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I vescovi del Ghana difendono le leggi anti-sodomia in risposta al cardinale che va a Davos

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La Conferenza episcopale cattolica del Ghana ha pubblicato un documento in difesa delle leggi anti-sodomia del Paese, contraddicendo una dichiarazione del cardinale Peter Turkson. I vescovi del Paese africano già il mese scorso avevano ringraziato il Parlamento per il disegno di legge a favore della famiglia.

 

In un comunicato intitolato «La Chiesa cattolica e lo Stato sull’omosessualità», i vescovi del Ghana scrivono che «lo Stato è nel suo diritto di criminalizzare gli atti degli omosessuali nell’interesse della nazione».

 

Il documento menziona specificamente il disegno di legge anti-sodomia del Ghana attualmente in discussione in Parlamento, affermando che si tratta di un passo «nella giusta direzione, poiché cerca di promulgare leggi contro gli atti omosessuali criminali».

 

«Ci congratuliamo con i nostri legislatori per lo sforzo e il tempo spesi su questo disegno di legge. La nostra speranza è che, una volta convertito in legge, promuova davvero i diritti sessuali umani e gli autentici valori della famiglia ghanese che sono minacciati dagli atti omosessuali», hanno scritto i vescovi africani.

 

«L’auspicio della Chiesa è che il disegno di legge imponga misure punitive commisurate ai crimini commessi».

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Il comunicato dei vescovi è stato pubblicato due settimane dopo che il cardinale Turkson, originario del Ghana, ha condannato le leggi anti-sodomia del Paese in un’intervista alla BBC.

 

«La mia posizione è stata semplicemente questa: le persone LGBT non possono essere criminalizzate perché non hanno commesso alcun crimine, ma questa posizione non dovrebbe nemmeno diventare qualcosa da imporre a culture che non sono ancora pronte ad accettare cose del genere», ha detto Turkson, che è il Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e un importante cardinale vaticano con stretti legami con Papa Francesco.

 

Turkson ha preso parte ad almeno cinque vertici annuali del World Economic Forum (WEF) durante il pontificato di Francesco. Dopo l’edizione del 2022 dell’incontro globalista, Turkson ha spiegato il coinvolgimento del Vaticano con il WEF, dicendo: «dobbiamo essere aperti» al Reset.

 

Come riportato da Renovatio 21, papa Francesco aveva già condannato le leggi dei Paesi africani che vietano gli atti omosessuali, affermando che i vescovi che difendono tali leggi «devono intraprendere un processo di conversione».

 

I vescovi del Ghana hanno difeso la dottrina tradizionale della Chiesa sugli atti omosessuali, citando la Sacra Scrittura e il Catechismo della Chiesa cattolica (CCC).

 

«Nell’Antico Testamento questa pratica era vista come una perversione e un abominio pagano», si legge nel comunicato dei vescovi Africani. «In Levitico 18,22 leggiamo: “con un uomo non avrai rapporti come con una donna; è un abominio”. Similmente, in Levitico 20,13 leggiamo: “se un uomo giace con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; saranno messi a morte, il loro sangue ricadrà su di loro”».

 

I vescovi citano San Paolo, che «in 1 Corinzi 6,9; 1 Timoteo 1,10, Paolo parla di omosessualità».

 

«Questi due versetti possono essere discussi insieme», afferma il documento. «In 1 Corinzi 6:9 Paolo dice: “non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio?” Non lasciatevi ingannare: né immorali, né idolatri, né adulteri, né pervertiti sessuali».

 

«In 1 Timoteo 1:10 parla di “fornicatori, sodomiti, sequestratori, bugiardi, spergiuri, e quant’altro è contrario alla sana dottrina”. I termini “pervertiti sessuali” e “sodomiti” nei due brani traducono la stessa parola greca “arsenokoitai” che denota i praticanti dell’omosessualità».

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«L’omosessualità è incompatibile anche con le storie della creazione dell’uomo e della donna nella Genesi», hanno proseguito i vescovi. «Nei capitoli iniziali della Genesi, la creazione dei sessi da parte di Dio viene presentata con un duplice scopo: gli uomini e le donne sono destinati a riunirsi in un’unità di vita unanime (Genesi 2,24) e a generare figli (Genesi 1,28)».

 

«Poiché l’attività sessuale era considerata ordinata alla procreazione e alla continuazione del genere umano, ogni forma di attività sessuale diversa dal rapporto eterosessuale è contro natura e costituisce una chiara violazione della retta ragione».

 

«Per la Chiesa, scegliere qualcuno dello stesso sesso per la propria attività sessuale o per il matrimonio significa annullare il ricco simbolismo e significato, per non parlare degli obiettivi, del disegno sessuale di Dio».

