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Catastrofi

Terremoto in Birmania: soccorsi da Cina, India e ASEAN, ma porte chiuse a Taiwan

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Una squadra di emergenza di Taipei ha atteso invano per due giorni senza poter entrare nel Paese in ginocchio per il sisma. L’intreccio perverso tra le questioni politiche e i soccorsi alle persone sotto le macerie. Niente ingressi nemmeno per i giornalisti stranieri. Essenziale il cessate il fuoco perché non si trasformino anche gli aiuti in un’arma di guerra.

 

Un centinaio di soccorritori specializzati nella ricerca di persone sotto le macerie. Erano stati mobilitati immediatamente venerdì da Taiwan per andare ad aiutare il Myanmar devastato dal terremoto. Ma dopo due giorni di attesa di un permesso per poter entrare nel Paese questa mattina sono stati smobilitati. Il governo dei generali birmani – nonostante molti dei suoi stessi uffici nella capitale Naypyidaw siano inutilizzabili – «non ritiene di averne bisogno».

 

Taipei stessa, del resto, era preoccupata a inviarli in un Paese dove neanche il sisma sta fermando la guerra, con le notizie di nuovi bombardamenti aerei che continuano ad arrivare.

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Neanche la grande tragedia e le migliaia di morti stanno aprendo quello spiraglio umanitario dentro il conflitto indispensabile per far fronte all’emergenza. Le valutazioni politiche stanno influenzando la gestione delle frontiere: le porte si sono aperte immediatamente per le squadre di soccorso inviate da Pechino.

 

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha dichiarato oggi che le squadre inviate dalla Repubblica popolare hanno finora salvato sei vite umane nel Myanmar devastato dal terremoto. Ha parlato di circa 400 esperti, soccorritori e operatori sanitari cinesi impegnati nei soccorsi nel Paese. Altre squadre sono potute entrare dai Paesi dell’ASEAM: dalla vicina Thailandia e da Singapore, che ha però invocato (finora invano) un cessate il fuoco per poter operare anche nelle aree più calde della guerra.

 

Oggi una equipe della Malaysia è stata la prima forza di soccorso a raggiungere la città di Sagaing. Anche l’India ha fatto partire l’Operazione Brahma con aiuti e personale per i soccorsi già arrivati da sabato a Yangon; come pure la Russia che ha inviato 120 tra medici e soccorritori.

 

Nello stesso tempo, però, la giunta del Myanmar ha respinto tutte le richieste dei media stranieri che chiedevano di entrare per documentare la tragedia.

 

La motivazione «ufficiale» data è stata la carenza di acqua ed elettricità, ma è evidente che l’intento è non avere occhi indiscreti dentro un Paese di cui da quattro anni i militari cercano di riprendere le redini ma di fatto controlla ormai solo le grandi città. Tra l’altro proprio in queste ultime settimane una grossa mano al regime di Naypyidaw l’aveva data di fatto l’amministrazione Trump, che con la scelta di tagliare i fonti a Voice of America e Radio Free Asia ha colpito duramente due delle voci che più diffusamente in questi quattro anni hanno denunciato gli orrori della guerra e della repressione in Myanmar.

 

Anche per questo è essenziale che il soccorso alle popolazioni colpite e la richiesta del cessate il fuoco siano portate avanti insieme dalla comunità internazionale. Anche per evitare che gli aiuti raccolti dagli organismi internazionali vengano intercettate dalla giunta e si trasformino in un’arma di guerra.

 

Il Governo di unità nazionale del Myanmar – il cappello politico a cui fanno capo alcune delle milizie anti-golpe e che controllano di fatto aree frammentate del Paese – ha annunciato ieri una sospensione di due settimane delle operazioni militari offensive nelle aree colpite dal terremoto, per consentire le operazioni di soccorso. Ha inoltre offerto cooperazione e garanzia sulla sicurezza nelle aree sotto il loro controllo alle Nazioni Unite, alle agenzie di soccorso internazionali e alle organizzazioni umanitarie impegnate nel fornire assistenza immediata e supporto medico alle vittime.

