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Vaticanista americana conferma: il documento per la soppressione della Messa in latino è «serio e reale»
Il divieto pressoché assoluto della Santa Messa Tradizionale di cui tutti parlano pare essere realtà.
In un articolo per la testata cattolica tradizionalista americana The Remnant, la giornalista vaticana Diane Montagna ha confermato che un documento che limita ulteriormente la Messa latina tradizionale, sostenuto dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è stato «presentato a Papa Francesco».
Secondo «fonti ben informate», se pubblicato, il documento vieterebbe la celebrazione della Messa tridentina a tutti i sacerdoti tranne quelli appartenenti agli «istituti approvati dall’ex Ecclesia Dei», tra cui la Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP) e l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote.
La Montagna ha osservato, tuttavia, che «non è chiaro» se e in quale misura a questi sacerdoti sarà consentito amministrare la forma tradizionale dei sacramenti, tra cui il battesimo e il matrimonio, così come se saranno consentite le ordinazioni sacerdotali tradizionali.
Il documento «proibirebbe ai vescovi stessi di celebrare o autorizzare» la Messa di sempre e «sospenderebbe i permessi esistenti» per la Messa tradizionale oltre a quelli offerti dalle comunità ex-Ecclesia Dei. La Pontificia commissione Ecclesia Dei era il dicastero della Curia Romana per i rapporti con il tradizionalismo cattolico istituito il 2 luglio 1988 da papa Giovanni Paolo II dopo le ordinazioni episcopali del 1988 da parte di monsignor Marcel Lefebvre e soppresso il 17 gennaio 2019 da papa Francesco.
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Le fonti della Montagna affermano che non è stata decisa una data di pubblicazione, ma che il suo «rischio» è «serio, reale e potenzialmente imminente». Sarà un duro colpo, persino devastante, per i fedeli che contano sulla loro diocesi per la Messa in latino. Alcuni, è riportato, si sono persino trasferiti dall’altra parte del Paese con le loro famiglie principalmente per partecipare alla messa tradizionale.
La Fraternità San Pio X (FSSPX), la «madre» di questi ex istituti Ecclesia Dei, non ne sarà toccata, poiché ha sempre riconosciuto che i prelati vaticani non hanno l’autorità di limitare la Messa dei secoli, codificata nel 1570, con il Canone Romano ricondotto agli stessi Apostoli.
Lo stesso papa Benedetto XVI ha chiarito attraverso il suo motu proprio Summorum Pontificum che la messa latina non è mai stata abolita e che nessun sacerdote ha bisogno del permesso del suo vescovo per celebrarla.
Seguendo il motu proprio originale di Papa Francesco che limitava la messa in latino, Traditionis Custodes, il cardinale Raymond Burke ha affermato che la liturgia tradizionale non è qualcosa che può essere ignorato come «espressione valida della lex orandi», anche dal papa stesso.
«Si tratta di una realtà oggettiva della grazia divina che non può essere modificata da un semplice atto di volontà anche della più alta autorità ecclesiastica», scriveva il cardinale nel 2021.
Montagna ha osservato che il cardinale Parolin, che è l’«architetto» dell’accordo segreto tra Vaticano e Cina e che si dice sostenga l’imminente soppressione della Messa vetus ordo, aveva raccomandato durante un incontro del gennaio 2020 presso l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede che la CDF «richiedesse ai gruppi sacerdotali tradizionali di fornire un segno concreto di comunione che riconoscesse la validità del novus ordo e dimostrasse chiaramente che sono “nella Chiesa”».
Come scritto da Renovatio 21, la soppressione finale della Messa in latino arriva esattamente nel momento in cui monsignor Carlo Maria Viganò, divenuto inesausto critico del Concilio Vaticano II e campione della Messa di sempre, è stato messo sotto processo dal Dicastero per la Dottrina della Fede.
In vista della legge draconiana neocattolica contro la Messa, colpire un vescovo per educarne 5340?
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Immagine di Novis-M via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata.
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Messaggi dal futuro trans-Conclave. Neanche tanto subliminali
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Nuovi cardinali: Papa Francesco affronta la tentazione del conclave
L’annuncio di Papa Francesco, il 6 ottobre 2024, dalla finestra dell’appartamento papale che affaccia su piazza San Pietro, della convocazione di un concistoro pubblico ordinario – il decimo del suo pontificato – ha colto di sorpresa non pochi osservatori. Secondo la volontà del romano pontefice, l’8 dicembre verranno creati ventuno nuovi cardinali.
