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Economia

Distruggi l’economia, vinci un premio Nobel

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L’ex presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha ricevuto nel 2022 il Premio Nobel per l’economia per i suoi scritti su come il governo dovrebbe rispondere ai fallimenti bancari.

 

Onorare Bernanke per i suoi consigli su cosa dovrebbe fare il governo quando le banche falliscono è come dare un premio per la sicurezza antincendio a un piromane.

 

Bernanke era presidente della FED quando la bolla immobiliare, creata dal suo predecessore Alan Greenspan sulla scia dello scoppio della bolla tecnologica di Greenspan e degli attacchi dell’11 settembre, è esplosa.

 

Quando il mercato immobiliare è crollato, Bernanke ha lavorato con il Congresso e l’amministrazione Bush per salvare le grandi banche e le aziende di Wall Street.

 

Negli anni successivi al tracollo, la FED guidata da Bernanke ha cercato di «stimolare» l’economia attraverso la massiccia creazione di denaro, tassi di interesse prossimi allo zero e «quantitative easing», in cui la FED inietta liquidità nel mercato tramite l’acquisto di attività finanziarie tra cui le obbligaizoni del Tesoro.

 

Le politiche post-crollo della FED hanno prodotto nel migliore dei casi una crescita lenta, gettando le basi per il prossimo crollo. Un segno che il prossimo crollo era dietro l’angolo è arrivato nel settembre del 2019, quando la Federal Reserve ha iniziato a pompare miliardi di dollari al giorno nel mercato del «riacquisto», che le banche usano per scambiarsi da un giorno all’altro prestiti fra loro, al fine che i tassi di interesse del mercato si mantengano non al di sopra del tasso posto come obiettivo dalla FED.

 

Il lockdown del COVID ha quindi fornito alla FED una scusa per portare i tassi di interesse a zero ed espandere in modo massiccio il quantitative easing.

 

Le azioni della FED  sono il principale colpevole dell’inflazione dei prezzi che affligge l’economia americana.

 

La FED ha risposto all’inflazione dei prezzi aumentando i tassi di interesse, sebbene i tassi rimangano molto più bassi di quanto sarebbero in un mercato libero. Il fatto che anche questi aumenti relativamente modesti abbiano contribuito a spingere la fragile economia in recessione mostra l’instabilità del nostro sistema economico basato sul debito.

 

Bernanke e il Congresso avrebbero dovuto rispondere al tracollo lasciando che la recessione che seguì il tracollo facesse il suo corso. Questo è l’unico modo in cui l’economia può adattarsi alle distorsioni del mercato causate quando la FED aumenta l’offerta di moneta e abbassa i tassi di interesse.

 

Coloro che temono che questo approccio «non fare niente, stai fermo» possa infliggere dolore economico a lungo termine al popolo americano dovrebbero considerare la depressione economica del 1920. Durante questa depressione, la FED si è astenuta dal cercare di «stimolare» il economia e il Congresso ha effettivamente tagliato la spesa. Il risultato è stato che la recessione è stata rapidamente superata.

 

Purtroppo, le lezioni del 1920 sono in gran parte ignorate dagli storici economici tradizionali.

 

In risposta alla mia domanda in un’audizione del Comitato per i servizi finanziari, l’allora presidente della FED  Ben Bernanke ha ammesso di non considerare l’oro come denaro

 

Naturalmente, l’oro e altri metalli preziosi sono denaro perché gli individui li hanno selezionati ogni volta che avevano la libertà di scegliere una valuta. Uno dei motivi è che i metalli preziosi sono particolarmente adatti a fungere da unità di conto stabile.

 

Al contrario, i governanti del governo hanno preferito la moneta legale proprio perché non può mai fungere da unità di conto onesta a causa del suo valore costantemente manipolato dai banchieri centrali. Questo è spesso fatto per volere di politici assetati di potere.

 

Pertanto, in un sistema monetario di valute fiat non possiamo conoscere il vero valore di beni e servizi.

 

Questo è il motivo per cui per creare un’economia sana che fornisca prosperità, dovremmo controllare e poi porre fine alla FED.

 

 

Ron Paul

 

 

Articolo previamente apparso sul sito del Ron Paul Institute for Peace and Prosperity, ripubblicato secondo le indicazioni.

 

 

 

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Economia

AI, capitalismo ultra-finanziario e erosione dei diritti fondamentali dell’uomo

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Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).

