Economia
Deutsche Bank: contrazione economica del 3% in Europa
Secondo Deutsche Bank, in Europa c’è ora una previsione di profonda recessione con una contrazione economica del 3% da qui a metà del 2023 in tutto il continente. Lo segnala da Fortune il 23 settembre.
«La richiesta di riferimento che abbiamo fatto a luglio per una lieve recessione quest’inverno è ora troppo favorevole», ha affermato in una nota di ricerca il capo economista della banca di investimento per l’Europa Mark Wall.
«Ora prevediamo una recessione più lunga e più profonda». Wall e il suo team prevedono che il prodotto interno lordo reale nell’area dell’euro diminuirà di circa il 3% anno su anno tra la metà del 2022 e la metà del 2023.
Tuttavia ammettono anche che «non si può escludere una recessione invernale ancora più marcata».
A fine aprile la Germania aveva preso in prestito altri 40 miliardi di euro per per attutire il contraccolpo della sua economia causato dalla guerra in Ucraina. Ora un pacchetto di aiuti finanziari da 65 miliardi di euro è stato adottato da Berlino come ultimo tentativo di allentare la pressione inflazionistica
Tuttavia, alcuni osservatori ritengono la recessione «inevitabile».
La Germania, come l’Italia, è Paese dipendente per oltre il 40% dal gas russo. In settimana il principale gasdotto dalla Russia, il Nord Stream 1, è stato chiuso da Mosca.
L’industria tedesca ha già annunciato più volte invece che senza il gas russo vi saranno chiusure. L’economia teutonica ha già dato pesanti segni di contrazione, con una perdita calcolata per almeno 200 miliardi di euro e crollo del PIL di almeno il 12,7%.
Come riportato da Renovatio 21, Deutsche Bank – sulla scorta di Paesi come la Polonia e la Moldavia – ha dichiarato di considerare il legno come combustibile per il prossimo inverno.
Immagine di Alexander Johmann via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Economia
AI, capitalismo ultra-finanziario e erosione dei diritti fondamentali dell’uomo
Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Parere (n. 26): sull’erosione dei diritti fondamentali dell’uomo causata dalla diffusione del capitalismo ultra-finanziario e digitale e dell’intelligenza artificiale
È indubbio che la caratteristica principale del capitalismo contemporaneo è la sua dipendenza dalla creazione di crescenti volumi di liquidità diretti a sostenere i mercati finanziari, a fronte della demolizione sistematica dell’economia reale fondata sulla produzione di beni e servizi destinati al consumo di massa.
Questo processo è iniziato negli anni Settanta, con l’introduzione su larga scala dell’automazione nei processi produttivi: da allora, il capitale non ha più potuto, o voluto, riassorbire la massa di lavoro salariato che si andava progressivamente disoccupando e ha preferito trovare rifugio nei mercati finanziari, dove il danaro fa lavorare il danaro, e non le persone.
Il carattere fittizio dell’economia post-industriale si è accentuato ulteriormente con la rivoluzione neoliberista degli anni Ottanta, quando la frenesia speculativa – specialmente sulle obbligazioni, titoli di debito societari e sovrani – ha iniziato ad assumere vita propria, estendendosi nel tempo fino a travolgere ogni possibile corrispondenza tra i titoli negoziati e il loro valore reale.
Oggi, sembra di essere giunti a un punto di non ritorno: se, per qualsiasi motivo, l’appetito per le obbligazioni viene meno, la legge dell’auto-espansione del capitale fa sì che scendano in campo le banche centrali per stampare denaro contante e consentire, così, l’acquisto dei titoli obbligazionari rimasti invenduti.
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La gestione centralizzata di questa bolla di debito, dove la «crescita» viene letteralmente simulata grazie a massicce iniezioni di credito a opera delle Banche Centrali, costituisce l’ultimo baluardo a difesa dei mercati finanziari e, in definitiva, dell’intero sistema economico contemporaneo.
Non a caso questa operazione di soccorso è ormai divenuta permanente, tenuto conto del fatto che l’alternativa a una politica inflattiva consisterebbe solo nell’aumento sostenuto dei tassi di interesse, che a sua volta provocherebbe il crollo dei mercati, la polverizzazione di capitali a tutti i livelli e, a cascata, fallimenti d’impresa, licenziamenti di massa e conseguenti ondate di caos sociale.
