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Civiltà

Un altro sogno del collasso. L’apocalisse in moto con mio figlio

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Ieri notte ho fatto uno di quei sogni che non ho dimenticato subito. Chi mi conosce sa che mi capita una o due volte l’anno. Se ne vale la pena, decido di scriverne.

 

Quello di ieri è stato considerevole. Forse questo sogno così denso e cristallino è dovuto al fatto che sono entrato in digiuno. Non so.

 

Non si tratta di cercarvi un significato esoterico o di darne letture freudiane, junghiane, etc. Non mi interessa: racconto quei sogni che credo stiano parlando con potenza dell’ora presente.

 

State per leggere il sogno, illogico e scombiccherato come sono queste strane visioni che esperiamo la notte: se non vi interessa andate pure altrove.

State per leggere il sogno, illogico e scombiccherato, ma se volete anche denso e cristallino

 

Il sogno iniziava in una non meglio precisata aula di un edificio da qualche parte della bassa, forse da qualche parte in Romagna, non lontani dalla costa – ma nel sonno era un continuum innominato senza confini precisi. L’occasione era una conferenza del mio amico Camillo Langone, e la cosa è di per sé piuttosto onirica, perché molto raramente Camillo fa conferenze ed era improbabile vedere lui condurre un incontro in un’ aula con il proiettore acceso.

 

Tuttavia, al momento dei saluti iniziali, Camillo ringraziava un gruppo di spettatori italiani venuti dalla città di Zara. Ecco, pensavo, quanto è straordinario che vi siano ancora in Dalmazia persone così? Nel rispondere ai ringraziamenti, gli zaratini facevano intendere che era venuti con grande sforzo, rischiando, con l’unico mezzo possibile: per essere lì avevano attraversato l’Adriatico in barca. Realizzavo, a quel punto, che tutte le strade erano legalmente bloccate. Non si tratta solo del sogno: è così nella realtà, vige il divieto di traffico tra le regioni, e figuriamoci se una conferenza, o peggio un ritrovo («assembramento!»), posso costituire materia per l’autocertificazione da esibire alle Forze dell’Ordine.

 

Sì, essere lì era rischioso. Sì, il sogno non era diverso dalla realtà. Mi rendo conto ora che per anni ho sognato strade deserte o bloccate, il set ideale di quei mezzi incubi che ti rendono la notte non gradevolissima. Ora il mezzo incubo è realtà.

Per anni ho sognato strade deserte o bloccate, il set ideale di quei mezzi incubi che ti rendono la notte non gradevolissima. Ora il mezzo incubo è realtà

 

Il sogno si spostava altrove. Andavo a prendere mio figlio all’asilo. Questo però non si trovava al suo posto, nella casetta in centro dove lo porto ogni mattina: per qualche motivo, nel sogno stava su un palazzo alto, di quelli improbabili che vedi quando le zone industriali si stemperano verso la campagna in Alta Italia. Era fuori città. Per qualche motivo ci attardavamo fino a che gli altri bambini non erano andati via tutti, tanto che vedevo la maestra che iniziava a pulire. C’era qualcun altro lì, con cui stavo discutendo animatamente, ma in questo momento la mente, chissà perché, cripta i contenuti di quella discussione. Stavo perdendo tempo.

 

Nell’ultima fase del sogno ero sulla strada con il bambino, direzione casa. Per qualche motivo, eravamo con la mia Monster, che non tocco praticamente da 3 anni. Mentre sfrecciavamo per i vialoni provinciali conosciuti, mi rendevo conto che qualcosa non quadrava. Il cielo era divenuto nero, le strade erano davvero troppo deserte. Nessuno – ma davvero nessuno – era in circolazione. Non un’anima viva.

 

Rallentavo. Avvicinandomi al centro cominciavo a scorgere una quantità di palazzi devastati. Condomini crepati, edifici semi-crollati. Il Tribunale era a pezzi. Vedevo campanili di cui era rimasta in piedi solo metà della struttura – adesso scrivendolo capisco che sono scene che ho visto durante il terremoto in Emilia nel 2012. Era tutto vuoto e distrutto. Il vialone che corre sopra la ferrovia era spettrale, costellato di case sbriciolate.

 

Rallentavo. Avvicinandomi al centro cominciavo a scorgere una quantità di palazzi devastati. Condomini crepati, edifici semi-crollati. Il Tribunale era a pezzi. Il vialone che corre sopra la ferrovia era spettrale, costellato di case sbriciolate

Cosa era successo mentre ero stato via? Mentre ero alla conferenza con gli zaratini, mentre ero all’asilo di mio figlio in provincia? Non c’era modo di saperlo, nessuno in giro, e non volevo fermarmi a consultare il telefonino.

 

Arrivati al grande parco vicino alla stazione, fermavo la moto. Come mettevo mano al telefonino, realizzavo che l’imperativo era sapere se stessero bene i miei cari. La madre di mio figlio, mia madre… se è stato un terremoto, sono riuscite a mettersi in salvo? A cosa mi devo preparare? Chi ha più possibilità di aver bisogno di aiuto?

 

Ma il telefono era morto. Nessun segnale, né per telefonare, né per capire cosa potesse essere successo. Internet non esisteva più, e nemmeno le comunicazioni a distanza tra le persone.

