Pensiero
Ecco il reato di femminicidio. E la fine del diritto

Femminicidio, tanto tuonò che piovve. Di questa ennesima «conquista di civiltà» si era già tanto sentito a fasi intermittenti, e i giochi sembravano fatti da tempo.
Il termine sgangherato circolava da quando quella idea distorta era già stata inoculata di soppiatto in quel capolavoro di brigantaggio legislativo che aveva assunto da solo il titolo onorifico di «Buona scuola». Infatti, faceva corpo unico col pacchetto avvelenato del gender per tutti, da distribuire nelle scuole di ogni ordine e grado per la formazione adeguata delle inermi giovani generazioni.
Un pacchetto confezionato nientemeno che a Istanbul, nel 2011 con la Convenzione stilata lì, chissà perché, dal Consiglio Europeo. Dunque farina del sacco di Bruxelles, come tutto il ciarpame che viene prodotto e distribuito da anni nella indifferenza o nella ignoranza di popoli da esso contaminati e oppressi. Infatti, tutto viene metabolizzato e alla fine legittimato in un processo di adeguamento passivo che sembra non dare scampo.
Sostieni Renovatio 21
Il DDL accolto trionfalisticamente dalle signore (ma anche dai signori) della politica, è lo specchio di un degrado culturale e in particolare giuridico che potrebbe diventare inarrestabile, di cui essi non arrivano minimamente a valutare le conseguenze, per grossolana ignoranza in alcuni casi, ma forse per mirata malafede in altri.
Di certo, ancora una volta si va ad intaccare il meccanismo sapiente e coerente, e per questo delicato, del sistema penale, ignorando o mettendo in programma conseguenze capaci di minare gli stessi assetti, peraltro già traballanti, dell’ordinamento giuridico e istituzionale.
Per mettere a fuoco correttamente quale sia veramente la posta in gioco, occorre lasciare da parte il contorno folkloristico del piagnisteo fuori tempo massimo e fuori luogo in cui il politicume di ogni colore cerca di ritagliare una propria aggiornata credibilità.
Tra Sette e Ottocento, menti illuminate e sostenute da una solidissima cultura umanistica, sentirono l’urgenza di dedicarsi allo studio della legge penale, con la speranza e la volontà di apportare ad essa quel contributo di conoscenza e di pensiero con cui gettare le basi dei moderni sistemi penalistici.
Era stato messo a fuoco come il problema eterno del delitto e della pena, da sempre fondamentale per la vita di una comunità organizzata, in un tempo in cui la tortura era ancora uno strumento per «rendere giustizia», portava con sé quello di un nuovo rapporto tra cittadino e potere che doveva essere e poteva essere riformulato sulla scia degli eventi rivoluzionari.
Si trattava di fondare lo «stato di diritto», dove il cittadino possa ottenere la protezione della legge anche nei confronti del potere costituito, e in cui tutte le moderne società sedicenti «democratiche» aspirano a sentirsi incastonate (va detto per onore di cronaca che per nostra signora di Bruxelles lo stato di diritto significa dovere dei sudditi di obbedire simul ac cadaver alle «regole» UE).
Ci si è resi conto che il diritto penale deve dunque difendere la società dai comportamenti antisociali dei singoli, ma anche dall’arbitrio del giudice e del legislatore. Ma queste finalità possono venire raggiunte attraverso l’elaborazione di un sistema di norme ordinate secondo una logica precisa e articolata. Con una tecnica legislativa capace di garantire il più possibile quegli obiettivi attraverso una precisa rete concettuale, che non deve lasciare spazio alla distorsione dei principi e della loro vocazione ordinatrice.
Anzitutto debbono essere individuati i valori che assicurano le condizioni di conservazione e sviluppo della società e che, come tali, vengono chiamati «beni giuridici».
Il reato è il comportamento lesivo che, offendendo quei valori predeterminati, mette in pericolo queste condizioni, e deve essere combattuto attraverso la minaccia prima, e l’applicazione poi, della pena da parte dello Stato. Questo assume il ruolo di chi subisce l’offesa in quanto espressione della intera collettività, e dispone del potere di infliggere la sanzione utilizzando i mezzi necessari allo scopo.