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Altre milizie etniche stanno invece continuando l’offensiva, soprattutto nelle aree meno colpite.

 

Da parte del governo di Naypyidaw non è giunto invece alcun segnale: nuovi bombardamenti aerei su alcuni villaggi sono stati segnalati ancora ieri dalle milizie Karen. Devastazione su devastazione, in una follia senza che pare senza fine.

 

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Immagine di Prime Minister’s Office via Wikimedia pubblicata su licenza Government Open Data License – India (GODL)

 

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Catastrofi

Blackout massivo colpisce l’Europa. Cosa c’è dietro?

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Un’enorme interruzione di corrente ha colpito Spagna e Portogallo intorno a mezzogiorno di lunedì, paralizzando i trasporti pubblici e ritardando i voli. La causa del blackout non è stata ancora ufficialmente determinata, sebbene un gestore della rete elettrica dell’UE abbia citato un «raro fenomeno atmosferico» come possibile causa.   I governi dei due Paesi dell’UE hanno convocato riunioni di gabinetto di emergenza in seguito all’interruzione, che ha colpito brevemente anche alcune parti della Francia.   In Spagna, si sono verificati blackout a Siviglia, Barcellona e Pamplona, ​​con ulteriori disagi a Valencia. I servizi della metropolitana di Madrid e Barcellona sono stati sospesi, costringendo i passeggeri a evacuare i treni e a camminare lungo i binari, secondo i filmati che circolano online. Le linee telefoniche sarebbero state interrotte in gran parte della Spagna e l’aeroporto principale di Madrid è rimasto senza elettricità.

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Secondo quanto riportato dalla Reuters, citando alcuni testimoni, centinaia di persone si sono radunate fuori dagli edifici adibiti a uffici nelle strade di Madrid e attorno agli edifici principali è stata intensificata la presenza della polizia, che ha diretto il traffico e pattugliato gli atri centrali con le luci.   Un importante torneo di tennis a Madrid è stato sospeso a causa del blackout. La televisione spagnola Canale 6 ha continuato a trasmettere al buio.   Secondo i media locali, anche il Portogallo e alcune zone della Francia meridionale hanno segnalato guasti alla rete.   Il gestore della rete elettrica nazionale spagnola ha affermato che un «incidente grave» nel sistema di trasmissione dell’energia potrebbe aver causato il blackout. Le compagnie elettriche hanno dichiarato di stare lavorando per ripristinare i servizi il più rapidamente possibile.     Il gestore della rete elettrica portoghese, Redes Energeticas Nacionais (REN), ha affermato che un «raro fenomeno atmosferico» sulla Spagna, innescato da «estreme variazioni di temperatura», potrebbe aver causato il massiccio blackout.   La REN ha aggiunto che è ancora troppo presto per stabilire quando la corrente elettrica verrà ripristinata completamente. «Al momento è ancora impossibile prevedere quando la situazione tornerà alla normalità», aveva affermato in una nota, aggiungendo di aver «impiegato tutte le risorse» per risolvere l’interruzione, secondo quanto riportato dall’agenzia AFP.       La presidente della giunta regionale di Madrid, Isabel Diaz Ayuso, ha chiesto al primo ministro spagnolo Pedro Sanchez di autorizzare l’impiego dell’esercito, se necessario.   «Chiediamo al governo nazionale di attivare il Piano 3 affinché l’esercito possa mantenere l’ordine, se necessario», ha affermato.  

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Sanchez si è recato d’urgenza alla sede centrale di Red Electrica, il gestore della rete elettrica nazionale, mentre i funzionari lavorano per risolvere rapidamente l’interruzione.   Intervenuto in una conferenza stampa, il CEO di Red Electrica, Eduardo Prieto, ha affermato che l’operazione di ripristino dell’energia elettrica potrebbe durare «tra le sei e le dieci ore».   La vicepresidente senior della Commissione europea, Teresa Ribera, ha dichiarato a Radio 5 spagnola che finora non ci sono prove che il blackout sia stato causato da un atto deliberato come un sabotaggio o un attacco informatico.  

