Gender
La trappola dei cosiddetti «diritti dei bambini»
Nei vari documenti internazionali, a partire dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo approvata della Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1959 e revisionata nel 1989, vengono declassati i diritti formali dei genitori. Vediamo in che senso e con quali conseguenze.
I «diritti del fanciullo» promossi dalla Carta ONU suonano bene e possiedono tutte le credenziali per rimbalzare nel palcoscenico politico e mediatico quale apparente baluardo universale contro ogni prevaricazione mossa a danno dell’infanzia indifesa.
Nei vari documenti internazionali, a partire dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo approvata della Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1959 e revisionata nel 1989, vengono declassati i diritti formali dei genitori
Il quivis de populo li percepisce come sistema di protezione predisposto dalle istituzioni, dedite per definizione alla cura dei governati, nei confronti dei più deboli di loro, esposti a violenze e maltrattamenti fisici e morali da parte di adulti senza scrupoli.
In realtà, l’etichetta suggestiva nasconde un retroscena ben diverso dalla sua apparenza edificante.
Infatti, tutta la retorica dei nuovi diritti di matrice umanitaria – che, come si è visto, sono concettualmente l’antitesi della legge naturale – si fonda su criteri di riconoscimento non oggettivi, ma soggettivi e ideologici.
Nella categoria può entrare, e di fatto entra, ogni volontà desiderante, fino al «diritto» – anche del minore – ad avere accesso a informazioni quali che siano, ad avere una vita privata e a vivere liberamente la propria affettività e sessualità
Su queste premesse, nella categoria può entrare, e di fatto entra, ogni volontà desiderante, fino al «diritto» – anche del minore – ad avere accesso a informazioni quali che siano, ad avere una vita privata e a vivere liberamente la propria affettività e sessualità. In ossequio al mito dell’autodeterminazione.
Dunque colui cioè che, per definizione, deve essere guidato ed educato nella crescita, viene ritenuto in grado di valutare e quindi perseguire in autonomia il proprio interesse – identificato in base a un criterio soggettivo e perciò arbitrario – perché sarebbe l’interesse liberamente soddisfatto quello capace di creare al suo portatore uno stato di «benessere»psicofisico: il fanciullo tutelato dalla Carta ONU è cioè, per paradosso, il fanciullo autodeterminato (vedi artt.12 e ss.).
È chiaro di conseguenza che, se tutto quanto il bambino fa liberamente è per lui buono, saranno buoni per definizione anche i rapporti sessuali con adulti di vario genere e numero, se e in quanto fondati sul suo «consenso».
Colui cioè che, per definizione, deve essere guidato ed educato nella crescita, viene ritenuto in grado di valutare e quindi perseguire in autonomia il proprio interesse
Allo stesso modo, poichè ai sensi della Carta ONU le bambine e le adolescenti hanno diritto all’informazione e all’educazione sessuale, elementi essenziali per il loro benessere, e i genitori devono rispettare le capacità evolutive delle bambine e delle giovani donne, secondo quanto stabilito dalla stessa Carta, i vari credo dei genitori non devono minare i diritti delle figlie a ottenere le informazioni e i servizi necessari per la loro salute sessuale e riproduttiva. Come risulta dalla piattaforma della Conferenza di Pechino sulle donne del 1995.
È chiaro di conseguenza che, se tutto quanto il bambino fa liberamente è per lui buono, saranno buoni per definizione anche i rapporti sessuali con adulti di vario genere e numero, se e in quanto fondati sul suo «consenso».
In quel testo, coerentemente con la nuova prospettiva, non esistono più i diritti formali dei genitori, ma si fa riferimento esclusivamente ai diritti dei bambini.
Dunque, «se i bambini hanno diritto alla privacy e alla confidenzialità, là dove conta veramente, i genitori non hanno più alcun diritto».
E allora – non resta che chiedersi – “chi decide quale sia il miglior interesse del bambino?”.
La risposta è lineare e conseguente alla logica coltivata dalle strutture di potere sovranazionali: decidono «coloro che praticano l’aborto, i burocrati che impongono la contraccezione, gli educatori sessuali». (1)
«Se i bambini hanno diritto alla privacy e alla confidenzialità, là dove conta veramente, i genitori non hanno più alcun diritto»
Elisabetta Frezza
NOTE
(1) Quelle riportate tra virgolette sono parole di Dale O’Leary, La guerra del Gender, Rubettino, 2017.
Questo è un brano del libro Malascuola: «Gender», affettività, emozioni. ll sistema «educativo» per abolire la ragione e manipolare i nostri figla di Elisabetta Frezza. È possibile acquistarne copia presso il sito dell’editore.
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Accontentato il canadese che aveva chiesto al governo di pagare l’operazione per avere sia un pene che la vagina
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Un uomo dell’Ontario ha ottenuto il diritto a un intervento chirurgico di affermazione di genere negli Stati Uniti finanziato dal governo che gli darà sia una vagina che un pene.
Un collegio di tre giudici della Divisional Court dell’Ontario ha stabilito all’unanimità che rifiutarsi di coprire la procedura violerebbe i suoi diritti costituzionalmente riconosciuti dalla Carta.