 

Ecco che però arriva qualcuno. Sono tecnicamente degli sfollati, sono anche molti, non si capisce dove vadano (alla stazione? Non c’era traccia di treni che normalmente lì si sentono passare continuamente), e camminavano non velocissimi sotto il cielo nero. Capivo che con evidenza ne sapevano di più su ciò che era accaduto.

Il telefono era morto. Nessun segnale, né per telefonare, né per capire cosa potesse essere successo. Internet non esisteva più, e nemmeno le comunicazioni a distanza tra le persone

 

Sempre in groppa alla moto con mio figlio sul sedile posteriore, mi risolvevo a fermare uno sfollato. Era un ragazzo più giovane di me, alto e magro, i capelli lunghi solo sulla nuca. Non aveva esattamente l’aria di uno intelligente – tuttavia di certo aveva più informazioni di me.

 

«Che cosa è successo?» chiedevo sconvolto.

 

«Eh, il governo inglese ne ha fatta una delle sue solite» rispondeva con naturalezza. «Hanno sganciato vicino ai Dardanilli». Lo diceva come si trattasse di qualcosa di largamente previsto. Io ovviamente fingevo di sapere cosa stesse dicendo. Nella mia testa ricostruivo con vaghezza uno scenario in cui la Gran Bretagna sgancia una bomba atomica – o forse non esattamente quello, ma un’arma misteriosa ed equivalente – sui Dardanelli, lo stretto tra l’Europa e la Turchia, che il ragazzo pronunciava strambamente. Cosa ha provocato tutta questa distruzione? L’onda d’urto della megaesplosione dall’Asia sino al Veneto? Che i Dardanilli fossero invece un luogo più vicino di cui non avessi contezza, un’oscura frazione della provincia di Vicenza? O forse non avevo capito davvero nulla di quello che diceva, tanto ero tagliato fuori dal ciclo delle informazioni?

 

Cercavo di capire cosa avrebbero fatto tutte quelle persone.

 

Stava accadendo, e non mi ero reso conto di niente. L’apocalisse mi aveva preso di sorpresa, e ora che sono sveglio realizzo evangelicamente che non può che essere così – perché «non sapete né il giorno né l’ora»

«Non lo so, ma sta diventando pericoloso qui. C’è già chi in strada vende le armi» e mi indicava una via del centro con un ristorantino che in realtà non esiste ma che nella topografia del sogno mi era conosciutissima. L’informatore manteneva il sorriso ebete di un campagnolo fiero di spiegare qualcosa in italiano.

 

Cominciavo a realizzare che, qualsiasi cosa fosse successa, l’emergenza era più grave della devastazione urbana. Stava crollando l’ordine sociale. Stava disintegrandosi il tacito contratto di non-aggressività che esiste tra gli uomini.  Stava fondendosi il nocciolo della Civiltà. Un pensiero al quale ho dedicato tanti ragionamenti e tante parole scritte.

 

Stava accadendo, e non mi ero reso conto di niente. L’apocalisse mi aveva preso di sorpresa, e ora che sono sveglio realizzo evangelicamente che non può che essere così – perché «non sapete né il giorno né l’ora».

 

Cosa ci facevo su di una moto, il mezzo di trasporto più vulnerabile che esista, e per di più portandoci sopra quanto di più prezioso ho, la mia prole? Com’era possibile che non avessi la benché minima informazione di ciò che stava sconvolgendo l’umanità?

Preso alla sprovvista, totalmente. Cosa ci facevo su di una moto, il mezzo di trasporto più vulnerabile che esista, e per di più portandoci sopra quanto di più prezioso ho, la mia prole?

 

Com’era possibile che non ne sapessi nulla? Com’era possibile che non avessi la benché minima informazione di ciò che stava sconvolgendo l’umanità?

 

E poi perché ero senza casco? Immagino che questo sia un surrogato motociclistico del momento di alcuni sogni in cui ci si rende conto di essere nudi. Tuttavia nella mia dimensione onirica ciò spingeva un altro pensiero: le Forze dell’Ordine a questo punto non esistono più – ecco perché c’era già in strada un vistoso mercato nero di Kalashnikov – e anzi bisogna stare attenti, perché sono i membri armati dello Stato ora collassato che possiedono l’accesso ad armi a ripetizione proibite al comune cittadino.

 

Mi giravo a guardare mio figlio seduto sul passeggero della Ducati. Fortunatamente, non stava rendendosi conto del disastro. Aveva la testa china su un Gameboy in bianco e nero che, nel mondo reale, qualche settimana fa ho ripescato e restaurato per lui. Per una volta, ero felice che fosse così immerso nei videogiochi da non badare a nulla. Lo guardavo e comprendevo che il mio compito era solo quello di proteggerlo. Preservarlo dalla rovina materiale e morale che avevamo dinanzi. Portarlo al sicuro, nel corpo e nella psiche. Trovare, creare uno spazio dove offrire questa protezione potesse essere possibile senza interferenza alcuna.

