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Politica

Orfani d’Italia, degradata e nuclearizzata

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«Sulle truppe europee sono molto molto perplessa, non lo considero efficace. Escludo che possano essere inviati soldati italiani. Meglio pensare a soluzioni più durature. Estendere l’articolo 5 della NATO sarebbe una soluzione duratura» le parole proferite due giorni fa a Bruxelles da Giorgia Meloni sono spaventose come poco altro.

 

Fateci capire: la Russia è entrata in guerra, dopo almeno otto anni e 14 mila morti di tentennamenti, proprio per evitare l’articolo 5 – quello che stabilisce fatalmente che un attacco ad un singolo membro provoca la reazione dell’intera alleanza militare, sulla carta la più potente della storia umana – della NATO applicato all’Ucraina. Ora che il conflitto pare, grazie a Trump, sulla via della risoluzione, il nostro primo ministro rilanciare la minaccia che ha portato Mosca a combattere e ad approntare uno scontro con l’intero Occidente?

 

Fateci capire: quale parte della dinamica delle armi ipersoniche – quelle che in meno di un quarto d’ora possono incenerire una qualsiasi delle nostre città – non è chiara a Giorgia? Ha visto per caso, come abbiamo ripetuto su Renovatio 21, che intellettuali di spicco di Mosca sono arrivati al punto di parlare apertis verbis della nuclearizzazione di qualche città europea, tanto per mettere in chiaro le cose?

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Fateci capire: al premier italiano non è mai giunta voce che il tessuto industriale italiano – che dovrebbe essere il bacino dei suoi voti – è stato massacrato dall’impossibilità di commerciare con la Russia, di cui fino a poco fa l’Italia era tra i primi partner economici? Alla Meloni è mai stato fatto sapere che le bollette energetiche causate dal conflitto in Ucraina ha messo in ginocchio, oltre che le attività produttive, anche le famiglie con le «bollette pazze»?

 

Fateci capire: nel momento in cui per l’Italia si apre la finestra per buttarvi fuori l’Europa dei burocrati (quella che la Meloni credevamo avversasse, almeno in cuor suo?), lei si schiera a favore della torre di Bruxelles, quando questa poi parla incredibilmente di riarmo? Giorgia ricorda cosa l’Europa fece all’Italia pochi lustri fa, quando con un’operazione esterna congiunta venne distrutto il governo di Silvio Berlusconi? Dovrebbe: ne era ministro. Tuttavia, rammentiamo pure che poi votò la fiducia per il governo eurotecnocrate di Mario Monti…

 

È così, incomprensibile sino al disperante. Come si può essere così lontani dalla logica, dal senso comune più cristallino? Come si può andare così contro gli interessi degli italiani?

 

Perché, insisistiamo, qui non è che si parla solo di economia e di giuochi di potere negli stanzoni di Bruxelles. Parliamo della vera possibilità di essere oggetto di un attacco atomico ipersonico, il quale non potremmo nemmeno intercettare e al quale – pur con tutte le truppe, con tutti i miliardi – non potremo rispondere.

 

Quindi, i Fratelli d’Italia che danno nome al partito (saggiamente mutuato dalla canzoncina massonica divenuta inno nazionale) diventerebbero orfani d’Italia, o nemmeno questo: sarebbero annichiliti dal diluvio termonucleare, e poi magari anche costretti a una vita atroce tra le violenze delle bande di signori della guerra immigrati, e forze di occupazione di chissà quale Paese.

 

Ridete? Pensate che l’incubo post-apocalittico sia distante? Non lo è, e lo state pagando in questo stesso momento, lavorando e versando le tasse.

 

Forse però a ritenerlo distante è il governo con la politica italiana tutta, che – in un episodio di degrado con pochi precedenti – parla di borsette e scandaletti in Parlamento, mentre fuori si prepara ancora la Terza Guerra Mondiale.

 

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No, Giorgia Meloni non è Donald Trump. Di una cosa dobbiamo convincerci: una politica basata sull’interesse del popolo, svolta con sincerità brutale, è possibile anche qui – ma ci siamo fatti andar bene qualsiasi cosa.

 

Ora è il momento di smettere la rassegnazione, e la finzione conseguente: fuori dalla NATO, fuori dalla UE per il bene nostro e delle future generazioni dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International 

Politica

Arrestato rivale di Erdogan a pochi giorni dalla candidatura alla presidenza

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Le autorità turche hanno arrestato mercoledì il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, accusandolo di corruzione e legami con organizzazioni terroristiche. L’arresto è avvenuto poco prima che il Partito Popolare Repubblicano (CHP) dell’opposizione lo nominasse per sfidare il presidente Recep Tayyip Erdogan alle elezioni del 2028.   Imamoglu, una figura di spicco del CHP, ha guadagnato notorietà dopo aver vinto le elezioni del sindaco di Istanbul nel 2019, ponendo fine a oltre due decenni di controllo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di Erdogan nella città di 19 milioni di abitanti. Recenti sondaggi di opinione hanno indicato che Imamoglu potrebbe sconfiggere Erdogan in un voto presidenziale.   Mercoledì mattina, quando le autorità sono arrivate per arrestarlo, Imamoglu ha condiviso un video su X in cui dichiarava: «stiamo affrontando una grande tirannia, ma voglio che sappiate che non mi scoraggerò».

