Pensiero
La strana commedia dei partiti sovranisti italiani
Il destino dell’Italia sembra diventato una commedia. E affinché una commedia sia riuscita, è necessario che tutti gli attori recitino il proprio copione esattamente al tempo stabilito.
Come si fa a sapere che siamo di fronte a una commedia? È sufficiente verificare se gli attori stanno recitando la propria parte con una certa coordinazione. Pensate ai tic del dottor Tomas, il direttore della fabbrica cibernetica di Vieni avanti Cretino (1982), esempio di commedia all’italiana noto più che altro per il suo titolo molto eloquente e persuasivo, adattabile a molte situazioni.
Quella che si chiama «dialettica politica» (cioè il rapporto tra i diversi attori politici) può assumere la struttura di una commedia, laddove gli attori paiono impegnati in copioni preordinati.
Dobbiamo dire di come la strategia della destra «sovranista» dal 2020 ad oggi abbia tutta l’aria di essere una parte in commedia. Osserviamo attentamente i suoi movimenti dal 2020 a oggi. Vi sveliamo già il finale del filmetto: l’ultimo atto è apparso pochi giorni fa, quando al Senato 17 senatori della sinistra hanno salvato il nascente governo Meloni votando Ignazio La Russa. Sì, avete letto bene: la sinistra vota il capo dei sanbabilini.
Pochi giorni fa un clamoroso colpo di scena ha portato all’elezione di Ignazio La Russa alla Presidenza del Senato con 116 preferenze, ma senza i voti di Forza Italia. Ci sarebbero quindi ben 17 senatori dell’opposizione che lo hanno votato. Sembra strano.
Ma torniamo al 2020. All’inizio del 2020 in Italia c’era il governo Conte II, nato dalle ceneri del governo Conte I, quello giallo-verde. Un governo questo che cadde perché Salvini – così dicono – voleva ingenuamente andare alle elezioni anticipate per incassare il suo 34% di consensi raggiunto tra elezioni Europee in quei mesi del 2019. Piano questo, passato alle cronache col nome di «Papeete». Secondo una leggenda metropolitana ancora udibile fra i militanti, Salvini sarebbe stato ingannato dal PD, il quale gli aveva promesso di andare a elezioni anticipate se fosse caduto il governo Conte I. Invece il PD formò il governo Conte II col Movimento 5 Stelle. E Salvini sarebbe rimasto con in mano la dinamite a miccia accesa come il Willy il Coyote dei cartoni animati.
Stranamente, quindi, non fecero andare alle elezioni Salvini per incassare il 34% dei voti del momento. Salvini fu sedotto e abbandonato, altra commedia, più antica.
Non insinueremo qui niente di relativo alla circostanza per cui il Movimento di Beppe Grillo accettò per la prima volta di formare un governo col Pd proprio nei giorni in cui era emersa – ancora non del tutto uscita sulla stampa – la oscura vicenda del figlio, coinvolto nel presunto stupro di una ragazza in Sardegna, un processo che peraltro si protrae da 3 anni. Non faremo mai insinuazioni sull’argomento. Cose che fecero invece alcuni malfidenti italiani e Vittorio Sgarbi.
Dopo solo 3 mesi di vita il governo Conte II si trovò a gestire a sorpresa (?) l’arrivo della pandemia COVID.
Iniziarono col Governo Conte II le prime restrizioni alla libertà nella storia della Repubblica Italiana: lockdown, confinamenti e lasciapassare. Pazienti lasciati in isolamento senza poter vedere i parenti; decessi senza funerali, autopsie proibite, un virus mortale da contrastare con Tachipirina e vigile attesa. Aziende e scuole chiuse, smart working e sostegni (“ristori”) dello Stato pari al valore di un giropizza.
In questo contesto la Lega iniziò a sguazzare subito dopo la prima ondata; eravamo verso giugno 2020.
Lo slogan della Lega era «riaperture» e «basta mascherine». Tutti ci ricordiamo quel Salvini che andava in pubblico ostentando la mancanza di mascherina. Era il Capitano anti-mascherina che si atteggiava a Zorro pandemico.
Effettivamente sarebbe stato uno scenario da cavalcare notevole per prendere consensi: ti ritrovi all’opposizione durante un’emergenza sanitaria nazionale in cui i tuoi avversari inseguono i runner sulle spiagge e mentre mandano in fallimento le partite IVA. Politicamente, una manna dal cielo.
Sempre per stare nell’analogia mosaica, diciamo che la Lega e Fratelli d’Italia si trovarono nel contesto più propizio dai tempi delle acque aperte nel Mar Rosso per travolgere gli avversari. Ora, per dimostrare l’esistenza della commedia della destra italiana, andiamo a vedere come – non solo non hanno approfittato del passaggio nel Mar Rosso –, ma come abbiano invece fornito agli avversari delle scialuppe di salvataggio. Fino ad arrivare alla scialuppa più grande: il Governo Meloni.
Proprio quando la pressione della destra sul governo Conte II portò alle dimissioni dell’esecutivo, la Lega scelse di entrare nel governo Draghi a inizio 2021.
