Misteri
Società di investimento ha venduto allo scoperto le azioni di Trump prima dell’attentato

Una società di investimenti con sede in Texas ha negato di aver tentato di vendere allo scoperto dodici milioni di azioni di Trump Media & Technology Group poco prima del fallito tentativo di assassinio del candidato alla presidenza degli Stati Uniti, sostenendo che si è trattato di un errore materiale.
La cosiddetta «vendita allo scoperto» – nel gergo di borsa inglese short selling – consiste nel prendere in prestito un titolo il cui prezzo il debitore pensa scenderà e poi rivenderlo sul mercato aperto. Si riacquista poi lo stesso titolo in seguito, si spera a un prezzo inferiore a quello a cui è stato venduto inizialmente, si restituisce il titolo preso in prestito al broker e si intasca la differenza.
Un enigmatico short selling delle azioni di compagnie aeree fu ad esempio notato il 10 settembre 2001, a poche ore dal massacro delle Torri Gemelle.
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Sabato Trump stava parlando a un comizio a Butler, in Pennsylvania, quando un assassino gli ha sparato diversi colpi alla testa, tagliandogli l’orecchio, uccidendo un membro del pubblico e ferendone altri due.
Il giorno prima, una società chiamata Austin Private Wealth LLC ha depositato presso la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti un’opzione put su 12 milioni di azioni della società Trump Media & Technology Group Corp (DJT).
Agli osservatori esterni, sembrava una scommessa sul fatto che il valore della società sarebbe sceso drasticamente, come sarebbe successo se Trump fosse stato ucciso.
Un osservatore su X sarebbe addirittura riuscito a ottenere degli screenshot da un terminale Bloomberg che mostravano l’opzione put della società, poi scomparsa più tardi nel corso della giornata.
To make things even more interesting, my source tipped me off with the following two images from their Bloomberg terminal.
The screenshot on the left shows the Put by Austin Private Wealth LLC, that was taken earlier this morning. It shows the 120,000 puts.
As you can see their… pic.twitter.com/8CfvIwOKCo
— Champagne Joshi (@JoshWalkos) July 17, 2024
Altri, come il Times of India, hanno sottolineato che Austin avrebbe partecipazioni negli enormi fondi di investimento Vanguard e BlackRock, e legami pure con l’ineludibie con George Soros e l’altrettanto inevitabile famiglia Rothschild. Si tratta di affermazioni tutte prive di verifica, almeno al momento.
L’apparente collegamento con BlackRock ha alimentato ulteriormente i sospetti , poiché il presunto tiratore era bizzarramente apparso in una pubblicità del colosso degli investimenti. BlackRock ha ritirato la pubblicità dopo il tentato assassinio, che ha denunciato come «abominevole» e «terribile».
Mercoledì, l’APW ha pubblicato una dichiarazione sulla prima pagina del proprio sito web, cercando di smentire le voci.
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«Il deposito SEC che ha dimostrato che Austin Private Wealth ha venduto allo scoperto un gran numero di azioni di Trump Media & Technology Group Corp (DJT) era errato e lo abbiamo immediatamente modificato non appena abbiamo appreso dell’errore», ha affermato la società.
APW detiene 12 contratti, o 1.200 azioni, non dodici milioni «come è stato depositato per errore», ha affermato la dichiarazione, incolpando un «fornitore terzo» per aver moltiplicato tutti i contratti di opzioni per 10.000. Il rapporto è stato depositato il 12 luglio per riflettere la posizione della società del 28 giugno, ma è stato modificato il 16 luglio, quando APW è venuta a conoscenza del problema.
«Siamo profondamente dispiaciuti per questo errore e per la preoccupazione che ha causato, soprattutto in un momento così teso per la nostra nazione», ha affermato la società, aggiungendo che sta «rivedendo le nostre procedure interne» per capire come è successo.
Ad ogni buon conto, chiunque abbia venduto allo scoperto le azioni DJT non può che essersene pentito. Il primo giorno di contrattazione dopo la sparatoria di Butler, il suo prezzo è balzato da 31,25 a 46,17 ad azione, prima di stabilizzarsi appena sopra i 37 dollari.
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Trump indica il Clinton Body Count

