da quell’intensità fuori scala di perfezione ginoide.
Fu lì che incontrai Keisuke, un minuto ragazzo giapponese che si occupava di import-export in Turchia. Mi avvicinai a lui perché avevo voglia di scambiare due parole nel mio povero giapponese, e perché mi colpiva la sua figura: unico orientale in mezzo alla bolgia, aveva il bicchiere in mano, ma non beveva. Aveva come la testa bloccata, e un sorriso, indecifrabile e felice, plastificato sul volto. Alla terza battute della nostra conversazione nel frastuono techno, sempre senza muovere un muscolo, mi disse due parole in russo: «krasivye zhenshiny»… Belle donne. Era un’espressione generica ma era l’unica cosa che, in fondo, gli andava di dire, tipo preso da una Sindrome di Stendhal, però seria. Capii subito che Keisuke era lo specchio della situazione. Notai, ad un certo punto, un dettaglio sconvolgente: dagli occhi immobili del nipponico, scendevano lacrime.
Non c’era niente da fare. Corrado, il mio insuperabile compagno di viaggio, ebbe una reazione non troppo dissimile. Anche lui, aveva una strana postura fissa, un sorriso che pareva di marmo, il bicchiere tenuto rigidamente a mezza altezza. Esperto di cocktail, riguardo ai quali scrive a volte sui giornali, aveva preso un comune Gin Lemon. Gli chiesi com’era. Diede una sorsata. Rispose: «è la cosa più schifosa che io abbia mai bevuto in vita mia. Ma non me ne frega niente». Erano parole definitive e solenni, incontrovertibili. In quel momento, per qualche motivo, gli venne in mente che l’idea di far vacanza in Ucraina era venuta a me. Mi mise la mano sulla spalla, stringendola. Disse, sempre mantenendo fisso lo sguardo altrove, «Grazie Roberto». Fu uno dei momenti in cui più ho sentito l’autentica gratitudine di qualcuno, e la cosa ancora adesso mi fa parecchio sorridere.
(Caro lettore, di tutto ciò vi erano prove fotografiche. Erano su Facebook. Tutto quindi è andato perduto, quando lo Zuckerbergo ha chiuso la pagina di Renovatio 21 e tutti gli account collegati, cancellando – puf – 5 lustri di immagini, ricordi, riflessioni, contatti…)
La morale: le ucraine sono le più belle. Punto. Le odessiane forse di più, ma non vuol dire niente: per le strade della Transcarpazia, o nei paradisi terrestri della campagna infinita dell’Ucraina centrale abbiamo visto donne di beltà disarmante, indescrivile. Pura. Irresistibile. Talvolta, perfino innocente.
Ora, una quantità di ucraine non-badanti si stan per riversare in Italia per la tragedia della guerra. I bruti già si lasciano andare a volgarità orrende. I bruti non possono aver contezza della bellezza profonda, né delle difficoltà che una donna ucraina, nata in un Paese in costante caduta libera in abissi economici, politici e ora bellici, ha dovuto esperire.
I più non sanno che la donna ucraina che arriva in Italia porta con sé il dolore della separazione dal suo uomo, o addirittura da suo figlio, se 18enne. I giornali e le TV non ve lo dicono, Renovatio 21 ve lo ha ripetuto varie volte: gli uomini per legge non possono passare il confine, pena l’arruolamento immediato. I maschi dai 18 ai 60 anni sono obbligati a rimanere nel Paese, dove saranno usati come carne da cannone, o meglio, come sacrifici umani da offrire ai social al fine di ricattare moralmente i Paesi NATO a combattere Putin al posto di Kiev – cioè, olocausti propiziatori alla Terza Guerra Mondiale.
Bellezza e dolore. Occhi intensi e cuori infranti. Le donne ucraine profughe in Italia rappresentano un’immigrazione finalmente vera, e giusta: a differenza dei milioni di africani che ora sollazzano nel nostro Paese a spese nostre, esse davvero scappano dalla guerra.
Le ucraine non si meritano le femministe italiane e le loro stronzate. Non si meritano il ricatto mRNA a cui saranno sottoposte. Non si meritano l’Italia del 2022
Per cui, ecco che oggi, 8 marzo, mi trovo a pensare: non si meritano le femministe italiane e le loro stronzate. Non si meritano il ricatto mRNA a cui saranno sottoposte. Non si meritano l’Italia del 2022.
