Spirito
«Una condanna inesorabile, già scritta» contro Satana e i suoi servi: omelia di Mons. Viganò per l’Ascensione di Nostro Signore
Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò.
OMELIA
nell’Ascensione di Nostro Signore
Quid admiramini aspicientes in cælum?
At 1, 11
Nell’Introito della Messa di oggi abbiamo cantato: Viri Galilæi, quid admiramini aspicientes in cælum? Uomini di Galilea, di cosa vi meravigliate guardando verso il cielo? Lo chiedono i due Angeli agli Apostoli, assorti nel veder ascendere il Signore. La domanda dei messaggeri celesti è retorica: il prodigio che deroga alle leggi della natura è nulla, rispetto al miracolo della Resurrezione di cui essi saranno testimoni fino al martirio.
Perché vi stupite di veder salire al cielo il Signore? Vi stupite di vederLo ascendere miracolosamente per scomparire tra le nuvole, o vi meravigliate del fatto che vi stia lasciando soli, proprio adesso che è risorto e può ristabilire il regno di Israele (At 1, 6)? Ma non vi ha Egli già detto: Vado a preparare il luogo per voi. E quando sarò partito, e avrò preparato il luogo per voi, verrò di nuovo, e vi prenderò meco, affinché dove son Io, siate anche voi (Gv 14, 2-3)?
Perché il Signore non è rimasto con noi? Se non fosse asceso al cielo così presto, anzi: se fosse ancora qui sulla terra, avrebbe potuto viaggiare e far conoscere il Suo Vangelo con l’autorevolezza di un Dio fattoSi uomo, morto e risorto. Il Cristianesimo si sarebbe diffuso più in fretta, e con maggior successo, anche risparmiando molte vite di Martiri. Se il Signore fosse rimasto qui sulla terra, avrebbe potuto veramente restituire, nella Chiesa Cattolica, il regno di Israele, essendo Lui stesso a governare come Pontefice e come Re. Egli avrebbe attraversato i secoli senza invecchiare, e sarebbe bastato questo a convertire a Lui il mondo. Ecco perché gli Apostoli sono meravigliati: perché ancora agiscono e pensano secondo la mentalità del mondo.
Nostro Signore, dopo trent’anni di vita ritirata e tre di ministero, in tre giorni sconfigge con la propria Passione e Morte l’antico Serpente, riacquistando a prezzo del Suo preziosissimo Sangue ogni anima sottratta all’eterna salvezza dal peccato di Adamo. Ci ha redenti, ci ha comprati schiavi del demonio per renderci liberi di essere non più servi, ma amici (Gv 15, 15). Nei quaranta giorni successivi alla Resurrezione, Egli ha insegnato agli Apostoli le verità della Fede e a celebrare i Sacramenti, e alla fine di questo «seminario» accelerato tenuto nientemeno che dal Signore in persona, è giunto il tempo di uscire dal Cenacolo: Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà, e sarà battezzato, sarà salvo: chi non crederà, sarà condannato (Mc 16, 15-16). È il Suo ultimo comando, la Sua eredità prima di lasciare questa terra.
Tra l’Ascensione del Signore e la discesa dello Spirito Santo passano solo dieci giorni: riceverete la virtù dello Spirito santo, il quale verrà sopra di voi, e sarete Miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e sino all’estremità della terra (At 1, 7). Le fiamme del Paraclito che si fermano sul capo degli Apostoli e della Vergine Santissima nel giorno di Pentecoste danno inizio alla Santa Chiesa, Mistico Corpo di Cristo, e da quel momento le porte del Cenacolo – sino ad allora chiuse per paura dei Giudei (Gv 20, 19) – si spalancano e ne escono persone nuove, rinate nello Spirito Santo, che non pensano più secondo lo spirito del mondo, ma secondo Dio. Lo canteremo tra pochi giorni: Emitte Spiritum tuum, et creabuntur; et renovabis faciem terræ.
Nel momento in cui essi si sono lasciati toccare dalla Grazia, essi hanno cambiato il loro modo di pensare. Ed è grazie a questo che comprendono la necessità dell’Ascensione. La Chiesa nasce quando gli Undici rimasti fedeli al loro Maestro comprendono che quel vuoto lasciato su questa terra dal Signore, quello spazio di tempo che va dalla Sua Ascensione al cielo al Suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi, dev’essere usato per far fruttare i tesori infiniti dei Meriti della Passione di Cristo, con la predicazione del Vangelo a tutte le nazioni, con la testimonianza della nostra Fede, con la conversione delle anime all’unico Pastore nell’unico Ovile, nell’unico Battesimo, nell’unica professione di Fede.