 

Parere (n. 26): sull’erosione dei diritti fondamentali dell’uomo causata dalla diffusione del capitalismo ultra-finanziario e digitale e dell’intelligenza artificiale

 

È indubbio che la caratteristica principale del capitalismo contemporaneo è la sua dipendenza dalla creazione di crescenti volumi di liquidità diretti a sostenere i mercati finanziari, a fronte della demolizione sistematica dell’economia reale fondata sulla produzione di beni e servizi destinati al consumo di massa.

 

Questo processo è iniziato negli anni Settanta, con l’introduzione su larga scala dell’automazione nei processi produttivi: da allora, il capitale non ha più potuto, o voluto, riassorbire la massa di lavoro salariato che si andava progressivamente disoccupando e ha preferito trovare rifugio nei mercati finanziari, dove il danaro fa lavorare il danaro, e non le persone.

 

Il carattere fittizio dell’economia post-industriale si è accentuato ulteriormente con la rivoluzione neoliberista degli anni Ottanta, quando la frenesia speculativa – specialmente sulle obbligazioni, titoli di debito societari e sovrani – ha iniziato ad assumere vita propria, estendendosi nel tempo fino a travolgere ogni possibile corrispondenza tra i titoli negoziati e il loro valore reale. 

 

Oggi, sembra di essere giunti a un punto di non ritorno: se, per qualsiasi motivo, l’appetito per le obbligazioni viene meno, la legge dell’auto-espansione del capitale fa sì che scendano in campo le banche centrali per stampare denaro contante e consentire, così, l’acquisto dei titoli obbligazionari rimasti invenduti.

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La gestione centralizzata di questa bolla di debito, dove la «crescita» viene letteralmente simulata grazie a massicce iniezioni di credito a opera delle Banche Centrali, costituisce l’ultimo baluardo a difesa dei mercati finanziari e, in definitiva, dell’intero sistema economico contemporaneo.

 

Non a caso questa operazione di soccorso è ormai divenuta permanente, tenuto conto del fatto che l’alternativa a una politica inflattiva consisterebbe solo nell’aumento sostenuto dei tassi di interesse, che a sua volta provocherebbe il crollo dei mercati, la polverizzazione di capitali a tutti i livelli e, a cascata, fallimenti d’impresa, licenziamenti di massa e conseguenti ondate di caos sociale.

 

In altri termini, se la scelta è tra affossare la valuta per salvare il sistema o affossare il sistema per salvare la valuta, non stupisce che l’opzione seguita dalle banche centrali – e caldeggiata dalle élites – sia quella di proteggere a ogni costo il sistema, ossia i mercati, anche a costo di abbassare i tassi di interesse, ossia il costo del denaro, per creare ulteriore liquidità inflattiva: e quindi affossare la valuta per generare altro debito. 

 

Un dato può tornare utile: tra l’ultimo semestre del 2019 e il primo del 2020, proprio mentre il mondo cominciava a essere distratto dall’emergenza COVID, la banca centrale degli Stati Uniti d’America ha elargito alle banche d’affari a corto di liquidità l’astronomica e sbalorditiva cifra di 48mila miliardi di dollari, più del doppio del PIL statunitense di allora. (1)

 

Questo dato permette di comprendere a un tempo perché espansioni monetarie e distorsioni finanziarie siano diventate endemiche e necessarie al sistema e perché la sopravvivenza del capitalismo ultra-finanziario dipende dalla sua capacità di tenere sotto controllo popolazioni sempre più improduttive, impoverite e superflue, gestendo un declino sociale che vede le classi medie proletarizzarsi a fronte della frammentazione del vecchio proletariato industriale in una moltitudine di disoccupati, sottoccupati, precari e soggetti che rinunciano tout court a cercare lavoro. 

 

Ovviamente, la rischiosa combinazione tra impoverimento e reazione della popolazione deve essere controllata in qualche modo: e se guerre, epidemie e derive eutanasiche non bastassero a eliminare i «quattro miliardi di mangiatori inutili» lamentati da esponenti delle élites finanziarie, a ciò provvede efficacemente la gestione totalitaria della società, che punta al soggiogamento delle masse mediante la propaganda del terrore fondata sulla manipolazione dei dati scientifici, siano essi di natura sanitaria, climatica, ambientale, energetica, geo-politica o strategica. 