Una volta indebolito e affossato il governo pandemista Conte bis, infatti la Lega cambiò posizione ed entrò nel governo iper-pandemista Draghi. L’unico Ministro chiave rimasto invariato dal governo precedente fu, non a caso, Speranza. E la Lega ha regolarmente votato tutte le misure relative a green pass, lockdown e obblighi vaccinali.
Durante il Governo Draghi è rimasta all’opposizione soltanto Fratelli d’Italia. Certo, per quanto si possa definire opposizione quella di FdI sull’agenda Draghi. Di fatto FdI ha sempre mantenuto una posizione di tacito consenso sulle misure vaccinali e sul green pass.
Tanto che – come altre volte ricordato su Renovatio 21 – la Meloni non ha mai nemmeno lontanamente pensato di relazionarsi alle proteste no-pass. Milioni di voti potenziali, lasciati inspiegabilmente alla deriva dall’unico partito di opposizione. Il caso più emblematico fu la separazione coatta tra il comizio di FdI in Duomo a Milano e i manifestanti no green pass che venivano dall’attigua Piazza Fontana, luogo di concentramento della protesta che montava ogni sabato nel capoluogo lombardo.
Nel frattempo i sondaggi continuavano a dare la Lega in calo, proprio a causa del supporto al Governo Draghi. Mentre gli stessi davano i consensi di FdI in salita. Fino ad arrivare all’esito delle ultime elezioni.
Dove la Lega è finita ad avere il 9% dei voti e il travaso si è compiuto. In fin dei conti, sommati, si tratta sempre di quel 34 % che nell’Agosto 2019 Salvini vantava a torso nudo al Papeete.
Noi – davanti a un piano apparentemente tanto demenziale – ipotizzammo che i ragazzi della Lega fossero in realtà degli strateghi geniali: magari volevano soltanto eleggere un Presidente della Repubblica nel 2022. Il piano sarebbe stato potente e lo scrivemmo su queste colonne. Purtroppo non accadde nulla di tutto questo. E fecero rieleggere Sergio Mattarella.
Ora, se vedessimo un imprenditore che deliberatamente causa perdite nei propri bilanci aziendali senza nessuna logica dimostrabile di investimento per il futuro, scatterebbe il sospetto di frode fiscale o bancarotta fraudolenta
Nel caso dei partiti politici non esiste alcuna ipotesi di reato nel perdere deliberatamente i propri consensi; esistono però le ipotesi di commedia. Nel caso presente l’ipotesi di commedia ci porta proprio a oggi.
Ebbene, arrivati a febbraio 2022 con milioni di italiani che non potevano prendere i mezzi pubblici o lavorare senza una vaccinazione sperimentale, subentra nello scenario internazionale il conflitto in Ucraina.
Anche in questo caso, la posizione assunta dal governo Draghi con le sanzioni provoca danni immediati al principale elettorato storico della Lega: le partite IVA. Inoltre, è impossibile non prevedere i danni certi ed immani nel medio termine a causa dell’interruzione delle forniture di gas russo.
Eppure la Lega – anche in questa circostanza – non batte ciglio. Continua a guidare la propria macchina verso il precipizio dei consensi.
Per quanto riguarda Fratelli d’Italia, la rispettiva posizione risulta nel contesto meno paradossale: sebbene sostenesse le stesse posizioni atlantiste che danneggiano il proprio elettorato; era infatti consapevole di essere in continua crescita dei consensi: i consensi stavano venendo travasati dalla Lega a FdI. Questo era risaputo dal 2021 al punto che ne scriveva pure la stampa nazionale.
E arriviamo all’ultimo e più grande favore, che la Lega e Fratelli d’Italia con Forza Italia potessero fare al governo Draghi: farlo cadere durante l’estate 2022 anziché attendere le elezioni prevista nel marzo 2023. O, meglio, prestarsi al racconto secondo cui Draghi sarebbe stato sfiduciato. Quando invece, come osservarono alcuni, era palesemente Draghi che stava tagliando la corda prima dell’autunno.
Che le scelte della Lega e di FdI siano state operate contro il loro stesso interesse, assume qui un livello che si può spiegare solo con l’esistenza di una recita in atto, di cui è eseguito consapevolmente un copione.
La Lega e FdI hanno scelto di togliere le castagne dal fuoco lasciate dal governo Draghi (caldarroste che la Lega ha direttamente contribuito a scaldare). Che strani questi sovranisti.
Non è invece strana la posizione di Forza Italia, dato che già in piena pandemia Berlusconi venne riesumato e definito «statista» da figure come Romano Prodi su Il Messaggero proprio perché, oltre a poter fornire voti presidenziali, si prestava a fare da ago della bilancia in uno scenario dove il dissenso della popolazione tendeva ad andare fuori controllo e dove potevano servire almeno i voti di Forza Italia per formare un governo Draghi con PD e i pezzi del M5S.