 

Nessuno esce di casa, ogni attività era chiusa, le strade erano deserte, la Polizia meglio evitarla, gli effetti del trauma avvenuto, che rimane avvolto nel mistero, e di cui si hanno notizie aneddotiche non certe se non incomprensibili riportate da persone inaffidabili, si presumono spaventosi. Ora forse il lettore comincia a capire perché ho voluto raccontargli questo sogno.

Riaccendevo la Monster e inforcavo il viale accanto la stazione. La strada era cambiata, con evidenza l’impatto dell’evento aveva come creato sull’asfalto delle dune, delle paraboliche. Procedevo spedito sul bordo cercando di non perdere l’equilibrio: il bambino era dietro di me, non deve succedergli nulla, specialmente ora.

 

Tutto era diventato, improvvisamente, pericoloso, potenzialmente mortale. Tutto era caduto in uno stato di desolazione mai visto.

 

A questo punto la giurìa del mio foro interiore decretava che si era concettualmente passata la soglia che porta all’incubo. Sveglia. Apri gli occhi. Mattino.

 

Strofinati il volto mettiti seduto a bordo del letto, e ricapitola.

 

Nessuno esce di casa, ogni attività è chiusa, le strade deserte, la pattuglia meglio evitarla, gli effetti del trauma avvenuto – che rimane avvolto nel mistero e di cui si hanno notizie aneddotiche non certe se non incomprensibili riportate da persone inaffidabili – si presumono spaventosi. Ora forse il lettore comincia a capire perché ho voluto raccontargli questo sogno.

 

È andata esattamente così. È successo qualcosa che ha devastato il mondo, e con esso le nostre vite. Tanta è la vastità del danno, non abbiamo nessuna certezza riguardo al fenomeno – quella ce l’hanno solo gli idioti, o meglio i covidioti, che ripetono a pappagallo i brandelli di informazione preparati per loro

Ora forse è comprensibile quanto questo sogno assomigli alla realtà di oggi – cioè dall’incubo dal quale non ancora ci siamo svegliati.

 

È andata esattamente così. È successo qualcosa che ha devastato il mondo, e con esso le nostre vite. Tanta è la vastità del danno, non abbiamo nessuna certezza riguardo al fenomeno – quella ce l’hanno solo gli idioti, o meglio i covidioti, che ripetono a pappagallo i brandelli di informazione preparati per loro.

 

Non sappiamo cosa sia successo, non sappiamo costa stia succedendo – e soprattutto, esattamente come nel mio sogno, non vi è più percezione diffusa che vi sia qualcuno al comando, né vi può essere fiducia nelle autorità costituite.

 

È la ricetta del collasso sociale. Lo avevo scritto a marzo, quando si rivoltarono – con morti, di cui però non importa nulla a nessuno – le carceri. La situazione era pronta, bastava una spintarella fatta da qualche interessato. Le prigioni erano in fiamme, a Napoli i ragazzini cominciavano a sfidare la Polizia. A Palermo dissero c’erano strane proteste organizzate nei supermercati. Poi liberarono qualche centinaio di mafiosi dal carcere. Ricordate quei giorni? I momenti del primissimo lockdown. La gente felice di cantare dal balcone, obbligo guanti monouso per chi esce di casa, enigmatici osanna alla Cina untrice da tutte le parti, la Borsa italiana fottuta per l’ennesima volta da Francesi  &Co, i permessi di uscire di casa per i cani che pisciano, non per i bambini al parco.  La violenza, dapprima avvertita, tuttavia era sparita. Il collasso della Nazione era stato risparmiato. Arcobaleni dipinti a mano sul poggiolo: «Andrà tutto bene».

Non sappiamo cosa sia successo, non sappiamo costa stia succedendo – e soprattutto, esattamente come nel mio sogno, non vi è più percezione diffusa che vi sia qualcuno al comando, né vi può essere fiducia nelle autorità costituite.

 

Non sono convinto che il pericolo sia passato tuttavia, neanche ora.

 

Perché quello che ci ha insegnato questo anno indicibile, è che lo Stato moderno è mostruosamente debole. Lo Stato moderno può crollare per un raffreddore: e non metaforicamente.

 

Poggiando sul nulla, privo di un sostegno etico e di un fine religioso, lo Stato moderno alla prima scossa si sbriciola come le case del mio sogno, mandando tranquillamente in malora tutta la Civiltà.

 

Quello che ci ha insegnato questo anno indicibile, è che lo Stato moderno è mostruosamente debole. Lo Stato moderno può crollare per un raffreddore: e non metaforicamente

Il vuoto dello Stato moderno lo rende incapace di contenere la violenza, anzi: diventa, nella fase in cui si ammala e muore, un moltiplicatore di violenza, un untore di caos e sangue.

 

Il crollo della Civiltà è una prospettiva che l’uomo di oggi tenere presente sempre, perché lo Stato moderno e i suoi boiardi la Civiltà non la rispettano, non la comprendono oppure – ai livelli più alti – la combattono, infettandola con la Cultura della Morte, cosicché, come diceva Malthus, carestie e guerre diventano desiderabili per ridurre la popolazione.

 

La società che viviamo è vacua, stupida, senza scopo. L’Utilitarismo reso unica filosofia umana ha fatto sì che solo il piacere sia contemplato come motore dell’iniziativa umana: per cui ecco che improvvisamente ogni realtà diventa paranoicamente risk-averse, renitente al rischio, incapace di comprendere il male, la possibilità di ammalarsi, la necessità di sacrificarsi.