Una decisione che sorprende, perché non è evidente l’urgenza di queste nuove creazioni cardinalizie: il Sacro Collegio contava 121 elettori al 5 ottobre, uno in più rispetto al numero massimo di 120 cardinali aventi diritto effettivo di voto in conclave, un quorum fissato e inciso nella pietra del diritto canonico da Giovanni Paolo II.
Dall’annuncio del 6 ottobre che li integra nel Sacro Collegio, saranno presto 141 quelli che potranno pretendere di eleggere il futuro successore di Pietro. Qualcuno obietterà che quindici di loro dovranno perdere il diritto di voto entro il 2025 a causa del limite di età fissato a 80 anni, ma l’emergenza non viene piuttosto dall’inquilino di Santa Marta, che sembra voler accelerare?
Il profilo dei nuovi cardinali suggerisce infatti alcune intenzioni che hanno guidato il papa nella sua decisione. Innanzitutto, la volontà di improntare quanto più chiaramente possibile la propria linea pastorale al Collegio che dovrà designare il suo successore: con il timore implicito che la sinodalità imposta dal pontefice argentino possa essere messa in discussione in un imprevedibile «dopo Francesco».
Così, mons. Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri dal 2021, è molto legato al dialogo con l’Islam e si è posizionato molto chiaramente, dal 2015, a favore dell’integrazione dei divorziati risposati nella pastorale dei sacramenti. Come ricorda Jean-Marie Guénois su Le Figaro dell’8 ottobre, mons. Vesco è «contro il modello “patriarcale” e “anacronistico” della Chiesa attuale» e desidera dare più spazio alle donne.
Il caso di padre Timothy Radcliffe, domenicano progressista favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso, così come quello di mons. Carlos Gustavo Castillo, arcivescovo di Lima e vicino alla teologia della liberazione, lasciano pochi dubbi sulle intenzioni di papa Francesco.
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Se diminuisce la quota degli europei nel Sacro Collegio, che riflette l’evoluzione della Chiesa, anche il peso della Curia risulta indebolito da queste nuove nomine: da essa escono solo tre nuovi cardinali; osservazione che acquista tutto il suo significato se ricordiamo che l’attuale papa diffida di una Curia romana che non ritiene sufficientemente docile ai suoi orientamenti, e che non esita ad aggirare regolarmente.
Sorge una domanda sull’Africa, quasi assente in questa nomina: gli africani sono stati «puniti», come suggerisce un articolo di Corrispondenza Romana, a causa del rifiuto di Fiducia supplicans? Questo continente, uno dei più floridi numericamente, avrà un solo cardinale, mons. Ignace Dogbo, arcivescovo di Abidjan, mentre vedrà una nomina anche quella piccolissima minoranza di vescovi nordafricani, che ha approvato la benedizione degli omosessuali.
Anche gli europei ne vedranno uno solo; per quanto riguarda l’episcopato americano, esso viene ancora una volta messo da parte, a vantaggio di un canadese. Quanto all’America Latina, ne riceve quattro: è vero che i vescovi di questa parte del continente americano sono spesso (molto) progressisti.
Una cosa è certa: Francesco non ha intenzione di arrendersi. Il prossimo concistoro prevede molti nuovi cardinali, molto giovani, a dimostrazione del desiderio di dare alla Chiesa un orientamento per le generazioni future, e senza dubbio anche di cercare di influenzare il prossimo conclave.
Questo tipo di calcoli è sempre azzardato e nulla viene mai deciso in anticipo, ma proprio questa gioventù, che rende difficile cogliere i problemi della Chiesa con la necessaria maturità, non può che preoccupare chi scruta la composizione del futuro incontro che si terrà eleggere il prossimo papa.
Senza dimenticare, però, che il Capo della Chiesa è Gesù Cristo…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Bergoglio incontra privatamente Zelens’kyj
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For all of us in Ukraine, the issue of captured and deported people remains incredibly painful. These are adults and children, many civilians who are now held in prisons and camps in Russia.
Yesterday, it was reported that Ukrainian journalist Viktoria Roshchyna died in Russian… pic.twitter.com/9AECwB6ncY — Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) October 11, 2024
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