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Spazio

Lanciato nello spazio il primo satellite di legno

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Il primo satellite in legno al mondo è stato lanciato nello spazio, nel tentativo di dimostrare che il legno è un materiale rinnovabile di qualità spaziale che un giorno potrebbe essere utilizzato per costruire case sulla Luna e su Marte.

 

Costruito da ricercatori giapponesi, il satellite è stato lanciato martedì a bordo di un razzo SpaceX senza equipaggio dal Kennedy Space Center della NASA in Florida, secondo quanto riportato dai media che hanno citato il Centro di Spazialità Umana dell’Università di Kyoto.

 

Chiamato LignoSat, dal termine latino per legno, il piccolo satellite che pesa appena 900 grammi è stato sviluppato dalla Kyoto University e dall’impresa edile Sumitomo Forestry. Il satellite è arrivato alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) lo stesso giorno a bordo di una capsula cargo SpaceX Dragon e dovrebbe essere rilasciato in orbita a circa 400 km (250 miglia) sopra la Terra.

 


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«Il legno è più resistente nello spazio che sulla Terra perché non c’è acqua o ossigeno che potrebbero farlo marcire o infiammarlo», ha detto alla Reuters Koji Murata, professore di scienze forestali presso l’Università di Kyoto.

 

«Gli aerei dei primi anni del 1900 erano fatti di legno», ha osservato. «Anche un satellite in legno dovrebbe essere fattibile».

 

I pannelli del LignoSat sono realizzati in honoki, un tipo di albero di magnolia tradizionalmente utilizzato per realizzare foderi per spade. Il satellite a forma di scatola è stato realizzato utilizzando una tecnica tradizionale giapponese senza viti o colla e incorpora anche parti in alluminio e componenti elettronici.

 

LignoSat rimarrà in orbita per sei mesi. Misurerà come il legno resiste all’ambiente estremo dello spazio, dove le temperature variano da -100 a 100 gradi Celsius.

 

«Se riusciremo a dimostrare che il nostro primo satellite in legno funziona, vogliamo proporlo alla SpaceX di Elon Musk», ha detto all’agenzia Reuters Takao Doi, un astronauta che studia le attività spaziali umane all’Università di Kyoto.

 

Si dice che il team di Doi abbia un piano cinquantennale per piantare alberi e costruire case in legno sulla Luna e su Marte. «Con il legno, un materiale che possiamo produrre da soli, potremo costruire case, vivere e lavorare nello spazio per sempre», ha affermato l’astronauta.

 

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Il professor Simeon Barber, ricercatore spaziale presso l’Open University nel Regno Unito, ha dichiarato alla BBC che non è la prima volta che il legno viene utilizzato per una navicella spaziale.

 

«Usiamo il legno (sughero) per il rivestimento esterno dei veicoli spaziali per aiutarli a sopravvivere al rientro nell’atmosfera terrestre», ha affermato, aggiungendo che i lander lunari sovietici utilizzavano il sughero per migliorare la presa del rover durante la discesa sulla superficie.

 

Gli sviluppatori di LignoSat affermano che i satelliti in legno possono ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente poiché sono molto meno inquinanti di quelli in metallo quando bruciano durante il rientro.
«Il legno è più resistente nello spazio che sulla Terra perché non c’è acqua o ossigeno che potrebbero farlo marcire o infiammarlo», ha detto alla Reuters Koji Murata, professore di scienze forestali presso l’Università di Kyoto. «Gli aerei dei primi anni del 1900 erano fatti di legno», ha osservato. «Anche un satellite in legno dovrebbe essere fattibile».

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I pannelli del LignoSat sono realizzati in honoki, un tipo di albero di magnolia tradizionalmente utilizzato per realizzare foderi per spade. Il satellite a forma di scatola è stato realizzato utilizzando una tecnica tradizionale giapponese senza viti o colla e incorpora anche parti in alluminio e componenti elettronici.

 

LignoSat rimarrà in orbita per sei mesi. Misurerà come il legno resiste all’ambiente estremo dello spazio, dove le temperature variano da -100° a 100° gradi Celsius.

 

Gli sviluppatori di LignoSat affermano che i satelliti in legno possono ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente poiché sono molto meno inquinanti di quelli in metallo quando bruciano durante il rientro.