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Spagna, Portogallo e parte della Francia meridionale sono rimaste senza elettricità alle 12:30, con conseguente blocco di treni, aeroporti, metropolitane e città, con semafori fuori uso, comunicazioni interrotte, internet assente e cellulari progressivamente scarichi.   «Tornate a casa il prima possibile. L’illuminazione pubblica non è garantita in gran parte di Madrid», ha dichiarato il sindaco José Luis Almeida. Il governo spagnolo ha proclamato lo stato di emergenza nazionale nelle aree colpite.   Le cause del disastro restano incerte. Il premier Pedro Sanchez ha guidato riunioni di crisi, «senza escludere alcuna ipotesi», incluso un possibile sabotaggio o attacco informatico. Tuttavia, l’Agenzia Cyber Ue ha successivamente smentito l’ipotesi di un attacco, attribuendo l’evento a un «guasto».   Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa si era avuto un grande Blackout in Georgia, mentre sei mesi fa era stato il turno di Cuba.   Un anno fa era emerso che a Wuhan vi erano simulazioni sul blackout, così come, si è appreso, nel settembre 2019 ve ne erano riguardo l’emergenza pandemica.   Nel 2022, quando cominciò lo shock dei prezzi energetici, si calcolava che un miliardo di persone sarebbe presto divenuto a rischio di stare senza corrente.   Seguì quantità di blackout effettivi o minacciati in ogni angolo della Terra: dalla Svezia allo Sri Lanka, dall’Australia al Giappone, dal Texas alla Kazakistan, dal Pakistan alla Turchia, dalla Francia alla Cina, dalla Svizzera a Porto Rico, – inclusa ovviamente l’Italia.   In Germania l’inverno passato si misero a pensare esattamente a un green pass energetico così come a pazzesche consegne di contante nelle case della gente in caso di interruzione totale dell’elettricità. Si tratta del Paese che a causa della privatizzazione ha rischiato a inizio anno un blackout del gas, ad un certo punto a marzo 2022 le ferrovie hanno fermato tutti i treni merci a causa della mancanza di corrente elettrica, mentre lo Stato mandava in onda spot apocalittici per preparare i tedeschi (e gli immigrati in Germania, a giudicare dal video) ad un inverno in cui poteva venire a mancare il riscaldamento – dove si era arrivati ad ipotizzare l’esistenza di veri e propri «sfollati energetici».  