Se il reato è dunque la violazione di un valore meritevole di tutela, quello che viene punito è il fatto che viola il bene giuridico, indipendentemente dalle qualità di chi sia vittima del reato, qualità che incidono soltanto sulla gravità e quindi eventualmente sulla quantità della pena.
I fatti lesivi del valore tutelato vengono «tipizzati» cioè indicati in schemi astratti predeterminati che limitano l’oggetto dell’accertamento del fatto concreto da parte del giudice. La tipizzazione garantisce all’individuo di non essere esposto ad una incriminazione e ad un giudizio arbitrari, e al tempo stesso definisce il valore oggettivo tutelato, ovvero il bene giuridico violato dal fatto indipendentemente dal soggetto che ne sia portatore particolare.
Così, se ad essere tutelata è la vita umana, o la proprietà, o la fede pubblica, il valore offeso rimane il medesimo chiunque sia la persona offesa, salvo la graduazione della pena, come si diceva, se il fatto è stato commesso ai danni ad esempio di un minore o di persona in condizioni di menomazione fisica o psichica.
La tecnica normativa non si manifesta dunque come un informe catalogo di divieti e di minacce, ma come una rete concettuale determinata volta a comporre le esigenze contrapposte di difesa della società e di difesa da un uso arbitrario del potere punitivo. Si tratta di un sistema che risponde ad una logica che garantisce nei limiti del possibile l’applicazione corretta della legge e il soddisfacimento di quelle esigenze di tutela.
Così ad esempio, per venire al caso in questione, se il reato venisse calibrato sulle caratteristiche della persona offesa, avremmo un sistema penale basato su discriminazioni e privilegi, cioè esattamente in opposizione con quella che riconosciamo come una conquista di civiltà giuridica, ovvero di civiltà tout court.
Un ritorno al tempo che pensavamo seppellito per sempre nella modernità, in cui l’uccisione di un feudatario era ritenuto più grave di quella del servo della gleba, e punito di conseguenza. E viene in mente in proposito la tremenda pena per squartamento, peraltro non proprio eccezionale, inflitta all’attentatore di Francesco I qualche secolo fa.
Ma tutto questo sfugge evidentemente ai virtuosi promotori, ai propagandisti di regime, ai mestatori di ogni risma, a politici impegnati per definizione, non si sa bene in cosa, fino alla Presidenza del Consiglio e dintorni, dove si fa sfoggio di qualche carenza formativa almeno sul piano dei concetti giuridici più elementari. Carenza che peraltro non andrebbe sottovalutata.
Infatti, in questa nuova forma di reato di genere, si potrebbe vedere, in fondo, il rovescio di quell’ «uccidere un fascista non è reato» che spopolava nei tempi d’oro della guerra per bande politiche. Perché il principio è lo stesso: il reato dipende dalla qualità della vittima. Ma su una base del genere si possono aprire scenari di ogni tipo nel grande varietà in movimento di cui siamo spettatori spesso attoniti.
Non occorre spendere ancora parole sulla disperante campagna fumogena che viene alimentata sul tema e che è ormai sotto gli occhi di tutti. Ma basterebbe che si acquisisse coscienza anche della estrema pericolosità dello slittamento di un intero sistema normativo che, con inaudita irresponsabilità da parte degli organi di governo, viene intaccato nei suoi cardini e nelle sue chiavi di volta.
Perché senza una presa di posizione fortissima contro questa deriva da parte di giuristi e politici oculati, le conseguenze potranno diventare incontrollabili.
Patrizia Fermani
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Pensiero
Voi che uccidete Dio. E noi che lo permettiamo

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Pensiero
Il re della morte parla in Parlamento. La democrazia italiana applaude

È una tremenda verità rivelata, quasi per isbaglio, da un kolossal non riuscitissimo di una ventina di anni di fa.
Ricordate? Il futuro imperatore, adepto del Lato Oscuro, si presentava a camere galattiche unite per proclamare la «riorganizzazione» della Repubblica e, implicitamente, l’avvento di un impero totalitario sotto il suo comando.
«Così muore la democrazia, tra scroscianti applausi» commentava la senatrice che aveva capito il piano diabolico.
