Economia
Gazprom chiude il gasdotto Nord Stream

Il colosso energetico russo Gazprom ha dichiarato oggi che rinvierà il riavvio del flusso di gas naturale attraverso il gasdotto Nord Stream che dalla Russia porta il combustibile in Germania.
Si tratta di un ritardo inaspettato che sembrerebbe essere parte del quadro più grande dei rapporti tra Occidente e Russia in questi mesi convulsi. Come noto, il gasdotto gemello, Nord Stream 2, doveva essere inaugurato proprio nei primi giorni del conflitto. Da due grandi tubi di gas russo, la Germania oggi se ne trova zero, e la Deutsche Bank che prevede il legno come combustibile per l’autunno invero 2022, mentre il vicecancelliere Habeck e funzionari degli Interni della Repubblica Federale e dei Land parlano con sicumera di imminenti rivolte civili.
La ripartenza di Nord Stream 1, chiuso ufficialmente per manutenzione, avrebbe dovuto essere sabato. Tuttavia Gazprom oggi ha comunicato che sarebbero state rilevate perdite durante le ispezioni di una stazione di compressione del gasdotto e che il gasdotto sarebbe stato chiuso fino a quando i problemi non fossero stati eliminati.
L’azienda russa ha fornito una sequenza temporale per il riavvio.
Il pensiero che fanno tutti, anche esplicitamente, è che si tratta ad una risposta al cosiddetto price cap, discusso e concordato poche ore prima dai ministri dell’Economia del G7: l’imposizione un meccanismo di massimale sui prezzi del petrolio russo.
«Funzionari europei affermano che la Russia sta tagliando le consegne di gas per punire l’Europa per la sua opposizione alla guerra in Ucraina» scrive il New York Times.
Gazprom aveva interrotto i flussi sul gasdotto Nord Stream 1 mercoledì. Si tratta del secondo taglio nel corso dell’estate. luglio il gasdotto è stato chiuso per 10 giorni , anche per manutenzione.
Qualora il flusso di gas fosse ripreso sabato, l’aspettativa era di appena il 20% della capacità complessiva del gasdotto.
Prima dell’ultimo annuncio di Gazprom, i prezzi dei future sul gas naturale di riferimento europeo erano scesi di circa il 10% venerdì a circa 216 euro per megawattora.
I prezzi sono scesi di oltre un terzo negli ultimi giorni poiché i livelli complessivi negli impianti di stoccaggio del gas europei hanno raggiunto l’80%, fornendo un cuscinetto contro ulteriori tagli al gas russo. Ma i prezzi dei futures sono ancora circa sette volte superiori rispetto a un anno fa, creando difficoltà alle famiglie e mettendo sotto pressione le imprese.
I Paesi UE hanno provato a compensare i deficit di gas russo dell’ultimo anno con importazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti e da altri paesi e dall’aumento dei flussi di gasdotti da produttori tra cui Norvegia e Azerbaigian.
Ora si teme per l’impatto anche solo psicologico che la notizia del Nord Stream 1 può avere sui mercati. Il rischio, segnalato da alcuni analisti, è quello di vedere altri tagli sugli ulteriori gasdotti che dalla Russia arrivano alla UE tramite Ucraina e Turchia.
In pratica: l’Europa è lasciata senza gas, cioè senza possibilità di mandare avanti l’economia e pure di riscaldare le abitazioni dei cittadini. L’Europa è letteralmente alla canna del gas, a partire dalla sua locomotiva, la Germania.
La domanda da porsi a questo punto è: come siamo arrivati a questo punto?
O meglio: com’è possibile che politici e funzionari ci abbiano trascinati fin qui?
Renovatio 21 prova a dare un paio di risposte.
La prima, di ordine politico e geopolitico, riguarda il vuoto di potere alla Casa Bianca, dove ora risiede un presidente in demenza senile conclamata. In mancanza di una leadership, poteri dello Stato profondo USA stanno approfittando per alterare gli equilibri mondiali, schiacciando una volta per tutte la UE (considerata il vero competitor degli USA nel famoso documento neocon del Project for an American Century) e arrivando a fare una guerra diretta, cinetica, forse domani pure termonucleare, alla Russia, che è una superpotenza atomica concorrente.