La posizione di Lega ed FdI è, in apparenza, invece indecifrabile. Dopotutto si sarebbe trattato di attendere fino a marzo 2023 per incassare il malcontento dovuto ai razionamenti di gas in arrivo, alla contrazione dell’economia e –chissà – magari un altro inverno con green pass. Questo avrebbe polverizzato interamente per un intero ciclo politico le forze politiche della cosiddetta «maggioranza Ursula», cioè l’apparato europeista che ha come suo garante il Partito Democratico e i vertici dello Stato.
Ma non basta. Non solo la coalizione della Meloni ha fatto questo favore al partito Ursula-Draghi dandogli una via di fuga prima che pagasse le conseguenze delle proprie scelte – unico caso nella storia di elezioni a settembre e campagna elettorale estiva . No, la coalizione della Meloni ha anche accettato di prendere il timone della nave lanciata contro l’iceberg; e proprio i sovranisti al governo resteranno segnati come responsabili dell’impatto. L’iceberg è in vista. L’impatto è inevitabile.
Lo possiamo vedere da alcuni giorni: la stampa nazionale –più si avvicina il passaggio delle consegne – più inizia a parlare apertamente di recessione e crisi energetica totale. Argomenti che erano tabù durante il regime dei «migliori» guidato da Draghi.
In conclusione, possiamo anche osservare che il piano di Reset che coinvolge l’Italia dal 2020, non sarebbe stato possibile senza poter contare sull’esistenza di un’opposizione fittizia che si presta a fare la sua parte nel grande copione.
Nessuno accetterebbe di guidare una nave contro un iceberg pensando poi di farla franca, a meno che non vi sia qualche mozzo che prenda il timone negli ultimi istanti, un capro espiatorio sintetico a cui affibbiare tutta la responsabilità. E nel contesto italiano i mozzi, le utili comparse del filmetto, sono proprio i sedicenti sovranisti.
L’unica strategia che presunte forze sovraniste avrebbero potuto e dovuto seguire per proteggere l’Italia sarebbe stata quella di dire «non prenderemo mai il timone, finché non vi schianterete. Quindi, fate ben attenzione a non schiantarvi».
Solo questa strategia avrebbe avuto margine strategico nell’attenuare le pressioni straniere alle quali è sottoposta l’Italia.
Il solo modo per proteggere l’Italia sarebbe insomma stato quello di rimanere fuori dal governo Draghi (questo vale per la Lega) ed evitare di formare alcuna coalizione alle elezioni, anticipate o meno che fossero.
Il Partito Democratico questo forse lo ha capito molto bene e infatti ha seguito proprio questa strategia per lasciare alla Meloni il maggior numero possibile di seggi: il PD potrebbe aver fatto finta di non avere trovato un accordo con Azione; e su città come Roma avremmo trovato duelli come quello tra Bonino e Calenda. La strategia della sinistra nello scenario presente potrebbe aver emanato l’ordine defilarsi e lasciare seggi alla coalizione della Meloni. Che lo schianto se lo gestisca lei.
Dopotutto, senza la disponibilità di utili timonieri dell’ultimo minuto, come avrebbero fatto gli amici di Ursula a far schiantare l’Italia senza con ciò prendersene tutte le responsabilità?
Il partito Ursula ha potuto pianificare l’impatto solo perché contava su qualche gonzo che prendesse il timone, dandogli la possibilità di defilarsi.
Tornando al governo Draghi, vediamo come senza la Lega esso non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto: se la Lega fosse rimasta fuori dal Governo e avesse anche solo fatto l’occhiolino ai dissidenti no-pass, molto di quanto accaduto sarebbe accaduto diversamente, o forse nemmeno sarebbe accaduto.
A maggior ragione se la Lega si fosse associata a FdI all’opposizione.
La cosa più curiosa rimarrebbe spiegare come facciano i sovranisti di casa nostra (sovranisti atlantisti, ça va sans dire) a non sospettare di essere il prossimo capro espiatorio; voglio dire, quando leggi le previsioni di recessione e ti votano al Senato i colleghi del Pd, non ti viene il dubbio?
Pensano forse di avere qualche margine di manovra? Davvero? Tipo siglare una pace indipendente dalla NATO con la Russia e farsi mandare il gas attraverso il continente tramite palloncini da compleanno?
Oppure, chissà, magari hanno già accettato di svolgere un preciso mandato. Quello che Renovatio 21 ha ipotizzato come quello di un governo della Repressione.
A quel punto, la commedia finisce. Iniziano le botte. Il dolore. La povertà. Il freddo. Ancora botte.
Tutto un altro film. Anche quello, però, ha un copione. E degli attori che volentieri lo realizzano.
Gian Battista Airaghi
Immagine di Photo2021 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata
Pensiero
Mosca bataclanizzata: qual è il messaggio?
Al momento in cui scrivo la conta dei morti del massacro di Mosca è di 60 morti e 140 feriti.
Abbiamo raccolto e mostrato qualche immagine agghiacciante: sì, un commando è entrato in un centro commerciale (su qualche canale ebete di Telegram avete letto che era un municipio: il traduttore automatico dei geni ha tradotto «Crocus City Hall» in «Municipio di Crocus», come se Crocus fosse un quartiere della capitale russa; gli ignoranti che seguite sui social fanno anche questo) con fucili automatici e hanno iniziato a sparare all’impazzata. Sono stati colpiti anche dei bambini, e due dodicenni sarebbero gravi.