La frase non è esattamente questa – forse il film di Giorgio Lucas diceva «libertà» invece che «democrazia», ma sappiamo come nel fondale di cartapesta dello Stato moderno queste parole sono intercambiabili. La verità contenuta in questa battuta, tuttavia, la riteniamo incontrovertibile.
Sostieni Renovatio 21
Specie dopo aver visto lo spettacolo allucinante del Re britannico che pontifica nel cuore della sedicente democrazia italiana, il Parlamento. Di certo, un’esperienza rivelatoria, su tanti, troppi livelli. Perché il discorso che ha fatto, con tutti i tasti politici, geopolitici, metapolitici toccati con decisione, ha un’importanza storica di conferma sia del rapporto di sudditanza occulta tra Roma e Londra sia del ruolo metafisico che Albione e gli Windsor hanno nella storia del mondo.
Notate come i giornali, e gli ebeti che si fanno riempire la testa delle loro menzogne, abbiano sottolineato, nel discorso di re Carlo, il fatto che abbia citato Dante e persino «parlato», per qualche secondo, in Italiano. Cioè: ha letto da un foglio. Applausi.
Come se il re parlasse davvero la nostra lingua, con la tranquillità di utilizzare il connettivo «peraltro», che i parlamentari di interi partiti italiani mai pronunciato in vita loro, ammesso che sappiano che esistano gli avverbi.
Certo, voleva fare il figurone, come, peraltro, lo aveva fatto a Parigi due anni fa: Renovatio 21 ne parlò, il repubblicano Macron gli organizzò un festone, con quantità di divi veri (da Mick Jagger in giù) a… Versailles, luogo che ovviamente oggi ha un suo significato preciso. Lì, nel più totale disprezzo della plebe che venivano da mesi in erano stati proibite perfino i pranzi di Pasqua in famiglia e da costi energetici insostenibili, tra banchetti e sfarzo assoluto, il Carlo aveva dimostrato di parlare un francese ottimo, come una volta usava nell’Inghilterra che studiava.
Cost of living crisis? That’s just for the plebs. Meanwhile at the Palace of Versailles, King Charles, President Macron and various celebrities and politicians indulged in a lavish State Banquet back in 2023.pic.twitter.com/CmjkjvRAbM
— James Melville 🚜 (@JamesMelville) September 6, 2024
Iscriviti al canale Telegram
Carlo nel lusso di Versailles, ospite dei figli della Rivoluzione francese. Era come dire: i re rimangono re, se sono dalla nostra parte.
Ci viene in mente, tuttavia, che la poliglossia dei reali britannici ci aveva fornito, in passato, un’altra visione, secondo alcuni (quelli che non conoscono la storia dell’aristocrazia europea, e degli Windsor) inquietante: il principe Filippo, padre di Carlo, che parla un tedesco ultrafluente. Gli Windsor, dove Filippo ha appeso il cappello, sono in realtà una famiglia della nobiltà germanica, i Sassonia Coburgo-Gotha, e Windsor è un nome preso da un paesino di campagna a caso (un rebranding si direbbe nel marketing) per sembrare più inglesi.
È proprio lui, il principe di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta: quello che aveva giurato di volersi reincarnare in un patogeno in grado per uccidere milioni di persone. Come sa il lettore di Renovatio 21, l’ambientalismo, cioè l’antiumanismo, è una costante degli Windsor, vera famiglia della morte, e viene trasmesso, a quanto sembra, geneticamente.
E l’antiumanismo ereditario è tornato anche nel discorso di Roma, con i nostri rappresentanti a spellarsi le mani: quando con il secondo avvento di Trump pare essere cominciato il tramonto dell’ambientalismo di Stato e dei suoi dogmi, ecco che il re proclama l’emergenza del Cambiamento Climatico (argomento da cui, abbiamo visto, pare guadagnarci…), con tutte le solite storielle ripetute a pappagallo: le tempeste che ora sono ogni anno invece che ogni generazione, etc. Piove, governo ladro, avrebbe detto i mazziniani – che del resto erano pagati e programmati proprio dagli inglesi.
