Spirito
La giusta severità della Chiesa verso la cremazione dei corpi dei fedeli
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«Eravamo ciò che siete, sarete ciò che siamo»!
Preparato su iniziativa e sotto il regno del santo papa Pio X, e promulgato da papa Benedetto XV, il Codice di diritto canonico del 1917 dichiara molto chiaramente (al canone 1203):
- I corpi dei fedeli defunti devono essere sepolti, essendo disapprovata la loro cremazione.
- Se qualcuno ha disposto in qualsiasi modo che il proprio corpo venga cremato, è illecito eseguire tale volontà; e se essa è inserita in un contratto, un testamento o un qualsivoglia atto, essa deve essere considerata come non scritta.
E il canone 1240, §1°, precisa ancora: «siano privati di sepoltura ecclesiastica, a meno che prima della loro morte non abbiano dato segno di penitenza: […] coloro che abbiano disposto che il proprio corpo venga cremato».
Il nuovo Codice di diritto canonico del 1983 «raccomanda vivamente che si conservi il pio costume della sepoltura del corpo dei defunti; tuttavia non vieta l’incinerazione, a meno che essa non sia stata scelta per delle ragioni contrarie alla dottrina cristiana». (canone 1176 §3)
La Chiesa era cosciente del pericolo per le anime
Nove anni dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1917, l’istruzione del Sant’Uffizio Cadaverum cremationis (19 giugno 1926), rivolta agli Ordinari dei luoghi del mondo intero, ricordava che sono i nemici del cristianesimo che vantano e propagano la cremazione dei cadaveri:
«[…] In questo costume barbaro, che ripugna non solo alla pietà cristiana, ma anche alla pietà naturale verso i corpi dei defunti e che la Chiesa, fin dalle origini, ha costantemente proscritto, ve ne sono molti, anche tra i cattolici, che non esitano a vedere i vantaggi più lodevoli dovuti ai cosiddetti progressi moderni ed alla pubblica igiene. Così, la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio esorta nel modo più vivo i pastori del gregge cristiano a mostrare ai fedeli, di cui hanno la cura, che in fondo i nemici del cristianesimo vantano e propagano la cremazione dei cadaveri solo allo scopo di distogliere poco per volta le menti dalla meditazione della morte, di togliere loro la speranza della resurrezione dei morti e di aprire in tal modo la via al materialismo».
«Di conseguenza, benché la cremazione dei corpi non sia in sé un male in assoluto e in certe congiunture straordinarie, per delle ragioni gravi e ben accertate di ordine pubblico, essa possa essere autorizzata, ed infatti lo sia, non per questo è meno evidente che la sua pratica usuale e in qualche modo sistematica, così come la propaganda in suo favore, costituiscono atti empi, scandalosi e perciò gravemente illeciti; è quindi a buon diritto che i Sommo Pontefici, a più riprese, e ultimamente ancora nel Codice di diritto canonico pubblicato recentemente, l’avevano disapprovata e continuano a disapprovarla».
E questa istruzione concludeva chiedendo che «i preti non cessino mai di esaltare l’eminenza, l’utilità ed il significato sublime della sepoltura ecclesiastica, sia privata che pubblica, affinché i fedeli, perfettamente istruiti sulle intenzioni della Chiesa, si distolgano con orrore dall’empia pratica della cremazione».
La cremazione non è contraria a nessun dogma cattolico
La Chiesa può essere portata a tollerare la cremazione dei corpi in certe circostanze eccezionali, in casi di estrema necessità ed in vista di un bene superiore: in occasione di grandi epidemie contagiose o in caso di una guerra particolarmente mortifera.
La cremazione, considerata in se stessa, non è quindi direttamente contraria a nessun dogma cattolico nemmeno a quello della resurrezione dei corpi, tanto è vero che l’onnipotenza di Dio è assoluta, illimitata. Così il cardinale Billot scrive che «Dio potrebbe fare che un morto risusciti, senza possedere un solo atomo della materia di cui il suo corpo terreno era costituto».