Al centro del caso c’è K.S., un 33enne nato maschio, ma che ora si identifica come un «dominante femminile» non binario. Usa un nome femminile. Secondo lui, l’intervento più appropriato per sostenere la sua identità di genere è una «vaginoplastica con conservazione del pene», una procedura offerta presso il Crane Center for Transgender Surgery di Austin, in Texas. Non è disponibile in Canada.
Secondo un articolo del National Post, K.S. ha sostenuto che «costringerlo a farsi rimuovere il pene invaliderebbe la sua identità e sarebbe simile a un atto illegale di terapia di conversione».
«Solo perché la vaginoplastica è elencata come un servizio assicurato non significa che nessun tipo di vaginoplastica sia qualificabile, ha sostenuto l’OHIP in tribunale».
«La corte non è stata d’accordo. La vaginoplastica e la penectomia sono elencati come servizi distinti e separati nell’elenco degli interventi chirurgici dell’Ontario ammissibili al finanziamento, ha affermato la corte. “Il fatto che la maggior parte delle persone che si sottopongono ad un intervento di vaginoplastica lo facciano con modalità che comportano anche una penectomia” non cambia la disposizione. Se la provincia avesse voluto assicurare un solo tipo di vaginoplastica (vaginoplastica con asportazione del pene), avrebbe dovuto redigere l’elenco in modo diverso, ha affermato la Corte».
È interessante notare che la corte si è basata sugli standard WPATH, che recentemente sono stati attaccati per mancanza di rigore scientifico. Gli standard WPATH «si riferiscono espressamente alla vaginoplastica senza penectomia come opzione chirurgica per alcune persone non binarie», ha scritto il giudice Breese Davies nella sentenza della corte.
La Corte ha affermato chiaramente che la «vaginoplastica con conservazione del pene» è una questione di diritti umani. «Il diritto alla sicurezza della persona tutelato dalla Carta tutela la dignità e l’autonomia dell’individuo», si legge nella sentenza. Richiedere a un transgender maschio nato o a una persona non binaria «di rimuovere il proprio pene per ricevere finanziamenti statali per una vaginoplastica sarebbe incoerente con i valori di uguaglianza e sicurezza della persona».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Gender
Atlete delle scuole medie si rifiutano di competere contro transessuali
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🚨🚨FIVE middle school female athletes in West Virginia refuse to throw shot put against male, Becky Pepper-Jackson.
— Riley Gaines (@Riley_Gaines_) April 19, 2024
This comes just 2 days after the Fourth Circuit Court of Appeals blocked the WV law that says you must compete in the category that matches your sex.
It's a… pic.twitter.com/RzMgh4jVRU
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Gender
Società medica promette di «eradicare» la transfobia
L’associazione medica britannica Chartered Society of Physiotherapy (CSP) ha rilasciato questo mese due dichiarazioni in merito al suo sostegno al transgenderismo e al suo obiettivo di sradicare la transfobia dalla professione medica.
«Il CSP si oppone alla transfobia. Ci impegniamo a eradicarlo dalla nostra professione», si legge nella dichiarazione del 10 aprile. La dichiarazione è stata quindi definita come una pietra miliare per i diritti «LGBTQIA+» in un’altra dichiarazione dell’11 aprile.
La dichiarazione del 10 aprile prosegue definendo la transfobia, una paura che la società considera malvagia.
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«Transfobia: la paura o l’antipatia di qualcuno basata sul fatto che è transgender, compreso il negare la propria identità di genere o il rifiuto di accettarla”» si legge nella dichiarazione.
Fornisce anche un esempio di fobia proibita: mettere in discussione l’«identità di genere» di una persona transgender, tentare di rimuovere i diritti delle persone transessuali, «rappresentare in modo errato» i trans, escludere sistematicamente le persone transgender dalle discussioni su questioni che le riguardano direttamente, e «altre forme di discriminazione».
La dichiarazione ammette anche che la paura, che ora non è più consentita, può manifestarsi in modi vaghi a seconda dell’interpretazione: «la transfobia non ha una manifestazione unica e semplice. È complesso e può includere una serie di comportamenti e argomenti».
Following dialogue involving our LGBTQIA+ Network and Equity, Diversity and Belonging committee, the CSP has adopted our first definitive position statement on transphobia https://t.co/jGqJ8Ry0It
— Chartered Society of Physiotherapy (@thecsp) April 11, 2024
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«C’è molto di più che dobbiamo fare tutti per garantire che la nostra comunità di fisioterapia sia inclusiva e libera da discriminazioni», ha affermato Ishmael Beckford, presidente del Consiglio CSP. La presidente del comitato Equità, diversità e appartenenza del CSP, Sarine Baz, ha affermato che la paura del transgenderismo non è mai accettabile.
«L’espressione di atteggiamenti o sentimenti negativi nei confronti delle persone transgender, o altre azioni transfobiche, non possono essere tollerate», ha detto la Baz.
Come riportato da Renovatio 21, la cosiddetta medicina transgender, nonostante i recenti scandali e le battute d’arresto istituzionali in vari Paesi, sembrerebbe procedere nel suo percorso anche in Italia, dove vi è stata polemica quando si è scoperto che persino il Policlinico Gemelli – l’ospedale del papa – avrebbe istituito un ambulatorio di assistenza per la disforia di genere.
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