La Santa Chiesa è la continuazione della presenza del Suo Capo divino fino alla fine del mondo. È nel suo seno purissimo – il Santo dei Santi, l’Altare di Dio – che nel Santo Sacrificio della Messa scende, sotto i veli eucaristici, il Signore con il Suo glorioso Corpo e Sangue, la Sua Anima e la Sua Divinità. E sono degli uomini a compiere questo miracolo ineffabile, grazie al cui Sacerdozio Nostro Signore Gesù Cristo rimane su questa terra, presente agli occhi della Fede, prigioniero del Tabernacolo, perché con San Tommaso possiamo riconoscerLo e adorarLo come nostro Signore e nostro Dio anche senza mettere le dita nelle Sue sante Piaghe.
Il Santissimo Sacramento dell’Altare, cuore palpitante Santa Chiesa, è il dono divino del Signore che sale al cielo ai Suoi fedeli che lascia in questa terra d’esilio, in questa valle di lacrime, in questo campo di battaglia che non conosce mai tregua. E mentre ricordiamo il mistero dell’Ascensione spegnendo simbolicamente il Cero pasquale al canto del Vangelo, un’altra fiamma rimane accesa: è quella nella lampada rossa che arde accanto al Tabernacolo. Essa onora la Presenza del Re dei re, che nella Sua infinita magnificenza Si umilia esponendoSi all’irriverenza, al sacrilegio, alla profanazione degli empi, pur di avere la consolazione di vederci prostrati dinanzi a Sé, a pregarLo, a ringraziarLo dei favori concessi, a implorarGli una grazia, a chiederGli perdono per le nostre mancanze, a riceverLo nella Santissima Eucaristia e fare della nostra anima il tempio della Santissima Trinità. A riporre in Lui, tutte la nostra fede, ogni nostra speranza, tutto il nostro amore: fac me tibi semper magis credere, in te spem habere, te diligere.
Se Nostro Signore avesse voluto il proprio trionfo secondo la mentalità del mondo, ci avrebbe creati senza libero arbitrio, programmandoci per compiere solo la Sua volontà, senza merito e senza colpa. Non avrebbe creato nemmeno gli Angeli peccabili, evitandoSi di avere contro le schiere degli spiriti ribelli. Ci avrebbe fatti tutti uguali, distribuendoci equamente sul Pianeta, dotandoci dello stretto necessario e controllando ogni nostra azione. Avrebbe insomma agito come Klaus Schwab, che vorrebbe ridurci in schiavitù e cancellare ciò che rende noi umani, e meravigliosamente divino il nostro Creatore: la nostra unicità, la nostra libertà di amarLo e di ricambiare con la nostra miseria la magnificenza delle Sue grazie.
Il «successo» del Signore non si compie secondo la mentalità del mondo, perché se così fosse esso non sarebbe che un’illusione, un effimero fuoco d’artificio, come tutte le cose mondane e che non vengono da Dio. Il «successo» di Cristo avviene con quella delicatezza del padre che lascia al figlio la soddisfazione di dimostrargli le proprie capacità, il frutto tratto dall’insegnamento paterno. Come l’artigiano che, dovendosi assentare, lascia la bottega al più esperto, per dargli la possibilità di confermare la fiducia ben riposta. E sa che tornando non rimarrà deluso.
Nostro Signore sale al cielo perché da questo momento ognuno di noi, e in particolar modo i Successori degli Apostoli, abbiamo il mandato di annunciare la salvezza di Dio in un mondo ribelle e apostata, di portare la luce di Cristo nelle tenebre del peccato e della morte. Vi mando come pecore in mezzo ai lupi (Mt 10, 16), ci ha detto, preannunciandoci che un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone (Mt 10,25).
Questo è un momento di prova, che dura – con esiti alterni – da duemila anni: la Chiesa continua a rendere presente Cristo sulla terra, e ad offrirLo misticamente al Padre. Ma quanti lupi, travestiti non solo da agnelli, ma addirittura da pastori! Quanti mercenari corrotti, illusi di poter frodare il padrone prima del suo ritorno! Quanti traditori, che cercano di distruggere la Chiesa proprio per cancellare la presenza di Dio e impedire la salvezza delle anime!