Tuttavia, l’uso corrente e diffuso della cremazione tra i fedeli alla lunga non mancherebbe di scuotere profondamente in molte anime alcuni dogmi della fede, specialmente quello della resurrezione dei corpi e del giudizio generale alla fine del mondo, e quello della vita eterna, tutti enunciati nell’ultima parte del Credo.
La cremazione pregiudica l’integrità della fede
La massoneria d’altronde non si è sbagliata: aveva compreso perfettamente che la cremazione era un mezzo per pregiudicare l’integrità della fede «nel volgo», come ammetteva, ad esempio, nella circolare rivolta ai suoi aderenti, alla fine del XIX secolo:
«La Chiesa romana ci ha lanciato una sfida condannando la cremazione dei corpi che la nostra società aveva finora propagato con i migliori risultati. I Fratelli dovrebbero usare ogni mezzo per diffondere l’uso della cremazione. La Chiesa, proibendo di bruciare i corpi, afferma i suoi diritti sui vivi e suoi morti, sulle coscienze e sui corpi, e cerca di conservare nel volgo le credenze, oggi dissipate alla luce della scienza, che toccano l’anima spirituale e la vita futura».
Bruciare i corpi defunti dunque non è privo di conseguenze per la fede:
- spingendo al massimo l’annientamento visibile dell’individuo, la cremazione conduce molte anime a negare più facilmente ogni vita futura dopo la morte fisica;
- tale atto di distruzione violenta priva, per quanto è possibile, l’immaginazione umana della possibilità di figurarsi la resurrezione futura dei corpi, che la cremazione sembra rendere irrealizzabile e assurda, per la mente umana troppo superficiale.
Questo pericolo che intacca l’integrità della fede si verifica d’altra parte nella storia dei popoli: storicamente, la cremazione è sempre stata legata ad un simbolismo materialista e pagano che esisteva presso alcuni popoli in opposizione assoluta con il simbolismo spiritualista e cristiano dell’inumazione.
La Ragione della pietà naturale
Bruciare il corpo di un defunto equivale a fargli subire una violenza inaudita, a distruggerlo secondo un modo che è contrario all’ordine naturale come è stato enunciato dal Creatore ad Adamo dopo la caduta del peccato originale: «E mangerai il pane col sudore della fronte, fin quando tornerai alla terra perché è da essa che sei stato tratto; perché sei polvere ed in polvere ritornerai».
Secondo l’espressione di Mons. Charles-Emile Freppel (1827-1891), violentare il corpo di un defunto bruciandolo, «è un atto di ferocia che ha lo scopo di fare scomparire il più in fretta e il più completamente possibile la spoglia mortale di coloro che ci sono più cari, e ciò il giorno stesso delle esequie, in mezzo alle lacrime di tutta la famiglia».
Questa verità è pienamente confermata dalla testimonianza dell’accademico Henri Lavedan (1859-1940) che assistette, al forno crematorio di Milano, alla cremazione di un cadavere umano: «Certamente, è la più toccante impressione di orrore che io abbia mai provato, tale che non cercherò nemmeno di renderla. Al solo ricordo di quel corpo che si contorceva, di quelle braccia che battevano l’aria, chiedendo grazia, di quelle dita contratte e che si arrotolavano come trucioli, di quelle gambe nere che tiravano grandi calci con i piedi, avendo preso fuoco come fossero torce (un momento ho creduto di sentirlo urlare), mi vengono i brividi, ho il sudore freddo alla fronte e retrospettivamente patisco anch’io il supplizio di quel morto sconosciuto di cui ho inteso la carne gridare e protestare».
In definitiva, l’amore coniugale, la pietà filiale, l’amicizia non possono accettare di consegnare ad un’opera di distruzione così violenta e così contraria alla natura il corpo di una sposa, di un padre, di un figlio, di un amico che, da vivi, con dei gesti di affetto, hanno manifestato il loro amore per i loro cari. A questa ragione se ne aggiunge un’altra.