Anche questo, incredibilmente, è stato detto dal re nel suo discorsone: l’importanza del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Si tratta di un momento di sincerità storica che, infine, va apprezzato, anche se un pat-pat – di quelli che operano sui loro amati cagnolini – in testa a qualche rappresentante democratico italiano avrebbe completato il quadretto in modo consono.
Poi, l’Ucraina: il messaggio è lo stesso, sempre. Tre anni fa lo aveva detto agli italiani anche Boris Johnson prima di mollare Downing Street: fate il governo che volete, ma continuate ad armare e sostenere Kiev.
Il re britannico ordina all’Italia di immolarsi nella sua guerra, quella che Londra porta avanti da almeno duecento anni: il «Grande Gioco» dello scontro di Albione, potenza talassocratica, con la Russia, potenza tellurica, per il controllo del mondo. La teoria della Heartland del pioniere della geopolitica Alfred Mackinder – l’idea per cui chi controlla il centro dell’Eurasia controlla il mondo – è venuta dopo, quando già Londra combatteva una guerra occulta con i russi nell’India, Pakistan, Afghanistan di Kipling.
L’enormità storica e metastorica del discorso di Carlo si fa, per noi, intollerabile. Ma, che volete farci, da queste parti si ha una visione delle cose di un certo tipo. Non possiamo pensare che gli altri la pensino come noi… oppure sì?
Perché, effettivamente, l’immagine più significativa offerta da Carlo in Parlamento riguarda chi era al suo lato. Da una parte, il presidente della Camera Ignazio La Russa, un uomo cresciuto nel MSI e ora militante in FDI, partiti che definiscono post-fascisti, dove la fiamma contenuta nel loro simbolo, raffigurerebbe la fiaccola che arde sulla tomba di Benito Mussolini a Predappio.
Benito Mussolini, quello che la giovane Meloni definiva come «statista», e che aveva diffuso quell’espressione chiarissima: «la perfida Albione».
Come non farsi venire in mente l’impressionante manifesto di Gino Boccasile (1901-1952) che celebrava la distruzione di Londra da parte dei V2 tedeschi.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Insomma: chi è cresciuto nella destra italiano aveva della Gran Bretagna una certa idea. Almeno fino a Fini, che, notate, prima di essere mandato a Gerusalemme con la kippah, aveva fatto i suoi giri di sdoganamento a Londra – dove peraltro, altro mistero, ad una certa hanno cominciato a rifugiarsi gli estremisti neri che avevano la Giustizia italiana alle calcagna…
La Russa sorride e batte le mani sul fianco destro del re della «perfida Albione». Sul fianco sinistro un’altra figura che, in teoria, proviene da una cultura non esattamente anglofila il tradizionalismo cattolico. Un giro che legge la storia britannica, e le sue ramificazioni mondiali, in modo un po’ diverso da come viene presentata: dal tradimento di Enrico VIII all’assassinio del cattolico Guido Fawkes, eroe fatto squartare dal re per aver cospirato per il ritorno del cattolicesimo in terra anglica, dalla follia della Chiesa anglicana alla decadenza dei costumi recenti proveniente dalla swinging london, dalla massoneria alle persecuzioni dei cattolici nei secoli.
E niente, anche da parte cattolica: sorrisi e applausi.
E sì che, anche senza essere integristi con il pallino della storia del mondo, da cattolici ci sarebbe tanto da dire al re, anzi, basterebbe fare qualche nome: Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory… e tanti altri bambini trucidati da Giudici della Corona e dal sistema sanitario del Regno votato all’utilitarismo più mostruoso e assassino del «best interest».
Rammentiamo: all’epoca i partiti pseudocattolici si mossero per dare ad Alfie la cittadinanza italiana, di fatto per togliere il bambino dalla condanna a morte del Regno sul cui trono ora siede il Carlo.