Il crollo della Civiltà è una prospettiva che l’uomo di oggi tenere presente sempre, perché lo Stato moderno e i suoi boiardi la Civiltà non la rispettano, non la comprendono oppure – ai livelli più alti – la combattono, infettandola con la Cultura della Morte

 

La natalità, lo abbiamo scritto qui, nel 2020 è crollata. In Italia come ovunque, in USA, in Cina… Ora, senza più nemmeno la continuità organica dell’essere per mezzo della nostra prole, che cosa può salvare il consorzio umano dalla sua distruzione? Con quale molla, possono continuare a vivere restando sani di mente coloro a cui la catastrofe può togliere libertà, passatempi e financo la nutrizione?

 

Sono domande a cui bisogna filosoficamente e concretamente siamo chiamati a rispondere. Assieme a quelle ancora più stringenti.

 

Come ci difenderemo? Dove dobbiamo informarci? Come proteggeremo i nostri figli?

 

L’Utilitarismo reso unica filosofia umana ha fatto sì che solo il piacere sia contemplato come motore dell’iniziativa umana: per cui ecco che improvvisamente ogni realtà diventa paranoicamente risk-averse, renitente al rischio, incapace di comprendere il male, la possibilità di ammalarsi, la necessità di sacrificarsi

Rimango dell’idea che un po’ di preparazione la farei sempre, riguardo al cibo e all’acqua e se hanno i mezzi pure per l’energia elettrica. L’iscrizione al Tiro a Segno Nazionale, per l’esperienza sportiva che offre, la farei. E riguardo alle scuole dei miei figli, un’occhio alle aggregazioni sotterranee di homeschooling (con la legge Lorenzin dal 2017 ne sono sorte tante…) gliela darei.

 

Per le informazioni: abbiamo creato Renovatio 21 proprio per questo, tentare di dare nel panorama infestato di ogni porcheria una fonte di informazione pulita, che fornisce le cose che bisogna sapere e sappia distinguere le inezie, gli abbagli, le falsità.

 

La realtà è che Renovatio 21 è nata proprio per resistere a Internet: vogliamo fare sì che essa funzioni anche senza la rete, in parte già lo facciamo, vista le continue censure e shadowban che subiamo da Facebook e probabilmente non solo da quello. Renovatio 21 deve riuscire ad esistere anche in condizione di shutdown totale dei mezzi informatici: ecco perché non ci vedrete organizzare mosaici scemi di camerette e soggiorni su Zoom e Meet; abbiamo sempre preferito la realtà degli eventi dal vivo, e li abbiamo fatti in molta parte del Paese, andando su e già per l’Appennino, la Pianura Padana e perfino le Isole.

 

Il Messaggio da portare avanti è troppo importante per lasciarlo alla telematica: il messaggio – che è la Vita contro la Morte – richiede che a portarlo avanti siano esseri viventi. Il prima possibile, torneremo a vederci di persona, organizzeremo conferenze, eventi, processioni religiose – come abbiamo fatto prima che il fenomeno si abbattesse sul nostro mondo.

Il Messaggio da portare avanti è troppo importante per lasciarlo alla telematica: il messaggio – che è la Vita contro la Morte – richiede che a portarlo avanti siano esseri viventi

 

Ora, state tranquilli: Non «andrà tutto bene», perché è già andato tutto malissimo – guardate le piste da sci, guadate i ristoratori, guardate la mia Partita IVA. Non «andrà tutto bene» perché coloro che vi comandano e lo Stato che sostengono è calibrato sulla vostra depauperazione sulla vostra diminuzione numerica, sulla vostra sterilizzazione: è lo Stato moderno, è la Necrocultura al potere. Non domandatevi, quindi, perché questa pandemia duri così a lungo…

 

Ma notate anche un’altra cosa: la battaglia è ancora aperta, e – guardiamoci negli occhi – persone che vogliono combattere ce ne sono eccome. Non è una cosa così scontata, oggi.

 

Il quadro, con il nostro sacrificio e con l’aiuto di Dio, può cambiare.  Certo, non è facile, è un lavoro, è un’avventura. È costoso, faticoso, tuttavia non negatelo: è eccitante.

 

La realtà, per quanto gli somigli, non è un brutto sogno. E dobbiamo continuare per trasformare l’incubo che sentiamo di vivere in un remoto ricordo

La realtà, per quanto gli somigli, non è un brutto sogno.

 

Dobbiamo continuare a battagliare per trasformare l’incubo che sentiamo di vivere in un remoto ricordo.

 

Nostro figlio è lì sul sedile del passeggero.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

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Civiltà

Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana

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Circola da ieri in rete l’indignazione per il nuovo spot pubblicitario di un noto marchio di patatine.

 

La storia è raccontata con il linguaggio tipico della pubblicità TV: mentre sullo sfondo odiamo la melodia dell’Ave Maria di Schubert, vediamo un gruppo di novizie di un convento che si allinea per ricevere la comunione dalle mani del parroco. Tuttavia, la prima a ricevere l’ostia consacrata si ritrova a masticare una patatina. Scopriamo quindi una suora ai margini del gruppo fa lo stesso direttamente dalla busta.