 

I vescovi sottolineano la distinzione tra tendenze o attrazione omosessuali e «azioni omosessuali individuali». Sebbene la Chiesa conceda «diritti umani fondamentali» alle persone con attrazione per lo stesso sesso perché sono «create a immagine di Dio», questi diritti «non includono il diritto di un uomo di sposare un uomo o di una donna di sposarsi una donna».

 

«Per la Chiesa, questo è moralmente sbagliato e va contro lo scopo di Dio riguardo al matrimonio».

 

«Per quanto riguarda gli “atti omosessuali individuali”, invece, la Chiesa afferma che essi sono “intrinsecamente disordinati” e “non sono in nessun caso da approvare”», si legge nel documento.

 

«Pertanto, anche se la Chiesa non condanna gli omosessuali in quanto omosessuali, condanna gli atti omosessuali che compiono».

 

«Anche per la Chiesa, sebbene l’inclinazione particolare della persona omosessuale non sia un peccato, si tratta di una tendenza più o meno forte ordinata verso un male morale intrinseco, e quindi l’inclinazione stessa deve essere vista come un disordine oggettivo» concludono i vescovi africani.

 

Come riportato da Renovatio 21, oltre al Ghana, le nazioni dell’Uganda, del Kenya e della Namibia hanno tutte approvato o avanzato leggi contro la sodomia o il «matrimonio» tra persone dello stesso sesso. Una settimana fa l’arcivescovo del Camerun Andrew Nkea Fuanya, dopo aver partecipato al Sinodo sulla sinodalità in Vaticano, è ha dichiarato che il matrimonio è tra un uomo e una donna, e tutto il resto «è stregoneria».

 

La pressione omosessualista occidentale trova una sponda molto concreta sul fronte religioso. I vescovi anglicani africani stanno rifiutando l’orientamento sempre più smaccatamente pro-gay della Chiesa Anglicana di Canterbury. Tuttavia è la posizione del romano pontefice a risultare incredibile per gli africani: abbiamo visto appelli di Bergoglio contro le leggi anti-sodomia in vigore in vari Stati del continente nero, appelli fatti in coro con le autorità anglicane e presbiteriane.

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A fine 2022 la Conferenza Episcopale dello Zambia ha prodotto un comunicato difendendo le leggi anti-sodomia in vigore nel Paese e denunciando il peccato dell’omosessualità. «Se non si fa nulla per sensibilizzare la nostra gente», aveva avvertito l’arcivescovo di Lusaka Alick Banda, la cultura LGBT «diventerà una norma accettabile in Zambia, nonostante l’esistenza di leggi che criminalizzano queste attività e peggio ancora sono offensive per i nostri valori culturali e cristiani».

 

Papa Francesco sta avendo reazioni molto negative da parte di episcopati e governi africani.

 

Prima della sua visita in Sud Sudan, il governo di Juba aveva fatto sapere per voce del suo ministro dell’Informazione Michael Makuei Lueth che «se Papa Francesco viene da noi e ci dice che non c’è differenza tra il matrimonio tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso, noi diremo “no”».

 

A loro volta, reazioni varie si stanno scatenando nei Paesi africani che legiferano contro il sodomismo. Ad agosto, la Banca Mondiale ha intrapreso un’azione simile congelando i prestiti all’Uganda a causa della riluttanza di quest’ultimo ad abbracciare la sodomia.

 

Come riportato da Renovatio 21, poco dopo l’approvazione della legge anti-sodomia, l’Uganda è stata improvvisamente teatro di attacchi terroristici con enormi stragi sia sul suo territorio che all’estero, presso le basi del contingente di pace ugandese in Somalia. Poco dopo, decine persone sono state uccise e ferite dai militanti di un gruppo estremista – il quale non si faceva vivo dal 1998 – che hanno attaccato una scuola secondaria nell’Uganda occidentale.

 

Come riportato da Renovatio 21, solo due settimane prima, 54 suoi soldati ugandesi stati trucidati dai terroristi islamici in Somalia dove si trovavano in missione di pace per conto dell’Unione Africana. A perpetrare l’eccidio sarebbero stati gli islamisti di al-Shabaab («la gioventù»), gruppo noto per il sequestro della cooperante italiana di due anni fa – per il quale il governo di Conte e Di Maio pagò fior di milioni.