Nella domanda dei due Angeli ai Discepoli c’è un avvertimento: Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto al cielo, così verrà, come lo avete veduto andare al cielo (At 1, 11). Ciò rimanda alla fine dei tempi, quando Nostro Signore trionfante sulla morte e sul peccato tornerà a giudicare i vivi e i morti, per concludere con un processo universale quella vittoria sull’antico Serpente annunciata nel Protoevangelo (Gen 3, 15), inaugurata con l’Incarnazione, compiuta con la Passione e Morte sulla Croce, ma ancora incompleta perché mancante della pubblica condanna di Satana e dei suoi servi.
Una condanna inesorabile, già scritta, ma che ancora dev’essere pronunciata. Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur, cantiamo nel Dies iræ. Il libro che è stato scritto, in cui è contenuto tutto, verrà letto e il mondo sarà giudicato.
Ma quando verrà il Figlio dell’uomo, troverà fede sopra la terra? (Lc 18, 8). Se guardiamo attorno a noi, dovremmo dire di sì, perché le avversità che attraversiamo permettono a molte anime di convertirsi e di tornare a Dio, e questa celebrazione ne è la prova. Ma se guardiamo al mondo, c’è di che inorridire, ad iniziare dall’apostasia, dalla corruzione e dall’immoralità in cui versa la Gerarchia cattolica.
Molti miei Confratelli e tanti sacerdoti pensano che sia più semplice promuovere una versione soft del Cristianesimo – umanitaria, ambientalista e globalista – perché la sua «edizione integrale» è considerata improponibile alla mentalità del mondo. Con mentalità mercantile, credono di poter “svecchiare il magazzino” proponendo un «prodotto» nuovo, che incontri i gusti della clientela. Cose poco impegnative, tanto generiche quanto rassicuranti per chi non vuole cambiare nulla della propria vita: solidarismo, accoglienza, inclusione, sinodalità, resilienza, ecosostenibilità. E soprattutto: nessun richiamo al peccato, quindi nessuna colpa originale, nessuna Redenzione, ma solo un “camminare insieme”, verso il baratro. La Passione e Morte del Signore è di ingombro, è divisiva, non è inclusiva. Non crea ponti, ma erige muri.
Ma è forse questa la Fede che il Signore ha insegnato agli Apostoli durante i tre anni di ministero pubblico e, dopo la Resurrezione, fino al momento dell’Ascensione? È per questo che ha istituito l’Ordine Sacro, e tutti i Sacramenti? È questo che ha ordinato di insegnare a tutte le nazioni? Per questo sono morti tra atroci tormenti i Martiri? Per sentirsi dire che la missione divina della Chiesa di convertire i popoli è una «solenne sciocchezza»?
Per questo hanno dedicato la propria vita alla predicazione della dottrina i Santi Padri e i Dottori della Chiesa? Per ascoltare i deliranti e sconclusionati discorsi contro chi rimane fedele alla Santa Tradizione, emarginato come indietrista o nostalgico patologico?
Per questo sono stati perseguitati i sacerdoti cattolici nell’Inghilterra di Enrico VIII o nella Francia del Terrore? Per veder proibita quella Messa che è in odio agli eretici di tutti i tempi?
I due Angeli non ammoniscono solo i Discepoli a testa in su, ma anche ognuno di noi: Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto al cielo, così verrà, come lo avete veduto andare al cielo (At 1, 11). E quando tornerà chiederà ai Suoi amministratori che cosa abbiano fatto dei talenti inestimabili che ha loro lasciato nel forziere della Santa Chiesa. Rendi conto della tua amministrazione (Lc 16, 2).
Tremo all’idea del Giudizio di Dio, che ha costituito in autorità il Papa e i Vescovi perché siano altri Cristi e predichino il Vangelo a tutte le genti, e oggi Si trova la Chiesa infestata da un sinedrio di ipocriti, eretici e apostati intento a spartirsi con i potenti della terra la Sua veste inconsutile. Com’è stato fatto fruttare il patrimonio di Cristo, costituito dai Sacramenti e dalla Santa Messa?
Copiando la «Cena» ai Protestanti e proibendo il Rito apostolico? Come sono stati fatti moltiplicare i talenti della predicazione e dell’apostolato, i tesori di dottrina dei Santi teologi?
Promuovendo l’ecumenismo irenista e partecipando sacrilegamente al pantheon delle “religioni abramitiche” di Abu Dhabi?
Facendo adorare l’idolo infernale della Pachamama in Vaticano?
Incoraggiando i vizi e deridendo le virtù?
Promuovendo Prelati indegni e perseguitando i buoni sacerdoti?