 

In pratica, una suora ha sostituito la Santa Eucarestia con delle patatine fritte prodotto industrialmente. La voce fuori capo è di una femmina che con voce languida dice «Il divino quotidiano».

 

 

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Il canale YouTube della casa di produzione specializzata in pubblicità, che sul sito dice di essere il marchio di una società a responsabilità limitata con sede in una località termale austriaca, ha caricato il video ieri. Al momento è ancora visibile.

 

È segnato il nome del regista, Dario Piana, che spiega il linguaggio classico, qualcuno direbbe un po’ antiquato, del filmato: si tratta di uno dei più grandi nomi della pubblicità TV italiana, certo forse conosciuto poco oltre la cerchia dei pubblicitari milanesi e della loro filiera, uno specialista ultrasettantenne con decenni di esperienza fatti negli anni d’oro dell’ascesa delle réclame nelle TV berlusconiane, una firma-garanzia vista per qualche ragione come il pinnacolo cui aspirare per chi vuole fare uno spottone per un’aziendona.

 

La pubblicità, scrivono i giornali, sarebbe visibile nei canali social dell’azienda, che ricordiamo è nota per aver fatto in passato spot con l’attore pornografico Rocco Siffredi, e polemiche per lo slogan scelto per la campagna pubblicitaria – «la patata tira».

 

Era inevitabile che i cattolici si incazzassero. Ha chiesto l’immediata sospensione dello spot che «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti» una sigla chiamata AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione), che mai avevamo sentito prima e che dicono sia di ispirazione cattolica.

 

Secondo l’associazione dei catto-ascoltatori cui sarebbe oltraggioso «banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata», e si potrebbe parlare di un vero ricorso alla blasfemia: «strappare un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità», dicono.

 

«Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?».

 

Notiamo che siamo davanti ad una posizione moderata. Quanto mostrato è gravissimo: perché la Santa Eucarestia è il centro della religione cristiana, o meglio è Cristo stesso, è Dio stesso.

 

L’Eucarestia è il miracolo fondamentale della fede cattolica. Insultare la Santa Comunione è offendere la Fede, e direttamente Dio in persona. Quei cattolici che credono si tratti di un atto perfettamente equivalente alla bestemmia, ragionano con logica basica, inevitabile.

Non per scandalizzarci, tuttavia, che scriviamo, aggiungendosi a quanti ora si battono il petto. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di avvocati denunciò un cantante del concerto dei sindacati – quello del 1° maggio, dove ora si tifa per armi ucraine e vaccini – per aver simulato l’atto di consacrazione dell’Eucarestia con un preservativo – grande provocazione, davvero… se poi un giorno ci spiegano pure perché uno deve rivendicare felice di coprirsi la parte più sensibile del suo corpo con un pezzo di gomma sintetica che per soprammercato lo sterilizza). Non sappiamo quanta strada abbia fatto quella denunzia…

 

Non è la blasfemia ad essere rilevante qui, ma il come possa, contro ogni logica, essere prodotta. Perché c’è un grosso problema in tutta la storiella dello spot raccontato.

 

La trama è palesemente incongrua ed irreale, per il motivo semplice che prima di venire data ai fedeli, l’eucarestia viene consacrata. Che vuol dire, perfino nel rito postconciliare, innalzata dal sacerdote che pronuncia le formule necessarie a che avvenga la transustanziazione. Cioè: il prete della finzione pubblicitaria, avrebbe dovuto accorgersi che stava consacrando delle patatine. E nel caso il sacerdote fosse orbo od ubriaco, se ne sarebbero accorti i chierichetti, i fedeli, tutti.

 

In pratica: chi ha scritto e girato e mandato in giro lo spot, sembra ignorare come funziona una Messa, come funziona la Comunione. Ciò potrebbe includere una discreta quantità di persone che vanno dai geniali pubblicitari che l’hanno pensata, ai committenti che l’hanno accettata, ai produttori, al regista, alle maestranze presenti, agli attori, ai montatori, all’ufficio marketing dell’azienda, etc. Tanta gente. Nessuno a cui sia venuto il dubbio: ma non è che questa storia della pisside piena di patatine non tiene? Non è che qualcuno si può accorgere di questo errore narrativo gigantesco – quello che in gergo cinematografico è chiamato «buco di sceneggiatura»?

 

Qui, secondo noi, sta il vero scandalo. La società è talmente decristianizzata che pure nella blasfemia non c’è conoscenza della tradizione cattolica che si va a negare, o deridere, o anche solo a criticare. Non hanno idea di come sia fatta, eppure vogliono usare la chiesa cattolica e le sue forme, ci si avvicinano appena possono – un fenomeno che appare chiaro anche nel mondo LGBT, dove alla prima fessura che si apre gli attivisti omotransessualisti si ficcano nelle cattedrali, come visto nel caso di San Patrizio a Nuova York usato per le celebrazioni blasfeme di un transessuale argentino.

 

Va detto che gli LGBT, tuttavia, hanno in qualche modo presente cosa sia la chiesa, e questo spiega perché ne sono ossessionati. I pubblicitari, invece, non è detto che lo sappiano.