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Spazio

L’esercito cinese definisce il Golden Dome di Trump come «militarizzazione dello spazio»

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In un articolo pubblicato in settimana il quotidiano Jiěfàngjūn Bào – il giornale dell’Esercito di Liberazione del Popolo (ELP) della Repubblica Popolare Cinese ha definito il progetto di difesa «Golden Dome» dell’amministrazione Trump come un’«ossessione» per la sicurezza assoluta e un tentativo di militarizzazione dello spazio.   L’articolo sottolinea in particolare i tentativi del Pentagono di schierare «intercettori spaziali proliferati in grado di intercettare in fase di spinta», ovvero veicoli spaziali orbitanti progettati per distruggere minacce missilistiche in volo, come riportato oggi dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post. Il pezzo riportava che il programma, «offuscando i confini tra attività spaziali civili e militari», avrebbe aumentato i rischi per la sicurezza globale.

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«Militarizzando lo spazio e dando priorità al predominio, gli Stati Uniti violano i principi di uso pacifico sanciti dal Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico», ha scritto Quotidiano dell’ELP, riferendosi al trattato del 1967 firmato sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Sovietica, evidenziando inoltre il fatto che gli attacchi considerati nell’ambito del Golden Dome potrebbero creare il tipo di scenario a cascata di detriti che ostacolerebbe gravemente le attività spaziali pacifiche e pratiche – si tratta della minaccia, ben conosciuta dai lettori di Renovatio 21, della sindrome di Kessler.   La Cina – lanciata più che mai nel cosmo con i suoi programmi taikonautici e progetti sempre più concreti sulla Luna (con tanto di estrazione di minerali, in attesa di scavi sistematici per l’elio 3, il carburante necessario alla fusione atomica del futuro – da tempo lamenta delle attività spaziali americane.  
  Come riportato da Renovatio 21, un anno fa le forze armate cinesi avevano dichiarato che gli USA rappresentano la «massima minaccia alla sicurezza nello spazio». I vertici dei programmi spaziali americani negli anni hanno invece accusato che la Cina, che effettivamente vi ha piantato bandiera, potrebbe reclamare parti della Luna.   Sebbene il presidente degli Stati Uniti Donald Trump faccia spesso riferimento al suo progetto «Golden Dome» riferendosi all’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI) di Reagan del 1983 (le cosiddette «Guerre stellari»), cercando di incapsularla in un’atmosfera reaganiana, è importante comprendere che il presidente Reagan propose l’SDI come un programma congiunto e persino collaborativo di «laboratorio aperto», il cui dispiegamento, qualora fosse stata sviluppata la tecnologia necessaria, sarebbe stato regolato da un solenne trattato negoziato tra Stati Uniti e Unione Sovietica.   Reagan era pienamente consapevole del fatto che se gli Stati Uniti avessero proceduto unilateralmente, come Trump chiaramente intende fare, ciò sarebbe stato percepito come una minaccia reale per l’Unione Sovietica e avrebbe potuto portare a una guerra nucleare.

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«La leadership sovietica in genere non prese mai sul serio le intenzioni chiaramente enunciate da Reagan da Mosca, il cui programma di difesa missilistica era di gran lunga più avanzato di qualsiasi cosa gli Stati Uniti stessero facendo all’epoca, e Gorbaciov voleva che le cose rimanessero così per preservare la loro capacità di primo attacco» scrive EIR.   Secondo vari osservatori, le «Guerre stellari» reaganiane erano un grande bluff per portare l’URSS alla bancarotta. Bisogna considerare, tuttavia, che Reagan, che arrivo alla Casa Bianca come falco nucleare, uscì sconvolto dalla visione del film TV di realismo post-apocalittico The Day After (1983), che vide assieme ad almeno cento milioni di americani.   La storia delle vicissitudini degli esseri umani nel dopo-bomba spinse il presidente ex-attore di Western a chiamare Gorbaciov per iniziare una vera politica di disarmo atomico.

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Spazio

I tagli alla NASA minacciano la propulsione spaziale nucleare

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I profondi tagli al bilancio della NASA per l’anno fiscale 2026, proposti il ​​31 maggio dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e suggeriti inizialmente dal Direttore dell’Office of Management and Budget Russell Vought, bloccheranno lo sviluppo di due tecnologie di motori a propulsione nucleare per razzi. Lo riporta Ars Technica.

 

I sistemi a propulsione nucleare sono ritenuti come fondamentali per l’esplorazione del Sistema Solare e oltre.