 

L’emergenzialismo permanente è ideologicamente integrale alla prospettiva totalitaria: la crisi sanitaria causata dal COVID ha permesso di introdurre uno strumento di controllo – il Green Pass ispirato al sistema di credito sociale e ai principi dell’economia comportamentale – la cui ratio è stata ripresa e ampliata nell’ambito del processo di digitalizzazione dei flussi finanziari e delle valute, che sta portando all’adozione delle Central Bank Digital Currency (CBDC) (2); la sola minaccia di una escalation dei conflitti armati – dall’Ucraina alla Palestina – fa rifluire ancora una volta enormi quantità di denaro sui mercati obbligazionari ritenuti sicuri; l’inarrestabile diffusione dell’Intelligenza Artificiale (IA) costituisce indubbiamente il passo definitivo verso una dimensione post-umana destinata ad azzerare i diritti fondamentali dell’uomo e a cancellare il primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, sancito dall’art. 2 della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina del 1997, ma curiosamente continua a essere celebrata, da istituzioni e decisori politici, come la prova suprema per superare retrivi tabù antropologici e culturali, come un vero e proprio percorso iniziatico alla gnosi, da intraprendere a tutti i costi: ciò che spiega anche la necessità, avvertita a vari livelli, di dissimulare i rischi conseguenti, vuoi presentandoli come retaggi oscurantistici, vuoi promuovendo l’adozione di strumenti che, di fatto, conducono a risultati opposti a quelli dichiarati. 

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Emblematico, in questo senso, è il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2024/1689, del 13 giugno 2024 (3), che, da una parte, enfatizza la necessità di salvaguardare i «diritti fondamentali» (espressione che ricorre ben 97 volte nel testo regolamentare), ma che, dall’altra, lascia chiaramente trasparire la volontà del legislatore europeo di sottrarre la concreta azionabilità dei diritti in parola all’iniziativa dei singoli individui – che pure ne sono i titolari – per rimetterla alle decisioni di agenzie, comitati e istituti in vari modi controllati della Commissione Europea: organismo che, come noto, non è eletto e, di fatto, risponde solo a se stesso.

 

In un mondo che appare sempre più sospeso tra collasso economico e soluzioni totalitarie, il CIEB continua a sollecitare i cittadini affinché sviluppino la consapevolezza critica necessaria per dubitare della bontà e dell’efficacia delle soluzioni emergenziali proposte da apparati di governo sempre più insensibili ai diritti fondamentali dell’uomo, perché organici alle élites finanziarie che di quelle emergenze hanno fatto una ragione d’essere, e per aprire la strada a reali alternative sistemiche.

 

CIEB

 

31 ottobre 2024

 

Il testo originale del Parere è pubblicato in: www.ecsel.org/cieb

 

 

NOTE

1) Cfr. www.newyorkfed.org/markets/OMO_transaction_data.html#rrp. La cifra riflette l’ammontare complessivo dei contratti Repo (Repurchase Agreement) – corrispondenti ai «pronti contro termine» – erogati dalla Federal Reserve alle Banche di importanza sistemica globale (Globally Systemic Important Banks o G-SIBs). Si tratta, in sostanza, di prestiti a breve termine in cui il debitore riceve liquidità in cambio di un titolo a garanzia (in genere, titoli di Stato) che s’impegna a riacquistare a un prezzo più elevato alla scadenza prefissata, scadenza che, però, viene generalmente prorogata.

2) Secondo i principi dell’economia comportamentale, in condizioni di incertezza il giudizio umano tende a non allinearsi alle soluzioni indicate dalla teoria economica e, per questo motivo, deve essere guidato, «whatever it takes», verso le opzioni indicate dai decisori politici: gli individui obbedienti saranno poi ricompensati con oggetti, anche virtuali (come i token), o con la possibilità di accedere a determinati servizi o prestazioni (secondo l’esperienza del Green Pass).

3) In GU serie L del 12 luglio 2024.

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Economia

Scioperi di massa nell’industria tedesca

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Il sindacato tedesco IG Metall ha lanciato martedì degli scioperi nelle industrie metalmeccaniche ed elettriche della nazione nel tentativo di ottenere salari più alti, hanno riferito i media tedeschi. L’azione arriva in un momento di crescente preoccupazione per la salute della più grande economia manifatturiera dell’UE.   Secondo la testata Bild, i dipendenti hanno iniziato ad abbandonare il lavoro durante il turno di notte, anche nello stabilimento Volkswagen di Osnabrück, dove i lavoratori temono che la fabbrica possa essere chiusa.   Altrove, circa 200 dipendenti del produttore di batterie Clarios hanno scioperato ad Hannover, nella Bassa Sassonia, portando torce e bandiere sindacali, ha scritto il giornale.   Nel frattempo, a Hildesheim, nella Bassa Sassonia, circa 400 dipendenti, tra cui quelli di Jensen GmbH, KSM Castings Group, Robert Bosch, Waggonbau Graaff e ZF CV Systems Hannover, avrebbero interrotto le attività.  

