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Pensiero

«Siamo ostaggi di una sinarchia totalitaria che prelude il regno dell’anticristo». Intervista di mons. Viganò al canale russo Rossija 24 TV

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Renovatio 21 pubblica il testo dell’intervista rilasciata da monsignor Carlo Maria Viganò ad Arkady Mamontov del canale televisivo russo Rossija 24. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Secondo Lei, chi e cosa ha provocato il conflitto religioso in Ucraina?

Permettetemi innanzitutto di ringraziare Arkady Mamontov, il dottor Dmitry Toropov e la Redazione di Rossija, per avermi invitato con questa intervista. Rivolgo il mio saluto a voi tutti e ai vostri telespettatori.

 

Sappiamo, da un’analisi degli eventi, che la crisi ucraina è stata pianificata da anni, sin da prima dell’Euromaidan. A questa operazione di regime change non era ovviamente estraneo il deep state americano, per il tramite del Dipartimento di Stato e della CIA. 

 

Chi si è mosso con questa disinvoltura nell’interferire nelle questioni interne di uno Stato sovrano considerava la questione religiosa come strumentale alla destabilizzazione interna dell’Ucraina, e per ottenerla si è mosso, con largo anticipo, anche su questo fronte. Come ottenere dunque un conflitto religioso? Semplice: facendo sì che la Chiesa Ortodossa Ucraina si separasse canonicamente dalla Chiesa Russa e fosse considerata autocefala.

 

Sappiamo che nel 2018 il Dipartimento di Stato americano ha stanziato 25 milioni di dollari al Patriarca di Costantinopoli quale incentivo per il riconoscimento dell’autocefalia della Chiesa Ucraina in scisma dalla Chiesa Russa, che Bartolomeo concesse a Gennaio 2019. All’epoca il Segretario di Stato americano Mike Pompeo – con un’ingerenza nelle questioni interne alla Chiesa Ortodossa – espresse il sostegno degli Stati Uniti alla Chiesa Ucraina. 

 

 

Il Patriarcato di Costantinopoli aveva il diritto di concedere l’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina non riconosciuta, nonostante esistesse una Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca in Ucraina, che si occupava pastoralmente della stragrande maggioranza dei cittadini ortodossi di questo Paese?

La questione, a mio parere, non è se il Patriarcato avesse diritto di concedere l’autocefalia, ma perché lo abbia fatto.

 

Se posso fare un parallelo con la Chiesa Cattolica, mi pare che un’operazione analoga sia stata condotta da Jorge Mario Bergoglio nei riguardi delle Diocesi tedesche, in occasione del recente Sinodo sulla Sinodalità. Egli ha creato le premesse di uno scisma consentendo alle Diocesi un’autonomia in materia dottrinale e morale che esse non hanno e non possono avere, e i Vescovi di quelle Diocesi hanno approvato la benedizione delle unioni omosessuali, il conferimento di ruoli ministeriali alle donne, la legittimazione dell’ideologia LGBTQ e del gender.

 

E adesso che alcuni rari Vescovi insorgono contro queste deviazioni, la Santa Sede tace, perché era esattamente questo ciò che si prefiggeva. Stiamo assistendo a un piano eversivo, compiuto da colui che Cristo ha costituito Capo della Chiesa per confermare i fratelli nella Fede, e non per diffondere l’eresia e il vizio.

 

Ne ha il diritto? No. Hanno questo diritto i Vescovi tedeschi? No. Perché l’autorità del Papa e dei Vescovi è vincolata alla Verità insegnata da Cristo, ed è nulla non appena se ne discosta.

 

Ritengo che il Patriarca di Costantinopoli abbia agito nello stesso modo, con i medesimi scopi e ispirato dai medesimi poteri.

 

 

Non è un segreto che tutte le decisioni a Kiev vengano prese dopo consultazioni con gli Stati Uniti. Oggi stiamo assistendo a come i monaci vengono espulsi dal Kiev Pechersk Lavra – non pensa che ciò violi i principi dei diritti e delle libertà religiose che gli Stati stessi difendono?

La persecuzione da parte del governo di Kiev dei monaci, del Clero e anche dei fedeli legati al Patriarcato di Mosca, dimostra che l’operazione è di natura politica. D’altra parte, come lei stesso riconosce, le decisioni di Kiev sono prese sempre su indicazione del deep state americano. Se la questione fosse stata esclusivamente religiosa, lo Stato avrebbe dovuto tenersene fuori, come dovrebbe accadere negli Stati che si dicono «laici» e considerano Stato e Chiesa indipendenti e sovrani. 

 

Se il governo di Kiev considera la Chiesa Russa in Ucraina come un’emanazione del governo russo, con questo rivela parallelamente la convinzione che la Chiesa Ortodossa Ucraina sia a sua volta una Chiesa di Stato asservita al governo, e che per questo essa possa svolgere un ruolo di controllo dei fedeli ucraini.

 

E questo è ciò che ha fatto Pechino con l’Accordo segreto con la Santa Sede, che nomina a capo delle Diocesi Vescovi filogovernativi e comunisti, continuando impunemente la persecuzione contro i fedeli della Chiesa Cattolica Romana. 

 

 

Vengono avviati procedimenti penali contro i sacerdoti in Ucraina, alcuni di loro vengono privati della cittadinanza ucraina, le parrocchie vengono prese dagli scismatici: a cosa ci porterà tutto questo?

Questi fenomeni sono sempre avvenuti, nel corso della Storia: quando il potere civile si sente «minacciato» dal potere ecclesiastico – penso ad esempio a quanto avvenuto durante la Rivoluzione Francese e di nuovo nel 1848 in Francia e in Italia, o nella Russia comunista di Stalin, o in Messico alla fine degli anni Venti, o in Spagna negli anni Trenta – la persecuzione del Clero è uno dei primi modi con cui l’autorità civile cerca di reprimere il dissenso.

 

D’altra parte i Cristiani sono sempre stati perseguitati dai regimi totalitari, perché il Vangelo è considerato pericoloso per chi vuole sostituire la legge di Dio con la legge degli uomini. 

 

 

Potrebbe nominare gli scismi della Chiesa che sono avvenuti nella storia del mondo e a cosa hanno portato?

Citerei il caso emblematico dello scisma anglicano, che nasce non tanto da una questione teologica, ma dalla volontà di Enrico VIII di sottrarsi all’autorità spirituale del Romano Pontefice e divorziare dalla sua legittima consorte Caterina d’Aragona. Con questo atto di sopraffazione del potere temporale sul potere spirituale il sovrano inglese si dichiarava «capo supremo in terra della Chiesa d’Inghilterra», col vantaggio di appropriarsi dei beni e delle entrate sino ad allora spettanti alla Santa Sede e di controllare le nomine dei Vescovi.

 

Una simile operazione era avvenuta pochi anni prima in Germania, dove i Principi tedeschi appoggiarono l’eretico Martin Lutero non tanto perché condividessero i suoi errori dottrinali, ma perché vedevano in essi un pretesto per incamerare i beni della Chiesa.

 

Sia per la pseudoriforma protestante, sia per lo scisma anglicano, l’autorità civile si costituiva un contraltare ecclesiastico all’autorità del Papa e dei Vescovi, così da indebolirne il potere e rafforzare il proprio.

 

 

Le autorità secolari hanno il diritto di interferire negli affari della Chiesa? 

Rispondo con le parole di Cristo: Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio (Mt 22, 21). Questo precetto ci insegna che l’autorità civile e quella religiosa hanno due campi di azione ben distinti e separati: da un lato il buon governo dello Stato per la concordia dei cittadini e dall’altra il governo dei fedeli per la loro santificazione. Sono due finalità distinte, una temporale e una spirituale; ma entrambe le autorità devono avere comunque Cristo come modello: Cristo Re per i governi civili, e Cristo Pontefice per la Chiesa. 

 

La Rivoluzione – tanto quella del Liberalismo massonico quanto quella del Comunismo ateo – ha sovvertito quest’ordine sociale, ed è per questo che da due secoli – e prima ancora nella Germania divisa dall’eresia protestante – le autorità secolari hanno interferito nelle questioni della Chiesa. Ciò è dovuto all’aver fatto derivare il potere temporale dal popolo, sottraendolo a Cristo: da una parte, deificando l’individuo (come vuole l’ideologia liberale) e dall’altra deificando la collettività (come vuole l’ideologia comunista). 

 

Oggi assistiamo all’alleanza tra questi due errori – che sono teologici, oltre che filosofici e politici – nella divinizzazione dell’élite sinarchica del Nuovo Ordine Mondiale, che unisce il relativismo liberale e il liberismo economico al collettivismo socialista. E questa alleanza infernale – che in Occidente sta distruggendo il tessuto sociale e religioso delle Nazioni – è necessariamente anticristiana e anticristica, perché nega la Signoria di Cristo sui singoli e sulle società.

 

È satanica, come evidenziato recentemente dal Presidente Vladimir Putin.

 

 

Le agenzie di intelligence statunitensi cercano di controllare le organizzazioni religiose?

Non conosco quale sia il coinvolgimento dell’Amministrazione Biden e dei servizi segreti nelle vicende religiose ucraine. Sappiamo invece, dalle mail di John Podesta pubblicate negli scorsi anni, che il deep state americano ha avuto un ruolo determinante nel provocare una «rivoluzione colorata» in seno alla Chiesa Cattolica, giungendo ad auspicare un cambiamento della dottrina e della morale, da ottenersi tramite la sostituzione di Papa Benedetto XVI con un Papa progressista.

 

Ricorderete che, alla vigilia dell’abdicazione di Papa Ratzinger la lobby finanziaria globale aveva bloccato le transazioni bancarie del Vaticano, e che immediatamente dopo il 11 Febbraio 2013, il sistema SWIFT fu riattivato. L’azione del deep state fu aiutata dalla deep church, che come ammise il defunto Cardinale Godfried Danneels, allora Arcivescovo di Malines-Bruxelles, organizzò tramite la cosiddetta Mafia di San Gallo l’elezione di Bergoglio. Il quale, a differenza di Benedetto XVI, è totalmente allineato all’ideologia globalista. 