È interessante notare quanto siano restii i nostri media a pronunziare, davanti allo schema perfettamente ripetuto, la parola che aveva inondato il discorso pubblico sul terrorismo quasi dieci anni fa: Bataclan.
Il disegno tecnico è il medesimo: colpire la popolazione comune, falciandola con armi a ripetizione e magari qualche bomba suicida o meno, nel momento di massimo svago e massima vulnerabilità – quando va a vedere un concerto. Sparare sulla gente quando è concentrata in un unico punto ed indifesa. Massacrare in maniera massiva per compiere il lavoro del terrorismo, e portare il suo messaggio.
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Mosca è stata bataclanizzata. I grandi media non vogliono dirvelo – perché significherebbe elevare il popolo russo a vittima, dopo due anni di campagna martellante per convincerci che la Russia è carnefice. E poi, soprattutto, nessuno ha voglia davvero di guardarci dentro: se il disegno è lo stesso del Bataclan, gli autori sono gli stessi? I mandanti pure?
Alla rivendicazione dell’ISIS, buttata subito in stampa da tante testate internazionali, non possiamo credere. Curioso, tuttavia, che l’ISIS possa voler colpire la Russia proprio ora, quando l’intervento in Siria è finito da anni…
L’Ucraina, per bocca di un ciarliero e molto visibile tizio consigliere di Zelens’kyj, Mikhailo Podolyak (quello che aveva insultato il papa e il cristianesimo) ha detto non siamo stati noi, mentre altri ucraini hanno ovviamente tirato fuori l’hastatoputin. Chiaramente, ci vogliono far credere, è un false-flag del Cremlino per scatenarsi, anzi, guarda, è la festa personale di Putin per aver vinto l’elezione con quasi il 90% dei voti. Come no. (in rete circolano meme divertenti con il passaporto di un terrorista miracolosamente, come al solito, ritrovato sul luogo del delitto: la foto è quella di un Putin barbuto)
Si tratta della più grande strage terrorista dai primi anni 2000. Qualcuno ricorderà i 130 morti (più quaranta terroristi) e i 700 meriti della crisi del Teatro Dubrovka, quando vennero sequestrati 850 civili da un gruppo di islamisti separatisti ceceni.
Dobbiamo capire che la vittoria sulla questione cecena – e sul terrorismo correlato – è stata la scala d’ingresso di Putin verso il Cremlino. La Cecenia era un disastro che poteva trascinare giù tutta la Russia: un alveare terrorista nel cuore del Paese, e allo stesso tempo un fattore di demoralizzazione devastante per la popolazione. Erano i primissimi tempi di internet, ma già circolavano i video, poi perfezionati da ISIS e compagni, di sgozzamenti di soldati e civili russi.
Putin fu colui che mise fine al pericolo. Da primo ministro ha vinto la Seconda Guerra Cecena, di fatto sottomettendo una fazione in lotta, quella di Kadyrov, il cui figlio ora al potere a Grozny manda i suoi soldati a combattere in Ucraina con adunate oceaniche negli stadi dove si grida «Allahu Akbar» e subito dopo «viva il presidente Putin».
La strage di Dubrovka non è stata la sola. Poco dopo, ci fu il massacro di Beslan, ancora più intollerabile nella volontà terrorista di colpire gli indifesi: il 1 settembre 2004 un gruppo di 32 fondamentalisti separatisti ceceni entrò in una scuola elementare e sequestrò 1200 persone, per maggior parte bimbi. Ricordate quell’immagine: una bomba pronta ad esplodere piazzata dentro il canestro della palestra, e i bambini sotto. Il conto, dopo che gli Spetsnats (le forze speciali russe) liberarono la scuola, fu di oltre trecento morti, di cui 186 bambini, e 700 feriti. Quasi tutta la scuola è stata ferita dal terrorismo.
Si tratta di traumi che i russi pensavano passati. Sono seguiti gli anni putiniani dove stipendi e pensioni sono saliti di 7, 15 volte. Dove il popolo russo, che dopo il 1991 aveva cominciato a perdere un milione di persone l’anno (alcol, disperazione) ha ritrovato la dignità, e, parola chiave per capire Putin e la Russia odierno, rispetto.
Il terrorismo, essenzialmente, è un linguaggio. Ogni atto terroristico ha un messaggio da portare al mondo – questo è quello che ci dicono, almeno. Sappiamo che il messaggio è, in genere, più di uno. C’è un messaggio di superficie, quello dei perpetratori: vogliamo l’indipendenza, vogliamo vendetta, vogliamo la shar’ia, vogliamo la fine dell’occupazione, cose così.
Poi c’è il messaggio profondo, quello dei veri mandanti, di cui non si può discutere, perché non si può saperne nulla.