La Ragione della pietà cristiana
La realtà dei sacramenti esprime la larga partecipazione del corpo fisico all’opera di santificazione della persona tutta intera. I sacramenti infatti sono «dei segni visibili ed efficaci della grazia», il che significa che la materia di ogni sacramento (acqua per il battesimo, sacro crisma per la cresima, ecc.) deve essere applicata dal celebrante (in genere un sacerdote o un vescovo) su una parte del corpo di colui che riceve il sacramento.
È quindi normale che la Santa Chiesa tratti col massimo rispetto i corpi dei fedeli defunti che sono stati il tempio dello Spirito Santo, santificati durante la loro vita dai vari sacramenti: l’aspersione dell’acqua benedetta e l’incensamento del corpo defunto da parte del ministro della Chiesa nel momento dell’assoluzione, dopo la messa del funerale.
Questo onore reso al corpo del defunto deve quindi naturalmente prolungarsi dopo la sua «deposizione» in terra, in un cimitero, che significa «dormitorio» secondo il suo significato etimologico, dove dormirà il suo ultimo sonno aspettando la resurrezione di tutti i corpi alla fine del mondo.
I cimiteri sono luoghi che portano molto spesso le persone che li visitano a ricordarsi dei propri doveri di preghiera verso i defunti, ed a meditare sui fini ultimi: la morte, il giudizio particolare, il Paradiso e l’Inferno, la resurrezione della carne ed il giudizio generale alla fine del mondo.
È una verità così vera che la Santa Chiesa, nostra Madre, nella sua grande saggezza, ha legato alla visita di un cimitero un’indulgenza plenaria, applicabile alle anime del purgatorio, indulgenza che si può lucrare ogni giorno tra il 1 e l’8 novembre, a condizione di pregare per i defunti nel corso di questa visita.
Sulla porta di alcuni cimiteri, talvolta leggiamo questa iscrizione: Fuimus quod estis. Eritis quod sumus (“Eravamo quello che siete. Sarete quello che siamo”) che ci invita a meditare sulla morte.
Altre porte di cimiteri espongono questo invito: «Voi che passate, pregate per noi», per ricordarci il nostro dovere verso quelli che ci hanno preceduto nell’eternità.
Don Claude Pellouchoud
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Geopolitica
«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin
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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.
Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.
Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.
Oggi, il Cardinale Segretario di Stato, Pietro #Parolin, ha incontrato il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy (@ZelenskyyUa), al quale ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata #Ucraina. pic.twitter.com/I743IfeIt6
— Segreteria di Stato della Santa Sede (@TerzaLoggia) July 23, 2024
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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.
La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».
Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.
Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.
Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.
L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.
«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».
Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.
Poi nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.
Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.
La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.
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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.
Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».
Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.
Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».
La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.
Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.
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Politica
La conversione di JD Vance al cattolicesimo
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Politica
Il ministro sionista Ben Gvir infiamma i religiosi: «ho pregato sulla Spianata, lo status quo è cambiato»
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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Proprio mentre Netanyahu è a Washington il ministro della Sicurezza leader dell’ultradestra incoraggia i nazionalisti israeliani a recarsi a pregare pubblicamente al «monte del Tempio», dove oggi sorge la moschea di al Aqsa. La polizia: «Nessuna autorizzazione». Gli stessi leader religiosi ultra-ortodossi contrari. Sullo sfondo le pressioni per entrare nel gabinetto di guerra.
Punta tutto sul discorso di questa sera al Congresso Benjamin Netanyahu, che si trova a Washington per il viaggio da lui tanto agognato durante il quale difenderà le proprie posizioni sulla guerra a Gaza davanti al presidente Joe Biden, ma anche a Kamala Harris e a Donald Trump.