 

Non parlerei quindi di un’azione degli Stati Uniti, ma di quella parte corrotta e eversiva – che viene detta per brevità deep state – che ha preso il potere in America e in quasi tutte le Nazioni aderenti alla NATO, all’Unione Europea, all’OMS, al World Economic Forum.

 

E questo stesso argomento, a mio parere, vale anche per l’Ucraina, il cui corrotto regime – appoggiato da movimenti estremisti di chiaro stampo neonazista – si è asservito all’élite globalista per interessi personali, mentre il popolo ucraino viene mandato al macello in prima linea in una guerra che si sarebbe potuta evitare semplicemente facendo rispettare gli accordi di Minsk.

 

 

Cosa ha guidato il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nel concedere l’autocefalia alla nuova Chiesa in Ucraina? Abbiamo la sensazione che stesse seguendo gli ordini del Dipartimento di Stato USA o della CIA…

Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo è ben noto per essere totalmente asservito al disegno dell’ONU e dell’élite globalista: non è un caso che sia in ottime relazioni con Jorge Mario Bergoglio. Sappiamo bene che la sede di Costantinopoli è da tempo nelle mani della Massoneria: erano insigniti del 33° grado del Rito Massonico Antico Scozzese e Accettato tanto il Patriarca Atenagora quanto il suo predecessore Meletios Metaxakis, e in ambienti massonici si è più volte ventilato che anche Giovanni XXIII, quand’era Nunzio apostolico a Istanbul, sia stato affiliato a una Loggia.

 

Non mi stupisce quindi che Bartolomeo, obbedendo agli ordini del deep state – che controlla il Dipartimento di Stato americano e la CIA – possa aver riconosciuto l’autocefalia della Chiesa Ortodossa Ucraina non per ragioni canoniche, ma politiche; esattamente per lo stesso motivo per cui Paolo VI, nel 1964, soppresse in chiave ecumenica il Patriarcato Latino di Costantinopoli, eretto nel 1205. 

 

Ricordo che il 3 Novembre 2009 l’allora Presidente americano Barack Obama incontrò il Patriarca Bartolomeo I, per parlare di «salvaguardia dell’ambiente» e per promuovere la riapertura della scuola teologica ecumenica di Halki, in Turchia, dopo i falliti tentativi negli anni Novanta da parte di Madeleine Albright e Bill Clinton.

 

Se ho ben compreso le dinamiche interne all’Ortodossia, la Chiesa Russa costituisce per così dire la parte «tradizionalista» della compagine Ortodossa, mentre quella di Costantinopoli è «progressista», infiltrata dalla Massoneria, manovrata dal deep state e favorevole al dialogo interreligioso e perfino all’ideologia ambientalista: sembra di vedere la versione «fanariota» del Vaticano di Bergoglio. 

 

Faccio notare che il movimento ecumenico – volto a preparare l’avvento della Religione dell’Umanità auspicata dalla Massoneria – iniziò nell’Ottocento con i Protestanti e come tale fu severamente condannato dai Romani Pontefici fino al Concilio Vaticano II, per poi allargarsi negli anni Sessanta del Novecento alla Chiesa Cattolica e alla Chiesa Ortodossa, avvalendosi di massoni infiltrati ai vertici delle rispettive Gerarchie.

 

E quando parliamo della Massoneria, parliamo di élite globalista e di Nuovo Ordine Mondiale.

 

 

Qual è la sua posizione nei confronti dell’operazione militare speciale?

Credo che ciascuno di noi sia in grado di comprendere quanto è avvenuto in Ucraina negli ultimi anni, semplicemente sulla base dei fatti.

 

È un fatto che la NATO si era impegnata a non espandersi a Est; è un fatto che la rivoluzione di Euromaidan è stata condotta con il supporto del deep state americano, in particolare di Victoria Nuland e di altri suoi complici; è un fatto che il Protocollo di Minsk non è stato rispettato, e abbiamo sentito leader di spicco come l’ex-Cancelliera Angela Merkel o l’ex-Presidente francese François Hollande ammettere che lo scopo di quell’accordo era di dar tempo all’Ucraina di armarsi; è un fatto che alla vigilia dell’operazione militare speciale la Federazione Russa aveva chiesto di rispettare l’indipendenza del Lugansk e del Donetsk, assieme all’autonomia del Donbass.

 

Se il Presidente Vladimir Putin ha deciso di difendere i russofoni dalle ripetute e continue aggressioni del governo di Kiev, questo non è certo avvenuto all’improvviso. Al contrario, mi pare evidente che fosse esattamente questo che la NATO voleva ottenere, dopo oltre un decennio di provocazioni. 

 

 

Chi, secondo lei, ha provocato la guerra in Ucraina?

La guerra in Ucraina è stata pianificata sin dalla «rivoluzione colorata» del 2014, alla quale non fu estraneo nemmeno il sedicente filantropo George Soros, assieme all’intera cabala globalista. Chi ha voluto la guerra doveva da un lato sostituirsi alla Federazione Russa nella fornitura di energia alla maggior parte dei Paesi europei per poi subentrarvi con una operazione di scandalosa speculazione: il costo del gas, oggi fornito dagli Stati Uniti, è enormemente superiore a quello a cui era venduto prima del Febbraio 2022. 

 

Ma questo era strumentale a due obiettivi paralleli. Il primo era impedire un’alleanza tra le Nazioni europee e la Federazione Russa, balcanizzandola e cercando di isolarla tramite operazioni di regime change e tramite «primavere colorate», come avvenuto in Ucraina e come si è provato a fare in Georgia. Questo primo obiettivo è fallito, com’è fallito il tentativo di far cadere il Presidente Putin.

 

Al contrario, stiamo assistendo alla costituzione di un mondo multipolare, ad esempio con i BRICS, in cui la dedollarizzazione sta mettendo nell’angolo gli Stati Uniti. Ma questo processo non dovrebbe a mio parere far pagare al popolo americano le colpe di un governo eversore asservito all’élite globalista.

 

Il secondo obiettivo doveva essere la distruzione del tessuto economico dell’Europa – non solo in chiave anti-russa – per consentire che le sanzioni si ritorcessero anzitutto contro i Paesi dell’Unione Europea, indebolendoli e costringendoli forzatamente alla cosiddetta transizione green, basata sulla frode del cambiamento climatico. Ma per giungere a questo, dopo le prove generali con la farsa pandemica dei due anni precedenti, occorreva che alla Casa Bianca vi fosse un fantoccio del deep state, ed era quindi necessario estromettere il Presidente Donald Trump con la frode elettorale. Tra l’altro Joe Biden, essendo ricattabile per via degli scandali suoi e di suo figlio, aveva tutto l’interesse di nascondere il proprio coinvolgimento nei biolaboratori ucraini e forse anche negli orrori del traffico di minori per alimentare la lobby internazionale dei pedofili, della predazione di organi e il lucroso mercato delle maternità surrogate.

 

Ciò è stato possibile grazie ad un vero e proprio colpo di stato globale, condotto con la cooperazione di molti governi, i cui leader sono significativamente emissari del World Economic Forum e di altri enti privati sovranazionali, tutti gestiti da una ben identificabile cupola di eversori privi di legittimazione popolare, con l’appoggio di gruppi finanziari altrettanto identificabili. 

 

I popoli occidentali – salvo rarissime eccezioni – sono ostaggio di governanti venduti all’élite globalista, che ha come scopo l’instaurazione di una sinarchia totalitaria che prelude all’instaurazione del regno dell’Anticristo. Da questo comprendiamo anche l’odio verso Dio, verso la religione, la famiglia, la vita. 

 

 

In precedenza ha prestato servizio negli Stati Uniti. Qual è la sua impressione su questo Paese?

L’America è una Nazione relativamente giovane, se la confrontiamo con i millenni di storia di altre Nazioni. Questo implica due considerazioni, una positiva e una negativa. Quella positiva è che vi è una certa ingenuità nella coscienza del popolo, che è e rimane essenzialmente ancorato a «valori» – non li chiamerei «principi» – tradizionali: la Famiglia, la Patria, la Religione.

 

Quella negativa è che l’assenza di una solida eredità spirituale e culturale è spesso colmata da un pensiero non identitario, e spesso incline a lasciarsi contaminare dall’ideologia liberale e massonica che domina le classi dirigenti e in particolar modo la sinistra Dem. Inoltre, vi è una sorta di persuasione che l’America sia in qualche modo lo “sceriffo del mondo”, e questo si scontra con la legittima sovranità delle altre Nazioni. L’attuale crisi economica e politica provocata dal colpo di Stato del deep state potrà aiutare gli Americani a prendere coscienza della necessità di una profonda riforma interna.

 

Questa riforma sarà certamente possibile se il Presidente Donald Trump verrà rieletto e potrà liberare questa grande Nazione facendola entrare nell’alleanza multipolare dei popoli. Ancora una volta è l’autorità che deve tornare ad essere un servizio alla comunità per il bene comune, e non uno strumento di accentramento di un potere eversivo che nessuno ha eletto e nessuno vuole. 

 

 

Qual è il più rilevante principio etico degli Stati Uniti?

Questa è una domanda semplice e complessa allo stesso tempo. Direi che il principio etico degli Stati Uniti risente fortemente della mentalità protestante, che si è instaurata in America nell’Ottocento grazie appunto, come dicevo, allo strapotere della Massoneria. I Cattolici americani – e immagino anche gli Ortodossi – si sono abituati a convivere con questa idea, che si traduce in un primato dell’azione e del successo imprenditoriale rispetto al pensiero filosofico e alla cultura «non monetizzabile». 