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Il leader del CHP Ozgur Ozel ha condannato l’arresto, descrivendolo come «un colpo di Stato contro il nostro prossimo presidente». Nonostante la detenzione, il CHP prevede di procedere con le primarie programmate per il 23 marzo.   Il governo turco ha negato le accuse di ingerenza politica mosse dall’opposizione, sostenendo che la magistratura opera in modo indipendente.   L’arresto ha scatenato proteste in tutta Costantinopoli. Le autorità hanno risposto vietando le dimostrazioni in città per quattro giorni e, a quanto si dice, limitando l’accesso alle piattaforme dei social media.   L’ufficio del procuratore capo costantinopolitano ha dichiarato che circa 100 persone, tra cui giornalisti e uomini d’affari, sono state arrestate con l’accusa di attività criminali legate alle gare d’appalto comunali, affermando che un’indagine separata ha portato ad accuse contro Imamoglu e altri sei, accusati di aver aiutato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che è designato come organizzazione terroristica nel Paese.   L’arresto è seguito alla revoca della laurea di Imamoglu da parte dell’Università di Instabul, che ha citato «nullità» e «chiaro errore» nel suo trasferimento del 1990 da un istituto privato nel nord di Cipro. Imamoglu ha affermato che contesterà la mossa in tribunale. Se confermata, la cancellazione lo squalifica di fatto dalla corsa alla presidenza, poiché la legge turca impone che i candidati siano in possesso di una laurea universitaria valida.   In una dimostrazione di solidarietà, il sindaco di Ankara Mansur Yavas ha annunciato martedì che sospenderà la valutazione della sua candidatura. Yavas ha dichiarato: «sto annunciando al pubblico che sospenderò la mia decisione di valutare la mia candidatura presidenziale… finché questa illegittimità non sarà eliminata».

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Dopo l’arresto, i mercati finanziari del Paese hanno vissuto notevoli turbolenze. La lira turca si è deprezzata fino al 14,5% rispetto al dollaro statunitense, mentre l’indice azionario BIST 100 è sceso del 5,9%.   Le prossime elezioni presidenziali turche sono previste per il 2028. Erdogan ha raggiunto il limite dei suoi due mandati e non può più ricandidarsi a meno che la costituzione non venga modificata o non si tengano elezioni anticipate. Nelle elezioni municipali del 2019, il partito AKP di Erdogan ha subito perdite significative, con il CHP che ha vinto nelle principali città, tra cui Istanbul e Ankara.   Lo stesso Erdogan ha iniziato la sua carriera politica come sindaco di Istanbul, anche trascorrendo del tempo in prigione nel 1999 per aver recitato una poesia che un tribunale ha stabilito incitasse all’odio religioso.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Politica

È in corso un colpo di Stato in Germania?

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Il professore di diritto statale Dietrich Murswiek dell’Università di Tubinga si è chiesto se in Germania non sia in corso un colpo di Stato. Lo riporta la rivista conservatrice Tichys Einblick, che ha intervistato l’accademico tubinghese.

 

A suggerire l’oscura ipotesi, vi sarebbe la moltitudine di manovre politiche in atto riguardanti l’economia, l’esercito e la pratica costituzionale e parlamentare fondamentale. Si possono elencare, in questo senso: il piano di modificare il freno costituzionale al debito contro i prestiti statali extra-bilancio; la richiesta di finanziare la militarizzazione con centinaia di miliardi di euro (che già fa dire a qualcuno: si comporrà un’ulteriore bolla speculativa); il piano dei cristiano-democratici, dei socialdemocratici e dei verdi di avere un altro cambiamento costituzionale affermando la «neutralità climatica» come nuova norma di base.

 

L’effetto netto di questo cambiamento costituzionale sarebbe che chiunque fosse scettico sull’obiettivo della neutralità climatica, ad esempio sostenendo che danneggerebbe l’economia, diventerebbe potenzialmente un nemico della Costituzione, un nemico dello Stato.

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I partiti e i politici che fanno campagna contro la politica climatica rosso-verde potrebbero e sarebbero dichiarati nemici della Costituzione e dello Stato, diventando bersagli dell’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV), i famosi servizi interni tedeschi, già all’opera nella repressione dell’AfD e altri movimenti.

 

Le persone prese di mira potrebbero perdere il lavoro, ad esempio, soprattutto se lavorano nel settore statale, ad esempio come insegnanti. Murswiek cita l’esempio della Romania, dove la Corte costituzionale ha inizialmente vietato la parola alla politica Diana Sosoaca (leader del partito SOS), il che è stato fatto in riferimento ad articoli da lei pubblicati.

 

Il decreto di divieto del supremo tribunale rumeno è stato emesso senza che fosse stata condannata o addirittura processata in precedenza, senza che le fosse stata data la possibilità di difendersi. La Corte costituzionale ha preso la sua decisione senza alcun giusto processo in merito.