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Le stragi dei primi 2000 avevano, come messaggio di superficie, la Cecenia: la terra dove Putin aveva riportato l’ordine, promettendo di inseguire i terroristi anche al cesso ed ucciderli lì, disse in una famosa dichiarazione.
Il messaggio profondo possiamo immaginare fosse un altro: lasciaci continuare a depredare la Russia. Il desiderio, profondo ed irrevocabile, dei veri mandanti, che non necessariamente stavano in russo.
I terroristi takfiri ceceni, si è detto, potevano aver legami con oligarchi nemici di Putin riparati all’estero. Era chiaro cosa volevano gli oligarchi ribelli: proseguire, anche per conto dei loro soci occidentali, la razzia resasi possibile con il crollo dell’Unione Sovietica nel decennio di Eltsin, come visibile, ad esempio, nel caso magnate del petrolio Mikhail Khodorkovskij, quello che Pierferdi Casini difendeva al Parlamento italiano, prima di essere imprigionato da Putin si diceva avesse trasferito le sue quote a Lord Nathaniel Jacob Rothschild, quello dei quadri satanici con Marina Abramovic spirato pochi giorni fa. Liberato dalla clemenza di Putin prima delle Olimpiadi 2014 (l’Occidente ringraziò organizzando poco dopo i Giochi di Sochi Piazza Maidan a Kiev), il Khodorkhovskijj ora è tornato a galla per la questione ucraine, i giornali lo definiscono «oppositore di Putin».
Vi sono tuttavia casi più evidenti. Rapporti tra terroristi ed oligarchi furono discussi per uno dei nemici più acerrimi di Putin, l’oligarca riparato a Londra Boris Berezovskij. Una trascrizione di una conversazione telefonica tra Berezovsky e il fondamentalista Movladi Udugov – attualmente uno degli ideologi e il principale propagandista del cosiddetto Emirato del Caucaso, un movimento militante panislamico che rifiuta l’idea di uno stato ceceno meramente indipendente a favore di uno stato islamico che comprenda la maggior parte del Caucaso settentrionale russo e si basi su principi islamici e sulla legge della shar’ia – fu trapelata su uno dei tabloid di Mosca il 10 settembre 1999. Udugov propose di iniziare la guerra del Daghestan per provocare la risposta russa, rovesciare il presidente ceceno Aslan Maskhadov e fondare la nuova repubblica islamica di che sarebbe stata amica della Russia pre-putiniana.
Dopo la Seconda Guerra Cecena, Berezovskij aveva mantenuto i rapporti con i signori della guerra islamisti. Nel 1997, nell’ambito di supposte attività di ricostruzione della Cecenia, fece una donazione di 1 milione di dollari (alcune fonti menzionano 2 milioni di dollari) per una fabbrica di cemento a Grozny. Per tale pagamento fu negli anni accusato di finanziare i terroristi ceceni.
Il 23 marzo 2013 Berezovskij, che bazzicava il World Economic Forum di Davos e aveva avuto un ruolo attivo nella rielezione di Eltsin nel 1996, fu trovato morto nel bagno nella sua villa nel Berkshire, vicino ad Ascot, luogo caro alla nobiltà britannica. Dissero dapprima che era depresso, perché aveva perso una causa con Roman Abramovic (ex patron del Chelsea, anche lui oligarca ebreo ultramiliardario che però si era sottomesso a Putin) e quindi aveva debiti; la polizia inglese invece disse che era una morte senza spiegazioni e volle lanciare un’inchiesta, ma non arrivò a nulla. Si dice prendesse farmaci antidepressivi, e un giorno prima di morire avrebbe detto ad un giornalista londinese che non aveva più niente per cui vivere.
Parlo della morte di Berezovskij perché all’epoca notai come potesse essere correlata ad una strage terrorista dall’altra parte del mondo: il 15 aprile dello stesso anno due bombe esplodono alla Maratona di Boston ammazzando tre persone e ferendone 250. Vengono accusati due fratelli ceceni, Dzhokar e Tamerlan Tsarnaev. Emerse che loro zio, che i giornali dissero subito si era dissociato dalla deriva islamista dei nipoti, era stato sposato con la figlia di un agente CIA, con cui avrebbe pure convissuto.
Difficile capirci qualcosa: tuttavia, la domanda che mi feci, all’epoca, era: il messaggio profondo della strage bostoniana è che, morto Berezovskij, qualcuno stava chiedendo il riequilibrio di questa rete antirussa occulta che attraversa il mondo.
La mia era solo una supposizione. Di certezze sulle connessioni tra gli americani e gli islamisti ceceni, invece, ne ha Vladimir Putin.
In una sequenza di tensione rivelatrice del documentario che Oliver Stone ha dedicato a Putin – un’intervista di ore e ore tra il 2015 e il 2016 – il presidente russo dà una notizia piuttosto gigantesca: racconta che gli USA, trovati ad aver contatti con i terroristi ceceni, hanno risposto alle rimostranze del Cremlino dicendo che essi erano autorizzati diplomaticamente a parlare con chi volevano.