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Paesi UE come l’Austria e la Romania avevano cominciato a parlare a livello politico e in TV di blackout già lo scorso autunno.   Blackout previsti nel Regno Unitoin USA: Paesi del primo mondo, Paesi detti «sviluppati».   Recentemente abbiamo visto blackout in Argentina e quelli, non senza intrighi di contorno, in Sudafrica – qui sei mesi fa hanno tentato di uccidere il capo della società elettrica nazionale avvelenandolo con il cianuro.   E non pensate che siano l’unico mistero occorso in questa storia: Renovatio 21 ha riportato dei diversi strani casi di sabotaggio di infrastrutture elettriche si sono registrati negli USA. Che significa: c’è qualcuno che sta attaccando, anche con armi da fuoco, le centrali elettriche.  
  Ovunque nel mondo diviene chiaro che le rinnovabili sono parte del problema: totalmente inaffidabili, hanno portato il Texas a serie di blackout anche letali.   Abbiamo visto, l’inverno scorso, il blackout di Buffalo, Stato di New York, e i suoi effetti: razzie e assalti ai negozi. In pratica, blackout e immediata anarco-tirannia.   Come aveva detto l’esperto Mario Pagliaro a Renovatio 21 un mese fa, finora l’Italia si era finora salvata dai blackout grazie al crollo dei consumi industriali. Già di per sé, la situazione era una catastrofe: ora l’Italia consuma e non produce, e la rete non regge, o forse non vogliono che continui a reggersi.   E non è così sbagliato pensare che possa esserci la volontà precisa di qualcuno di staccarvi la spina. Ricordatevi quegli auspici proferiti nella Davos del Grande Reset dal gruppo estremista chiamato World Economic Forum.   «Dobbiamo accettare che ci sarà dolore nel processo… aprirà a carenze energetiche. Creerà pressioni inflazionistiche… forse dobbiamo cominciare a parlare del fatto che quel dolore in realtà vale la pena di patirlo».     In pratica, vi stanno dicendo: vi infliggeremo i blackout, ma state certi che è per il vostro bene. Conoscete, oramai, questo tipo di discorso.   Il tema dei blackout era stato trattato da un documento del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR), l’organo che controlla i servizi segreti italiani.   «L’Italia potrebbe (…) subire indirettamente gli effetti di razionamenti energetici condotti a livello europeo ovvero di fenomeni di blackout in uno dei Paesi dell’Unione che inciderebbero sugli scambi commerciali intra UE e quindi sulla tenuta del sistema produttivo nazionale» scriveva il rapporto dell’Intelligence nazionale.   Il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica – l’organo del Parlamento della Repubblica Italiana che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani – il 13 gennaio ha trasmesso alle presidenze una Relazione sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione ecologica».   Il documento fa apertamente riferimento alla possibilità di blackout sul territorio nazionale: «l’Italia potrebbe, comunque, subire indirettamente gli effetti di razionamenti energetici condotti a livello europeo ovvero di fenomeni di blackout in uno dei Paesi dell’Unione che inciderebbero sugli scambi commerciali intra UE e quindi sulla tenuta del sistema produttivo nazionale».  
  «L’impennata dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale espone l’Europa al rischio di blackout energetici. Il timore è che in un sistema di approvvigionamento energetico estremamente interconnesso come quello europeo, lo spegnimento di una singola centrale – ad esempio per mancanza di carburante – possa generare una reazione a catena in vari Stati membri».   «Il timore di un possibile blackout si starebbe diffondendo in tutta Europa» dichiaravano le spie italiane. «A partire dall’Austria dove la ministra della Difesa Klaudia Tanner ha paventato il rischio di un possibile “grande blackout”, sino alla Spagna dove i consumatori iberici, nonostante le rassicurazioni delle Istituzioni nazionali, hanno dato il via ad acquisti compulsivi di bombole di butano, fornelli da campeggio, torce e batterie, esaurendo le scorte disponibili». Tale audizione fu trasmessa il 13 gennaio 2022, quando di fatto l’italiano sta ancora digerendo il panettone.   Ma non è l’unico caso in cui la questione è arrivata in superficie. Il ministro dello Sviluppo Economico del governo Draghi Giancarlo Giorgetti davanti ad una platea di imprenditori pure aveva parlato apertis verbis di rischio blackout.   Come ripetuto da Renovatio 21, il blackout è una forma più avanzata di lockdown, perché blocca la Civiltà in modo definitivo, creando danni ancora maggiori, vista la dipendenza che abbiamo nei riguardi dell’elettricità per sanità ed alimentazione.   Ci hanno mostrato la deindustrializzazione, magari convincendoci che saremmo divenuti una società di puri consumatori (reddito di cittadinanza, Universal Basic Income, etc.). Ora distruggono anche i consumi:   Non siete più lavoratori, non siete più consumatori. Cosa siete? Siete niente, non servite a nulle, siete di troppo sul pianeta, andate neutralizzati, sterilizzati e disintegrati, andate fatti sparire. Nel quadro mentale di schiavitù in cui hanno piombato larga parte della popolazione è probabile pure che, bovinamente, moltissimi lo accettino.   I blackout potrebbero servire a ricordarlo: abbiamo noi in mano le vostre vite, vi dicono, sottomettetevi.