In altri termini, se la scelta è tra affossare la valuta per salvare il sistema o affossare il sistema per salvare la valuta, non stupisce che l’opzione seguita dalle banche centrali – e caldeggiata dalle élites – sia quella di proteggere a ogni costo il sistema, ossia i mercati, anche a costo di abbassare i tassi di interesse, ossia il costo del denaro, per creare ulteriore liquidità inflattiva: e quindi affossare la valuta per generare altro debito.
Un dato può tornare utile: tra l’ultimo semestre del 2019 e il primo del 2020, proprio mentre il mondo cominciava a essere distratto dall’emergenza COVID, la banca centrale degli Stati Uniti d’America ha elargito alle banche d’affari a corto di liquidità l’astronomica e sbalorditiva cifra di 48mila miliardi di dollari, più del doppio del PIL statunitense di allora. (1)
Questo dato permette di comprendere a un tempo perché espansioni monetarie e distorsioni finanziarie siano diventate endemiche e necessarie al sistema e perché la sopravvivenza del capitalismo ultra-finanziario dipende dalla sua capacità di tenere sotto controllo popolazioni sempre più improduttive, impoverite e superflue, gestendo un declino sociale che vede le classi medie proletarizzarsi a fronte della frammentazione del vecchio proletariato industriale in una moltitudine di disoccupati, sottoccupati, precari e soggetti che rinunciano tout court a cercare lavoro.
Ovviamente, la rischiosa combinazione tra impoverimento e reazione della popolazione deve essere controllata in qualche modo: e se guerre, epidemie e derive eutanasiche non bastassero a eliminare i «quattro miliardi di mangiatori inutili» lamentati da esponenti delle élites finanziarie, a ciò provvede efficacemente la gestione totalitaria della società, che punta al soggiogamento delle masse mediante la propaganda del terrore fondata sulla manipolazione dei dati scientifici, siano essi di natura sanitaria, climatica, ambientale, energetica, geo-politica o strategica.
L’emergenzialismo permanente è ideologicamente integrale alla prospettiva totalitaria: la crisi sanitaria causata dal COVID ha permesso di introdurre uno strumento di controllo – il Green Pass ispirato al sistema di credito sociale e ai principi dell’economia comportamentale – la cui ratio è stata ripresa e ampliata nell’ambito del processo di digitalizzazione dei flussi finanziari e delle valute, che sta portando all’adozione delle Central Bank Digital Currency (CBDC) (2); la sola minaccia di una escalation dei conflitti armati – dall’Ucraina alla Palestina – fa rifluire ancora una volta enormi quantità di denaro sui mercati obbligazionari ritenuti sicuri; l’inarrestabile diffusione dell’Intelligenza Artificiale (IA) costituisce indubbiamente il passo definitivo verso una dimensione post-umana destinata ad azzerare i diritti fondamentali dell’uomo e a cancellare il primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, sancito dall’art. 2 della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina del 1997, ma curiosamente continua a essere celebrata, da istituzioni e decisori politici, come la prova suprema per superare retrivi tabù antropologici e culturali, come un vero e proprio percorso iniziatico alla gnosi, da intraprendere a tutti i costi: ciò che spiega anche la necessità, avvertita a vari livelli, di dissimulare i rischi conseguenti, vuoi presentandoli come retaggi oscurantistici, vuoi promuovendo l’adozione di strumenti che, di fatto, conducono a risultati opposti a quelli dichiarati.
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Emblematico, in questo senso, è il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2024/1689, del 13 giugno 2024 (3), che, da una parte, enfatizza la necessità di salvaguardare i «diritti fondamentali» (espressione che ricorre ben 97 volte nel testo regolamentare), ma che, dall’altra, lascia chiaramente trasparire la volontà del legislatore europeo di sottrarre la concreta azionabilità dei diritti in parola all’iniziativa dei singoli individui – che pure ne sono i titolari – per rimetterla alle decisioni di agenzie, comitati e istituti in vari modi controllati della Commissione Europea: organismo che, come noto, non è eletto e, di fatto, risponde solo a se stesso.