 

Come noto, anche il candidato Calin Georgescu – che aveva vinto il primo turno dell’elezione per vedere poi annullato il risultato – è stato escluso completamente dalle elezioni, anche in riferimento a diverse accuse difficilmente dimostrabili.

 

Si insinua il sospetto che il requisito della «neutralità climatica» nella Legge fondamentale potrebbe alla fine essere strumentalizzato per tali scopi politici di partito: chiunque si opponga alle politiche verdi diventa un nemico della Costituzione e deve aspettarsi guai. Ciò potrebbe essere molto utile nelle prossime elezioni se, come previsto, i vecchi partiti ricevessero ancora meno sostegno di quest’anno.

 

La magistratura potrebbe quindi tendere una mano salvifica per sbarazzarsi di tutti quei partiti e politici che si oppongono alla narrazione ufficiale, avverte Murswiek.

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La magistratura è all’opera oggi anche nell’America di Donald Trump, annullando – con sentenze di giudici di nemmeno alto grado – i decreti presidenziali su immigrazione e taglio dei fondi.

 

In Italia conosciamo bene l’uso della magistratura a fine politici, come è divenuto chiarissimo nei quasi 30 anni dello statista Silvio Berlusconi (1936-2023) nella scena politica nazionale.

 

Va detto che Trump, Berlusconi, Georgescu e a breve anche AfD e compagni hanno, con probabilità, lo stesso nemico: lo Stato profondo transatlantico.

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Immagine di Ansgar Koreng via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 3.0 (DE)
 

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Politica

Trump annulla gli atti di Biden firmati con l’autopenna. Le grazie per Hunter, Fauci, e Deep State sono a rischio?

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che le condanne firmate dal suo predecessore, Joe Biden, non hanno valore legale, sostenendo che non sono mai state debitamente valutate e autorizzate.   Poco prima di lasciare l’incarico, Biden ha concesso la clemenza preventiva a diverse personalità politiche, tra cui i membri del comitato speciale del Congresso per la rivolta di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, che secondo la sua amministrazione avrebbero potuto affrontare un’ingiustificata azione penale durante la seconda presidenza Trump.   In un post su Truth Social di lunedì, Trump ha liquidato i condoni come «NULLI, VACANTI E SENZA ULTERIORE VALORE O EFFETTO», affermando che «Biden non li ha firmati ma, cosa ancora più importante, non ne era assolutamente a conoscenza!»   La legittimità dei condoni è stata messa sotto esame questo mese dopo che l’Oversight Project, un’iniziativa all’interno della conservatrice Heritage Foundation, ha evidenziato l’ampio utilizzo di un dispositivo chiamato autopen – cioè una penna automatica – per firmare documenti ufficiali durante il mandato di Biden. Il rapporto affermava: «chiunque controllasse l’autopen controllava la presidenza».    

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Sebbene non vi sia alcun obbligo legale per un presidente degli Stati Uniti di firmare i documenti a mano, la fragilità di Biden negli ultimi anni della sua presidenza ha suscitato il sospetto che lo staff possa aver sfruttato la situazione per appropriarsi segretamente dei poteri presidenziali.   Trump ha affermato che i membri della Commissione J6 hanno orchestrato i propri condoni senza la conoscenza o il consenso di Biden. «I necessari documenti di condono non sono stati spiegati a Biden, né da lui approvati. Non ne sapeva nulla, e le persone che lo sapevano potrebbero aver commesso un crimine», ha affermato Trump.     Il presidente ha espresso sentimenti simili durante un discorso al Dipartimento di Giustizia venerdì scorso, etichettando l’uso dell’autopenna da parte di Biden come «irrispettoso nei confronti dell’ufficio» e potenzialmente «nemmeno valido».   I leader degli Stati Uniti hanno utilizzato strumenti di assistenza alla scrittura per oltre due secoli. Nei primi anni del 1800, Tommaso Jefferson portò alla Casa Bianca un dispositivo di duplicazione noto come poligrafo per copiare le sue lettere scritte a mano. L’amministrazione di Giorgio W. Bush ha sostenuto legalmente che l’autopen funge da legittimo sostituto della firma di un presidente sulle bollette.   In particolare, sembrano essere sul piatto i pardon assegnati al figlio di Biden, Hunter (noto per essere al centro di storie di corruzione e depravazione), il dottor Anthony Fauci («zar» della gestione pandemica, che ha detto di non aver fatto nulla di male, tuttavia accettando la grazia presidenziale), il generale Mark Milley (che di fatto ipotizzò una piccola sedizione golpista, arrivando ad informare l’esercito cinese che qualora negli ultimi giorni di presidenza Trump avesse chiesto di attaccare Pechino lui non avrebbe seguito l’ordine), Liz Cheney, figlia del controverso ex vicepresidente Dick Cheney, e altri politici legati al Deep State che avevano istituito la Commissione per l’indagine sui fatti del Campidoglio nel 6 gennaio 2021.

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