 

Il ricatto dell’imperialismo omosessualista occidentale raggiunse l’apice nel 2015 dall’amministrazione Obama, che ritirò aiuti finanziari e militari alla Nigeria in lotta contro i terroristi di Boko Haram quando questa si rifiutò di legalizzare contraccezione e omosessualità. Si disse all’epoca che gli USA obamiani disponessero di immagini satellitari con gli accampamenti del gruppo islamico stragista, ma non le condivisero con i nigeriani restii a implementare la deregulation sessuale nella società africana.

 

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Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

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Accontentato il canadese che aveva chiesto al governo di pagare l’operazione per avere sia un pene che la vagina

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Un uomo dell’Ontario ha ottenuto il diritto a un intervento chirurgico di affermazione di genere negli Stati Uniti finanziato dal governo che gli darà sia una vagina che un pene.   Un collegio di tre giudici della Divisional Court dell’Ontario ha stabilito all’unanimità che rifiutarsi di coprire la procedura violerebbe i suoi diritti costituzionalmente riconosciuti dalla Carta.   Al centro del caso c’è K.S., un 33enne nato maschio, ma che ora si identifica come un «dominante femminile» non binario. Usa un nome femminile. Secondo lui, l’intervento più appropriato per sostenere la sua identità di genere è una «vaginoplastica con conservazione del pene», una procedura offerta presso il Crane Center for Transgender Surgery di Austin, in Texas. Non è disponibile in Canada.   Secondo un articolo del National Post, K.S. ha sostenuto che «costringerlo a farsi rimuovere il pene invaliderebbe la sua identità e sarebbe simile a un atto illegale di terapia di conversione».   Secondo il National Post:   «Solo perché la vaginoplastica è elencata come un servizio assicurato non significa che nessun tipo di vaginoplastica sia qualificabile, ha sostenuto l’OHIP in tribunale».   «La corte non è stata d’accordo. La vaginoplastica e la penectomia sono elencati come servizi distinti e separati nell’elenco degli interventi chirurgici dell’Ontario ammissibili al finanziamento, ha affermato la corte. “Il fatto che la maggior parte delle persone che si sottopongono ad un intervento di vaginoplastica lo facciano con modalità che comportano anche una penectomia” non cambia la disposizione. Se la provincia avesse voluto assicurare un solo tipo di vaginoplastica (vaginoplastica con asportazione del pene), avrebbe dovuto redigere l’elenco in modo diverso, ha affermato la Corte».   È interessante notare che la corte si è basata sugli standard WPATH, che recentemente sono stati attaccati per mancanza di rigore scientifico. Gli standard WPATH «si riferiscono espressamente alla vaginoplastica senza penectomia come opzione chirurgica per alcune persone non binarie», ha scritto il giudice Breese Davies nella sentenza della corte.   La Corte ha affermato chiaramente che la «vaginoplastica con conservazione del pene» è una questione di diritti umani. «Il diritto alla sicurezza della persona tutelato dalla Carta tutela la dignità e l’autonomia dell’individuo», si legge nella sentenza. Richiedere a un transgender maschio nato o a una persona non binaria «di rimuovere il proprio pene per ricevere finanziamenti statali per una vaginoplastica sarebbe incoerente con i valori di uguaglianza e sicurezza della persona».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Atlete delle scuole medie si rifiutano di competere contro transessuali

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Un filmato che sta circolando in rete sembra mostrare un gruppo di cinque ragazze delle scuole medie che protestano per essere state costrette a competere contro un avversario maschio biologico transessuale fatto competere con loro.

 

Secondo quanto riportato dai media americani, in una sentenza all’inizio di questa settimana una corte d’appello federale si era pronunciata a favore della competizione dei maschi transgender nelle gare femminili dopo che era stato citato in giudizio lo Stato del West Virginia per la sua legge che vieta agli atleti trans di competere negli sport femminili nelle scuole pubbliche e nelle università.

 

Dopo la sentenza, l’adolescente è apparsa a una gara di lancio del peso per competere contro femmine biologiche.

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Per protesta, molte ragazze sono entrate nel settore del lancio del peso, si sono alzate brevemente e se ne sono andate senza lanciare un colpo.

 

Il video è stato condiviso dalla campionessa di nuoto, ora attivista per gli sport femminili, Riley Gaines.

 

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«Cinque atlete delle scuole medie del West Virginia si rifiutano di lanciare il lancio del peso contro un uomo» scrive la Gaines. «Ciò avviene appena 2 giorni dopo che la Corte d’Appello del Quarto Circuito ha bloccato la legge WV che dice che devi competere nella categoria che corrisponde al tuo sesso».

 

«È un giorno triste in cui le ragazze di 13-14 anni devono essere le adulte nella stanza, ma non potrei essere più ispirata e orgogliosa di queste ragazze. Quando è troppo è troppo. La marea sta cambiando!» chiosa la bionda nuotatrice.