 

Nella mentalità protestante, il successo economico è un segno di predestinazione, e come tale finisce per legittimare – come ha effettivamente fatto – anche la vessazione dei deboli, considerati «perdenti», loser, e come tali non predestinati da Dio alla salvezza. Non è un caso che la ricchezza sia concentrata nelle mani dei WASPWhite, Anglo-Saxon, Protestant – e che molti immigrati, ad esempio Irlandesi o Italiani, abbiano avuto sempre un ruolo marginale.

 

Questa tendenza conobbe un’inversione di rotta negli anni Cinquanta, quando sotto il glorioso Pontificato di Pio XII il Cattolicesimo americano conobbe un significativo risveglio e le conversioni alla Chiesa di Roma aumentarono enormemente. Purtroppo questa parentesi si chiuse con il Concilio Vaticano II, che rappresentò in qualche modo una protestantizzazione almeno parziale dei Cattolici, e diede luogo a quell’alleanza nefasta tra deep state americano e deep church, tra i cui esponenti possiamo contare personaggi politici come Joe Biden, Nancy Pelosi, John Kerry e personaggi ecclesiastici come l’ex Cardinale McCarrick, i cui «eredi» sono tuttora ben radicati nelle istituzioni ecclesiastiche. 

 

Va riconosciuto che l’apostasia della chiesa bergogliana ha aperto gli occhi a molti fedeli: stiamo assistendo, in America, al risveglio di molti Cattolici che si riconoscono nella Fede tradizionale, significativamente nel momento in cui essi sono fatti oggetto di una persecuzione congiunta della deep church e del deep state, al punto che l’FBI li tiene sotto controllo considerandoli «domestic terrorists». La situazione della Chiesa Russa in Ucraina è per certi versi speculare – ma molto più grave – a quella che ho appena descritto.

 

 

E cosa spinge i politici americani a scatenare le guerre nel mondo – Siria, Libia, Iraq, Jugoslavia, Ucraina…?

Come ho detto, si tratta di personaggi politici appartenenti al deep state, infiltrati in tutte le istituzioni dello Stato e nei media. Il loro potere è enorme, come enormi sono i loro mezzi economici, perché finanziati da gruppi di investimento potentissimi come BlackRock e Vanguard (…). Il loro obiettivo è il potere, visto che il denaro lo creano e lo possiedono già.

 

Un potere che deve diventare globale, come vediamo accadere oggi, e che per realizzarsi nel Nuovo Ordine Mondiale, richiede necessariamente la distruzione del Cristianesimo, anche di quello protestante. 

 

Vi è inoltre un’alleanza tra potere ideologico e potere economico, ossia tra chi vuole dominare il mondo per instaurare la tirannide sinarchica e chi ha come scopo il mero profitto. Per questa ragione le guerre promosse dagli Stati Uniti e dalla NATO nel corso del Novecento e di questo secolo sono state progettate in vista del governo unico mondiale e della cancellazione delle sovranità nazionali, ma sostenute da chi in quei conflitti vedeva e vede enormi opportunità per arricchirsi e per indebolire gli altri Stati.

 

Le denunce di parlamentari ucraini sulla corruzione del governo di Kiev e sull’arricchimento personale dei suoi membri – che continuano a ricevere somme esorbitanti dal traffico di armamenti e da altre attività illecite – dimostrano che coloro che ricoprono ruoli di potere nelle nazioni occidentali si trovano in gravissimo conflitto di interessi anziché tutelare i cittadini. 

 

 

Gli Stati Uniti sono un Impero del Bene?

Non credo vi siano Nazioni che possano oggi rivendicare questo titolo, e certamente non gli Stati Uniti, finché rimangono ostaggio degli eversori del deep state, dell’ideologia woke, della teoria LGBTQ e di tutte le aberrazioni che conosciamo. Certo, ogni Nazione – essendo composta da persone che possono essere buone e orientate al bene – può essere usata dalla Provvidenza di Dio per i Suoi piani. Anche l’Impero Romano, che pure perseguitò i Cristiani, creò con le sue conquiste le premesse per la diffusione del Vangelo nel mondo. Ma questo compito non è appannaggio esclusivo di una Nazione.

 

La Federazione Russa, ad esempio, si sta ponendo in questo momento come un argine al Great Reset, quantomeno nell’opporsi alla perversione dei costumi e alla corruzione dei popoli portata avanti dall’ideologia globalista. 

 

A mio parere sarebbe auspicabile che questa comune opposizione al Nuovo Ordine Mondiale fosse affrontata non accentrando il potere e riducendo i propri alleati a vassalli o a colonie, come fa la NATO, bensì riscoprendo l’importanza delle sovranità nazionali, della comune eredità cristiana, del comune patrimonio di cultura e civiltà che in duemila anni è stato promosso e reso fecondo dalla Fede in Gesù Cristo. 

 

Se i popoli riconoscono Gesù Cristo come loro Re; se le leggi delle Nazioni sono conformi ai Comandamenti di Dio e alla Legge naturale inscritta nel cuore di ogni uomo, esse non hanno bisogno di sopraffarsi, né di affermare il proprio potere sulle altre.

 

L’ordine cristiano, a prescindere dal sistema di governo che i cittadini si scelgono, è l’unico che tuteli il bene comune di tutti i popoli, recando loro la luce del vero Dio. D’altra parte, la pretesa «laicità dello Stato» si è dimostrata essere una frode, con cui si emargina il Cristianesimo dalla società per sostituirlo con la religione globalista dell’ecologismo, della cancel culture, della sostituzione etnica, della dittatura sanitaria. 

 

Credo sia questo l’approccio «multipolare» a cui si richiama spesso il Presidente Putin: rispettare l’identità e le libertà dei popoli, uniti dalla comune eredità cristiana.

 

 

Sembra che nessuno cerchi più di evitare il peccato. Il peccato sta diventando parte della norma nel mondo di oggi? Potrebbe fare degli esempi? 

Evitare il peccato implica riconoscere una norma morale trascendente, e di conseguenza un divino Legislatore. Significa, in sostanza, condurre la vita privata e pubblica nell’ambito dell’ordine soprannaturale che Dio ha stabilito. Da due secoli ormai gli Stati hanno rifiutato di riconoscere pubblicamente la Signoria di Cristo sulle società. 

 

L’Occidente cristiano si è dovuto confrontare con un processo di secolarizzazione che ha coinvolto – e visto anzi come protagonista – quella deep church che si è infiltrata sino ai vertici della Chiesa Cattolica, e che con il Concilio Vaticano II ha sostanzialmente cancellato la dottrina della Regalità Sociale di Nostro Signore, riducendo la pratica della Fede ad una questione privata, come già accaduto quattro secoli prima con l’eresia protestante.

 

Questa secolarizzazione ha avuto come esito il venir meno dell’ordine sociale che consentiva ai singoli fedeli e cittadini di vivere secondo i Comandamenti, e ha quindi favorito il dilagare dell’immoralità, del peccato, della corruzione.

 

Perché dove lo Stato non tutela la Morale pubblica, ed anzi promuove tutto ciò che è contrario alla Legge di Dio e di natura, è estremamente difficile rimanere fedeli alla pratica religiosa. E questa è l’ulteriore dimostrazione che la laicizzazione della società non aveva come scopo il garantire libertà alle religioni non cristiane, ma di scardinare l’ordine sociale e cancellare ogni retaggio cristiano non solo dalle leggi, ma anche dalla vita quotidiana. 

 

 

Qualsiasi scissione nella chiesa porta le persone ad allontanarsi da Dio. L’agenda LGBT e la legittimazione di tutto ciò che in precedenza era considerato un peccato hanno un effetto dannoso.

Non vi è dubbio che le divisioni sono opera del diavolo, principe della rivoluzione e del caos. La Santa Chiesa, come sappiamo e crediamo, è una, ossia unica, come unica è l’Arca che Cristo ha posto in terra per la salvezza degli uomini. Se il corpo ecclesiale patisce le ferite della divisione e dello scisma, ciò avviene perché il Nemico del genere umano – Satana – vuole trascinare con sé quante più anime possibile nella dannazione eterna. 

 

Separarsi dalla Santa Chiesa significa abbandonare la famiglia soprannaturale nella quale siamo stati concepiti alla Grazia, credendo di poterci difendere con mezzi umani dall’assalto furioso del Nemico. Significa credere di poter rinunciare alla verità dell’eterno Padre incarnata nel divin Figlio e vivificata dallo Spirito Santo. Ma questo è un grave peccato di orgoglio che ci rende ancora più deboli nel resistere al male. 

 

 

In Germania c’era uno slogan: la Germania soprattutto. In Ucraina, l’Ucraina è al di sopra di tutto. Non pensa che ci siano molte somiglianze? Perché l’Occidente sostiene i nazionalisti ucraini?

Deutschland über alles era una frase patriottica dell’inno dell’Impero tedesco, che poi il Nazionalsocialismo ha fatto propria in chiave ultranazionalista, conformemente a quell’eredità protestante cui accennavo poc’anzi che pone lo Stato al di sopra di tutto. Ma mentre l’Impero Austroungarico, pur essendo cattolico, riconosceva libertà ai popoli e alle culture che lo componevano – secondo i principi cristiani di buon governo – il totalitarismo nazista mirava a creare le basi ideologiche che legittimassero una supremazia etnica – quella della razza ariana – al di sopra dei popoli. 

 

Questa visione, dopo decenni di deplorazione degli eccessi del Nazismo, è oggi tornata in auge in una chiave ancor più distruttiva, perché attribuisce una superiorità morale alla “religione globalista”, all’ideologia woke, alla cancel culture, facendo sì che tutto ciò che non è conforme ai precetti di questo pensiero totalitario sia considerato eretico, e che quanti non si adeguano ad esso siano indegni di far parte del consorzio civile.