In un mondo che appare sempre più sospeso tra collasso economico e soluzioni totalitarie, il CIEB continua a sollecitare i cittadini affinché sviluppino la consapevolezza critica necessaria per dubitare della bontà e dell’efficacia delle soluzioni emergenziali proposte da apparati di governo sempre più insensibili ai diritti fondamentali dell’uomo, perché organici alle élites finanziarie che di quelle emergenze hanno fatto una ragione d’essere, e per aprire la strada a reali alternative sistemiche.
CIEB
31 ottobre 2024
Il testo originale del Parere è pubblicato in: www.ecsel.org/cieb
NOTE
1) Cfr. www.newyorkfed.org/markets/OMO_transaction_data.html#rrp. La cifra riflette l’ammontare complessivo dei contratti Repo (Repurchase Agreement) – corrispondenti ai «pronti contro termine» – erogati dalla Federal Reserve alle Banche di importanza sistemica globale (Globally Systemic Important Banks o G-SIBs). Si tratta, in sostanza, di prestiti a breve termine in cui il debitore riceve liquidità in cambio di un titolo a garanzia (in genere, titoli di Stato) che s’impegna a riacquistare a un prezzo più elevato alla scadenza prefissata, scadenza che, però, viene generalmente prorogata.
2) Secondo i principi dell’economia comportamentale, in condizioni di incertezza il giudizio umano tende a non allinearsi alle soluzioni indicate dalla teoria economica e, per questo motivo, deve essere guidato, «whatever it takes», verso le opzioni indicate dai decisori politici: gli individui obbedienti saranno poi ricompensati con oggetti, anche virtuali (come i token), o con la possibilità di accedere a determinati servizi o prestazioni (secondo l’esperienza del Green Pass).
3) In GU serie L del 12 luglio 2024.
Economia
Scioperi di massa nell’industria tedesca
🇩🇪の大手労働組合がストライキを開始
🇩🇪最大の労働組合の一つであるIGメタルは、政府への警告として、金属・電気産業で一夜にして全国規模のストライキを開始した。IGメタルによると、250人の労働者がオスナブリュックにあるVW工場の前で抗議した pic.twitter.com/2oD9G48QOx — Miki (@AmbraBeni) October 29, 2024
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Economia
La vittoria prevista di Trump spinge la domanda di dollari
La crescente convinzione sui mercati finanziari che Donald Trump vincerà le elezioni presidenziali americane il mese prossimo ha rafforzato il dollaro, ha riportato Bloomberg, citando la banca multinazionale britannica Standard Chartered.
Sondaggi recenti suggeriscono che il repubblicano e la sua rivale democratica, la vicepresidente Kamala Harris, sono in parità a meno di due settimane dalle elezioni.
Tuttavia, secondo i calcoli della banca, il 60% dei guadagni del dollaro in ottobre sono legati alle crescenti scommesse sulla vittoria dell’ex presidente alle elezioni del 5 novembre, ha riportato Bloomberg giovedì.
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«Il dollaro si è rafforzato insieme alla crescente probabilità di una vittoria di Trump nei mercati delle scommesse», ha riportato l’agenzia, citando una nota di Steven Englander, responsabile della ricerca globale G-10 FX presso la banca multinazionale britannica Standard Chartered.
I mercati stimano una probabilità del 70% che Trump vinca, ha aggiunto Englander.
La piattaforma di previsioni più grande al mondo, Polymarket, stima una probabilità vicina al 64% che Trump diventi il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Secondo il progetto di ricerca di mercato PredictIt, Trump ha il 58% di possibilità di vincere le elezioni.
La valuta nazionale statunitense è aumentata di quasi il 3% rispetto all’euro nell’ultimo mese; Bloomberg aveva precedentemente riferito che il biglietto verde era sulla buona strada per raggiungere il suo mese migliore dal 2022.
Sebbene la corsa alle elezioni sia stata il principale motore del dollaro, altri fattori includono la resilienza dell’economia statunitense e un solido rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti pubblicato all’inizio di questo mese, ha osservato Bloomberg.
Prima delle precedenti elezioni presidenziali del 2020, i mercati si aspettavano che Joe Biden, piuttosto che Trump, avrebbe vinto e offerto uno stimolo fiscale. Le aspettative hanno indebolito il dollaro nell’ottobre di quell’anno.
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