Intanto, però, in queste ore da Gerusalemme l’ennesima sfida alla portata reale della sua leadership in Israele arriva da Itamar Ben Gvir, il ministro della Sicurezza interna, leader dell’ultradestra nella fragile coalizione di governo.
In un post pubblicato su X e in un discorso a un gruppo di sostenitori, Ben Gvir ha dichiarato pubblicamente di aver pregato durante una visita compiuta la scorsa settimana (scortato dalla polizia) al «monte del Tempio», la spianata nel cuore di Gerusalemme dove un tempo sorgeva il luogo più sacro degli ebrei e che oggi è dominata dalla moschea di al Aqsa, il sito islamico più venerato della Città Santa.
Nel delicatissimo gioco di equilibri su cui si fonda la convivenza a Gerusalemme da quando nel 1967 Israele ne ha assunto il controllo pieno, le regole dello «status quo» – che fu Moshe Dayan stesso a prescrivere di rispettare – prevedono che gli ebrei che lo desiderano possano visitare in alcuni orari la spianata, ma senza compiere nessun gesto ostentato di preghiera. Proprio questa prescrizione, dunque, viene messa nel mirino da Ben Gvir con una nuova prova di forza.
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Già il mese scorso, il ministro della Sicurezza pubblica aveva dichiarato che, per quanto lo riguardava, la preghiera ebraica era ora consentita sul «monte del Tempio», provocando una rapida reazione da parte dell’ufficio di Netanyahu, che si era affrettato a dichiarare che lo status quo era invariato. Ben Gvir, però, va avanti per la sua strada: «Ho pregato sul monte del Tempio e stiamo pregando sul monte del Tempio» ha ribadito oggi. «Io faccio parte della classe politica e la classe politica permette la preghiera ebraica sul monte del Tempio».
Una prospettiva del genere sarebbe un ulteriore cerino nella polveriera delle relazioni con la popolazione musulmana di Gerusalemme. Ma le reazioni più sdegnate alle dichiarazioni del ministro che guida l’ala più oltranzista del governo Netanyahu, sono arrivate dallo stesso mondo religioso ebraico.
A differenza da quanto sostengono i nazionalisti, infatti, il Gran Rabbinato ortodosso dice che gli ebrei non dovrebbero affatto entrare nel complesso, per non correre il rischio di calpestare il «Santo dei Santi», la parte più sacra del Tempio, le cui rovine potrebbero trovarsi sotto la spianata.
Il ministro degli Interni Moshe Arbel – che è un politico ultra-ortodosso – ha dichiarato oggi alla Knesset che «la grande blasfemia che è stata commessa non può passare sotto silenzio», esprimendo «protesta» per il comportamento di Ben Gvir.
«Chiedo al primo ministro di non permettere che lo status quo cambi sul monte del Tempio e, se ci saranno cambiamenti, di chiudere il monte del Tempio agli ebrei», ha dichiarato Moshe Gafni, il presidente di Degel Hatorah, un altro dei partiti religiosi ebraici.
Da parte sua anche Eyal Avraham, il comandante dell’Unità per i siti sacri della Polizia israeliana (che pur dipende da Ben Gvir), in un video pubblicato sul sito di informazione israeliano Walla ha ribadito che «la preghiera ebraica non è consentita sul monte del Tempio».
La fiammata religiosa di Ben Gvir arriva – non a caso – mentre nel governo Netanyahu è in corso uno scontro politico acceso sul gabinetto di guerra, nel quale il ministro della Sicurezza interna preme per entrare dopo l’uscita dall’esecutivo di Benny Gantz.
A quest’eventualità si oppone fermamente il ministro della Difesa Yoav Gallant. La mossa sul monte del Tempio sembrerebbe, dunque, l’ennesimo segnale identitario in un governo scosso da profonde tensioni. Dove con il sostegno di soli 64 deputati su 120 alla Knesset, ormai ogni forza politica può tenere sotto scacco il premier.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Shay Kendler via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
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