Putin era visibilmente scosso: la Cecenia, per lui che l’aveva vinta come prima missione della sua carriera ai vertici, significava tanto: il dolore di tanti morti, il rischio di far finire la Russia, ancora una volta, in una spirale di razzia e violenza, in pratica di farla sparire dalla storia.
Discorsi simili sono stati fatti poche settimane fa nell’intervista che Putin ha concesso a Tucker Carlson. Il presidente russo lo aveva ripetuto ai giornalisti anche l’anno scorso: «nel Caucaso l’Occidente sosteneva Al-Qaeda». Washington appoggia il terrorismo antirusso, in sintesi. Per gli italiani che si ricordano quando – al tempo non c’era la parola «complottista» – si parlava della Strategia della Tensione, non è una storia tanto campata in aria.
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E quindi, qual è il messaggio della strage terrorista al Crocus di ieri sera?
È lo stesso, crediamo, di quello di quando l’anno scorso hanno bombardato a Mosca Darja Dugina o a San Pietroburgo il blogger Vladen Tatarskij: vogliono ri-cecenizzare la Russia.
Vogliono riportare le lancette indietro a quegli anni, quando Mosca era debole, il popolo incerto ed impaurito, e le risorse del bicontinente libere per i rapaci internazionali. Quando c’era il terrorismo islamico, usato come solvente da un potere superiore per distruggere definitivamente ogni potere indipendente per la Russia e piegare nella paura la psiche del popolo russo.
Tutto questo è durato fino a Putin. I mandanti non hanno mai accettato di aver perso. E quindi, nell’ora del trionfo politico e popolare di Putin, ripetono il messaggio. Puoi anche vincere le elezioni, puoi anche avere l’affetto del tuo popolo: noi te lo possiamo portar via a suon di mitragliate terrorista. Puoi vincere la guerra ucraina, noi massacreremo le famiglie ai concerti a Mosca. Lo faremo con i ceceni, con gli ucraini, con i daghestani, con i nazisti russi, con chiunque potremo manovrare.
Ora, da temere, più che il messaggio, che è chiaro, è la risposta che darà Putin.
Perché, come è evidente, potrebbe essere l’innesco della Terza Guerra, che di fatto l’élite occidentale, brama affannosamente.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Il diritto e il suo fondamento. Dall’antica Roma al COVID, da Hegel a Gaza
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Occulto
Feto trovato in uno stagno. Chi ce lo ha messo? E soprattutto: perché?
Leesburg è storica cittadina di 40 mila abitanti nello Stato americano della Virginia. Si trova vicino al fiume Potomac, quello che passa per la capitale Washington.
Leesburg è il capoluogo di contea della contea di Loudoun – praticamente omonima della piccolo paesino francese che nel Seicento fu teatro della possessione di massa delle suore di un convento, da cui il romanzo I diavoli di Loudun di Aldous Huxley – il luogo finito nelle cronache negli scorsi mesi per il clamore seguito alle presunte molestie sessuali subite da una ragazzina adolescente in un «bagno transgender» ad opera di uno studente transessuale. Lo scandalo si moltiplicò quando la repressione si abbattè sui genitori che protestavano negli incontri con i dirigenti della scuola, con il padre della giovane vittima arrestato dalla polizia durante un meeting.
Lo scorso 12 marzo il dipartimento di polizia locale della piccola città americana ha emanato un comunicato stampa agghiacciante.
Vi si dichiara che l’11 marzo, «il dipartimento di polizia di Leesburg è stato allertato intorno alle 16:33 da un membro della comunità che ha scoperto il corpo di un feto a termine nello stagno dietro Park Gate Drive, a Leesburg». L’espressione inglese usata per il bambino, «late term», indica un bambino nato tra 41 settimane e 0 giorni e 41 settimane e 6 giorni.
Il feto è stato trasportato all’ufficio del capo medico legale della Virginia per l’autopsia.
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«Questa è una situazione profondamente tragica», ha detto il capo della polizia di Leesburg, Thea Pirnat. «Esortiamo chiunque abbia informazioni a farsi avanti, non solo per il bene delle indagini, ma anche per garantire che a chi ne ha bisogno ricevano cure e servizi medici adeguati».
La polizia ha anche ricordato alla gente del luogo le risorse disponibili per le donne incinte, inclusa l’opzione per la consegna sicura e anonima dei neonati secondo le leggi Safe Haven della Virginia, con le quali i genitori possono consegnare il proprio bambino se ha 30 giorni o meno, insomma come si faceva un tempo con la ruota degli esposti.
«La legge fornisce protezione dalla responsabilità penale e civile in alcuni procedimenti penali e procedimenti civili per i genitori che consegnano in sicurezza i loro bambini», dichiara il dipartimento. «La legge consente a un genitore di rivendicare una difesa affermativa davanti all’accusa se l’accusa si basa esclusivamente sul fatto che il genitore ha lasciato il bambino in un luogo sicuro designato».
«L’indagine viene trattata con la massima serietà e sensibilità» afferma il dipartimento nel comunicato. Per il resto, vista la mancanza di aggiornamenti sul caso, possiamo forse usare la famosa espressione giornalistica: la polizia brancola nel buio.