 

Non c’è da stupirsi se i principali teorizzatori di questa ideologia siano legati culturalmente e in certi casi addirittura da rapporti di parentela con gli ideologi del Nazismo. A titolo di esempio, Adolf Heusinger, capo dell’Operationsabteilung dal 1940 che aiutò Hitler nella pianificazione delle invasioni di Polonia, Norvegia, Danimarca e Francia, dal 1961 al 1964 fu presidente del Comitato della NATO a Washington.

 

E quel che maggiormente sconcerta è che questa riproposizione di principi neonazisti sia sostenuta e finanziata dal mondo askenazita, di cui sono esponenti molti leader politici e personaggi di spicco del globalismo, con l’apporto di movimenti neocon filosionisti, presenti soprattutto negli Stati Uniti e legati al deep state americano.

 

 

Cosa dovrebbero prendere in considerazione i politici quando prendono decisioni nel nostro tempo? Su cosa dovrebbero basare le loro decisioni?

Il ruolo dei politici, ieri come oggi, è di impegnarsi per il buon governo e per la difesa dei propri concittadini dal colpo di stato globalista. A ciò sono chiamati indistintamente tutti i politici di tutte le Nazioni, ma in particolare di quelle che si trovano ostaggio dell’élite eversiva del Nuovo Ordine Mondiale. Essi dovrebbero chiedersi: Cosa dirò a Cristo, quando mi troverò dinanzi a Lui per essere giudicato? 

 

Occorre – lo ripeto da tempo – che si costituisca un’Alleanza Antiglobalista che unisca tutti i popoli, con i loro leader, in un’azione di opposizione e resistenza all’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, al Great Reset, all’Agenda 2030, ai suoi punti programmatici. Questa Alleanza dovrebbe avere come scopo la denuncia del colpo di stato globale e dei suoi artefici, la riappropriazione delle sovranità nazionali (ivi compresa la sovranità monetaria) e il boicottaggio sistematico di tutto ciò che erode le libertà individuali imponendo modelli e stili di vita distruttivi. 

 

È indispensabile porre un freno alla follia del gender, alla corruzione dei bambini, alla dissoluzione della famiglia, alla cancellazione della civiltà cristiana, alla schiavizzazione degli individui. Occorre parimenti che chi governa lo Stato non sia ricattato dalle lobby finanziarie o da gruppi di potere più o meno occulti, punendo con leggi severe i conflitti di interesse che rendono possibile il tradimento dei popoli.

 

Questa Alleanza sarebbe a mio parere un’ottima premessa per il ristabilimento della pace nelle Nazioni, oggi dilaniate dai conflitti causati dall’élite globalista, e potrebbe unire in questa battaglia di verità e di libertà anche i leader politici di Paesi i cui governi si dichiarano oggi nemici della Federazione Russa e dei suoi alleati. 

 

 

Perché l’umanità, nel corso della sua storia plurimillenaria, non ha imparato a vivere senza guerre?

L’umanità potrebbe e vorrebbe vivere senza guerre: il crollo del consenso popolare per i leader guerrafondai della NATO e le centinaia di manifestazioni contro la guerra in Ucraina (tra le altre) che si tengono in molti Stati europei ne sono la prova. Ma finché la guerra verrà considerata come uno strumento non per ripristinare la giustizia o difendersi da un attacco (poiché in questo caso sarebbe legittima) ma per imporre un modello distopico di società tirannica in vista del Nuovo Ordine Mondiale ai danni dei cittadini, nessuno di noi potrà sottrarvisi e ne saremo tutti vittime. 

 

(…)

 

 

Il nostro programma sarà visto sia in Russia che in Ucraina, quindi cosa vorrebbe dire in conclusione?

Come Vescovo e Successore degli Apostoli, mi rivolgo ai Russi e agli Ucraini nel nome di Gesù Cristo Re e della Tutta Santa Madre di Dio, Aiuto dei Cristiani. Pregate con fede, in questo periodo benedetto in cui celebriamo i Santi Misteri della Passione, Morte e Resurrezione del Salvatore, per implorare la pace; una pace che non può che venire da Cristo, Principe della Pace.

 

Siate consapevoli che la minaccia che incombe sul mondo viene dall’abbandono dei Comandamenti di Dio, dalla ribellione alla Legge eterna voluta dal Signore per il nostro bene e per la nostra salvezza eterna. 

 

Il Signore ha detto: Senza di me non potete fare nulla (Gv 15, 5). Pregate con fiducia, cari fratelli in Cristo: pregate la Regina della Pace, perché interceda presso il trono di Dio e implori per tutti noi la pace vera, pax Christi in regno Christi, la pace di Cristo nel regno di Cristo.

 

Pregate perché lo Spirito Santo Paraclito susciti sentimenti di verità e di giustizia nei governanti di tutte le Nazioni, portandoli ad un sussulto di dignità e di lealtà verso i loro concittadini, inducendoli a liberarsi dalla soggezione a poteri che nessuno vuole, che nessuno ha eletto, e che hanno come unico scopo cancellare Cristo dal mondo e dannare le anime che Egli ha redento col proprio Sangue.

 

Pregate perché il Signore susciti tra di voi leader onesti e coraggiosi che abbiano a cuore il bene comune, e non gli interessi dei cospiratori.

 

Ma soprattutto, cari Amici, iniziate da voi stessi: fate che il Signore regni anzitutto nei vostri cuori, nelle vostre famiglie, nelle vostre comunità.

 

Rimanete nella Grazia di Dio, perché nessuno potrà mai togliervi l’amicizia con il Signore, che è l’unico sommo Bene e che, in tutte le avversità, non vi farà mai mancare il Suo santo aiuto.

 

Gesù Cristo ha detto: Sarete miei amici, se farete quello che vi comando (Gv 15, 14).

 

Ecco: nell’obbedienza al Vangelo è custodito il segreto perché la pace regni nei vostri cuori e nella società. Il Signore vi benedica tutti.

 

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questo testo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo

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Ho sempre provato un certo disagio di fronte agli eroi di cartapesta creati dalla filiera economica della «cultura» nazionale. È l’apparato industrial-intellettuale che passa dai grandi editori (una volta soprattutto Feltrinelli, ma in realtà un po’ tutti, specie in era marinaberlusconiana), si innerva sui giornali (Repubblica, a seguire, come sempre il Corriere, e giù gli altri), corre per le librerie di tutta Italia (con incontro dove vanno, magari, trenta persone pensionate in tutto) e si riversa, oltre che nei teatri, nella TV pubblica a tutte le ore, soprattutto quelle notturne.

 

Avete presente: gli «intellettuali», gli «scrittori», quelli che hanno pubblicato un libro, a volte, tragicamente, un «romanzo». I giornalisti, i librai, gli enti teatrali, i dirigenti televisivi ve li indicano come persone da ascoltare, da seguire. Sono dei contenuti importanti, cui dovete dare la vostra attenzione.

 

Basta leggere qualche pagina delle loro opere per capire di trovarsi davanti al vuoto pneumatico, e quindi tornare con la mente all’ineludibile legge di Marshall McLuhan: il medium è il messaggio.

 

Cioè, qualsiasi «scrittore» vi propongano – in libreria, in televisione, al teatro comunale, sul giornale – non è che vogliano davvero portarvi un suo messaggio, una sua riflessione, un suo pensiero (di solito, anzi, non ce n’è traccia), ma vogliono semplicemente tenervi incollati al medium, cioè al sistema. Consuma questo importante autore di libri, ti dicono, ma in verità quello che stanno davvero chiedendo è che non cambi canale: resta con noi, non staccarti dal continuum dell’industria culturale nazionale.

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È una questione di rinforzo della dipendenza sistemica, camuffata da nobile impulso illuminista all’educazione: leggi qui, sarai migliore. O con più sincerità: fatti intrattenere da noi, è l’unica via.

 

Una questione di identità, di classe sociale. Ecco perché ci ritroviamo, tra i tanti scrittori che ci infliggono, un discreto numero di professori. Essi divengono la proiezione del famigerato «ceto medio riflessivo», cioè di quantità di insegnanti di elementari, medie e superiori (e università: vertice della sottocasta dell’istruzione statale) che si sentono migliori perché leggono i libri, e che sperano che, un giorno, leggendo Repubblica e collane Feltrinelli magari anche a loro un giorno daranno 15 minuti di gloria letteraria.

 

La cultura di sinistra – cioè la cultura italiana – vive di fatto su un grande ricatto identitario: se non consumi il prodotto culturale nazionale, se quindi non credi a tutti gli assiomi che vi sono inseriti (civili, storici, politici, religiosi, «laici»), se fuori dalla storia. Impresentabile, invisibile. Questa cesura, come in ogni altro campo della vita, si è rivelata in tutta la sua oscenità durante il COVID.

 

Ricordate, infatti, dove stavano gli intellettuali, durante il biennio di lockdown e sieri genici? Ricordate gli editoriali sui giornali? Gli inni al generale vaccinaro, e magari pure l’occhiolino fatto ad un possibile «golpe» pro-siero? Ricordate gli articoli in cui lo scrittore diceva, sconsolato, di aver trovato tra i suoi amici dei no-vax? Ricordate le preghiere dei saggi affinché nel Paese fosse realizzata l’apartheid biotica, che poi di fatto è stata concretata?

 

Per questo sul «caso Scurati», che tiene banco sui giornali ancora adesso, ho delle idee un po’ diverse da quelle che avrete letto in giro.

 

Diciamo intanto, che la figura dello Scurati ce la ho in qualche modo presente, perché rammento quando fu inserita nel circuito culturale ancora anni fa. Nel 2005, ad un premio letterario – il gateway per far entrare nel sistema-Paese nuovi personaggi cartonati con le loro idee sincero-democratiche – attaccò Bruno Vespa: di suo una cosa per cui, visti gli ultimi anni di mRNA e Zelens’kyj, sarebbe da stringergli la mano, ma il tono sarebbe stato un po’ pesante: «se dovessi uccidere qualcuno, questo sarebbe lei», avrebbe detto criticando il conduttore di Porta a Porta.

