Geopolitica
Zelens’kyj è passato all’autoritarismo: parla il sindaco di Kiev Klitschko
Le autorità municipali dell’Ucraina rimangono oggi l’unica forza indipendente nel paese, che è diventato sempre più autoritario nel conflitto con la Russia, ha affermato il sindaco di Kiev Vitalij Klitschko, già campione dei pesi massimi di pugilato.
Klitschko ha condiviso la sua valutazione sullo stato della «democrazia» in Ucraina in un’intervista al quotidiano tedesco Der Spiegel, pubblicata ieri, dove ha affermato che li istituti di governo del paese si sono notevolmente deteriorati nel corso delle ostilità, e le autorità municipali locali rimangono di fatto l’unica forza indipendente in piedi.
«L’Ucraina è sulla strada dell’autoritarismo», ha detto il sindaco. «È rimasta solo un’istituzione indipendente – le autorità locali – e sono sotto un’enorme pressione».
Durante il conflitto il governo centrale ha comunicato male, se non per nulla, con le autorità locali, ha affermato il sindaco della capitale ucraina.
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«In un anno e mezzo dall’inizio del conflitto con la Russia, non c’è stato un solo incontro o conversazione telefonica tra [la città di] Kiev e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. Ad un certo punto arriveremo alla situazione in cui tutto dipende dall’umore di una singola persona», ha detto Klitschko a Der Spiegel.
Klitschko, vincitore di tre titoli mondiali nella boxe categoria pesi massimi poi diventato politico terminata la carriera sportiva, è stato eletto sindaco poco dopo il colpo di Stato ucraino di Maidan del 2014, rimanendo uno dei pochi funzionari dell’era Poroshenko a mantenere il suo incarico sotto lo Zelens’kyj.
Negli ultimi mesi, i rapporti tra il sindaco della capitale e il governo centrale sono stati segnati da molteplici scontri pubblici. A giugno, ad esempio, il governo nazionale ha rimproverato Klitschko per lo stato dei rifugi antiaerei della città, con i capi di due distretti e due capi di distretto ad interim licenziati dai loro incarichi per la loro incapacità di mantenere operative le strutture.
Klitschko è divenuto inoltre uno dei primi grandi personaggi pubblici ucraini ad ammettere il fallimento della controffensiva da tempo annunciata dal suo Paese contro le forze russe. All’inizio di novembre, il sindaco ha detto che le truppe si stavano muovendo «lentamente» e non erano in grado di «violare rapidamente» le fortificazioni erette dalla Russia.
La valutazione del sindaco contrastava drasticamente con la posizione assunta all’epoca dal presidente, il quale insisteva che la controffensiva era ancora in corso e negava costantemente qualsiasi battuta d’arresto. Lo Zelens’kyj ha ammesso il fallimento solo questa settimana, dicendo ad AP che ora considera un risultato «soddisfacente» il fatto che le truppe del suo Paese non si stiano ritirando in questo momento.
I malumori nei confronti della presidenza ucraina divengono sempre più evidenti, e di colpo spiattellati sulla stampa internazionale.
All’inizio di questo mese, il comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny aveva contraddetto pubblicamente Zelens’kyj, descrivendo la situazione in prima linea come «una situazione di stallo» in un’intervista sul britannico Economist. Da allora il presidente ha messo in guardia i comandanti militari dall’interferire nella politica nazionale.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio di questo mese, un profilo del presidente ucraino sulla rivista TIME citava i suoi più stretti collaboratori che si lamentavano del suo incrollabile perseguimento di una vittoria militare su Mosca, che l’articolo definisce «al limite del messianico». Alcune fonti citate da TIME definivano il presidente come «delusional», cioè «delirante».
La moglie del capo dell’Intelligence militare Igor Budanov, Marianna Budanova, il cui avvelenamento è stato rivelato pochi giorni fa, in passato aveva lavorato con il sindaco Klitschko divenendo anche candidata per il suo partito, Udar («Colpo»).
Giorni fa l’ex analista CIA Larry Johnson ha dichiarato al sito governativo russo Sputnik che l’Occidente potrebbe star tramando un colpo di Stato militare a Kiev.
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Immagine di Saeima via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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