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Economia

La nuova schiavitù: con il green pass pagherete le tasse. Si parte con l’IVA

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La blockchain, la tecnologia alla base del Bitcoin, è da anni al vaglio delle autorità finanziari degli Stati al fine di creare un sistema di controllo finanziario e fiscale della popolazione.

 

La blockchain, con il suo sistema decentrato che è (in teoria…) a prova di manomissione, è considerata oggi il tipo di registro elettronico per antonomasia.

 

Il Bundesrechnunghof, la Corte dei conti della Repubblica federale tedesca, studia il sistema da diversi anni. L’obbiettivo del fisco tedesco è quello di collegare l’IVA alle transazioni digitali.

 

Come riportato da Renovatio 21 in più occasioni, l’Unione Europea ci sta lavorando da ben prima della pandemia. I primi studi sul tipo di piattaforma da adottare per la valuta digitale risalgono al 2009, più o meno quando l’enigmatico Satoshi Nakamoto, in un mondo devastato dai subprime, creava il Bitcoin.

Il Bundesrechnunghof, la Corte dei conti della Repubblica federale tedesca, studia il sistema da diversi anni. L’obbiettivo del fisco tedesco è quello di collegare l’IVA alle transazioni digitali

 

Tuttavia, scrive Claudio Antonelli in un altro importante articolo apparso su La Verità, «ad oggi non esiste nessuna piattaforma in grado di monitorare in tempo reale le transazioni tra aziende e tra privati cittadini. La autorità finanziarie e le amministrazioni fiscali possono solo monitorare ex post e cercare di ripercorrere a ritroso i pagamenti più dubbiosi.

 

A dicembre 2020, tuttavia, il libro bianco della UE Tax harmonization in the EU tra le linee guide metteva in risalto la triade più importante: tracciamento real-time delle transazioni tra contribuenti. Cassetti fiscali crittografati (con la Blockchain). E versamento dell’IVA in tempo reale.

 

All’interno della UE, ogni Stato si muove con il proprio fisco, senza che vi sia un vero accentramento dei dati.

 

Con questa nuova visione di fisco europeo blockchain, invece, «i governi potranno raccogliere le imposte in tempo reale e senza alcun intermediario»

Con questa nuova visione di fisco europeo via blockchain, invece, «i governi potranno raccogliere le imposte in tempo reale e senza alcun intermediario».

 

Il che significa, praticamente, senza più uno sforzo attivo da parte del contribuente, che fa i conti, paga un commercialista, versa il danaro allo Stato – tutto tramite sue azioni. Il sistema fiscale elettronico UE potrebbe prelevare le tasse e basta, senza più disturbo per il cittadino: quante tasse, quello diverrà un dettaglio non più calcolabile, non più discutibile, oppure discutibile a posteriori, come certe multe degli autovelox.

 

Con l’euro digitale – che, ripetiamo, correrà sui circuiti del green pass – non sarà possibile nessuna evasione, che nell’area UE si calcola attorno agli 800 miliardi.

 

Si tratta di distopia fiscale? No.

 

«Le basi per realizzare la morsa fiscale sono più solide di quanto si possa pensare e il vero cambio di passo è accaduto lo scorso giugno quando è stato introdotto il green pass. Combinando gli aspetti tecnologici del lasciapassare alle caratteristiche dettate dalle norme, la carta verde è in prima istanza un attestato di condizioni sanitarie. Lo è perché questo è l’attuale uso per cui viene imposto» scrive La Verità.

 

Il green pass, in breve, è divenuto il sistema di identificazione dei cittadini, sistema che collegandosi ad un grande database (il gateway europeo) può assegnare o negare l’accesso a qualche spazio o servizio.

Il green pass  introduce il concetto per cui un documento di accesso può essere rilasciato solo in seguito ad un determinato comportamento da parte del cittadino , uno status assegnato dalla pubblica autorità

 

Il green pass, quindi, introduce il concetto per cui un documento di accesso può essere rilasciato solo in seguito ad un determinato comportamento da parte del cittadino (in questo caso, le multiple vaccinazioni mRNA), uno status assegnato dalla pubblica autorità.

 

Da qui, ad utilizzare il sistema del certificato elettronico per altri comportamenti (ecologici, creditizi, fiscali, financo ideologici) il passo è brevissimo. E si tratta di un passo già visto in Cina, dove si chiama «credito sociale»: la cittadinanza è fatta di punti, come una patente, che si perdono se si attraversa con il rosso, se non si salda per tempo la carta di credito, se non si porta la mascherina, se ti scappa un commento contro il Partito Comunista Cinese su internet.

 

«Ora, se si sovrappone lo schema studiato dalla banca centrale alla blockchain che tiene in piedi il green pass si nota che sono perfettamente sovrapponibili» scrive Antonelli, che lancia un’analisti ulteriore, piuttosto spaventosa.