 

Il personaggio del resto pare essere focoso: nei giorni scorsi ha accusato, in un’intervista su un giornale straniero, il TG1, per poi scusarsi, e dare la colpa a tutta questa situazione che lo turba molto.

 

La simpatia a pelle che mi sale subito: le foto che lo ritraggono, alto e severo, mostrano questo sguardo duro e non centratissimo, e profili  dove pare mancare il mento – cosa che potrebbe essere, in realtà, un preciso messaggio politico, ma è un pensiero che butto lì, come altro, per satira.

 

Perché l’uomo ha pubblicato una serie di libri sul mento più pronunciato del secolo – quello del Duce Benito Mussolini. Migliaia e migliaia di libri intitolati tutti grottescamente M., come se fosse M il Mostro di Duesseldorf, in realtà è uno dei babau assiomatici che servono al sistema culturale italiano per tenersi in piedi.

 

Eccerto: Roberto Saviano, uno dei principi del sistema culturale nazionale, scrive libri contro la Camorra, anche se gli effetti – visibili soprattutto in TV – hanno fatto esclamare a qualcuno che alla fine, eterogenesi dei fini, quello che si ottiene è la sua apologia.

 

Quindi: addosso – ancora – al cadavere appeso a Piazzale Loreto (che Renovatio 21 un anno fa ha modestamente chiesto di ribattezzare come «Piazzale Angleton»). Scriviamoci sopra un romanzo, anzi dei romanzi, una saga che Il Trono di Spade deve spostarsi. Ma quale banalità del male: fatecelo scrivere, fatecelo vendere, ‘sto male!

 

Mi viene in mente l’articolo di ferocia assoluta che gli riservò, sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia, che descrisse il suo senso di sgomento di fronte ad errori storici incredibili – perché provenienti da uno scrittore, un intellettuale, un editore, e la ridda di correttori di bozze, consulenti, editor del caso – contenuti nel testo.

 

Il Gallo della Loggia non fu tenero: «Voglio sperare che ancora oggi se a un esame di licenza liceale uno studente attribuisse a Carducci l’espressione «la grande proletaria» (invece che a Giovanni Pascoli, che la coniò per l’Italia che si accingeva a occupare la Libia ), e definisse Benedetto Croce un «professore» (lui che per tutta la vita gratificò di tutto il disprezzo immaginabile l’Università e i suoi professori, che fu l’antiaccademismo vivente), voglio sperare, dicevo, che lo sciagurato correrebbe seri rischi di essere bocciato».

 

Giù duro: «Non si tratta di due errori qualunque, infatti. Sommati significano in pratica non essere in grado di orientarsi nella storia culturale italiana della prima metà del Novecento. Non possedere alcuni punti di riferimento essenziali. Se poi il medesimo studente avesse pure sbagliato la data di Caporetto, avesse detto che Antonio Salandra, presidente del Consiglio che decise l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, “porta sulla coscienza sei milioni di morti” (un antesignano pugliese di Hitler insomma), avesse poi definito Antonio Gramsci “un politologo”, avesse scritto che alla Scala nel 1846 lavoravano degli «elettricisti» e che nel 1922 al Viminale ticchettavano «le telescriventi», e poi ancora, come se non bastasse, a commento della marcia su Roma avesse riportato alcune righe attribuendole a “Monsignor Borgongini Duca, ambasciatore inglese presso la Santa Sede” (!!) , e a commento della seduta della Camera sulla fiducia al governo Mussolini avesse citato una lettera di Francesco De Sanctis datandola 17 novembre 1922 (quando l’autore avrebbe avuto 105 anni!), beh: spero proprio che a questo punto il suddetto studente sarebbe sicuro di prendersi una solenne bocciatura».

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Tanta roba. Tuttavia soprattutto uno di questi inguardabili errori cisembra interessante: nel suo romanzone mussoliniano, lo Scurati scrive che gli italiani morti durante la Prima Guerra Mondiale erano sei milioni. Secondo i calcoli storici, i morti sono stati – compresi quelli della pandemia della Spagnola (chiamata così anche se può darsi che venga, come tante altre epidemie, dai vaccini) – un milione. Tuttavia, come resistere alla coazione a ripetere la cifra fatale dei sei milioni? Difficile: l’industria culturale, i sei milioni te li ripete ogni cinque minuti.

 

Ma che importa, alla fine. Rileva – ribadiamolo bene – solo che il canale resti saldo. Qualche refrain, qualche tormentone piazzato magari anche in modo errato, fa giuoco alla tenuta dell’impianto di trasmissione. Tenetelo sempre a mente: il medium è il messaggio.

 

Ecco perché quando è scoppiato lo scandalo della RAI melonica che «censura» il tizio, non è che ci siamo scomposti più di tanto.

 

In primis, perché sappiamo da dove arriva, che cosa rappresenta, qual è il messaggio – cioè il medium. Il mezzo dell’industria cultura italiana deve ripetere i suoi triti dogmi (perché agli intellettuali non è richiesta la fantasia, né l’estro, né il genio: anzi) con cui è stata imbastita da quando, durante il famoso patto racconto da Ettore Bernabei nel libro L’uomo di fiducia, De Gasperi cedette la cultura a Togliatti e al PCI – e le banche a Mattioli e alla massoneria.

 

Che ci volete fare: mica la mela può cadere lontano dall’albero. Piante cresciute con decadi di letame «laico» e sincero-democratico, che frutti possono dare?

 

Il problema, quindi, è più profondo di un’eventuale museruola ad un intellettuale sistemico: è l’esistenza del sistema, e la sua persistenza nonostante qualsiasi governo di destra sperimentato dal 1994 ad oggi.

 

Non è questo, il punto che ci interessa sviluppare qui, purtuttavia.

 

La cosa che ci sconvolge, e vedere, a quattro anni dalla catastrofe di Wuhan, quanti anni luce il sistema politico-culturale sia distante dalla nostra visione – cioè dalla realtà. La politica, la storia, la letteratura dei normaloidi è a tal punto divorziata dalla sostanza dalle cose, che lo spettacolino delle sue beghe interne ci crea imbarazzo, malessere, se non ci fa vomitare punto e basta.

 

È stato ricordato che Scurati, quello della lettera «antifascista» da leggere alla TV pubblica, aveva scritto sul Corriere un editoriale in cui osannava il premier Draghi, lo implorava di tornare al suo posto: massì, il tecnocrate che nessuno aveva votato, calato per motivi imperscrutabili in luoghi fondamentali – il panfilo Britannia, dove salutò con affetto gli «Invisibili Britannici»; l’Eurotorre di Francoforte, luogo dove i tedeschi mai dovrebbero volere un italiano, e invece – piace tanto all’intellettuale antifascista.

 

Scommettiamo che, se lo sapesse, godrebbe anche al pensiero del ruolo primario del Draghi nel primo vero atto di guerra economica della storia umana, ovvero il congelamento dei beni della Banca di Russia detenuti all’Estero. Contro ogni legge internazionale, contro ogni decoro diplomatico (nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale…), contro ogni prospettiva a medio termine (l’effetto subitaneo: l’accelerazione della de-dollarizzazione): ma che importa, al cervello antifascistico? Bisogna applaudire i Draghi della palude, sempre, e spellarsi le mani.

 

Non solo. In una clip del novembre 2020 proveniente da La7 – lo sfogo televisivo del gruppo di via Solferino – lo Scurati affrontava di petto l’altra grande questione democratica degli ultimi anni. «Il 25% degli italiani, che secondo un sondaggio SVG sono complottisti o negazionisti» incalzava Lili Gruber. «Un dato assolutamente inquietante» replicava Scurati (mentre, a lato, l’idolo grillino Andrea Scanzi scuoteva la testa con vigore). Dice che il dato deve far riflettere «su cosa è stata l’Italia negli ultimo 10, 20 anni (…) su quale piccolo e significativo arretramento di civiltà abbiamo patito in questi decenni».

 

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L’esitazione davanti al siero genico sperimentale è un segno della decadenza della civiltà italiana – quella, di cui parlava imperialmente Mussolini, o quella della Costituzione, calpestata in ogni sua parte dall’obbligo vaccinale? Un attimo, questi ultimi sono pensieri nostri.

 

«Il discorso ha a che fare con l’educazione, con l’istruzione, con la cultura», dice ancora lo scrittore. Insomma, sei no-vax, perché sei ignorante – non hai studiato a scuola, né letto i libri propostiti dalla libreria, compresi magari quelli fondamentali dello stesso Scurati

 

«Il fatto che un italiano su quattro stia arretrando su posizioni oscurantiste premoderne di ignoranza arrogante e professa, non nascosta, nella diffidenza dei riguardi dei vaccini, che sono una delle grandi invenzioni dell’umanità, nella diffidenza nei riguardi della scienza, ci deve far ricordare che la scuola, l’istruzione e l’educazione sono fondamentali per il Paese, non solo durante l’emergenza» continua lo Scurato.

 

Sì davvero: sta parlando della scuola, dove abbiamo visto ogni sorta di discriminazione biologica (il green pass anche per entrare nel sito dell’Università!), dove è penetrato il proselitismo omotransessualista più agghiacciante, dove ai bambini di otto anni vengono lette lettere anti-femminicidio sull’onda di casi di cronaca ancora tecnicamente irrisolti, dove sono in corso programmi rivoltanti di digitalizzazione tecnocratica della vita dei ragazzi?

 

Sta parlando sul serio di arretramento della civiltà , per poi tirare fuori, come esempio, la scuola, distruttrice della civiltà?