 

Quindi se non sanno quello che fanno, ci si chiede se si può parlare davvero di intenzioni blasfeme. Ma di questo non ci importa. Rileva realizzare come blasfema sia l’intera società post-cristiana dove, in mancanza di fede e pure di conoscenza basilare, cose come questa posson saltar fuori.

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La causa dell’abisso di bestemmia, sciatteria ed ignoranza in cui è caduta la società umana ha un nome ed un cognome: si chiama Concilio Vaticano II, la più grande catastrofe vissuta dall’umanità negli ultimi secoli, l’alterazione profonda del sistema operativo spirituale e personale di miliardi di persone, con conseguente sabotaggio dell’intera civiltà.

 

Prima del Concilio, lo scandalo dello spottino patatino era impensabile: non solo perché la gente non avrebbe mai accettato un’offesa del genere, non solo perché non gli sceneggiatori nemmeno l’avrebbero concepita, ma perché quasi tutti erano stati almeno una volta a Messa, e sapevano che l’Ostia, prima di essere distribuita, va consacrata pubblicamente (cosa perfino evidente nel nuovo rito, dove si fa ad populum, cioè rivolti ai fedeli).

 

Lo scandalo vero, dunque, non è la pubblicità blasfema, ma il Concilio che ci ha portato dove siamo ora, dove l’attacco a Dio pare scritto nel codice stesso dello Stato moderno.

 

E quindi: cari cattolici, cari telespettatori, cari cittadini sincero-democratici, cari democristiani, cari post-cristiani, avete voluto il Paese laico, adesso beccatevi la patatina ignorante, e tutta la sua filiera di lavoratori intellettuali strapagati.

 

Avete voluto detronizzare Cristo al punto da accostare il suo corpo ad una patata fritta, al punto da dimenticare perfino il rito centrale degli ultimi millenni; adesso proseguite pure con la cancellazione delle statue con donne che allattano e le vacanze scolastiche pel Ramadan.

 

Blasfemie a parte, lo scandalo è qui: nella decadenza del consorzio umano, nella caduta della civiltà cristiana.

 

Roberto Dal Bosco

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«Vediamo i sommi sacerdoti prostrarsi dinanzi agli idoli infernali del Nuovo Ordine Mondiale»: omelia di mons. Viganò nella Domenica di Pasqua

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Renovatio 21 pubblica l’omelia di monsignor Carlo Maria Viganò per la domenica di Pasqua 2024.  

ADHUC TECUM SUM

Omelia nella Domenica di Pasqua

 

Resurrexi, et adhuc tecum sum. Sono risorto, e sono ancora con te.

Salmo 138

  Hæc dies, quam fecit dominus. Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Sono le parole che la divina Liturgia ripeterà durante tutta l’Ottava di Pasqua, per celebrare la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, trionfatore della morte. Permettetemi tuttavia di fare un passo indietro, al Sabato Santo, ossia al momento in cui le spoglie del Salvatore giacciono nel Sepolcro senza vita e la Sua anima scende negl’inferi per liberare dal Limbo coloro che morirono sotto l’Antica Legge aspettando il Messia promesso.    Una settimana fa il Signore era acclamato Re d’Israele ed entrava trionfalmente in Gerusalemme. Pochi giorni dopo, appena celebrata la Pasqua ebraica, le guardie del tempio Lo arrestavano e con un processo farsa convincevano l’autorità imperiale a metterLo a morte per esserSi proclamato Dio.   Abbiamo accompagnato il Signore nel pretorio; abbiamo assistito alla fuga dei Discepoli, alla latitanza degli Apostoli, al rinnegamento di Pietro; Lo abbiamo visto flagellare e coronare di spine; Lo abbiamo visto esposto agli insulti e agli sputi della folla sobillata dal Sinedrio; Lo abbiamo seguito lungo la via che porta al Calvario; abbiamo contemplato la Sua crocifissione, ascoltato le Sue parole sulla Croce, udito il grido con cui spirava; abbiamo visto oscurarsi il cielo, tremare la terra, strapparsi il velo del Tempio; abbiamo pianto con le Pie Donne e San Giovanni la Sua Morte e la deposizione dalla Croce; abbiamo infine osservato la pietra sepolcrale chiudere la Sua tomba e la guarnigione delle guardie del tempio sorvegliare che nessuno vi si avvicinasse per rubarne il corpo e dire che Egli era risorto dai morti. Tutto era già scritto, profetato, annunciato.