 

«La valuta digitale per poter diventare efficace deve essere anonimizzata e al portatore. Solo così potrà sostituire il contante. Serviva un grande evento per trasformare i cittadini in utenti digitali e munirli di un portafoglio virtuale (wallet)».

 

«La pandemia casualmente è stato il grande evento atteso. Per cui i paletti necessari a creare il più grande sistema di tracciamento fiscale sono stati piantati» scrive La Verità. Corsivi nostri.

Ragionandoci, è molto probabile che inizieranno con la tassa più indolore, l’IVA: scorporata immediatamente, già alla cassa, e quindi versata direttamente ai forzieri dello Stato

 

Ragionandoci, è molto probabile che inizieranno con la tassa più indolore, l’IVA: scorporata immediatamente, già alla cassa, e quindi versata direttamente ai forzieri dello Stato.

 

Come abbiamo ripetuto in questi mesi fino alla nausea, pandemia e abolizione del contante sono due questioni che hanno camminato insieme per tutto questo biennio maledetto. La Lagarde, dalla torre BCE che fu di Draghi, lo ha annunciato in tutti i modi. Nessuno sta scherzando: l’euro digitale sarà realtà a breve.

 

E, come sappiamo, l’euro digitale sfrutterà la piattaforma del green pass, dentro alla quale, volenti o nolenti, ora siamo dentro tutti.

 

Più che gli effetti pratici ed economici, bisogna guardare ai significati politici e storici, metapolitici e metastorici, di una simile trasformazione.

E, come sappiamo, l’euro digitale sfrutterà la piattaforma del green pass, dentro alla quale, volenti o nolenti, ora siamo dentro tutti

 

Lo Stato onnipervadente che preleva direttamente le tasse dal vostro conto corrente, senza darvi la possibilità prima di argomentare, rappresenta di fatto la fine della democrazia: il cittadino non è più alla pari con lo Stato, in quel rapporto armonioso per cui lo Stato esiste per proteggere e far prosperare il cittadino. Ora tutto è rovesciato: è il cittadino che esiste per mandare avanti lo Stato.

 

Il cittadino non è più latore di diritti, ma sono a lui «concessi» (ricordate i discorsi di Conte premier quando riapriva qualcosa: «noi concediamo, noi consentiamo…») dei permessi, controllati elettronicamente.

 

È il capovolgimento dell’intera giurisprudenza occidentale. Diritti fondamentali, habeas corpus, stato di diritto, legge naturale… tutto è stato ribaltato. È ciò che è successo durante questi mesi, un attacco senza precedenti alle democrazie costituzionali in favore del «diritto pandemico».

Il cittadino non è più latore di diritti, ma sono a lui «concessi» (ricordate i discorsi di Conte premier quando riapriva qualcosa: «noi concediamo…») dei permessi, controllati elettronicamente.

 

Se lo realizzate, potete capire meglio le violenze della polizia sui manifestanti viste ovunque in Europa: lo Stato non riconosce più i cittadini per i loro diritti (per esempio quello di manifestare). Come è stato detto per le violenze in Germania, lo Stato sta riconoscendo una parte della sua popolazione come nemico. Ciò è addirittura ammesso placidamente dall’amministrazione Biden, che parla della minaccia dei domestic terrorists, che sono per lo più elettori della parte avversa e/o genitori che rifiutano le idee razziste che vengono ora insegnate ai bambini nelle scuole dell’obbligo USA.

 

Il mondo è rovesciato: il concetto di «prima paghi le tasse, poi al massimo le detrarrai più tardi» non è dissimile dal concetto dei film con gli investigatori violenti e corrotti, i quali «prima sparano, poi fanno domande».

 

Se la democrazia, con le sue carte e i suoi valori, si diceva fosse il luogo della libertà, il nuovo corso dello Stato moderno di cosa sarà teatro?

 

Semplice, della schiavitù. Perché questo è un uomo senza diritti: uno schiavo.

È il capovolgimento dell’intera giurisprudenza occidentale. Diritti fondamentali, habeas corpus, stato di diritto, legge naturale… tutto è stato ribaltato. È ciò che è successo durante questi mesi, un attacco senza precedenti alle democrazie costituzionali in favore del «diritto pandemico»

 

E questo ritorno della schiavitù, tuttavia, sarà perfino più tremendo della schiavitù che abbiamo visto nei secoli.

 

Un tempo, si poteva scappare in un altro Paese, magari attraversando il confine a piedi. Guardatevi intorno, oggi non c’è una nazione in cui scappare, perché in tutto il mondo vige il diritto pandemico totale.