Quindi: nella follia di Biden, prosperano i personaggi peggiori del dietro le quinte di Washington, con i loro progetti oscuri e sanguinari e il loro odio immortale per chi viene percepito come nemico del loro clan.
La seconda, ad un livello inferiore, potrebbe pure intersecarsi con la prima. E se tutto questo – la guerra, la continua provocazione della Russia, il conseguente questo stesse avvenendo perché l’oggetto dell’operazione è, più che la «democrazia in Ucraina» (risate), la distruzione della popolazione occidentale?
Come può cambiare, come può riprendersi la gente europea dopo una carestia che li renderà poveri ed affamati, se non materialmente morti di freddo?
Quale società può emergere da un simile trauma?
Quali nuove restrizioni può essere disposto ad accettare un popolo stremato fino a questo punto
Cosa succederà alla natalità in un mondo similmente disastrato 0 – qualora essa dovesse rimanere legale?
Oramai i segni in questa direzione da considerare sono tante.
È chiaro che qui non solo stiamo toccando con mano cosa significa la sovranità limitata – in Italia come in ogni altro Paese del blocco.
Stiamo comprendendo anche il livello di tradimento delle élite, che ci hanno consegnato al piano della nostra stessa distruzione.
In un articolo pubblicato oggi da Renovatio 21, uno studioso nero americano raccontava di come le élite africane dell’epoca avessero collaborato con gli schiavisti europei, vendendo i loro stessi popoli.
Ora la situazione è peggiore: perché le élite ci hanno venduto al potere che ci vuole sottomettere ma anche eliminare, nel corpo, nella mente e nella memoria.
Il gas, la guerra, il collasso è per il Grande Reset. Nessuno di voi pensi di potervi sfuggire.
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Economia
Petrolio, l’Iraq avverte: si va verso i 300 dollari al barile

L’escalation delle tensioni in Medio Oriente e la possibile chiusura dello Stretto di Hormuz potrebbero far salire i prezzi del petrolio fino a 300 dollari al barile, ha avvertito il ministro degli Esteri iracheno Fuad Hussein durante una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul.
Venerdì mattina, gli aerei israeliani hanno bombardato siti militari e nucleari in tutto l’Iran, dando il via a un continuo scambio di ostilità tra i due Paesi.
Secondo Hussein, i prezzi del petrolio potrebbero salire fino a raggiungere una cifra compresa tra 200 e 300 dollari al barile «se dovessero scoppiare operazioni militari, il che aumenterebbe significativamente i tassi di inflazione nei paesi europei e complicherebbe le esportazioni di petrolio per gli stati produttori come l’Iraq».
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La chiusura dello Stretto di Hormuz, una via di trasporto fondamentale, potrebbe «comportare la perdita di circa cinque milioni di barili al giorno dalle forniture di petrolio del Golfo e dell’Iraq sul mercato globale», ha affermato il ministro degli Esteri iracheno.
Lo Stretto di Hormuz è un passaggio marittimo cruciale attraverso il quale transita circa il 20% del petrolio mondiale. Sabato, il parlamentare iraniano e comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, Esmail Kousari, ha dichiarato che Teheran sta seriamente valutando la possibilità di chiudere lo stretto al traffico marittimo.
Gli analisti hanno evidenziato il potenziale impatto di una simile chiusura sui prezzi globali del petrolio. Gli analisti di JPMorgan stimano che, in uno scenario grave, il petrolio potrebbe salire a 130 dollari al barile. Altri esperti suggeriscono che un blocco totale potrebbe spingere i prezzi ancora più in alto, con alcune previsioni che potrebbero raggiungere i 300 dollari al barile.
Venerdì, i prezzi del greggio Brent sono saliti del 7%, raggiungendo i 74,23 dollari al barile, in risposta ai primi attacchi. Sebbene Israele non abbia preso di mira i principali siti di esportazione petrolifera iraniani, gli analisti avvertono che futuri attacchi potrebbero avere gravi ripercussioni sulle forniture di petrolio. Al contrario, la Repubblica Islamica potrebbe reagire interrompendo le spedizioni di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuzzo.