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Le parole dei Profeti non erano bastate, nonostante esse annunciassero – insieme alla dolorosissima Passione del Salvatore – anche la Sua gloriosa Resurrezione. Sembrava tutto finito, tutto vano: le speranze di tre anni di ministero pubblico, di miracoli, di guarigioni sembravano dissolversi dinanzi alla cruda realtà di una morte tremenda e infame, con cui veniva a chiudersi definitivamente la vita del figlio di un falegname della Galilea.    Questo è ciò che abbiamo dinanzi in questa fase cruciale della Storia dell’umanità: un mondo che per secoli ha costruito una civiltà – anzi: la civiltà – sulle parole di Cristo, riconoscendoLo Re come fece il popolo di Gerusalemme, e che nell’arco di qualche generazione Lo rinnega, Lo tortura, Lo uccide con il più infame dei supplizi e Lo vuole seppellire per sempre.   E se non siamo ancora giunti alla fine di questa passio Ecclesiæ – ossia al completamento della Passione di Cristo nelle Sue membra, il Corpo Mistico – sappiamo che questo è comunque ciò che presto accadrà, perché il servo non è superiore al padrone.   Il mondo contemporaneo ha assistito alle manovre del Sinedrio, che in tre secoli ha compiuto sulla Santa Chiesa ciò che in tre giorni aveva fatto al suo Fondatore; in quel Sinedrio abbiamo potuto annoverare non solo re e principi, ma anche sacerdoti e scribi, per i quali la Redenzione minacciava un’usurpazione ai danni di un popolo ingannato dai suoi stessi capi. Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia (Mt 27, 18).    Noi stiamo osservando: increduli che tutto questo possa accadere di nuovo, questa volta coinvolgendo l’intero corpo ecclesiale e non solo il suo Capo divino.   Alcuni con il timore di vedere fallito un programma politico di rivolta, altri sgomenti e incapaci di comprendere come le parole del Signore possano realizzarsi, quando tutto lascia temere il peggio.   Alcuni si svelano nel loro considerare il Signore come un’opportunità per trarne un vantaggio personale e quindi pronti a tradirLo, altri continuano a credere, apparentemente contro ogni ragionevolezza.    Vediamo i sommi sacerdoti inchinarsi al potere temporale, prostrarsi dinanzi agli idoli del globalismo e della Madre Terra – infernale simulacro del Nuovo Ordine Mondiale – per quello stesso terrore di vedersi sottrarre un potere usurpato, di essere scoperti nelle loro menzogne, nei loro inganni. Tradimenti, fornicazioni, perversioni, omicidi, corruzione mettono a nudo un’intera classe politica e religiosa indegna e traditrice. E quello che gli scandali portano alla luce è ancora nulla rispetto a ciò che presto verremo a conoscere: l’orrore di un mondo sommerso, in cui coloro che dovrebbero esercitare l’autorità di Cristo Re nella sfera civile e di Cristo Pontefice in quella religiosa sono in realtà adoratori e servi del Nemico, né più né meno di ciò che erano i sacerdoti mostrati dal Signore al profeta Ezechiele (Ez 8), nascosti nei penetrali del Tempio e intenti ad adorare Baal.   Su di loro la collera di Dio si scatena mediante l’azione punitrice dei nemici: ieri Nabucodonosor o Antioco Epifane, Diocleziano o Giuliano l’Apostata; oggi le orde dell’Islam invasore, i Black Lives Matter, i seguaci dell’ideologia LGBTQ, i tiranni del Nuovo Ordine Mondiale e dell’OMS. E come i precursori dell’Anticristo hanno creduto di poter vincere Cristo e sono morti, così moriranno anche i servi dell’Anticristo e l’Anticristo stesso, sterminati dalla destra di Dio.    Quanto sangue sparso! Quante vite innocenti stroncate, quante anime perdute per sempre, quanti Santi strappati al Cielo! Ma quanti Martiri silenziosi, quante conversioni sconosciute, quanto eroismo in tante persone senza nome. E tra costoro non possiamo non annoverare i Dottori della Chiesa – ossia quei Vescovi rimasti fedeli all’insegnamento del Signore – e i dottori del popolo, ossia quei campioni della Verità cattolica contro l’Anticristo. Sì, cari amici e fratelli, perché ci saranno anche loro: E i dottori del popolo illumineranno molta gente, e correranno incontro alla spada, e alle fiamme, e alla schiavitù, e allo spogliamento delle sostanze per molti giorni (Dan XI, 33).   Questo titolo di dottore, giusta ricompensa dell’ingegno unito al lavoro, lo Spirito Santo lo attribuisce egualmente, e con infinita giustizia, a poveri popolani che la grandezza della loro Fede ha trasformati in apostoli. Apostoli intrepidi delle Verità cristiane, essi le faranno risuonare nelle officine, nelle botteghe, nelle strade, per le campagne, su internet.   Anche l’Anticristo li avrà in odio, considerandoli come uno dei più grandi ostacoli all’instaurazione del suo regno tirannico e li perseguiterà ferocemente; perché proprio quando egli crederà di aver sotto controllo i pulpiti e i parlamenti, sarà anche grazie ad essi se la fiamma della Fede non si spegnerà e se il fuoco della Carità accenderà tanti cuori sino ad allora tiepidi.   Guardiamoci attorno: la furia montante di tanti crimini esecrandi e di tante menzogne sta svegliando molte anime, scuotendole dal loro torpore per farne anime eroiche pronte a combattere per il Signore.   E quanto più nelle ultime fasi, la battaglia si farà feroce e spietata, tanto più determinata e coraggiosa sarà la testimonianza di persone sconosciute e umili. 