Holy Shit President Trump posted this on his TruthSocial! pic.twitter.com/xU51iw3tjX
— Karli Bonne’ 🇺🇸 (@KarluskaP) May 17, 2025
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L’FBI sta lavorando «freneticamente» per censurare i documenti di Epstein in uscita

L’FBI sta cercando «freneticamente» di completare le revisioni dei file relativi all’indagine su Jeffrey Epstein prima della loro pubblicazione. Lo riporta il canale statunitense di informazione CNN.
Gli agenti stanno «lavorando 24 ore su 24» e hanno persino sospeso le indagini in corso per elaborare i fascicoli, ha affermato, citando fonti a conoscenza delle attività.
A ogni divisione dell’FBI è stato ordinato di fornire agenti per il compito, compresi quelli che lavorano su questioni criminali e di sicurezza nazionale, ha affermato l’emittente statunitense. Agli agenti è stato detto di mettere da parte le indagini in corso, comprese quelle sulle minacce presumibilmente poste da Cina e Iran, per assistere al lavoro di redazione, secondo fonti della CNN.
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Le revisioni sono state in corso per «gran parte della settimana» nella sede centrale dell’FBI a Washington, DC, così come negli uffici di New York e Chantilly, Virginia, afferma il rapporto. Gli agenti avrebbero trascorso ore a effettuare revisioni sia nei file di testo che nei video.
Secondo quanto riportato, le redazioni erano richieste dalla legge federale. Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) ha comunque promesso di «fornire una trasparenza senza precedenti per il popolo americano» in una dichiarazione alla CNN.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo poco dopo il suo insediamento, che impone la pubblicazione dei fascicoli di Epstein insieme ai documenti classificati relativi agli assassinii del presidente John F. Kennedy, Robert F. Kennedy e Martin Luther King Jr.
Il Dipartimento di Giustizia ha pubblicato quello che ha chiamato «The Epstein Files: Phase 1» a fine febbraio. I documenti erano pesantemente censurati e contenevano per lo più informazioni precedentemente segnalate. Il Procuratore generale degli Stati Uniti Pam Bondi ha quindi accusato l’FBI di aver trattenuto “migliaia di pagine” di documenti relativi all’indagine.
La pubblicazione iniziale è stata criticata anche dalla rappresentante della Florida Anna Paulina Luna, che guida la task force di declassificazione di recente costituzione di Trump. «Forniteci le informazioni che abbiamo chiesto invece di far trapelare vecchie informazioni alla stampa», ha scritto su X in quel momento.
Il caso Epstein ha attirato notevole attenzione a causa della vasta rete di collaboratori di alto profilo del defunto finanziere, tra cui l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il principe Andrea della Gran Bretagna, il miliardario co-fondatore di Microsoft Bill Gates e numerose altre celebrità e dirigenti aziendali.
Trump conosceva personalmente anche il trafficante di sesso condannato, ma ha negato di aver mai visitato la sua isola privata e sostiene di aver tagliato i ponti con lui negli anni Novanta, anni prima del primo arresto di Epstein per favoreggiamento della prostituzione nel 2006.
Come riportato da Renovatio 21, il rilascio dei documenti di Epstein del mese scorso si è dimostrato un fiasco senza precedenti: tutto ciò che è uscito era noto da lustri. Il segretario della Giustizia USA Pam Bondi aveva tuttavia promesso altre rivelazioni. Trump aveva promesso di pubblicare i file espteiniani ripetutamente in campagna elettorale.
Secondo Elon Musk molti miliardari hanno sostenuto la corsa a presidente di Kamala Harris perché «terrorizzati» dalla possibile pubblicazione della lista di clienti del miliardario pedofilo.
L’anno passato erano emerse rivelazioni da un processo in corso secondo le quali l’Epstein affermava di essere una spia israeliana. Ruolo che con grande probabilità era ricoperto dal padre della sua socia-amante Ghislaine Maxwell, il magnate mediatico britannico (ma di origini ebraico-boeme) Robert Maxwell, e forse, dicono, la stessa figlia, ora in carcere, dove avrebbe adottato la «fede ebraica del defunto padre».
Una foto dell’autopsia, ora impugnata dal fratello, dimostrerebbe che Epstein non si è suicidato.
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