 

È così. Parlano per ritornelli sempreverdi («vaccini grande conquista»… «la scuola è importante»… «sei milioni di morti»), discorsi che non aggiungono nulla, non hanno un pensiero alcuno da offrire. Non dati, non riflessioni, né profondità di alcun tipo – niente.

 

È chiaro, soprattutto, che la nostra idea di civiltà è oramai incompatibile con quella che loro chiamano «civiltà», che per noi è invece dissoluzione, è anti-civiltà, è Cultura della Morte.  E non è questione solo di idee – si tratta della nostra stessa esistenza quotidiana, della vita nostra, e di quella dei nostri figli.

 

Perché quelli che si dicono «democratici», quelli che ci vendono i loro discorsi «antifascisti», sono gli stessi che hanno inflitto alle nostre vite gli orrori più atroci, perfino a livello biomolecolare.

 

Gli «antifascisti», hanno spinto affinché la nostra esistenza personale e famigliare fosse devastata. Vi ritorna in mente? C’è chi ha perso il lavoro, c’è chi ha perso i parenti, c’è chi ha perso tutto – mentre tutti quanti perdevamo la libertà.

 

Però scusate: ma se la parola «fascista» è semanticamente riferibile a ciò che è autoritario,  soverchiante, incapace di discutere, irriguardoso della dignità della persona, altamente discriminante (fino al razzismo), violento… allora, che cos’è, quella che abbiamo vissuto in pandemia, se non una piccola era fascista?

 

È meglio chiamarli con un termine più appropriato: essendo alla base dell’immane processo di sottomissione subìto un fattore biologico – la malattia, il siero genico sperimentale – è il caso di definirli, più che fascisti, «biofascisti». Gli antifascisti – come esattamente i fascisti ipoteticamente ancora in circolazione ed i postfascisti al governo – sono, esattamente, biofascisti.

 

Dal ventennio fascista, al biennio biofascista: che non è finito, perché nessuno, né al governo né all’opposizione, ha accettato di rivedere lo  stupro della supposta democrazia popolare visto col COVID. Anzi: rilanciano, la Meloni firma a Bali per i passaporti vaccinali elettronici transnazionali, mentre masnade di operatori sanitari e trafficanti politici lavorano alacremente – pagati da voi – per l’approvazione sottotraccia del Trattato Pandemico OMS, che sarà un bel capitolo della fine certificata delle democrazie costituzionali.

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E già, la Costituzione. Gli intellettuali credono sia un testo importantissimo, ce lo hanno ripetuto ad nauseam, e il motivo è semplicissimo: avendo cacciato per ordine massonico il sacro dalla politica, non resta che basare lo Stato su un libro.

 

Abbiamo visto quanto ci credono: la Costituzione è stata tradita perfino nel suo primo, ridicolmente sovietico, articolo, quello della Repubblica fondata sul lavoro – se hai il green pass, ovvio, e i sindacati sono d’accordo con Draghi, gli scrivono lettere d’amore in concerto con i padroni di Confindustria, mentre dal palco, circondati da mascherine, i lider maximos sindacalisti parlano veramente di Nuovo Ordine Mondiale.

 

Diventa a questo punto definitivamente insopportabile guardare la pantomima «democratica» dei personaggi TV.

 

Palano di popolo, e sono quelli che una parte consistente del popolo italiano – qualcuno dice, dal 1978, sei milioni, sul serio – lo ha sterminato per legge, con l’aborto di Stato.

 

Parlano di democrazia, ma il popolo lo hanno chiuso in casa, sottomesso, capovolgendo lo Stato di Diritto: non più il cittadino latore di diritti, ma obbligato a coercizioni che riguardano la sua stessa biologia.

 

Parlano di Costituzione, e hanno tradito l’articolo 1, l’articolo 16, l’articolo 21, l’articolo 32 e tutti gli altri che il lettore vorrà aggiungere.

 

Parlano di antifascismo, dopo aver inflitto alla popolazione anni di terrore biofascista, dove se non accettavi di modificare la tua genetica cellulare non potevi entrare nei negozi – sì, come gli ebrei dopo le leggi razziali, come mostrano tutti quei filmetti strappalacrime come La vita è bella, che certamente in parte avete pagato sempre voi.

 

Parlano di antifascismo, e sono gli stessi che finanziano ed armano un regime dove i collaborazionisti del Terzo Reich sono celebrati pubblicamente come eroi (anche fuori dai confini: ricorderete il caso di Trudeau che porta l’ex SS al Parlamento canadese per farlo applaudire) e dove armi e danari finiscono a Reggimenti provenienti da gruppi dove la svastica e le lettere runiche sono la norma, come simbolo, come tatuaggio, come ideologia.

 

Gli antifascisti, oggi, sostengono i neonazisti. Lo spettacolo lugubre degli ultimi cortei 25 aprile con tripudi di bandiere ucraine e della NATO rimarrà negli annali per i posteri che giustamente si gratteranno la testa cercando di capire.

 

I biofascisti, del resto, non è che si tirano indietro nei confronti dei paradossi. Prendiamo, ad esempio, il grande tema «antifascista» della provetta. Un idolo, per la sinistra: libertà riproduttiva, che vuol dire che anche gli LGBT si possono produrre la prole che la natura non consentirebbe loro di avere – si chiama progresso, bellezza.

 

Arrivano, tuttavia, tante storia aneddotiche interessanti. Per esempio: coppie lesbiche che spesse volte si rivolgono a banche del seme… in Danimarca. Essì: il bimbo lo vogliono biondo dolicocefalo occhioceruleo, esattamente come prescritto da Zio Adolf, che, poverino, lui la biotecnologia per farlo non ce l’aveva, limitandosi nel fallito programma Lebensborn a fare montare ragazzotte di paese ben disposte a giovinotti dai chiari capelli scelti tra le SS, per poi ucciderli subito dopo gettandoli nella fornace della guerra. È così: infatti quello si chiamava, appunto, «nazismo», e non «bionazismo», come invece dobbiamo chiamarlo oggi.

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E chiedetevi pure anche, cari antifascisti biofascisti: quanti dei politici gay, magari con figlio prodotto via utero in affitto all’estero fatto entrare in Italia in spregio alla legge 40/2004 (i giudici, dove sono?), secondo voi hanno sfogliato un bel catalogo delle «donatrici» di ovulo, scegliendo magari una bella ragazza bionda e atletica, come ad esempio l’Ucraina – capitale mondiale della surrogata anche sotto le bombe – offre a bizzeffe?

 

È difficile rendersi conto di cosa si tratta? la parola è conosciuta, in verità: eugenetica.

 

È più arduo capire che l’eugenetica biofascista opera ogni giorno anche al di fuori dei casi arcobalenati: la selezione degli embrioni, compiuta dagli «esperti della fertilità» che ora sono pagati dal contribuente (la FIVET è nei LEA) è, molto semplicemente un’altra forma di eugenetica, solo che invece dei cataloghi delle «biobanche» qui si usa il microscopio.

 

La sostanza non cambia, ed è quello che andiamo da sempre ripetendo su Renovatio 21. La continuità tra il nazismo e la moderna società riprogenetica è assoluta. Hitler ha perso la guerra cinetica, ha vinto quella bioetica. O meglio: i padroni di Hitler – quelli che ne hanno finanziato l’ascesa – sono esattamente gli stessi che hanno, da più di un secolo, elargito danari affinché si instaurasse l’eugenetica in America, in Europa, perfino in Cina.

 

E sono gli stessi – un nome lo vogliamo fare: la famiglia Rockefeller – che hanno suscitato e foraggiato quantità di movimenti fondamentali per la sinistra antifascista, cioè biofascista: il femminismo, ad esempio, o il movimento globale per l’aborto.

 

Capite, cari lettori, che questa è una visione della Storia abissalmente distante da quella che possono avere Scurati o la Meloni e chiunque altro vi propongano TV e giornali.

 

Perché quello che possono fare, loro, è farvi rimasticare quello che è stato dato loro da masticare, ricordando che a nessuno di loro è stata chiesta originalità e profondità di pensiero. La Storia, vi dicono, è fatta così… i fascisti, gli antifascisti, etc.

 

Qui abbiamo una visione radicalmente diversa. L’unico modo possibile per vedere il mondo, l’universo stesso, è quello che ha al suo centro il fenomeno più fondamentale del cosmo tutto: la vita.

 

Non comprendere che la Storia si sta rivelando semplicemente coma una danza, fisica e metafisica, tra la Vita e la Morte – con lo Stato moderno e le sue schiere a combattere per quest’ultima – significa non aver compreso nulla. E quindi, accettare ogni possibile angheria che l’Impero della Morte prepara: l’aborto, la provetta, il vaccino… tutte realtà che qui abbiamo dimostrato essere intimamente interrelate, tutte questioni che toccano direttamente, carnalmente, le vostre esistenze, e soprattutto quelle dei vostri figli.

 

Così, in questa ignoranza invincibile, quella per lo stesso dono più alto che si è ricevuti dal creatore, l’antifascismo può trasformarsi tranquillamente in biofascismo, e continuare la sua patetica sceneggiata di lamento contro il fascismo 1.0.

 

In un articolo per il 25 aprile di diversi anni fa («Quello che Mussolini non ha capito: il dominio della Cultura della Morte»), scrivevamo parole che ci va qui di ripetere.

 

«Non è il capitale, non è il danaro ad essere in gioco. Non è nemmeno la terra, lo spazio, la geopolitica che interessa ai potenti dell’universo, oggi come allora. Ai principi di questo mondo interessa la distruzione dell’uomo. La sua umiliazione, il suo controllo, la sua riduzione».

 

«Non è visibile, per chi pensa ancora con le categorie ideologiche pubbliche dell’Ottocento o del Novecento, il cambio del paradigma già avvenuto. Non siamo più in una fase espansiva dell’essere (la produzione dell’acciaio dei sovietici, il Lebensraum dei nazisti, il natalismo dei fascismi, il consumismo delle democrazie liberali) ma in una fase di contrazione programmata, forzata. Meno figli, meno lavoro, meno esseri umani: decrescita».

