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Cina

Centenario del Partito Comunista Cinese: Xi onora gli eroi del comunismo, ma cresce la pressione esterna

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews

 

 

Il primo luglio il Paese si ferma per le celebrazioni. Il regime esalta la ripresa economica dalla crisi del COVID. I problemi vengono da fuori: il Giappone pronto a proteggere Taiwan; l’India invia 50mila soldati in più al confine con la Cina; l’Indonesia apre una base marittima con l’aiuto USA. A Xi rimane il sostegno di Putin (per adesso).

 

 

 

Bisogna «credere, amare e contribuire per sempre al Partito Comunista Cinese». È l’invito (ordine) rivolto oggi da Xi Jinping ai cinesi durante la premiazione di 29 membri del PCC con la «medaglia del Primo Luglio». Dopodomani la Cina si ferma per celebrare i 100 anni dalla fondazione del Partito; il presidente cinese ostenta fiducia, potendo vantare per il proprio Paese una stabile ripresa economica dalla crisi del coronavirus.

 

Bisogna «credere, amare e contribuire per sempre al Partito Comunista Cinese». È l’invito (ordine) rivolto oggi da Xi Jinping ai cinesi durante la premiazione di 29 membri del PCC

Le celebrazioni arrivano però in un momento di crescente pressione esterna, e non solo dagli USA, con i quali Pechino è impegnata in un duro confronto politico, economico e tecnologico.

 

Parlando ieri all’Hudson Institute di Washington, il vice ministro nipponico della Difesa Yasuhide Nakayama ha dichiarato che è necessario «aprire gli occhi» davanti alla pressione cinese nei confronti di Taiwan e difendere la democrazia taiwanese. Negli ultimi tempi Tokyo ha accresciuto il suo sostegno a Taipei, superando i timori per una possibile rappresaglia della Cina.

 

La riunificazione con Taiwan è l’unico esplicito obiettivo contenuto nel piano di «rinnovamento della grande nazione cinese» promosso da Xi. Pechino considera l’isola una provincia «ribelle»: se necessario, non esclude di riconquistarla con la forza.

 

Il vice ministro nipponico della Difesa Yasuhide Nakayama ha dichiarato che è necessario «aprire gli occhi» davanti alla pressione cinese nei confronti di Taiwan e difendere la democrazia taiwanese

Sul fronte himalayano, al confine con l’India, la situazione non è meno tesa. Il ministero cinese degli Esteri ha chiesto ieri a quello indiano di adottare misure per allentare la tensione lungo la frontiera. Secondo Bloomberg, Delhi ha inviato di recente 50mila soldati in più a presidiare il confine provvisorio (Line of Actual Control), portando il totale della guarnigione frontaliera a 200mila unità.

 

I due giganti asiatici condividono un confine di 3.488 km nell’impervia regione dell’Himalaya, per il quale hanno combattuto un breve ma sanguinoso conflitto nel 1962. Delhi rivendica ampi settori dell’Aksai Chin (che i cinesi hanno ottenuto dal Pakistan); Pechino avanza pretese sullo Stato indiano dell’Arunachal Pradesh. Il 15 giugno 2020 truppe indiane e cinesi si sono affrontate nella valle di Galwan, tra il Ladakh e l’Aksai Chin cinese: 20 soldati indiani sono morti, insieme a un numero imprecisato di militari cinesi.

 

Per Pechino non ci sono buone notizie nemmeno sul suo fianco meridionale. Il 25 giugno Indonesia e Stati Uniti hanno inaugurato i lavori per la costruzione di un centro di addestramento per la Guardia costiera di Jakarta. Esso sorgerà sull’isola di Batam, capoluogo della provincia indonesiana delle isole Riau, a poche decine di km dallo strategico Stretto di Malacca.

Sul fronte himalayano, al confine con l’India, la situazione non è meno tesa

 

La struttura sarà completata entro un anno e non ospiterà forze USA. Secondo il governo indonesiano non ci sono ragioni specifiche dietro alla scelta di Batam come sede del nuovo centro.

 

Diversi analisti la pensano diversamente. L’Indonesia ha lanciato da tempo un programma di rafforzamento navale, in parte rivolto a fronteggiare l’attivismo della Cina nelle acque che bagnano le isole Natuna, incluse nella provincia delle Riau. I cinesi non avanzano pretese territoriali su questo arcipelago indonesiano di 272 isole, ma rivendicano il diritto di sfruttare le sue pescose acque, fatto che incontra la ferma opposizione di Jakarta. Le Natuna si trovano sul margine sudoccidentale del Mar Cinese meridionale, che Pechino rivendica per quasi il 90%. Indonesia, Vietnam, Filippine, Malaysia e Taiwan, con il sostegno degli Stati Uniti, si oppongono alle pretese territoriali della Cina.

 

Alla lunga problemi come la strisciante «colonizzazione» cinese della Siberia orientale rischiano però di creare tensioni tra Pechino e Mosca

L’unico settore in apparenza tranquillo per i cinesi è quello settentrionale. Cina e Russia hanno esteso ieri fino al 2026 un trattato ventennale di amicizia e cooperazione firmato nel 2001. I due Paesi fanno fronte comune davanti alla sfida geopolitica lanciata dall’amministrazione Biden. Alla lunga problemi come la strisciante «colonizzazione» cinese della Siberia orientale rischiano però di creare tensioni tra Pechino e Mosca.

 

 

 

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Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Immagine screenshot da Reddit.

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Cina

La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.

 

Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.

 

L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.

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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.

 

Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.

 

Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.

 

L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Cina

La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico

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La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.   In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.   Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.

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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.   Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.   Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.   L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».   Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.   Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.   All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».   Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.

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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.   Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.   A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.   Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.

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Cina

La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale

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In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.

 

Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.

 

Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».

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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».

 

La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.

 

Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.

 

Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».

 

L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.

 

Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.

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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).

 

Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.

 

Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».

 

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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

 

 

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