Guerra cibernetica
Pechino accusata di un ciberattacco al dipartimento del Tesoro USA
La Cina ha negato fermamente di essere dietro al presunto attacco informatico sponsorizzato dallo Stato al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, in seguito alle accuse di lunedì secondo cui degli hacker legati a Pechino avrebbero avuto accesso a file e postazioni di lavoro sensibili in quella che i funzionari di Washington hanno definito una «grave» violazione della sicurezza.
Mao Ning, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha affermato martedì che Pechino ha preso sul serio «tali accuse infondate e prive di prove».
La portavoce ha affermato che «la Cina si è sempre opposta a tutte le forme di attacchi hacker e siamo ancora più contrari alla diffusione di false informazioni contro la Cina per scopi politici».
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La violazione, scoperta l’8 dicembre dalla società di sicurezza informatica BeyondTrust, ha comportato il furto di una chiave di sicurezza che ha consentito l’accesso non autorizzato a documenti non classificati sui sistemi del dipartimento del Tesoro. Da allora, il dipartimento ha disattivato le macchine interessate e ha assicurato al pubblico che non ci sono prove che suggeriscano un accesso continuato da parte degli hacker. I funzionari statunitensi hanno puntato il dito contro Pechino, ma non hanno divulgato pubblicamente le prove.
L’incidente segue le segnalazioni di una violazione separata da parte di un presunto gruppo di hacker cinesi chiamato Salt Typhoon che si è infiltrato nei sistemi di telecomunicazioni degli Stati Uniti.
Gli hacker avrebbero avuto accesso a conversazioni telefoniche e messaggi di testo di funzionari statunitensi, tra cui il presidente eletto Donald Trump e il vicepresidente eletto JD Vance.
La violazione di Salt Typhoon aveva preso di mira specificamente le reti di importanti società di telecomunicazioni come AT&T, Verizon e Lumen.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2023 hacker legati alla Repubblica Popolare Cinese erano stati accusati di aver rubato 60 mila email del dipartimento di Stato USA. A maggio 2023 Microsoft aveva rivelato che un gruppo di hacker statali cinesi ha condotto una sofisticata operazione di sorveglianza sulle principali risorse infrastrutturali statunitensi.
Nel 2022 la Cina si è veementemente opposta al coinvolgimento del Giappone nella Difesa cibernetica NATO, di cui ha voluto far parte anche la Corea del Sud. I due Paesi asiatici hanno voluto cioè far parte del Centro di Eccellenza per la Difesa Informatica Cooperativa (CCDCOE) della NATO, cioè il comando per la guerra cibernetica del Patto Atlantico. La conclusione che qualcuno poteva trarre è che la Microsoft possa coordinare, oltre che con gli USA; anche con la UE, l’Ucraina e la NATO.
A gennaio 2023 un attacco cibernetico ritenuto provenire dalla Cina aveva colpito istituzioni accademiche sudcoreane.
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Lo scorso giugno era stata rivelata la possibilità di un possibile attacco cibernetico contro sistemi militari USA di stanza a Guam, l’isola del Pacifico che è territorio e base militare degli Stati Uniti. Secondo alcuni osservatori poteva trattarsi di un’operazione il cui vero obiettivo potrebbe essere Taiwan.
Come riportato da Renovatio 21, l’agenzia di spionaggio neozelandese a marzo aveva affermato che un gruppo di hacker sponsorizzato dal governo cinese aveva effettuato un attacco informatico contro il Parlamento del Paese, rubando dati su alcuni dei suoi parlamentari.
Accuse simili erano provenute anche dal servizio di Intelligence e Sicurezza Militare olandese (MIVD), che a giugno 2024 aveva segnalato che le conseguenze di una campagna di spionaggio informatico cinese, scoperta a inizio anno, erano molto più gravi di quanto inizialmente previsto. Tra il 2022 e il 2023, gli hacker avrebbero compromesso 20.000 sistemi di sicurezza informatica Fortinet FortiGate in tutto il mondo, sfruttando una vulnerabilità critica.
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Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.
In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.
Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.
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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.
Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.
Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.
L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».
Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.
Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.
All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».
Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.
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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.
Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.
A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.
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Guerra cibernetica
Aeroporti nordamericani hackerati con messaggi pro-Hamas
Dear @realDonaldTrump,
Canada’s Kelowna airport had a serious security breach. Hacked with Hаmаs propaganda. Mark Carney won’t stand up to the Muslim Brotherhood, but will stand up for them. 🇨🇦 is a security threat to the world. Thank you for your attention to this matter. pic.twitter.com/hm0DyMd3Nx — dahlia kurtz ✡︎ דליה קורץ (@DahliaKurtz) October 15, 2025
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