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«Mussolini non poteva capire che è l’ascesa del biopotere il vero verso della Storia; i suoi oppositori nemmeno: anzi, ora sono divenuti kapò di qualcosa di molto peggiore del fascismo, il biofascismo: tutti i tuoi diritti sono sospesi, perfino il lavoro, la censura è operata su tutti i livelli, ogni libertà, perfino quella di spostamento, perfino quella di vedere i famigliari, è distrutta».

 

Già, Mussolini non aveva capito che il fascismo non serviva più al programma: il signore del mondo non voleva controllare più solo gli imperi e le nazioni, ma il corpo umano stesso, perfino nel codice più sacro contenuto dentro le sue cellule. Il Duce non poteva capire che il fascismo andava sostituito con il biofascismo. Lo hanno fatto, tra bandiere arcobaleno e ghigni pannelliani, facendo pure continuare l’oscena commedia dell’antifascismo militante, televisivo, autistico – perché altre sceneggiature, con evidenza, non ne hanno, né ne saprebbero scrivere.

 

Il programma è più vasto, ad ogni modo, di quello visibile tra Mussolini e gli intellettuali prodotti dal sistema culturale nazionale. Il programma è contenuto in un grande bestseller, nell’ultimo testo che lo compone. Si chiama Sacra Bibbia, da leggersi soprattutto quello che è definito Il libro della Rivelazione. Ci rendiamo conto che pochi scrittori e professori lo hanno fatto, ancora meno ci hanno creduto, o anche lo hanno preso sul serio per un secondo.

 

Qui noi lo facciamo, eccome. Il programma finale non riguarda la politica partigiana, riguarda l’umanità, la vita e la morte, il mistero dell’iniquità, la catastrofe globale, la fine dei tempi – insomma la vostra anima, e il vostro corpo.

 

Non è che chiediamo a chicchessia di accettarne i segni – i nostri lettori già lo fanno, a giudicare dalle lettere che ci arrivano.

 

Quello che domandiamo, è: non prestate attenzione a nessuna polemica, né alla voce degli intellettuali di cartapesta, né a quella dei politici.

 

Pensate, piuttosto, quanto è lontana da loro , oramai, la vostra concezione del mondo, la vostra visione della Storia, la vostra percezione della realtà, la vostra fede nella Verità.

 

È così: scrittori, deputati, giornalisti, professori, ministri, editori, fascisti, antifascisti, non hanno capito un cazzo.

 

Evitate, cari lettori, di perderci tempo, e concentratevi su ciò che è importante: onorate il Vero, e, soprattutto, cercate la pace interiore – perché a breve, quando sarà la tribolazione, servirà davvero.

 

Roberto Dal Bosco

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Pensiero

«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?

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All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.   Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.   «Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».    

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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».   Silenzio sacro   Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti. Le montagne tacciono. I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano. Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.   Apollo Dio del sole e dell’idea della luce manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per l’ospitale città di… E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della Razza Sacra   Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.   La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.   È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.   È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…   Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».   Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».   «I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».   LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».   Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.   Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.   La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.   Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».   «Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.   «Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».

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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.   E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?   Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.   Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.   Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.   Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.   Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.   Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.   Roberto Dal Bosco

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Foreign Fighter USA dal fronte ucraino trovato armato in Piazza San Pietro. Perché?

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È davvero forte il titolo che ha dato ieri l’edizione romana de la Repubblica, il giornale che ha dato la notizia: «Super ricercato Usa arrestato armato durante l’udienza del Papa: “Vengo dal fronte di guerra ucraino”».

 

«Cosa ci faceva un americano armato come un macellaio a Roma?» si chiede il quotidiano degli Agnelli. «Cosa ci faceva uno dei più pericolosi e ricercati criminali dello Stato di New York, nella top twelve dei “most wanted“, armato sino ai denti a Piazza San Pietro e arrivato direttamente dall’Ucraina? Moises Tejada, cinquantaquattrenne statunitense, negli USA è “classificato come estremamente violento”, così è scritto sul sito del New York State Department of Corrections and Community Supervision’s Office of Special investigations».

 

Viene specificato che nelle avvertenze è posto un monito preciso: «se lo vedete chiamate subito le forze dell’ordine, non cercate di fermare questi soggetti da soli poiché sono particolarmente pericolosi».

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Il fatto, leggiamo, risale a quasi dieci giorni fa. «I nostri poliziotti, ispettorato Vaticano, l’hanno notato (…) nell’Urbe. Non un giorno qualsiasi, poiché piazza San Pietro era affollatissima per l’udienza generale del Papa».

 

Poi parte la descrizioni delle doti extrasensoriali delle italiche forze dell’ordine: «Gli agenti senza sapere chi fosse, grazie anche al loro intuito, non gli hanno mai levato gli occhi di dosso, nemmeno per un secondo, fino a decidere di fermarlo e, infine, perquisirlo» continua il quotidiano fondato dal «laico» Scalfari, che pure anche lui qualche visita in Vaticano, nei primi giorni del papa preferito dai massoni, se l’era fatti per intervistare proprio l’inquilino di Santa Marta.

 

Ma torniamo in Piazza San Pietro, con i poliziotti premonitori. Lo hanno fermato, e «l’istinto aveva dato loro ragione. La scoperta delle armi che hanno trovato addosso all’americano gli ha lasciati interdetti: perché andare in giro con tre coltelli, uno con la doppia lama, da venti centimetri ciascuno? Per farne cosa?»

 

Già, una bella domanda. A cui epperò mica nessuno vuole dare risposta, neanche ci prova. Qualche giornale di destra, a denti stretti, ha provato a parlare di «segnale», ma buttandola là.

 

Quindi: un criminale americano super-ricercato, violentissimo, che dal fronte ucraino finisce, armato di coltelli, in Vaticano. Non abbiamo idea del perché. Interessante. Assai.

 

Apprendiamo che l’uomo, tale Moises Tejada «è planato sull’Urbe una decina di giorni fa, così hanno potuto verificare gli investigatori attraverso l’analisi del passaporto, dalla Moldavia dove era da poco arrivato da Kiev».

 

«In commissariato, in manette, con l’accusa di porto abusivo d’armi e resistenza, gli agenti hanno scoperto che negli USA, precisamente nello stato di New York, è considerato un “most wanted“». Pare che il personaggio si sarebbe reso responsabile di sequestri di agenti immobiliari che rapinava e riempiva di botte. Chiedeva appuntamenti per vedere case di lusso, poi aggrediva violentemente gli immobiliaristi per poi lasciarli seminudi nelle abitazioni.

 

Strano modus operandi, che forse parla di una tipologia specifica di personalità.

 

«Insomma, più che un criminale tutto tondo, una persona fuori controllo degna però di essere inserita tra i maggiori ricercati dello Stato» continua Repubblica. «A questo punto investigatori e inquirenti si sono domandati: come mai uno degli uomini più ricercati a New York è riuscito a lasciare il Paese in aereo e dirigersi a Kiev?»

 

È bello che il giornale degli Elkann guidato da Maurizio Molinari trovi, per una volta, di farsi una domanda vera. Specie considerando i rapporti non idilliaci di ambedue – gli Elkann e Molinari – con la Russia. Perché la Russia c’entra anche qui.

 

«A febbraio del 2022 ha abbandonato gli USA e si è diretto in Ucraina (come emerge dal suo passaporto) dove ha spiegato ai magistrati di aver combattuto, gli ha perfino mostrato delle foto in mimetica, armato di pistole e fucili». Il nostro è un Foreign Fighter, quindi, e non fa nulla per nasconderlo – c’è da capirlo, del resto, perché abbiamo visto, a dispetto di una legge specifica, l’Italia fischiettare sui Foreign Fighter pro-Kiev, mentre ci ricordiamo di subitanei arresti in aeroporto per quelli sospettati di aver combattuto per conto dei russi.

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Ma torniamo alle domande che Repubblica pone, e cerchiamo di accennare noi una mezza risposta, fatta della solita nuvola di puntini che sarà compito del lettore unire da sé.

 

In primis, ricordiamo che, per quanto riguarda la facilità con cui si possono spostare dagli USA all’Ucraina certi criminali. Ci viene in mente la vicenda del veterano americano incriminato dal Dipartimento di Giustizia USA per l’omicidio di una coppia in Florida, molto misteriosamente comparso a «lavorare» al fronte in Ucraina come «volontario», nonostante su di lui penda una richiesta di estradizione da parte di Washington. Il personaggio, che in America avrebbe minato la casa della moglie incinta, cercato di ucciderla, e poi ammazzato una coppia di «donatori» che volevano dare danaro alla sua causa, avrebbe aderito nel 2015 ad una milizia di estrema destra e, secondo documenti trapelati dalla divisione penale del Dipartimento di giustizia dell’Ufficio per gli affari internazionali il veterano americano in Ucraina avrebbe «presumibilmente preso come prigionieri non combattenti, li avrebbe picchiati con i pugni, li avrebbe presi a calci, li avrebbe picchiati con un calzino pieno di pietre e li avrebbe tenuti sott’acqua».

 

In secundis, vediamo come la personalità con tratti di violenza parossistica pure non è rara tra la manovalanza estera mandata in Donbass – anche prima dell’invio delle truppe russe il 24 febbraio 2022. Nel caso sopracitato, secondo il sito Ukr-leaks che raccoglie i documenti trapelati, un testimone – poi arrestato negli USA – avrebbe quindi anche raccontato di come il veterano americano avrebbe picchiato e annegato la ragazza, mentre un altro membro del gruppo, un australiano, le avrebbe somministrato iniezioni di adrenalina in modo che la giovane non perdesse conoscenza. «Tutto questo è stato filmato dalla telecamera» scrive il sito.