La verità è che, con grande probabilità, non si farà molto per risalire a chi ha abbandonato al bambino – anche se, a pensarci, la genetica di consumo in voga negli USA, con cui si stanno prendendo serial killer che l’avevano fatta franca per decenni, potrebbe aiutare ad avvicinarsi quantomeno ai genitori del piccolo.
Il vescovo della diocesi di Arlington Michael F. Burbidge ha espresso «grande dolore» per la scoperta. «Esorto i fedeli della diocesi e tutte le persone di buona volontà ad unirsi a me nella preghiera per la madre del bambino e per chiunque sia coinvolto in questo incidente».
Il problema è che chiunque in questo caso parte con un’idea che, per quanto non dimostrata, è persistente: si tratta di un caso di degrado, un segno orrendo di disagio sociale, un effetto del livello di bassezza cui è sprofondata la società… Cose così. Inevitabile, a questo punto, che salti fuori anche quello che dice che con l’aborto si risolveva tutto. È il tema dell’antica canzone di Elio e le Storie Tese: Cassonetto differenziato per il frutto del peccato.
Eccerto, se il bambino veniva fatto a pezzi nel grembo materno, gli sarebbe stato risparmiato di finire in uno stagno. La minuta voce utilitarista dentro ogni cittadino sincero-democratico dice: così non soffriva. In verità, in tanti, specie se interessati al mantenimento dell’establishment, vorrebbero dire che, uccidendolo semplicemente prima grazie alle leggi feticide, ci risparmiavamo l’orrore, lo scandalo, i quindici minuti di destabilizzazione sociale conseguenti all’orripilante scoperta.
Crediamo che ci sia la possibilità che si sbaglino tutti: polizia, abortisti, vescovi, pro-life pregatori vari. Potrebbe essere che si stiano ponendo la domanda sbagliata. Potrebbe essere che stiano guardando al dito invece che alla luna. Perché su Renovatio 21 stiamo, da tempo, sviluppando l’idea che tali ritrovamenti, che avvengono di continuo in tante parti del mondo, non siano casuali, e nemmeno siano tutti scaturigini del degrado sociale della società odierna.
Abbiamo sotto gli occhi tanti strani casi italiani, di cui da tempo stiamo tentando di iniziare un censimento.
Per esempio, nell’aprile 2006 a Terlizzi (provincia di Bari), in un cimitero, trovano sotterrato maldestramente un feto di sesso maschile di tre mesi: il bambino è inserito in un barattolo di vetro.
Nel 2017 in provincia di Benevento, i carabinieri del comando provinciale trovano «un barattolo in vetro, con all’interno un oggetto dalle presunte fattezze di un feto umano» che sarebbe stata messa, anche qui, nel verde, «in un’area prospiciente il fiume Calore, seminascosto dietro un terrapieno». Poco dopo, rientra tutto: si trattava di «due guanti in tessuto, avvolti tra loro con dello spago che erano stati riempiti con una sostanza spugnosa» scrivono i giornali. Insomma, uno «stupido scherzo», dissero. Caso chiuso.
A metà novembre 2019, in uno spazio verde di Piazza Benfica, a Torino, un signore che porta a passeggio un cane si accorge che qualcuno aveva messo lì un contenitore con all’interno, visibile nel liquido trasparente di conservazione, un feto embrionale. Dal primo esame svolto all’epoca dei sanitari fu detto che il feto aveva tra le 10 e le 15 settimane. Mesi dopo il Pubblico Ministero chiederà l’archiviazione. I giornali dicono che «il giallo è risolto» perché il feto risalirebbe ad almeno vent’anni prima. Ciò ovviamente non spiega nulla, ma basta trasmettere al lettore sincero-democratico che va tutto bene. Circolare, niente da vedere qui.
Giugno 2023, Bassano del Grappa, provincia di Vicenza: in una zona di campagna i carabinieri, secondo quanto riportato, stavano conducendo un’operazione antidroga, andando a cercare luoghi dove gli spacciatori potrebbero nascondere gli stupefacenti. Durante il setaccio, dietro un cespuglio, gli agenti scoprono un barattolo, con dentro un essere umano grande quanto il palmo di una mano. Un feto di sei mesi, conservato in un liquido che probabilmente è formalina. I giornali locali parlano di «ipotesi di riti satanici», ma come sempre, l’eterna «pista del satanismo» va a sparire dopo pochi giorni, come tutta la storia.
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Poi giace da qualche parte, enorme e dimenticato, il caso di Granarolo. Febbraio 2022: un ragazzo che recupera ferro vecchio e altri materiali nelle industrie si reca presso un capannone per eseguire una raccolta. Gli viene detto di portare via anche dei bidoni gialli, sono una quarantina, tutti accatastati lungo un muro, tra altri rifiuti. Il suo compito sarebbe di «smaltirli da qualche parte». Lui ne apre uno: è pieno di un liquido di colore verde. Dentro vi galleggia un feto umano. Il ragazzo si spaventa. Filma la situazione, poi chiama la polizia. Sembra di capire, quindi, che di feti mica ce ne era solo uno: forse che tutti quei bidoni gialli contenevano feti? Da dove provenivano? Di chi erano figli? Cosa ci facevano lì… quanti erano?