 

Un tempo, si potevano vendere gli ori, fuggire con i soldi tenuti sotto il materasso. Ora, con il vostro denaro digitale tracciato, non avete possibilità di sfuggire all’occhio di Sauron, che vi vedrà ovunque siete, qualsiasi cosa facciate. Anna Frank, ha detto Robert Kennedy jr. tirandosi dietro insulti e accuse, oggi sarebbe geolocalizzata.

 

Ma non pensiamo a storie lontane, guardiamo alla nostra vita presente. Sarete sorvegliati, controllati, depredati – ventiquattro ore al giorno.

 

Se la democrazia, con le sue carte e i suoi valori, si diceva fosse il luogo della libertà, il nuovo corso dello Stato moderno di cosa sarà teatro? Semplice, della schiavitù. Perché questo è un uomo senza diritti: uno schiavo

Non solo.

 

La nuova schiavitù prevede che il vostro danaro, divenuto elettronico, diverrà programmabile: decideranno cosa potete comprare (come ora, con le proposte che impediscano ai non vaccinati di acquistare beni non-essenziali al supermercato).

 

Decideranno dove potete usarlo: se volete fare una gita fuori porta, ma l’emergenza ecologica indetta dal governo non lo prevede, il vostro danaro non funzionerà lontano da casa.

 

Decideranno di togliervelo tutto: basterà un click del giudice – anzi, con la morte dello stato di diritto, di un poliziotto, di un vigile – per bloccarvi ogni conto.

 

Sarete resi paria in tempo reale.

 

In realtà già lo siete. Vaccinati o non vaccinati che sia: senza più diritti, sottoposti ad un potere che desidera solo la vostra cieca sottomissione.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

Economia

Le Filippine approvano una nuova criptovaluta per agevolare le rimesse dall’estero

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La Banca Centrale delle Filippine ha dato l’approvazione per il lancio di PHPC, una stablecoin agganciata al peso filippino in modo da ridurne la volatilità. La piattaforma Coins.ph punta a raggiungere tra i 20 e i 30mila utenti nel primo mese. Sono circa 10 milioni i lavoratori all’estero che con la nuova moneta digitale sperano di abbattere i costi di transazione.

 

Le Filippine hanno approvato l’emissione di un nuovo tipo di criptovaluta, una stablecoin (letteralmente: «moneta stabile») chiamata PHPC che sarà ancorata al peso filippino. Una risorsa che potrebbe abbattere i costi di transazione nell’invio delle rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero.

 

A differenza delle criptovalute «tradizionali», infatti, il valore delle stablecoin è legato a quello di un asset di riserva stabile. In questo modo la volatilità è ridotta, o meglio, è più prevedibile e misurabile. (…)

 

Dopo aver ricevuto il via libera dalla Bangko Sentral ng Pilipinas – la Banca centrale – la principale piattaforma di blockchain del sud-est asiatico, Coins.ph, ha annunciato di essere pronta a emettere la criptovaluta PHPC entro l’inizio di giugno per provare a raggiungere, nel primo mese, dai 20 ai 30mila utenti.

 

Uno degli utilizzi principali per cui è stata pensata la nuova moneta digitale è l’invio di rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero, pari a circa 10 milioni in tutto il mondo. Rispetto agli altri canali, come le banche o i cosiddetti «pera padala», enti finanziari locali, l’invio di rimesse tramite criptovalute è più economico e disponibile 24 ore su 24.

 

La diaspora filippina ha finora utilizzato le stablecoin agganciate al dollaro statunitense, dovendo quindi pagare una serie di tariffe per la conversione in pesos. Con la PHPC questi costi di transazione verrebbero eliminati: «il parente che riceve il denaro non dovrà più convertire i dollari in pesos», ha commentato Wei Zhou, amministratore delegato di Coins.ph, spiegando che da circa un anno il progetto era in discussione con la Banca centrale delle Filippine.

 

Zhou ha aggiunto che la nuova stablecoin delle Filippine verrà resa disponibile anche in altri exchange di criptovalute (le piattaforme online per il trading), in modo che diventi accessibili anche su altri mercati e permetta l’invio di rimesse da tutto il mondo.

 

«Si può immaginare che se la PHPC è quotata sui nostri exchange di criptovalute partner, ad esempio in Australia, o a Singapore, o negli Stati Uniti, allora i nostri familiari e possono acquistare la PHPC e inviarla direttamente ai portafogli di Coins.ph», ha commentato Zhou.