Come abbiamo scritto su Renovatio 21, il mancato intervento della famiglia reale in questi tragici casi – che smuovevano anche laggiù masse di persone, con miriadi di persone in lacrime che circondavano gli ospedali in preghiera, e gli ultras delle curve a cantare allo stadio a favore dei bambini in procinto di essere massacrati – non è un caso, non è una svista: è una feature precisa della famiglia, la cui consonanza con la Necrocultura è un dato storico, dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore o i milioni consegnati a Carlo in buste della spesa dai famigli di Bin Laden, il rapporto con il controverso miliardario russo-americano Armand Hammer, o i rapporti sporadici con i nazisti, il ritratto inquietante saltato fuori mesi fa…
La verità è che la materia inquietante non è in superficie, non è chiacchiera da rotocalco, né misfatto dietro le quinte: pare essere nella struttura stessa del casato.
Perché, ribadiamo, quella degli Windsor è una dinastia della morte, come ve ne sono, ai vertici mondiali, altre, anche non coronate, ad esempio i Rockefeller. Giornali e politicanti non solo non condividono questa prospettiva, ma la occultano con l’arma di distrazione di massa del gossip. Anni a parlarci delle vicende della Casa Reale, come se ciò avesse qualche importanza per noi. La famiglia media che mangia dinanzi al televisore magari non sa nulla di Alfie Evans e Guy Fawkes, ma sa tutto delle avventure amorose di Guglielmo ed Enrico, che per qualche ragione ora, a differenza di Carlo, vengono chiamati nelle loro lingua (i principi «William» ed «Henry»: sudditi, abituatevi all’inglese, è l’era CLIL).
Abbiamo visto l’arma di distrazione di massa sparata anche nel discorso romano del re. Carlo si è riferito alla «regina», e la cosa ha fatto un certo effetto: Camilla, i TG ci hanno insegnato a chiamarla così, ora in effetti è regina. Il re ha amorevolmente detto che era il ventesimo anniversario di matrimonio. Applausi.
Ma come? Camilla? Per anni i giornali ce l’avevano definita come la homewrecker reale, la spacca famiglia di Corte, con ogni storia a suo favore amplificata a più non posso: ecco i commenti animali sul suo aspetto fisico, ecco la questione del figlio birichino che potrebbe avere una cattiva influenza sull’erede al trono (e futuro fratellastro).
Nessuno pare avercela più con Camilla: i giornali del resto servono a questo, ti dicono cosa devi pensare, e poi ti fanno dimenticare, per farti pensare altro. Ecco che la love story di Carlo e Camilla da prurigine grottesca diventa evento da applaudire a Camere riunite.
Perché poi, scusate, avete scordato Diana? Avete scordato cosa il quivis de populo, britannico come italiano, dice della morte della principessa sotto il tunnel dell’Alma a Parigi? Tutti quei servizietti ammiccanti che talvolta potevano far capolino brevemente nella stampa mainstream… Tutto è perdonato.
Dimenticate tutto. Tanto a ricordarvi le vostre priorità ci pensa il capo di quel Regno che trucida i bambini malati e ti arresta per un tweet o una preghiera fatta nella tua mente. Carlo, con gli italiani, è stato chiaro, e sincero: vivete nello Stato creato dal nostro agente Garibaldi, ora sottomettevi del tutto al dogma climatico, e continuate a sostenere la guerra contro la Russia.
Scroscianti applausi.
Questa è la realtà della «democrazia» in Italia.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Pensiero
Perché non stupirsi se Mattarella premia Burioni

Sostieni Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Pensiero2 settimane fa
Perché non stupirsi se Mattarella premia Burioni
-
Pensiero2 settimane fa
Il re della morte parla in Parlamento. La democrazia italiana applaude
-
Predazione degli organi1 settimana fa
Aumentano le opposizioni all’espianto degli organi. Gli italiani stanno comprendendo la realtà della predazione?
-
Epidemie2 settimane fa
I vaccini antinfluenzali di quest’anno hanno aumentato del 27% il rischio di influenza
-
Spirito2 settimane fa
Nomina esplosiva in Vaticano
-
Epidemie2 settimane fa
Il manuale dei media per il morbillo assomiglia molto a quello COVID: questa volta, i bambini sono le pedine
-
Spirito2 settimane fa
Mons. Schneider: il prossimo papa deve «abrogare e condannare» gli errori di Bergoglio
-
Cancro5 giorni fa
Vaccini e virus COVID stanno causando l’esplosione del cancro: parla il medico miliardario