Come avevamo predetto su queste colonne, anche questa storia di feti abbandonati sparisce immediatamente dai radar. Non ci è chiaro cosa abbiamo fatto le autorità, se una qualche ricostruzione è stata data: avevano detto che forse centravano musei e università, ma era davvero così? Qualche responsabilità è stata assegnata? Qualche indagine è stata conclusa? Stiamo cercando, ma sembra proprio che, come avevamo preconizzato, notizie sulla vicenda non sono state più date – nel disinteresse totale di curia, politici locali, ebetudine pro-life organizzata varia. Va così.
Ora, il pensiero che stiamo sviluppando è quello per cui tutti questi casi di feti «abbandonati» non siano effetti casuali del disagio sociale. Potrebbe essere, invece, parti di un disegno «religioso» con forme e dimensioni ancora sconosciute. I feti non sono lasciati lì per caso: sembrano, in molti di questi casi, disposti appositamente, secondo regole precise, forse geografiche, ambientali.
Ci aveva colpito, ad esempio, che in Italia i bambini imbarattolati venissero trovati per lo più nel verde, in mezzo al nulla: cespugli, aiuole, campagne, lungo argine. Un po’ come il feto di Leesburg, trovato non in una fogna, ma in un placido specchio d’acqua, tra i verdi giardini delle casette residenziali lì attorno.
Renovatio 21 aveva fatto delle ipotesi: la società post-cristiana è in realtà divenuta anche post-satanista, dove il satanismo non più legato a messe nere e formule magiche varie, ma innestata invece nel discorso dei «diritti umani», come il feticidio e i rapporti contronatura, ora divenuti legge dello Stato moderno. Il caso del Tempio di Satana, che vuole aprire cliniche abortiste in nome della libertà religiosa, costruisce altari satanici da piazzare a Natale nei Palazzi del potere e organizza festoni satanici con green pass e mascherina obbligatori, va in questa direzione.
Ma quindi, perché la disseminazione dei feti?
Abbiamo pensato che forse, la disposizione di questi feti potrebbe suggerire che li si voglia nascondere, come si fa con gli amuleti maledetti affinché persistano la loro funzione contro la vittima: sepolti nell’erba, occultati, ma presenti nella loro drammatica verità. Delle bandierine dell’universo post-satanista, delle «antenne» con la loro funzione: reliquie occulte, ripetitori del messaggio, dell’energia del Male.
Un feto a termine ucciso e impiantato nel territorio può volere dire: qui si fa l’aborto. E il fatto che nel caso della Virginia si trattasse di un bambino late term, potrebbe fare pensare qualcuno: nel grande paradosso del presente americano, la Corte Suprema elimina l’aborto come diritto federale mentre una parte della politica parla apertamente di late term abortion, cioè della possibilità di abortire fino al momento della nascita, o pure dopo.
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Se vuole essere un segnale politico per la situazione attuale, il bambino a termine ucciso nello stagno offre un messaggio chiarissimo. Continueremo, andremo avanti anche con l’età dei sacrificandi. Questa terra è nostra.
Non è sbagliato pensare che, in questo piano metafisico, vi sia chi all’aborto dedica riti occulti – perché esso è la porta ideale per il ritorno del sacrificio umano, l’inversione definitiva della religione divina, per cui non è più Dio che si sacrifica per l’uomo (come sulla Santa Croce, come nella Santa Messa), ma l’uomo che si sacrifica per gli dei dei pagani – i quali sono, come dice il Salmo, tutti demòni.
Il sacrificio umano è, per il momento, illegale, l’aborto no – ed ecco che quindi che essi devono proteggerlo ad ogni costo, attendendo che la fetta superiore del panino, l’eutanasia, scenda giù schiacciando noi in mezzo, fino a rendere l’intera popolazione sacrificabile in ogni momento. Fino a disintegrare una volta per tutte la dignità umana, e rendere la vita spendibile, sprecabile a piacimento. Fino al Regno Sociale di Satana.
Vorremmo andare oltre. Stiamo tentando di raccogliere materiale per farci un’idea sui continui casi dei feti nei cassonetti che funestavano in passato le cronache italiane. Forse non era esattamente come pensavamo. Forse anche lì si trattava di un messaggio, della disposizione di antenne oscure, della diffusione del segnale dell’Inferno.
Quando avremo tempo, ce ne occuperemo.
Nel frattempo, preghiamo il lettore: dai gruppi che vi parlano di difesa della vita, di lotta contro l’aborto – magari chiedendovi con automatica insistenza dei danari – state alla larga.
Con evidenza, non hanno capito nulla di quello che sta accadendo. La loro funzione, forse, è proprio quella di farci continuare a non comprendere forme e proporzioni di questa guerra occulta.
Roberto Dal Bosco
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Immagine su licenza Envato, rielaborata
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