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Catastrofi

Testimonianza dal terremoto in Birmania: «L’esercito saccheggiava mentre scavavamo tra le macerie»

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un’operatrice sanitaria racconta ad AsiaNews la fuga dal suo villaggio a Mandalay a causa dei bombardamenti della giunta golpista proseguiti anche dopo le scosse del terremoto. Solo ieri sera i militari hanno annunciato un cessate il fuoco di 20 giorni nelle aree più colpite per facilitare gli aiuti. Ma molti birmani non si fidano di queste parole.

 

La giunta golpista birmana ha annunciato ieri sera una cessazione delle ostilità di 20 giorni per permettere che gli aiuti e i soccorsi provenienti da alcuni Paesi stranieri raggiungano la popolazione nelle aree devastate dal terremoto di magnitudo 7.7 che nei giorni scorsi ha colpito il Myanmar. Molti birmani, però, non si fidano degli annunci dell’esercito, che nel 2021 ha condotto un colpo di Stato sfociato in una brutale guerra civile. Nel frattempo, oggi, il capo della giunta militare, il generale Min Aung Hlaing è volato a Bangkok, in Thailandia, per presenziare a un vertice del BIMSTEC, un’iniziativa di cooperazione tra i Paesi che si affacciano sul Golfo del Bengala.

 

Secondo i dati ufficiali si contano ormai oltre 3mila morti accertati per il terremoto, in un bilancio che è presumibilmente molto più alto. Lo stato delle infrastrutture, pesantemente danneggiate, e le comunicazioni spesso interrotte, stanno ostacolando gli sforzi delle squadre di soccorso. Vi sono anche denunce precise di casi in cui l’esercito del Myanmar avrebbe espressamente sabotato le operazioni di aiuto nei villaggi controllati dai ribelli. Ed è quanto emerge anche da questa testimonianza di un’operatrice sanitaria giunta ad AsiaNews e che riportiamo qui sotto, che parla di un totale disinteresse dei militari nei confronti delle vittime. Si tratta di voci che fanno fatica ad emergere e ci sembra invece quanto mai importante rilanciare.

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Il terremoto del 28 marzo ha fatto crollare case e ucciso persone soprattutto nella regione del Sagaing, colpendo anche il villaggio di Min Kun, già teatro di conflitti. Qui uno dei sopravvissuti è Khin Mar Hlaing, una paramedica di 40 anni la cui esperienza incarna gli effetti di un terremoto e l’impatto del conflitto armato.

 

Min Kun era una zona di guerra già prima del terremoto. Gli scontri tra la Forza di difesa del popolo (PDF) e l’esercito birmano hanno avevano già seminato il panico nel villaggio alimentato dall’incessante suono delle sirene di allarme che precedono i bombardamenti. Gli attacchi indiscriminati avevano già distrutto le case della gente e ferito gli abitanti del villaggio.

 

Durante gli scontri, «ho curato le vittime delle mine e i civili colpiti dai proiettili. La situazione era terrificante. Ho anche sentito che alcune donne sono state violentate e aggredite sessualmente dai soldati dell’esercito birmano», ha raccontato Khin Mar Hlaing riguardo la sua esperienza di assistenza ai feriti.

 

Con l’aggravarsi dei combattimenti, la popolazione, nel tentativo di salvarsi, è scappata e ha cercato rifugio nel principale monastero buddista, ritenuto il luogo più sicuro. Ma il terremoto ha rivelato che non era così. «All’inizio ho pensato che fosse un altro attacco aereo. La terra ha tremato violentemente». L’intero gruppo di rifugiati è corso fuori quando il monastero ha iniziato a crollare.

 

Durante la confusione, Khin Mar Hlaing ha aiutato ad estrarre gli abitanti del villaggio intrappolati dalle macerie e ad assistere i feriti. Ma le difficoltà non erano finite qui. «Dopo la terza scossa, circa 100 soldati del Consiglio di amministrazione dello Stato (SAC, come si fa chiamare la giunta militare al potere ndr) sono entrati nel villaggio. Solo cinque di loro hanno contribuito alle operazioni di salvataggio e hanno assistito le vittime», ha spiegato la donna. «Gli altri saccheggiavano le stanze del monastero e le case del quartiere, minacciando gli abitanti».