 

Il sito OutKick riferisce che una delle ragazze che hanno preso parte alla manifestazione ha rivelato che l’atleta transgender ha vinto l’evento di lancio del peso.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso una squadra di basket femminile si ritira dal torneo per protesta contro un giocatore transgender che domina abitualmente le partite. Due mesi fa è emerso che una squadra di basket femminile di una scuola superiore del Massachusetts è stata costretta a rinunciare alla partita dopo che un giocatore transgender della squadra avversaria ha ferito tre giocatrici.

 

Secondo il sito web SheWon.org, gli uomini con confusione di genere hanno vinto centinaia titoli negli sport femminili.

 

La pagine web mostra centinaia di nomi di atlete superate in gara da transessuali in ben 29 discipline sportive: ci sono ciclismoatleticasollevamento pesinuoto, canottaggio, corsa campestre, golf, sci alpino, sci nordico, skateboard, surf, biliardo, perfino il poker.

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Come riportato da Renovatio 21, il transessualismo sta divenendo un problema in quantità impressionanti di discipline praticate dalle donne: abbiamo visto casi per il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket

 

Problemi si sono avuti anche in sport di combattimento come la boxe, dopo un caso avvenuto ad un torneo nello Stato della Georgia, la Federazione statunitense di jiu-jitsu ha emanato una proibizione di competizione per i transessuali maschi negli eventi femminili.

 

In una lettera di protesta contro la follia transgender, l’ex campionessa di ciclocross Hannah Arensman aveva annunciato l’anno scorso che si è ritirata causa della presenza di transessuali nelle competizioni.

 

«Negli ultimi anni, ho dovuto gareggiare direttamente con ciclisti uomini negli eventi femminili», si legge in una lettera resa pubblica dalla Arensman. «Poiché questo è diventato sempre più una realtà, è diventato sempre più scoraggiante allenarsi duramente come me solo per dover perdere contro un uomo con l’ingiusto vantaggio di un corpo androgenizzato che intrinsecamente gli dà un evidente vantaggio su di me, non importa quanto mi alleno duramente».

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Società medica promette di «eradicare» la transfobia

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L’associazione medica britannica Chartered Society of Physiotherapy (CSP) ha rilasciato questo mese due dichiarazioni in merito al suo sostegno al transgenderismo e al suo obiettivo di sradicare la transfobia dalla professione medica.   «Il CSP si oppone alla transfobia. Ci impegniamo a eradicarlo dalla nostra professione», si legge nella dichiarazione del 10 aprile. La dichiarazione è stata quindi definita come una pietra miliare per i diritti «LGBTQIA+» in un’altra dichiarazione dell’11 aprile.   La dichiarazione del 10 aprile prosegue definendo la transfobia, una paura che la società considera malvagia.

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«Transfobia: la paura o l’antipatia di qualcuno basata sul fatto che è transgender, compreso il negare la propria identità di genere o il rifiuto di accettarla”» si legge nella dichiarazione.   Fornisce anche un esempio di fobia proibita: mettere in discussione l’«identità di genere» di una persona transgender, tentare di rimuovere i diritti delle persone transessuali, «rappresentare in modo errato» i trans, escludere sistematicamente le persone transgender dalle discussioni su questioni che le riguardano direttamente, e «altre forme di discriminazione».   La dichiarazione ammette anche che la paura, che ora non è più consentita, può manifestarsi in modi vaghi a seconda dell’interpretazione: «la transfobia non ha una manifestazione unica e semplice. È complesso e può includere una serie di comportamenti e argomenti».  

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«C’è molto di più che dobbiamo fare tutti per garantire che la nostra comunità di fisioterapia sia inclusiva e libera da discriminazioni», ha affermato Ishmael Beckford, presidente del Consiglio CSP. La presidente del comitato Equità, diversità e appartenenza del CSP, Sarine Baz, ha affermato che la paura del transgenderismo non è mai accettabile.   «L’espressione di atteggiamenti o sentimenti negativi nei confronti delle persone transgender, o altre azioni transfobiche, non possono essere tollerate», ha detto la Baz.   Come riportato da Renovatio 21, la cosiddetta medicina transgender, nonostante i recenti scandali e le battute d’arresto istituzionali in vari Paesi, sembrerebbe procedere nel suo percorso anche in Italia, dove vi è stata polemica quando si è scoperto che persino il Policlinico Gemelli – l’ospedale del papa – avrebbe istituito un ambulatorio di assistenza per la disforia di genere.

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