Guerra cibernetica
Gruppo israeliano si è intromesso nelle elezioni in tutto il mondo: reportage delle principali testate europee

Secondo un’indagine condotta da un consorzio internazionale di giornalisti, un gruppo israeliano segreto avrebbe manipolato più di 30 elezioni in tutto il mondo utilizzando tecniche di hacking e disinformazione all’avanguardia.
Diverse grandi testate europee, tra cui il britannico Guardian, il francese Le Monde, il canale televisivo tedesco ZDF, il settimanale tedesco Der Spiegel e il quotidiano spagnuolo El Pais, hanno indagato su una squadra di appaltatori nota come «Team Jorge», gestita da un 50enne ex agente dei servizi segreti israeliani, il quale nega ogni addebito.
Per esporre le presunte operazioni clandestine del gruppo, i giornalisti si sono spacciati per potenziali clienti mentre registravano di nascosto diverse ore di filmati all’interno degli incontri con i membri dell’unità. Il capo del team avrebbe detto ai giornalisti che i suoi servizi potrebbero essere utilizzati sia da società private che da agenzie di intelligence, con operazioni che si svolgono in Europa e Africa, nonché in Nord, Centro e Sud America.
In un videoclip pubblicato dal Guardian mercoledì, lo stesso ex agente segreto dello Stato Ebraico sembra vantarsi del fatto che il suo gruppo abbia completato «33 campagne a livello presidenziale… 27 delle quali hanno avuto successo». Secondo quanto riferito, ha anche affermato di aver preso parte a due «grandi progetti» negli Stati Uniti, aggiungendo di non essere coinvolto direttamente nella politica della nazione.
Secondo l’indagine del consorzio internazionale di reporter, il Team Jorge «addebiterebbe ai propri clienti tra 6 e 15 milioni di euro (6,4-16 milioni di dollari) per interferire nelle elezioni».
Durante gli incontri, secondo quanto riferito, il team ha dimostrato i propri metodi per influenzare le elezioni, che includevano cyber hacking e operazioni speciali.
Lo strumento chiave nell’arsenale del gruppo, tuttavia, sembra essere un pacchetto software chiamato Advanced Impact Media Solutions, o AIMS. Con il suo aiuto, riporta il sito russo RT, si ritiene che il gruppo controlli circa 30.000 bot sofisticati su varie piattaforme di social media.
Secondo quanto riferito, il team ha anche affermato di aver inserito le informazioni richieste in legittime testate giornalistiche. In questo contesto, il canale televisivo francese BFM ha sospeso uno dei suoi conduttori, dopo che uno dei membri del «Team Jorge» avrebbe detto a giornalisti sotto copertura che il gruppo era dietro un servizio trasmesso dal canale.
Israele si conferma, ad ogni modo, come attore internazionale di primo piano per quanto concerne la guerra cibernetica.
Uno dei programmi di spionaggio elettronico più avanzati mai visti, lo spyware Pegasus (il quale di fatto si impadronisce dello smartphone attaccato senza bisogno che l’utente clicchi alcunché) è al centro di polemiche internazionali e pure nazionali: secondo un giornale israeliano la polizia lo avrebbe utilizzato anche contro lo stesso clan Netanyahu, ora tornato per l’ennesima volta primo ministro dello Stato Ebraico.
Come riportato da Renovatio 21, Israele a inizio 2022 ha rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
A fine 2022 era emerso che centinaia di ex spie israeliane hanno ruoli di primo piano in Google, Facebook, Microsoft e Amazon.
Una lettera di Amnesty International, firmata da oltre 100 mila persone, chiede una moratoria internazionale sulla tecnologia di sorveglianza illegale.
Guerra cibernetica
Hackers cinesi colpiscono 70 Paesi

Hackers cinesi hanno compromesso organizzazioni in oltre 70 Paesi. Lo riporta un advisory congiunto delle agenzie federali USA, pubblicato dalla Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA).
«A partire dal 2021, attori legati al gruppo Ghost, situati in Cina, hanno attaccato vittime i cui servizi connessi a internet utilizzavano versioni obsolete di software e firmware», si legge nel rapporto firmato anche da FBI e Multi-State Information Sharing and Analysis Center. Una strategia semplice, quasi banale, che però ha permesso di colpire scuole, università, ospedali e persino reti governative. «Questi attacchi, condotti per profitto finanziario, hanno sfruttato vulnerabilità note, ma spesso ignorate», precisa il documento.
Il gruppo Ghost non sembra fare distinzioni: «le vittime si trovano in oltre 70 nazioni, inclusa la stessa Cina», sottolinea il rapporto, lasciando intravedere un’operazione tanto vasta quanto indifferente ai confini.
Qui sorge il dubbio: se il movente è il denaro, come mai tra i bersagli ci sono infrastrutture critiche e reti statali? Le autorità USA non lo dicono apertamente, ma il sospetto di una regia statale cinese aleggia tra le righe, soprattutto considerando precedenti avvertimenti su gruppi come Volt Typhoon, già accusati di preparare attacchi distruttivi contro l’Occidente.
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«Le organizzazioni devono aggiornare costantemente software e firmware», insiste la CISA, quasi a voler scaricare la colpa
Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.
Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.
A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.
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Guerra cibernetica
Londra ha chiesto ad Apple di poter spiare gli utenti in tutto il mondo