 

Diciamo di più: tali tipi di profili, inclini alla violenza parossistica sino all’essere insensata, ultrasadica, non solo sono comuni nelle guerre sporche degli USA in giro per il mondo, sono necessari.

 

La creazione delle forze neonaziste che servono il regime di Kiev – cioè lo Stato profondo americano – è stata operata per anni andando a lavorarsi le parti della popolazione che più si sarebbero prestate alla psicologia della violenza indiscriminata: ecco serviti al serbatoio immenso di braccia tatuate e teste rasate che sono le curve degli stadi le teorie di Bandera. È un processo di radicalizzazione, che non deve essere stato differente da quello di ISIS e Al-Qaeda. Lo si vede bene, descritto anche con una certa mesta poesia, nel film Syriana. È un qualcosa che, nemmeno più a denti stretti, cominciano a temere i servizi di sicurezza americani e pure qualche politico goscista francese: i Foreign Fighter di ritorno, radicalizzati in Ucraina in maniera totale, di ritorno a casa, magari pure con qualche arma di quelle «donate» a Kiev.

 

È il «jihadismo ucronazista» coltivato dall’Occidente per questo conflitto e forse per il prossimo – quello contro la stessa popolazione europea da trascinare nell’anarco-tirannia, come scritto tante volte da Renovatio 21.

 

Prendi una generazione impoverita (i soldi sono andati tutti agli oligarchi, gli stessi che poi hanno finanziato le milizie ucronaziste), la riempi di ideali che risuonano con il testosterone giovanile, sangue e suolo, la violenza come principale valuta sociale… aggiungi appoggi politici, armi, etc. Quello che ottieni è guerra. Morte e distruzione. Cioè quello che serve ai pupari per creare il cambiamento geopolitico.

 

È bene ricordare che se diciamo «nazisti», stiamo dicendo davvero «nazisti», oppure anche peggio.  Strapagati giornalisti italiani ci hanno detto che i ragazzi con la svastica leggono Kant, la realtà è che i «nazionalisti integralisti» ucraini sono stati capaci di crudeltà che hanno impressionato pure gente di stomaco. È il caso di quel famigerato skinhead americano tatuatissimo, un altro volontario del fronte ucraino che aveva dichiarato che mai aveva visto una violenza del genere.

 

Girava un video, già prima della guerra, intitolato «gli ebrei si beccano la corda». Il contenuto: una donna incinta e suo marito, presumibilmente di origine giudaica, venivano linciati dai miliziani. Dicevano che si trattava di propaganda russa, non era vero. I nazisti ucraini non esistono. Salta fuori che, anche se i due non sono ebrei, il video è vero: e che i nazisti ucraini non solo esistono, ma sono capaci di gesti così indicibili da far pensare, più che altro, a vere caricature dei nazisti.

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E allora, torniamo alla domanda vera: perché? Perché il supercriminale Foreign Fighter ucraino stava in Piazza San Pietro?

 

Ah, poi c’è chi si chiede come abbiano fatto a beccarlo: alcuni non sono disposti ad accettare subito la storia dell’intuito da chiaroveggenti dei nostri, pur bravissimi certo, poliziotti zona Vaticano. Qui le ipotesi possibili sono due.

 

La prima: in Vaticano ci sono telecamere dotate di tecnologia face recognition, ma forse non si può dire, perché in Italia non si capisce se siano esattamente legali, e la Santa Sede non è Italia ma, pensano gli attuali occupanti del Soglio, è meglio non dirlo troppo spesso. Quindi: voi che su Facebook scrivete commenti contro Bergoglio, occhio.

 

La seconda: qualcuno ha fatto una soffiata, e ha avvertito i nostri che il tizio, ecco la foto segnaletica, era diretto da quelle parti. Qui si aprirebbero altre questioni cui ovviamente non sapremmo rispondere in alcun modo. Se lo ha mandato qualcuno, chi lo ha mandato? A fare cosa? Chi ha spifferato? Con che fine? Era avvertire di un pericolo, o era, più sottilmente, far comprendere a qualcuno, che c’è quel pericolo esiste?

 

Roba abissale, giuochi di specchi sacri e geopolitici come ai tempi di Ali Agca e le piste che incrociano i lupi grigi (altri giovani radicalizzati contro la Russia…), servizi bulgari, frati belgi legati alla CIA (come suggerì in un’intervista, sornione e diabolico, Andreotti), magari pure la Madonna di Fatima, et pour cause.

 

Possiamo solo buttare lì qualche altro puntino per il lettore. Sappiamo che il rapporto del papa con l’Ucraina, partito con un bacio alla bandiera della Centuria di Maidan (proprio ad un’udienza del mercoledì), passato per una politica di relazioni sterile, falsa e millantatoria, finito con vari insulti da parte Ucraina, è quello che è.

 

Lui ce l’ha messa tutta: ha taciuto quando hanno attaccato un suo sacerdote – sì, un prete cattolico, ad Uzhgorod – quando aveva osato pregare per la pace, ha provato a vendere ai giornalisti l’idea che la sua conversazione a Budapest con Ilarione – gerarca modernista e filocattolico del Patriarcato di Mosca finito rimosso, e che peraltro ora, dopo la Fiducia Supplicans, di Roma non ne vuole più sapere nulla – serviva alla pace, aveva mandato avanti Zuppi (idea geniale) a Kiev, aveva accettato che Zelens’kyj si sedesse prima di lui da ospite nell’incontro in Vaticano durante l’Italian tour del comico ucraino finito chez Bruno Vespa. (Qualcuno, in Russia, dice che il vertice tra Francesco e il comico TV divenuto presidente, invece, abbia alle spalle un famoso cardinale inglese…)

 

Bergoglio si era beccato gli insulti del consigliere di Zelens’kyj Mikhailo Podolyak, che sul Corriere della Sera (dove sennò) attaccò il papa e il cristianesimo tutto.  Poi, con la storia dell’appello ai negoziati lanciato dall’argentino alla testata svizzera, ecco le offese anche del ministro degli Esteri già «bambino di Chernobyl» in Irpinia Kuleba, che ha insinuato di antichi rapporti della Santa Sede con il nazismo (il bue che dice all’asino… ecco quella storia lì).

 

Davvero, il ragazzo biancovestito in sedia a rotelle ce l’aveva messa tutta, o almeno aveva fatto finta, almeno per un po’. Adesso, chissà cosa vogliono dirgli.

 

Anche perché ad essere arrabbiati con lui mica sono solo quelli della banda di Kiev. Qualche mese fa è partita la rabbia dei rabbini, perché questa equidistanza vaticana con i palestinesi (fra cui, ricordiamo, la Chiesa cattolica ha molti, molti fedeli) non si poteva sentire. Anche lì: il sudamericano si era impegnato, nel 2017 aveva pure visitato la tomba del fondatore del sionismo Teodoro Herzl (ma perché?) a fianco di un soddisfattissimo premier Netanyahu, quello che adesso chiamano macellaio genocida, sconfessando il suo predecessore papa San Pio X che, in modo leggermente diverso, quando Herzl gli chiese l’appoggio per far tornare gli ebrei in Palestina gli promise che la Chiesa si sarebbe opposta con ogni forza al progetto.

 

Ma un patatrac presso il Sacro Palazzo cuore della cristianità globale farebbe comodo a tanti altri.

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Sappiamo come funziona il pensiero dei padroni del vapore: il programma va mandato avanti per traumi. Le società umane si manipolano shock dopo shock. Presidenti uccisi, presidenti rapiti, bombe nelle piazze, nelle stazioni, aerei dirottati, torri che cascano, guerre, invasioni, pandemie.

 

Aggiungiamo anche un altro pensiero, sul quale non ci dilungheremo qui. Durante la guerra del Vietnam la CIA organizzò uno sforzo operativo chiamato Phoenix Program, che doveva distruggere fisicamente e moralmente il sistema dei Viet Cong attraverso rapimenti, infiltrazioni, assassinii, terrorismo, torture. Secondo alcuni, il Phoenix Program prevedeva la creazione vera e propria di serial killer. Soldati americani capaci di violenze infinite, psicopatici al punto da essere più considerabili per i nemici come vampiri (con atti di cannibalismo inclusi) che non come nemici, in grado quindi di scatenare timori ancestrali nei vietnamiti comunisti.

 

C’è chi dice che l’effetto più evidente di questo programma siano stati i continui casi di assassini seriali registrati in USA negli anni Settanta e Ottanta. Moltissimi di questi soggetti, divenuti popolari grazie a stampa, TV e cinema, avevano un passato tra i militari americani, alcuni proprio direttamente in Vietnam. Se ci fate caso, dopo gli anni Novanta – in cui il fenomeno divenne una costante, più che nella cronaca nera, nella cultura popolare – i serial killer sono spariti.

 

Dove sono finiti gli assassini seriali? Sono scomparsi? O forse, dice qualcuno con malizia, ne hanno «chiuso la fabbrica»? E la fabbrica, magari, si può riaprire? L’hanno riaperta?

 

Una volta potevi parlare dei patsy, dei capri espiatori usati nei grandi misteri storici, e non prenderti del complottista. Ricordo ancora i tempi in cui credere che Lee Harvey Oswald fosse un matto manipolato (anche lui con trascorsi militari significativi…) piazzato lì per prendersi la colpa del regicidio Kennedy non era una bestemmia, anzi era la norma.

 

Ora c’è da aver paura anche solo a fare delle ipotesi. Ma non solo per l’etichetta di pazzotico che ti possono affibbiare i benpensanti, i fact-checker, gli algoritmi censori dei social e dei motori di ricerca. C’è da aver paura di averci ragione.

 

Che cosa sono disposti a fare, questi mostri, per far bruciare ancora di più il mondo?

 

A quale altro regicidio dobbiamo assistere?

 

Quale efferata crudeltà li sazierà mai?

 

Roberto Dal Bosco

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