 

Entrambi i sistemi tecnologici in questione fanno parte del Demonstration Rocket for Agile Cislunar Operations (DRACO), un progetto congiunto di NASA, Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) e Lockheed Martin, che mira a dimostrare la propulsione nucleare in orbita entro il 2027.

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La prima tecnologia, chiamata Nuclear Thermal Propulsion (NTP), prevede che un reattore nucleare a bordo riscaldi rapidamente il combustibile a idrogeno liquido surraffreddato; ciò causerebbe l’emissione di idrogeno gassoso che verrebbe convogliato attraverso un ugello per generare la spinta.

 

La seconda tecnologia, chiamata Nuclear Electric Propulsion (NTP), utilizzerebbe il calore generato da un reattore nucleare a bordo per generare elettricità (come farebbe una centrale nucleare terrestre), che alimenterebbe i propulsori elettrici per accelerare il propellente.

 

In un supplemento tecnico del 6 giugno, i funzionari hanno affermato: «questo bilancio non prevede finanziamenti per progetti di propulsione nucleare termica e nucleare elettrica. Questi sforzi rappresentano investimenti costosi, richiederebbero molti anni di sviluppo e non sono stati identificati come la modalità di propulsione per le missioni nello spazio profondo».

 

La NASA riporta che «nel 1961, la NASA e l’ex Commissione per l’Energia Atomica avviarono congiuntamente il programma Nuclear Engine for Rocket Vehicle Application (NERVA), un’iniziativa che nel corso di diversi anni portò alla progettazione, costruzione e collaudo di reattori e motori a razzo».

 

Ora, il programma NASA, che avrebbe rilanciato il concetto generale di NERVA, è stato chiuso.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la NASA prevedeva il test di un razzo nucleare nello spazio entro il 2026.

 

Di fatto, razzi a propulsione nucleare potrebbero essere l’unico modo per raggiungere ed affrontare in rapidità una minaccia in arrivo.

 

Come riportato da Renovatio 21, il progetto di difesa dagli asteroidi DART ha effettuato con successo un esperimento l’anno passato ri-direzionando l’asteroide Dimorphos, tuttavia siamo solo agli inizi, e corpi celesti sfiorano di continuo la terra e minacciano pure il giorno di San Valentino, per la gioia di quanti non sopportano le cene di coppia inflitte agli uomini proprio quel giorno.

 

Sebbene sia una tecnologia sviluppatasi proprio parallelamente alla corsa allo spazio, il nucleare non è mai divenuto protagonista delle tecnologie in orbita, con l’eccezione del satellite sovietico ad alimentazione nucleare Kosmos 954, lanciato nel 1977 e poi schiantatosi nel 1978 in Canada con conseguente disastro ambientale per cui Ottawa chiese ed ottenne risarcimenti da Mosca.

 

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Politica

Musk minaccia di fermare il programma spaziale americano. Poi cancella il post Trump-Epstein

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Il CEO di SpaceX, Elon Musk, ha affermato che la sua azienda «inizierà immediatamente a dismettere la sua navicella spaziale Dragon», una mossa che di fatto paralizzerebbe il programma spaziale statunitense. Musk ha rilasciato questa dichiarazione dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di interrompere tutti i sussidi e i contratti governativi con le aziende del miliardario.   Giovedì Trump e Musk hanno avuto un acceso scambio di battute sui social media in merito al Big Beautiful Bill, il «grande e bellissimo» disegno di legge federale sulle tasse e sulla spesa del presidente degli Stati Uniti, che l’ex responsabile dell’efficienza del governo della Casa Bianca (DOGE) aveva definito un «abominio disgustoso e pieno di carne di maiale» che avrebbe spinto gli Stati Uniti nella «schiavitù del debito».   «Il modo più semplice per risparmiare denaro nel nostro bilancio, miliardi e miliardi di dollari, è quello di porre fine ai sussidi e ai contratti governativi di Elon», ha dichiarato Trump su Truth Social, sostenendo che l’unica ragione per cui il CEO di Tesla è «impazzito» per la legislazione è stata perché avrebbe ridotto i crediti d’imposta per gli acquirenti dei suoi veicoli elettrici.