Questi corrotti burocrati mitrati correranno a dissotterrare il tesoro, pensando di poterlo impunemente restituire senza averlo fatto fruttare, quando esso è stato conquistato con il Sangue dell’Agnello.
L’Ascensione del Signore ci mostra che è Sua volontà che noi cooperiamo all’opera della salvezza, perché siamo membra vive del Suo Corpo che è la Chiesa, e come tali dobbiamo seguire docilmente il suo Capo divino. Lo chiede ai Pastori, ai quali ha ordinato di predicare il Vangelo e battezzare tutte le nazioni, senza lasciare equivoci sulla condanna che attende chi non si converte e chi non annuncia il Vangelo.
Perché l’autorità dei Pastori è vicaria, ossia esiste proprio perché esercitata nell’assenza fisica di Nostro Signore, unico Capo della Chiesa. Chi ascolta voi ascolta Me, e chi disprezza voi disprezza Me (Lc 10, 16): sono parole che rassicurano chi è disprezzato dal mondo perché predica Cristo, ma che devono terrorizzare chi è accolto dal mondo perché in nome di Cristo predica un altro vangelo. E guai a chi fa disprezzare Cristo perché con l’autorità di Cristo propaga l’errore, legittima il peccato e il vizio, dà scandalo con la propria condotta di vita.
Il Signore se ne va senza strepito, come nel silenzio Egli è risorto. Solo, si lascia vedere dai Discepoli, perché all’evidenza della Sua Ascensione al cielo segua la Fede nella Sua presenza sacramentale nella Santissima Eucaristia custodita dalla Chiesa, la Speranza di riunirsi a Lui nella gloria celeste e la Carità ardente nell’amare Lui e il prossimo per amor Suo.
Questa è l’eredità che la Chiesa di Cristo trasmette intatta da duemila anni, e che nessuno può modificare o adulterare, illudendosi di farla franca: Deus non irridetur.
Perché quando il Signore tornerà, vorrà tornare in possesso dei beni spirituali inestimabili che ha concesso in amministrazione ai suoi Ministri, e di cui essi dovranno render conto.
Facciamo dunque tesoro noi tutti – tutti: dai vertici della Chiesa al più umile fedele – del tempo che ci rimane. Di quello che ci resta in questa vita mortale, prima di trovarci dinanzi a Dio per il Giudizio particolare. Di quello che resta al mondo e alla Chiesa prima della fine dei tempi, prima del Giudizio universale.
Se anche solo un’anima sarà stata conquistata a Cristo dalla nostra predicazione, dal nostro esempio, da una nostra buona parola potremo mostrare serenamente al Signore di aver moltiplicato i talenti ricevuti e sentirci rispondere: Bravo, servo buono, e fedele… entra nel gaudio del tuo Signore (Mt 25, 23).
Possa questo auspicio valere soprattutto per quanti il Signore ha costituito in autorità nella Chiesa: sia questa l’intenzione delle preghiere che deponiamo ai piedi della Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, Maria Santissima.
E così sia.
Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
18 Maggio 2023
Feria V in Ascensione Domini
Arte
Svelate le vetrate contemporanee per la Cattedrale di Notre-Dame
Dopo due anni di polemiche, e nonostante la forte opposizione delle associazioni per la tutela del patrimonio, la sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, rimaste intatte dall’incendio che ha colpito la Cattedrale di Notre-Dame il 15 aprile 2019, con creazioni contemporanee sta prendendo forma: i modelli sono ora esposti.
La mostra D’un seul souffle è stata inaugurata il 10 dicembre 2025 nella Galleria 10.2 del Grand Palais (Parigi, VIII arrondissement). I visitatori possono scoprire i modelli a grandezza naturale, i bozzetti e altri lavori preparatori per le sei vetrate create da Claire Tabouret, vincitrice del concorso indetto dal ministero della Cultura.
Queste vetrate sono destinate a sostituire le creazioni ottocentesche di Viollet-le-Duc in sei cappelle della navata sud, vetrate progettate dall’architetto in linea con le origini gotiche della cattedrale. La petizione che ne richiede la conservazione spiega: «oltre alle vetrate narrative del deambulatorio, del coro e del transetto, le cappelle della navata presentano vetrate a grisaglia puramente decorative».