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Guerra cibernetica
WhatsApp avverte: nuovo attacco da parte di una società di spyware israeliana

La popolare piattaforma di messaggistica di Meta, WhatsApp, ha avvisato circa 100 giornalisti e membri della società civile di possibili violazioni dei dispositivi che coinvolgono spyware della società israeliana Paragon Solutions. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando un funzionario dell’azienda.
Secondo WhatsApp, è probabile che questi individui siano stati compromessi tramite un attacco zero-click, probabilmente avviato tramite un PDF dannoso inviato nelle chat di gruppo.
L’identità degli aggressori rimane sconosciuta, sebbene il software di Paragon sia solitamente utilizzato da clienti governativi. Dopo aver rilevato e interrotto lo sforzo di hacking, WhatsApp ha inviato una lettera di cessazione e desistenza a Paragon. L’incidente è stato segnalato alle forze dell’ordine e a Citizen Lab, un ente canadese di controllo di Internet.
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Reuters sostiene che Paragon ha rifiutato di commentare le accuse.
Il ricercatore del Citizen Lab John Scott-Railton ha dichiarato all’agenzia di stampa che l’incidente «ci ricorda che lo spyware mercenario continua a proliferare e, mentre ciò accade, continuiamo a vedere modelli familiari di utilizzo problematico».
Il sito web di Paragon pubblicizza «strumenti, team e approfondimenti basati sull’etica per interrompere minacce intrattabili» e afferma di vendere solo a governi di paesi democratici stabili. I prodotti dell’azienda includono Graphite, uno spyware che consente l’accesso totale al telefono.
Nonostante le affermazioni di Paragon sulle pratiche etiche, le scoperte di WhatsApp suggeriscono il contrario, ha detto a Reuters Natalia Krapiva, consulente legale senior per la tecnologia presso Access Now. Ha sottolineato che tali abusi non sono incidenti isolati, affermando: «non è solo una questione di alcune mele marce: questi tipi di abusi (sono) una caratteristica dell’industria dello spyware commerciale».
Questo incidente segue una serie di sfide legali contro le aziende di spyware israeliane. Nel dicembre 2024, un giudice statunitense ha stabilito che NSO Group, il produttore dello spyware Pegasus, era responsabile per aver hackerato i telefoni di 1.400 individui tramite WhatsApp nel maggio 2019, violando le leggi statali e federali statunitensi sull’hacking e i termini di servizio di WhatsApp. Un processo separato a marzo determinerà quali danni NSO Group deve a WhatsApp.
Documenti legali provenienti dal contenzioso statunitense in corso tra NSO Group e WhatsApp hanno rivelato che è il produttore di armi informatiche israeliano NSO Group, non i suoi clienti governativi, a installare ed estrarre informazioni utilizzando il suo spyware. Questa divulgazione contraddice la precedente affermazione di NSO secondo cui solo i clienti gestiscono il sistema senza il coinvolgimento diretto di NSO.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio 2024 Apple aveva avvertito gli utenti iPhone in 98 Paesi di attacchi spyware in arrivo sugli iPhone.
Il gruppo di difesa dei diritti umani Amnesty International aveva segnalato di aver scoperto la presenza di Pegasus, uno spyware altamente invasivo sviluppato dalla società israeliana NSO Group, sugli iPhone di importanti giornalisti indiani. Pegasus è stato sospettato di essere utilizzato anche contro una giornalista russa residente in Lituania, e di aver spiato lo stesso Benjamin Netanyahu.
Pegasus, che di fatto si impadronisce dello smartphone attaccato senza bisogno che l’utente clicchi alcunché, è al centro di polemiche internazionali e pure nazionali interne allo Stato ebraico.
Come riportato da Renovatio 21, Israele a inizio 2022 ha rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
A fine 2022 era emerso che centinaia di ex spie israeliane hanno ruoli di primo piano in Google, Facebook, Microsoft e Amazon.
Una lettera di Amnesty International, firmata da oltre 100 mila persone, chiede una moratoria internazionale sulla tecnologia di sorveglianza illegale.
Durante l’estate 2022 fu rilevato che il governo greco del primo ministro Kyriakos Mitsotakis cadde vittima di uno scandalo di iPhone hackerati, così da costituire la quarta crisi di governo di un Paese NATO (erano caduti i governi in Italia, Gran Bretagna, Estonia) nel giro di pochi giorni.
I giornali britannici hanno invece accusato la Russia di aver hackerato l’iPhone dell’ex premier britannica Liz Truss quando era ancora ministro degli Esteri.
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Immagine di Focal foto via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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