No, non meritano di essere obbligata al siero sperimentale, come pare proprio che sarà: finite nell’imbutone del triage migratorio-assistenziale, saranno, diciamo così, fortemente consigliate a vaccinarsi… Perché, la signora può pensare, se mi rifiuto magari mi mettono in un posto peggiore per me e per i miei figli?
Qui scatta la questione dell’8 marzo. Il corpo è mio, dicono le femministe: ma vogliono che le ucraine si vaccinino. Se solo il 30% delle ucraine si è vaccinato, vuol dire che non avevano intenzione di farlo – lo stesso è stato in Russia, in Africa, in tanti Paesi sui quali i politicamente corretti non avrebbero in teoria voglia di scherzare. Eppure, non saranno lasciate stare, finiranno anche loro a fare i conti con l’apartheid biotica italiana degli anni Venti.
Lo meritano? No. Nessun profugo merita di scappare da una guerra militare per trovarsi in una guerra biologica, fatta di leggi del taglione e sacrifici che possono segnare per sempre.
Ma torniamo alle femministe.
Stamane, in un programma di news della TV statale pagata del contribuente ho visto che si era pensato di dedicare la trasmissione dell’8 marzo alle donne ucraine. Hanno chiamato a parlarne una scrittrice con ricci capelli sfiniti dal balsamo: la guardavo e mi chiedevo cosa potesse saperne delle donne ucraine. Diceva: il coraggio delle ucraine che stanno «sotto le bombe» – ma non ci risulta che siano stati bombardati massivamente centri abitati, come invece capita con le guerre, pardon, gli «interventi umanitari», «le esportazioni della democrazia», degli americani, ora invocati sottovoce a bombardare i russi – e le russe. Tuttavia, non siamo insensibili dinanzi al senso di catastrofe che infondono le visioni di distruzione e le fughe in metropolitana: fuggire da un Paese in guerra è quello che una donna, che ne rappresenta il futuro, deve fare.
Poi la scrittrice si lanciava in un’originale tirata sui «diritti delle donne», e parlava di non precisate «battaglie per ottenerle». Insomma, la neolingua orwelliana femminista per dire «aborto», credo. L’aborto, quella pratica così femminista da uccidere numeri spropositati di donne, in alcuni Paesi (India, Pakistan, Cina) pure selettivamente, senza che questo mandi in cortocircuito le attiviste dell’utero-è-mio.
Non diciamo niente di nuovo. Sappiamo bene che la donna un obbiettivo primigenio della Necrocultura: come abbiamo scritto, lo è, stando ai documenti, da due secoli e più. In realtà lo è dall’inizio dei tempi. Il Serpente antico di fatto si concentrò sulla donna. Il Serpente moderno continua sullo stesso solco.
La Cultura della Morte vuole distruggere la donna, fulcro della Civiltà umana. Vuole sterilizzarla, offenderla, degradarla, eliminarla.
Alle femministe questo può pure andare bene.
Solo però lasciate in pace le ucraine. Perché non sono femmine. Sono donne vere.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Vi augurano buona festa del lavoro, ma ve lo vogliono togliere. Ed eliminare voi e la vostra discendenza
Buona festa dei lavoratori! Ve lo ripetono da tutte le parti, del resto è una festa importantissima per la Repubblica: il Venerdì Santo, il giorno in cui Dio muore per l’umanità secondo quella che in teoria è la religione maggioritaria del Paese, si lavora. Il giorno dei morti, pure. Il Primo maggio, invece, no: vacanza.
Questo basterebbe a far comprendere qual è la vera religione che lo Stato italico vuole imporre alla sua popolazione – del resto, il suo libro sacro, la Costituzione, scrive al suo primo articolo che la Repubblica stessa è fondata sul lavoro – espressione incomprensibile, se non comprendendo la smania sovietica che avevano i comunisti e la sciocca acquiescenza dei democristiani che glielo hanno lasciato scrivere, accettando pure di lasciare fuori dalla Carta la parola «Dio».
Il dio della Costituzione, il dio della Repubblica è il lavoro?
Sostieni Renovatio 21
La divinizzazione politica di un concetto astratto, di un’attività umana, non solo l’indice della volontà di laicizzazione dello Stato. Poggia, essenzialmente, nel rigetto di avere per la cosa pubblica il fondamento del Cristianesimo.