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Si prevedono proteste anche negli stabilimenti BMW e Audi in Baviera. Il lavoro verrà interrotto in tutta la nazione nel corso della giornata, ha scritto il tabloid germanico.   «Il fatto che le linee di produzione siano ora ferme e gli uffici vuoti è responsabilità dei datori di lavoro», ha affermato il negoziatore e direttore distrettuale di IG Metall Thorsten Groger, citato dall’emittente statale Deutsche Welle.   IG Metall chiede un aumento salariale del 7% rispetto all’aumento del 3,6% in un periodo di 27 mesi offerto dalle associazioni dei datori di lavoro, a causa dell’inflazione alle stelle. Le aziende definiscono tali richieste irrealistiche.   Gli scioperi di massa arrivano mentre la Volkswagen ha annunciato lunedì che avrebbe chiuso «almeno» tre dei suoi dieci stabilimenti in Germania, licenziato decine di migliaia di dipendenti e ridimensionato gli stabilimenti rimanenti nel paese. Le misure fanno parte di una spinta al taglio dei costi, ha affermato in precedenza il conglomerato. Oliver Blume, amministratore delegato del Gruppo VW, ha citato un «ambiente economico difficile» e «una competitività in calo dell’economia tedesca» come fattori alla base della decisione.   L’Associazione tedesca dell’industria automobilistica ha lanciato l’allarme lo scorso anno: il Paese sta «perdendo drasticamente la sua competitività internazionale» a causa dell’impennata dei costi energetici.   Un recente sondaggio dell’associazione dell’industria automobilistica VDA ha ipotizzato che la riorganizzazione dell’industria automobilistica tedesca potrebbe comportare la perdita di 186.000 posti di lavoro entro il 2035, circa un quarto dei quali si sono già verificati.

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Economia

La vittoria prevista di Trump spinge la domanda di dollari

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La crescente convinzione sui mercati finanziari che Donald Trump vincerà le elezioni presidenziali americane il mese prossimo ha rafforzato il dollaro, ha riportato Bloomberg, citando la banca multinazionale britannica Standard Chartered.

 

Sondaggi recenti suggeriscono che il repubblicano e la sua rivale democratica, la vicepresidente Kamala Harris, sono in parità a meno di due settimane dalle elezioni.

 

Tuttavia, secondo i calcoli della banca, il 60% dei guadagni del dollaro in ottobre sono legati alle crescenti scommesse sulla vittoria dell’ex presidente alle elezioni del 5 novembre, ha riportato Bloomberg giovedì.

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«Il dollaro si è rafforzato insieme alla crescente probabilità di una vittoria di Trump nei mercati delle scommesse», ha riportato l’agenzia, citando una nota di Steven Englander, responsabile della ricerca globale G-10 FX presso la banca multinazionale britannica Standard Chartered.

 

I mercati stimano una probabilità del 70% che Trump vinca, ha aggiunto Englander.

 

La piattaforma di previsioni più grande al mondo, Polymarket, stima una probabilità vicina al 64% che Trump diventi il ​​prossimo presidente degli Stati Uniti.

 

Secondo il progetto di ricerca di mercato PredictIt, Trump ha il 58% di possibilità di vincere le elezioni.

 

La valuta nazionale statunitense è aumentata di quasi il 3% rispetto all’euro nell’ultimo mese; Bloomberg aveva precedentemente riferito che il biglietto verde era sulla buona strada per raggiungere il suo mese migliore dal 2022.

 

Sebbene la corsa alle elezioni sia stata il principale motore del dollaro, altri fattori includono la resilienza dell’economia statunitense e un solido rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti pubblicato all’inizio di questo mese, ha osservato Bloomberg.

 

Prima delle precedenti elezioni presidenziali del 2020, i mercati si aspettavano che Joe Biden, piuttosto che Trump, avrebbe vinto e offerto uno stimolo fiscale. Le aspettative hanno indebolito il dollaro nell’ottobre di quell’anno.

 

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