«Qui si manifesta una ricerca di unità architettonica e di gerarchia spaziale che è parte integrante della sua opera e che il restauro ha specificamente mirato a riscoprire. Inoltre, il progetto in corso ha incluso la pulizia e il consolidamento di tutte queste vetrate, vetrate che non sono state toccate né danneggiate dall’incendio e che sono classificate come monumenti storici, proprio come il resto dell’edificio».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Una sostituzione fortemente controversa
La decisione di installare vetrate contemporanee nella Cattedrale di Notre-Dame è un’iniziativa personale di Emmanuel Macron, annunciata durante la sua visita al cantiere l’8 dicembre 2023 e sostenuta dall’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich. «Che vengano cambiate e che portino l’impronta del XXI secolo», dichiarò il Presidente all’epoca.
La sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, sopravvissute all’incendio del 2019, aveva scatenato un’accesa controversia. Nel luglio 2024, la Commissione Nazionale per il Patrimonio e l’Architettura ha respinto il progetto, sostenendo che la creazione artistica non dovrebbe sacrificare elementi del patrimonio di interesse pubblico.
La Tribune de l’Art ha lanciato una petizione che, ad oggi, ha raccolto quasi 300.000 firme. L’associazione Sites & Monuments ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo di Parigi per annullare o risolvere l’appalto pubblico. Il ricorso è stato respinto dal tribunale a fine novembre.
Aiuta Renovatio 21
Nel frattempo, lo Stato vuole trarre profitto dal restauro di Notre-Dame
Didier Rykner, il dinamico direttore de La Tribune de l’Art, che si oppone a questa sostituzione, ha appena pubblicato un editoriale in cui denuncia l’avidità dello Stato, che pretende fondi privati per coprire spese che dovrebbero essere a suo carico.
Come sottolinea il giornalista, l’istituzione pubblica responsabile della conservazione e del restauro della Cattedrale di Notre-Dame non dovrebbe essere mantenuta. «Ora che le tracce dell’incendio sono scomparse, non vi è alcuna giustificazione per cui questa struttura, creata esclusivamente per questo restauro, continui a funzionare».
«Notre-Dame ha ora bisogno di restauro, ma questi lavori dovrebbero continuare, come di consueto, sotto la direzione del DRAC Île-de-France, ovvero il ministero della Cultura, senza bisogno di un’istituzione pubblica. Un’istituzione del genere, i cui costi di gestione sono considerevoli, non è più giustificata, a meno che non si decida di creare istituzioni pubbliche per il restauro di tutti i principali monumenti statali…»
Inoltre, permane un «surplus» di fondi privati donati per il restauro della cattedrale più famosa del mondo, che sarà utilizzato per il restauro dell’abside e degli archi rampanti che la sostengono, e anche, a quanto pare, per la sacrestia, i tre grandi rosoni e le facciate nord e sud del transetto. Ma Philippe Jost, direttore dell’istituzione pubblica, chiede altri 140 milioni.
E Didier Rykner ha concluso: «non dobbiamo più dare un solo centesimo a Notre-Dame per sostituire uno Stato in rovina che si rifiuta di adempiere ai propri obblighi. Le cattedrali, come Notre-Dame, devono essere restaurate e mantenute dal loro proprietario, lo Stato. E l’istituzione pubblica, che ha fatto la sua parte e ora vuole deturpare la cattedrale rimuovendo le vetrate di Viollet-le-Duc, non ha più ragione di esistere. Deve essere chiusa».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Il cardinale Zen risponde alle critiche del sacerdote cinese e avverte che la Chiesa potrebbe imitare il crollo anglicano
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino
L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.
Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.
L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.
Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.
Aiuta Renovatio 21
È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».
Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.
«I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».
«Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.
Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.
«Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».
Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.
Sostieni Renovatio 21
A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:
«Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».
«Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».
Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.
«Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».
«Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
-



Politica2 settimane faIl «Nuovo Movimento Repubblicano» minaccia i politici irlandesi per l’immigrazione e la sessualizzazione dei bambini
-



Persecuzioni2 settimane faFamosa suora croata accoltellata: possibile attacco a sfondo religioso
-



Spirito2 settimane fa«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
-



Vaccini2 settimane faIl vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani
-



Pensiero5 giorni faDi tabarri e boomerri. Pochissimi i tabarri
-



Senza categoria1 settimana faI malori della 49ª settimana 2025
-



Spirito1 settimana faNotre-Dame brucia e la Madonna viene privata del suo titolo
-



Intelligenza Artificiale1 settimana faL’AI renderà il lavoro «facoltativo» e il denaro «irrilevante»: Musk come Marx e i sovietici