Non è un caso che la festa del dio-lavoro avvenga l’indomani della notte di Valpurga, ritenuta nei secoli un momento di vertice dell’ attività del male sulla Terra – in genere, su Renovatio 21, facciamo ogni anno un articolo sull’argomento, annotando gli eventi concomitanti. La realtà è che la festa del Primo maggio è un tentativo di inculturazione, o meglio, di reintroduzione di usanze pagane – in particolare la festa celtica chiamata Beltane, di cui parla anche J.G. Frazer nel suo studio su magia e religione dell’antichità europea Il ramo d’oro.
La prima menzione di Beltane è nella letteratura irlandese antica dell’Irlanda gaelica. Secondo i testi altomedievali Sanas Cormaic (scritto da Cormac mac Cuilennáin) e Tochmarc Emire, Beltane si teneva il 1° maggio e segnava l’inizio dell’estate. I testi dicono che, per proteggere il bestiame dalle malattie, i druidi accendevano due fuochi «con grandi incantesimi» e guidavano il bestiame in mezzo a loro.
La vulgata progressista del Primo maggio, nata nel secondo Ottocento, si attacca quindi a questo sostrato antico, non cristiano, alla guisa di come ha fatto la Chiesa con alcune festività nel corso dell’anno.
Quindi: un nuovo dio, una nuova religione. Ma il problema è che neanche i suoi stessi sacerdoti ci credono. I loro discorsi – i loro incantesimi – sono inganni, sempre più infami, sempre più ridicoli.
Abbiamo sentito ieri il segretario generale CGIL Maurizio Landini dichiarare che «il governo Meloni difende il fossile e nega il cambiamento climatico, come si può pensare di cambiare modello di produzione?». Lo ha detto ad un evento dell’«Alleanza Clima Lavoro», di cui apprendiamo l’esistenza. Stendiamo un velo pietoso sull’attacco ai combustibili fossili, che fossili non sono (no, il petrolio non è succo di dinosauro!), che dimostra un allineamento con i gruppi ecofascisti più estremi e grotteschi visti negli ultimi anni – e pagati da chi, possiamo intuirlo.
Quindi: prima il «clima», poi i lavoratori. L’intero sistema industriale va cambiato per favorire l’ambiente, non l’uomo che lavora: conosciamo questa solfa, ora condita automaticamente dal terrorismo climatico. Si tratta di un’idea che avanza da tanto tempo, e si chiama deindustrializzazione.
Come abbiamo ripetuto tante volte su questo sito, la deindustrializzazione altro non è che deumanizzazione. Cioè, riduzione non dei lavoratori, ma della quantità stessa di esseri umani che camminano sul pianeta. Ciò era chiaramente esposto nelle opere di Aurelio Peccei e compagni oligarchi, quando l’élite – la stessa che stava dietro al Club di Roma, Club Bilderberg, WWF, etc. – cominciò a lavorare decisamente alla riduzione della popolazione.
Non è possibile diminuire il numero di esseri umani sul pianeta se si continua a produrre. Perché l’industria – il lavoro – dà cibo, e il cibo dà la vita, e la vita si moltiplica. La filiera dell’essere deve essere interrotta, molto prima. Niente industria, niente lavoro, niente vita. Niente persone. Niente umanità. Ora potete capire da dove vengono la povertà e la fame, che sembrano di ritorno anche nel Primo Mondo.
In alcuni testi risalenti a più di mezzo secolo fa, la cosa era messa nera su bianco: avrebbero creato deliberatamente un concetto prima sconosciuto, quello di inquinamento, per avere uno strumento di controllo del comportamento di popoli e Nazioni. Se ci pensate, anche questa è una scopiazzatura del cattolicesimo: non il peccato, ma l’impronta carbonica. Non il peccato originale, ma l’essere umano in sé, alla cui nascita c’è già un debito ecologico personale importante. Non la Santa Trinità, non l’Incarnazione, ma Gaia, dea terrifica che si fa pianeta.