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Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi i prezzi mondiali del petrolio sono aumentati a cause delle ultime sanzioni alla Russia.
Nel frattempo, in Russia, il capo della commissione per la politica dell’informazione del Consiglio della Federazione, Aleksej Pushkov, ha affermato che il conflitto tra Israele e Iran potrebbe portare a un aumento significativo dei prezzi del petrolio a causa del possibile blocco del Golfo Persico da parte di Teheran.
Come riportato da Renovatio 21, otto mesi fa la Banca d’Inghilterra aveva lanciato l’allarme shock sui prezzi del petrolio.
Negli ultimi mesi ha fatto la sua ricomparsa sul mercato anche il petrolio libico.
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Economia
La trappola degli Stablecoin: parlano gli esperti

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Economia
L’oro supera l’euro nelle riserve globali

L’oro ha superato l’euro, diventando la seconda riserva mondiale per valore di mercato. Lo sostiene la Banca Centrale Europea.
La BCE attribuisce questo cambiamento agli acquisti record da parte delle banche centrali e alle crescenti tensioni geopolitiche.
Le banche centrali hanno aumentato le loro riserve auree di oltre 1.000 tonnellate nel 2024, il doppio della quantità media annua registrata nel decennio precedente, portando il totale delle riserve ufficiali a 36.000 tonnellate, vicino al picco del 1965 durante l’era di Bretton Woods, secondo la BCE.
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«Questa riserva, insieme ai prezzi elevati, ha reso l’oro la seconda riserva globale per valore di mercato nel 2024, dopo il dollaro USA», ha dichiarato mercoledì la BCE nella sua analisi annuale del ruolo internazionale dell’euro.
In termini di valore di mercato, l’oro rappresentava il 20% delle riserve ufficiali globali alla fine del 2024, superando l’euro al 16%. Il prezzo dell’oro è aumentato di quasi il 30% nel 2024, raggiungendo massimi storici superiori a 3.500 dollari l’oncia troy, aumentando significativamente la sua quota nei portafogli di riserva.
La BCE ha rilevato che «due terzi delle banche centrali hanno investito in oro a fini di diversificazione, mentre due quinti lo hanno fatto per proteggersi dal rischio geopolitico». Molti dei maggiori acquirenti sono stati le economie emergenti, in particolare quelle geopoliticamente meno allineate con l’Occidente.
Sebbene la quota dell’euro nelle riserve globali, misurata a tassi di cambio costanti, si sia mantenuta stabile intorno al 20%, è stata superata in termini di valore di mercato a causa dell’impennata del prezzo dell’oro. «Il ruolo internazionale dell’euro è rimasto sostanzialmente stabile nel 2024», ha osservato la BCE, sottolineando che l’euro è rimasto la seconda valuta più utilizzata in assoluto.
La BCE ha inoltre osservato che «alcuni Paesi hanno attivamente esplorato alternative ai tradizionali sistemi di pagamento transfrontalieri».
Questi Paesi sono principalmente «fortemente influenzati da fattori geopolitici» come il conflitto in Ucraina e le conseguenti sanzioni, le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina, l’instabilità in Medio Oriente e una più ampia spinta dei paesi BRICS a ridurre la dipendenza dai sistemi finanziari occidentali.
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La BCE ha inoltre avvertito che l’euro si trova ad affrontare nuove sfide derivanti da sviluppi come il crescente ruolo delle criptovalute nei pagamenti transfrontalieri e il crescente utilizzo di stablecoin garantite dai titoli del Tesoro statunitensi. Secondo il rapporto, la quota del dollaro USA nelle riserve valutarie è leggermente diminuita al 57,8%.
Come riportato da Renovatio 21, un anno fa, quando si parlava di massimo storico, l’ora aveva raggiunto «appena» i 2.400 dollari l’oncia.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2024 la Russia aveva parlato di un ritorno all’economia basata sul valore dell’oro. Gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrij Mitjaev avevano sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo mentre «salta giù» dal sistema basato sul dollaro in bancarotta e aiuta a stabilire una nuova architettura finanziaria internazionale. La proposta era quella di una sorta di «rublo d’oro 3.0».
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