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«Alla luce della dichiarazione del Presidente sulla cancellazione dei miei contratti governativi, @SpaceX inizierà immediatamente a smantellare la sua navicella spaziale Dragon», ha risposto Musk in un post su X pochi minuti dopo.     Ore dopo, il miliardario sembrava aver ritirato la minaccia, dopo che un utente di X aveva esortato Musk a «calmarsi e fare un passo indietro per un paio di giorni», sottolineando che sia lui che Trump erano «meglio di così».   «Ottimo consiglio. Ok, non disattiveremo Dragon», ha risposto Musk in un post successivo. Tuttavia, a differenza della sua dichiarazione originale, il cambio di rotta non era visibile sulla sua bacheca pubblica.   Non è ancora chiaro se Musk intendesse seriamente interrompere le operazioni della navicella spaziale, una mossa che sconvolgerebbe in modo significativo il programma spaziale statunitense.   La capsula Crew Dragon di SpaceX è l’unica navicella spaziale statunitense attualmente certificata e in grado di inviare astronauti americani nello spazio. La NASA si affida a essa per trasportare merci ed equipaggio alla Stazione Spaziale Internazionale dal 2020, dopo una lunga pausa dopo il ritiro del programma Space Shuttle nel 2011.   Il progetto concorrente Starliner di Boeing ha subito anni di ritardi e malfunzionamenti tecnici. Il suo primo volo con equipaggio lo scorso giugno, originariamente previsto per il 2017, si è concluso con due astronauti della NASA bloccati a bordo della ISS, dopo che la navicella era stata dichiarata non sicura per il rientro. Butch Wilmore e Suni Williams sono tornati sani e salvi sulla Terra solo a marzo, a bordo della Crew Dragon di SpaceX, dopo che Trump aveva esortato Musk a contribuire al salvataggio dei due, criticando al contempo il suo predecessore Joe Biden per averli lasciati «bloccati».   All’inizio di quest’anno, la NASA e l’agenzia spaziale russa Roscosmos hanno esteso fino al 2027 il loro accordo di condivisione dei posti, che consente agli americani di viaggiare verso la ISS a bordo della navicella spaziale Soyuz. Otto mesi fa SpaceX ha portato in orbita un cosmonauta russo.   Dal 2008, SpaceX si è aggiudicata contratti per oltre 20 miliardi di dollari dalla NASA, dall’Aeronautica Militare statunitense e da altre agenzie governative, diventando uno dei maggiori appaltatori federali del Paese. Trump non ha ancora chiarito se il governo statunitense annullerà eventuali contratti con Musk e le sue aziende.   Nel frattempo, Elon Musk ha cancellato un post di X in cui si affermava che il nome del presidente degli Stati Uniti Donald Trump era presente nei file secretati di Jeffrey Epstein, suggerendo che questo sia il vero motivo per cui restano classificati.  
  Giovedì, Musk aveva scritto: «È ora di sganciare la bomba più grande: @realDonaldTrump è nei file di Epstein. Questo è il vero motivo per cui non sono stati resi pubblici». Aveva poi aggunto: «Buona giornata, DJT! Segnati questo post per il futuro. La verità verrà a galla». DJT sta per Donald John Trump, il nome per esteso del presidente statunitnense.   In un altro post incendiario, non più visibile nell’account X dell’imprenditore, Musk ha risposto «sì» a un messaggio che affermava che «Trump dovrebbe essere messo sotto accusa» e che il vicepresidente JD Vance «dovrebbe sostituirlo».   L’imprenditore non ha ancora commentato la questione.   Entrambi gli incarichi sono diventati oggetto di una faida pubblica tra Trump e Musk. Durante le elezioni dello scorso anno, il CEO di Tesla e SpaceX ha creato e finanziato un gruppo politico pro-Trump, donando oltre 260 milioni di dollari, ed è stato nominato a gennaio co-direttore del neonato Dipartimento per l’Efficienza del Governo (DOGE), incaricato di ridurre la burocrazia federale e gli sprechi di spesa. Musk si è dimesso la scorsa settimana.   A seguito della faida, giovedì le azioni di Tesla sono scese di circa il 14,2% alla chiusura del mercato, con una perdita di circa 152 miliardi di dollari dal valore dell’azienda. Anche le azioni di Trump Media sono scese dell’8%.   Trump si era già impegnato a declassificare i documenti di Epstein e, a febbraio, il Procuratore Generale degli Stati Uniti Pam Bondi ha annunciato la pubblicazione della «prima fase» di documenti. Tuttavia, alcuni materiali chiave – tra cui registri di volo, nomi di clienti ed elenchi di contatti – sono rimasti secretati, alimentando speculazioni su chi potrebbe essere implicato.

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