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In questa grande Parasceve dell’umanità, che volge ormai al termine e prelude alla vittoria della Resurrezione, le grida oscene e le vili crudeltà della folla ci atterriscono e ci fanno pensare che tutto sia perduto, specialmente nel contemplare quanti Hosanna si sono mutati in Crucifige.   Ma così non è, cari fratelli!   Al contrario: se siamo giunti al Venerdì di Passione, sappiamo che è imminente il silenzio del Sabato, che presto sarà squarciato dal suono non più delle campane a festa, ma dalle trombe del Giudizio, dal ritorno trionfale del Signore glorioso.    A chi per primo si mostra il Salvatore risorto?   Non si mostra a Erode, né a Caifa, né a Pilato, ai quali pure avrebbe potuto dare una bella lezione apparendo sfolgorante nella Sua veste candida come la neve.   Non si mostra agli Apostoli, fuggiti e ancora nascosti nel Cenacolo.   Non si mostra a Pietro, che ancora piange amaramente il suo rinnegamento.   Si mostra invece alla Maddalena, che inizialmente crede si tratti di un ortolano: a colei che la mentalità del mondo di allora avrebbe considerato insignificante, ma che era stata – con la Maria Santissima e le Pie Donne – ad accompagnare il Signore al Calvario, e che ora si preoccupava di lavarne e imbalsamarne il corpo.   Questa delicatezza del Redentore verso la Maddalena sia dunque una promessa per il giorno glorioso del Suo ritorno, quando saranno altri Cattolici senza nome, rimasti fedeli nell’ora della Passione, a meritare di veder sorgere ad Oriente il Sole di Giustizia che non conoscerà tramonto.   E così sia.   + Carlo Maria Viganò, Arcivescovo 31 Marzo 2024 Dominica Paschatis, in Resurrectione Domini SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine: Jacopo Robusti detto Tintoretto (1518-1594), La resurrezione, Gallerie dell’Accademia, Venezia  Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia   
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Civiltà

Putin: le élite occidentali si oppongono a tutti i popoli della Russia

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Il presidente russo Vladimir Putin ha messo in guardia dai tentativi occidentali di seminare divisione fra le genti russe e dai tentativi di frammentare il suo territorio secondo linee etniche. Lo riporta il sito governativo RT.

 

Intervenendo alla sessione plenaria del Consiglio internazionale del popolo russo, Putin ha lanciato un appassionato appello alla solidarietà tra i diversi popoli del Paese. Tali sforzi mirano non solo a danneggiare il popolo russo stesso, ma contro tutti i gruppi che compongono il paese, ha dichiarato Putin.

 

«La russofobia e altre forme di razzismo e neonazismo sono diventate quasi l’ideologia ufficiale delle élite dominanti occidentali. Sono diretti non solo contro i russi, ma contro tutti i popoli della Russia: tartari, ceceni, avari, tuvini, baschiri, buriati, yakuti, osseti, ebrei, ingusci, mari, altaiani. Siamo tanti, non li nominerò tutti adesso, ma, ripeto, questo è diretto contro tutti i popoli della Russia», ha dichiarato il Presidente.

 

«L’Occidente non ha bisogno di un Paese così grande e multinazionale come la Russia», ha continuato il presidente, aggiungendo che la diversità e l’unità della Russia «semplicemente non si adattano alla logica dei razzisti e dei colonizzatori occidentali».

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Ecco perché, secondo Putin, l’Occidente ha iniziato a suonare «la vecchia melodia» di chiamare la Russia una «prigione di nazioni», descrivendo il popolo russo come «schiavi» e arrivando addirittura a chiedere la «decolonizzazione» della Russia.

 

«Abbiamo già sentito tutto questo», ha detto, aggiungendo che ciò che gli oppositori della Russia vogliono veramente è smembrare e saccheggiare il paese, se non con la forza, almeno seminando discordia all’interno dei suoi confini.

 

Putin ha continuato avvertendo che qualsiasi interferenza esterna o provocazione volta a provocare conflitti etnici o religiosi nel Paese sarà considerata un «atto aggressivo» e un tentativo di utilizzare ancora una volta il terrorismo e l’estremismo come strumento per combattere la Russia.

 

«Reagiremo di conseguenza», ha dichiarato.

 

Il presidente ha sottolineato che l’attuale lotta della Russia per la sovranità e la giustizia è «senza esagerazione» di «natura di liberazione nazionale» perché è una lotta per la sicurezza e il benessere dei suoi cittadini.

 

Putin ha anche osservato che il popolo russo, come già fatto in passato, è diventato ancora una volta un ostacolo per coloro che lottano per il dominio globale e cercano di portare avanti la loro «eccezionalità».

 

«Oggi lottiamo non solo per la libertà della Russia, ma per la libertà del mondo intero», ha detto il presidente, precisando che Mosca è ora «in prima linea nella creazione di un ordine mondiale più equo» e che «senza un governo sovrano, una Russia forte, non è possibile alcun ordine mondiale duraturo e stabile».

 

Come riportato da Renovatio 21, all’ultima edizione del Club Valdai Putin aveva tenuto un denso discorso dove lasciava intendere una concezione della Russia come Stato-civiltà.

 

Riguardo alle élite occidentali, parlando di forniture di gas, il presidente russo aveva lamentato due mesi fa la mancanza di «persone intelligenti». Considerando le bollette, è davvero difficile dargli qui torto.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

 

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