 

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Alimentazione

La sinistra tedesca vuole un tetto massimo per il prezzo del kebab

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Die Linke, il partito della sinistra tedesca ha proposto allo Stato di sovvenzionare i kebab con quasi 4 miliardi di euro all’anno. Negli ultimi anni l’inflazione e l’aumento dei costi energetici hanno quasi raddoppiato il prezzo dello popolare panino turco. Sono i grandi temi della sinistra moderna.   In un documento politico visionato dal tabloid tedesco Bild e riportato domenica, Die Linke ha proposto di limitare il prezzo di un doner kebab a 4,90 euro o 2,50 euro per studenti, giovani e persone a basso reddito. Con un costo medio di un kebabbo pari a 7,90 euro, il resto del conto sarà a carico del governo, si legge nel documento.   «Un limite di prezzo per il kebab aiuta i consumatori e i proprietari dei negozi di kebab. Se lo Stato aggiungesse tre euro per ogni kebab, il prezzo massimo del kebab costerebbe quasi quattro miliardi», scrive il partito sul giornale, spiegando che ogni anno in Germania si consumano circa 1,3 miliardi di kebabbi.   «Quando i giovani chiedono: Olaf, riduci il kebab, non è uno scherzo su Internet, ma un serio grido d’aiuto», ha detto alla Bild la dirigente del partito di sinistra Kathi Gebel, riferendosi al cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Lo Stato deve intervenire affinché il cibo non diventi un bene di lusso».   Introdotto in Germania dagli immigrati turchi negli anni ’70, il doner kebab è diventato in pratica la forma di fast food preferito dalla nazione già teutonica, tracimando anche nel resto d’Europa, come in Italia, dove più che turchi i kebabbari sono nordafricani o talvolta pakistani.

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Tuttavia, mentre Die Linke descrive il panino con l’agnello carico di salsa come un alimento base quotidiano per alcune famiglie, la maggior parte dei medici e dei nutrizionisti ne consiglierebbe il consumo solo come spuntino occasionale.   Uno studio scozzese del 2009 ha rilevato che il doner kebab medio conteneva il 98% dell’assunzione giornaliera raccomandata di sale di un adulto e il 150% dell’assunzione raccomandata di grassi saturi, scrive RT.   Per anni in Germania il prezzo di un doner kebab si è aggirato intorno ai 4 euro. Tuttavia, l’aumento dei costi energetici e l’inflazione che hanno seguito la decisione di Scholz di mettere l’embargo sui combustibili fossili russi hanno costretto i venditori ad aumentare i prezzi.   «Siamo stati costretti ad aumentare i prezzi a causa dell’esplosione dei prezzi degli affitti, dell’energia e dei prodotti alimentari», ha detto al giornale britannico Guardian un gestore di uno stand di kebabbi a Berlino. «La gente ci parla continuamente di “Donerflazione”, come se li stessimo prendendo in giro, ma è completamente fuori dal nostro controllo».   Molti tedeschi accusano lo Scholz di averli privati ​​della kebbaberia a buon mercato, una catastrofe che li spinge verso prospettive di pacifismo sul fronte russo. «Pago otto euro per un doner», ha urlato un manifestante a Scholz nel 2022, prima di implorare il cancelliere di «parlare con Putin, vorrei pagare quattro euro per un doner, per favore».   «È sorprendente che ovunque vada, soprattutto tra i giovani, mi venga chiesto se non dovrebbe esserci un limite di prezzo per il doner», ha osservato lo Scholzo in un recente video su Instagram. Tuttavia, il cancelliere ha escluso una simile mossa, elogiando invece il «buon lavoro della Banca Centrale Europea» nel presumibilmente tenere l’inflazione sotto controllo.   Kebabbari, kebabbani e kebabbati non sono gli unici tedeschi a soffrire sotto Scholz. Il mese scorso, il più grande produttore di acciaio tedesco, Thyssenkrupp, ha annunciato «una sostanziale riduzione della produzione» nel suo stabilimento di Duisburg, licenziando 13.000 dipendenti. L’azienda ha attribuito il calo di produttività agli «alti costi energetici e alle rigide norme sulla riduzione delle emissioni».   Meno di una settimana dopo l’annuncio dei tagli da parte della Thyssenkrupp, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le prospettive di crescita economica della Germania dallo 0,5% allo 0,2% quest’anno. Secondo i dati, nel 2024 la Germania dovrebbe registrare la crescita più debole tra tutti gli stati appartenenti al gruppo G7 dei paesi industrializzati.   Riguardo al kebab, da decenni circola tra i giovani tedeschi la leggenda metropolitana secondo la quale in un singolo panino kebap sarebbe stata rivenuta una quantità di sperma da uomini differenti, a indicazione, secondo il significato certamente xenofobo della storia, del disprezzo degli immigrati per i cittadini tedeschi.

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Economia

La Turchia sospende ogni commercio con Israele

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Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.

 

La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.

 

Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.

 

Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.

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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.

 

In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.

 

 

Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».

 

Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UEa Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».

 

Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.

 

Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.

 

Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.

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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 

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