Non ci sorprende, ma nondimeno continua a riempirci di orrore, vedere che chi è pagato per difendere i lavoratori è in realtà alleato delle forze che ne vogliono l’eliminazione. Lo aveva capito, con decenni di anticipo, il filosofo marxista Gianni Collu, che nel libro Apocalisse e rivoluzione notava che il paradigma non era più quello rivoluzionario della crescita operaia, cioè industriale, ma quello di una contrazione dell’intera società produttiva.
In pratica, Collu aveva compreso che stava venendo innestato, specie presso partiti, sindacati, intellettuali di sinistra, l’odio per l’uomo – in una parola, era stata avviata la Necrocultura. Non per niente il filosofo cominciò a scoprire, e rivelare, l’interesse crescente che molti circoli goscisti cominciavano a sentire verso un tema divenuto tabù nei millenni cristiani, cioè il sacrificio umano.
Aiuta Renovatio 21
Ora, guardate celebrare il vostro lavoro da chi è inserito, con stipendio, nel disegno per togliervelo – ed eliminare la vostra esistenza e la vostra discendenza. Non dobbiamo ricordare qui gli sforzi, fatti anche in sede europea, che i sindacati hanno fatto per il feticidio.
Nessuno dei vostri lavori è al riparo dal disegno mortale che avanza: se vi hanno detto che imparando a programmare avreste avuto sempre lavoro, provatelo a ripetere alle migliaia di licenziati alla IBM, come in tantissimi altri colossi tecnologici, sostituiti dall’Intelligenza Artificiale.
Nessuno è al sicuro: i grafici, cosa pensano di fare davanti alla presenza di incredibili programmi text-to-image, dove digiti cosa vuoi vedere e ti viene servito in un’immagine perfetta?
Attori, registi, produttori cinetelevisivi, cosa potranno di fronte ai software come Sora di ChatGPT, che promette di generare sequenze video a partire da semplici richieste? Sappiamo che l’ultimo sciopero ad Hollywood verteva su questo, e che già operano società di computer grafica talmente ultrarealista da aver disintermediato regioni immense della filiera.
Domani, cioè già oggi, tocca agli insegnanti. Ai bancari. Ai lavoratori dei fast food. A qualsiasi lavoratore. Alla realtà stessa.
Tuttavia, notatelo, nessun sindacato parla di fermare l’Intelligenza Artificiale. Vi parlano di cambiamento climatico, combustibili fossili, etc.
Lo fanno dopo aver assistito all’assassinio, con il green pass e l’obbligo al vaccino genico, dell’articolo 1 del loro libro sacro, il dogma primigenio della loro religione: ve lo abbiamo detto, non ci credono nemmeno loro.
E quindi, se anche quest’anno un boss sindacale, dinanzi al milione di ebeti ammassati per il concertone del Primo maggio, dovesse d’improvviso farsi scappare di nuovo l’espressione «Nuovo Ordine Mondiale», beh, sappiamo bene di cosa si tratta.
Non c’entrano le ricorrenze druidiche primaverili, qui siamo altrove nel calendario, in un’altra festa importante: sotto sotto, negli auguri ai bravi lavoratori, vi stanno dicendo che arriva il Natale. E che voi siete i tacchini.
Buon lavoro.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Pensiero
I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Sostieni Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Pensiero
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.
Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.
«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
Sostieni Renovatio 21
Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».
Silenzio sacro
Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.
Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra
Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.
La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.
È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.
È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…
Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».
Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».
«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».
LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».
Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.
Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.
La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.
Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».
«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.
«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».
Aiuta Renovatio 21
Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.
E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?
Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.
Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.
Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.
Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.
Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.
Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Salute2 settimane fa
I malori della 16ª settimana 2024
-
Pensiero2 settimane fa
Foreign Fighter USA dal fronte ucraino trovato armato in Piazza San Pietro. Perché?
-
Vaccini1 settimana fa
Lanciati i vaccini RNA monodose contro COVID e influenza per i bambini. I critici: «livelli di follia senza precedenti»
-
Cina2 settimane fa
TongTong, la «ragazzina» creata con l’Intelligenza Artificiale per la Cina senza figli
-
Cancro2 settimane fa
Vaccino mRNA, «aumenti significativi» delle morti per cancro dopo la terza dose: studio giapponese
-
Droni1 settimana fa
I droni israeliani attirano i palestinesi con audio di bambini che piangono e poi gli sparano
-
Pensiero1 settimana fa
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
-
Salute5 giorni fa
I malori della 17ª settimana 2024