 

Per Khin Mar Hlaing e molti altri, le azioni dei militari sono state una spaventosa continuazione della consapevolezza che il terremoto non era l’unico pericolo per le loro vite. «Nei giorni successivi, circa 60 di noi sono dovuti fuggire dal villaggio attraverso la giungla. Avevamo paura: dei militari, di altri attacchi aerei e di quello che sarebbe potuto accadere dopo», ha continuato l’operatrice sanitaria.

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Il cammino verso un posto sicuro è durato tre giorni e durante i quali sono stati costretti ad attraversare anche le aree montuose con solo un po’ di cibo e acqua potabile. Alla fine hanno raggiunto un altro monastero a Mandalay che ospitava gli sfollati interni.

 

«Secondo il mio punto di vista il SAC sta usando questo disastro per promuovere le operazioni militari e gli attacchi aerei, soprattutto a Sagaing e in altre zone etniche e nel Myanmar centrale», ha commentato ancora Khin Mar Hlaing.

 

La sua storia di sopravvivenza, ha aggiunto infine, vuole anche essere un appello al mondo affinché presti attenzione non solo al disastro naturale, ma anche alle violazioni dei diritti umani che si stanno verificando ancora una volta anche dopo il terremoto.

 

 

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Oltre i 1.000 morti: immagini dal terremoto in Birmania

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Il bilancio delle vittime del potente terremoto in Birmania ha superato quota 1.000, hanno dichiarato sabato le autorità del paese, mentre il numero di feriti è salito a più di 2.300. Gli aiuti internazionali hanno iniziato ad arrivare, mentre Cina e India hanno inviato coperte e cibo per i sopravvissuti, oltre a squadre di soccorritori, equipaggiate con droni e altre attrezzature, per aiutare nelle operazioni di ricerca.   Il terremoto di magnitudo 7,7, che ha colpito appena fuori Mandalay, la seconda città più grande della Birmania, venerdì pomeriggio, è stato avvertito anche in altre parti del Sud-Est asiatico. Ha devastato aree vicine alla faglia di Sagaing, che corre da Nord a Sud attraverso il centro della Birmania.   Mandalay, che si trova vicino alla faglia, è stata duramente colpita. Molti dei suoi edifici sono rimasti in rovina e i pazienti sono stati accampati fuori dall’ospedale principale della città, che era sovraffollato di persone.          

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Le immagini registrate dai cittadini, non solo in Birmania ma anche in Tailandia, sono impressionanti, con palazzi che crollano in pochi secondi.    

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L’esercito birmano ha dichiarato sabato pomeriggio che il bilancio delle vittime ha raggiunto quota 1.002 e che altre 2.376 persone sono rimaste ferite. La modellazione dello United States Geological Survey ha suggerito che il numero di morti avrebbe probabilmente superato quota 10.000.   Il terremoto ha spinto il governo del Myanmar, isolato a livello internazionale, a fare un appello straordinario per ottenere aiuti esterni. La giunta è sottoposta a pesanti sanzioni da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri.   Il presidente USA Donald J. Trump, la cui amministrazione ha tagliato gli aiuti esteri e il personale, ha detto che gli Stati Uniti avrebbero aiutato. Malesia, Singapore, Corea del Sud e altri paesi hanno offerto o inviato aiuti sotto forma di team di persone, attrezzature e fondi.   La scossa è stata avvertita fino in Bangladesh, Vietnam e Cina meridionale, dove i media statali hanno dichiarato che ci sono stati feriti nella città di Ruili, vicino al confine con il Myanmar. Il sisma ha anche causato il crollo di un alto edificio in costruzione a Bangkok, a 600 miglia di distanza, in una nuvola di cemento rotto, vetri rotti e polvere fluttuante.

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