Internet
Camillo Langone: «il bergoglismo è finito», «il latino è per il diavolo un’offesa bruciante»
Nella «Preghiera» di ieri, antica sua rubrica tenuta quotidianamente sul quotidiano Il Foglio, lo scrittore Camillo Langone si interroga su un fenomeno religioso dell’ora presente: l’apparente sparizione del papismo bergoglista.
«Dove sono andati a finire i bergogliani? Da quando Papa Francesco è morto sembra quasi che non siano mai esistiti» scrive Langone. «Come se i nemici degli amici di Gesù, i gesuiti, fossero stati nuovamente soppressi, per la felicità di Pascal» aggiunge, dipingendo il pensiero con precise immagini di cronaca: «Padre Spadaro va a baciare la pantofola del guru Michelangelo Pistoletto e si fa fotografare in abito secolare: che si sia spretato? Volesse il Cielo! Insomma per noi cristiani dovrebbe essere un buon momento ma qualche giorno fa il bergoglismo è riapparso in altre vesti, con le sembianze addirittura di Google».
Langone quindi commenta la vicenda rimbalzata in settimana in tutto il mondo cattolico e legato ai temi della censura internet (ne aveva parlato persino Reclaim The Net, organizzazione britannica sulla libertà su internet): la temporanea messa al bando di MiL, grande fonte in rete riguardo le celebrazioni cattoliche in rito antico.
«Una piattaforma del colosso informatico ha sospeso il blog Messa in latino, punto di riferimento per i cattolici italiani che amano la liturgia. Bergoglio e i bergogliani erano del latino nemicissimi, per odio alla lingua dei padri hanno distrutto ordini religiosi, devastato seminari, umiliato sacerdoti e semplici fedeli con il metodo della violenza e della menzogna che li contraddistingueva».
«Ha detto il cardinale Sarah: “Il progetto di cancellare la messa tradizionale tridentina mi sembra un progetto diabolico”» continua lo scrittore. «Certo, il latino è per il diavolo un’offesa bruciante, alla stregua del crocefisso e dell’acqua benedetta».
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Il sito Messa in Latino è stato nelle scorse ore riattivato. Come aveva scritto Renovatio 21, non sono state rese le motivazioni – chiunque subisca la censura dei colossi tecnologici (a cui quindi avventatamente si è appoggiato…) viene lasciato nella dimensione kafkiana di essere punito senza sapere per che cosa.
Una situazione che era capitata, ricorderà il lettore di Renovatio 21, plurime volte allo stesso Langone, bannato da Instagram senza un motivo definito, lasciandoci speculare sulla possibilità che ciò sia avvenuto per la foto di un gelato al finocchio, peraltro ben impiattato, consumato dall’autore parmigiano ad Asiago.
Un’ulteriore volta Camillo era stato cacciato dalla piattaforma dopo una foto di Ponte Milvio: anche lì, si possono fare solo speculazioni. Nessuno sa perché ti bandiscono, né chi sia davvero a farlo (una macchina? Un essere umano? Un indiano? Un kenyota? Un piddino?).
In questo, come ripetuto da Renovatio 21, i social agiscono come anteprima della società del futuro, dove il controllo del pensiero sarà onnipervasivo e determinerà totalisticamente le nostre vite: l’imminente euro digitale, costruito sulla piattaforma informatica del green pass, permetterà il controllo dell’esistenza del cittadino a livelli non raggiunti nemmeno dal credito sociale della Repubblica Popolare Cinese.
Ciò avviene per il grande cambio di paradigma in corso, certo accelerato dalla catastrofe pandemica: lo Stato diviene piattaforma, il cittadino utente – quindi non più latore di diritti, ma soggetto di «accessi» che dall’alto il sistema concede.
Non è davvero lontano, quindi, un mondo dove l’uso del denaro, digitalizzato completamente per ordine di Bruxelles, non sarà permesso se vai, anche solo parli, di Messe in latino. Del resto è proprio vero: «il latino è per il diavolo un’offesa bruciante».
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Geopolitica
Elon Musk chiede l’abolizione dell’UE «Quarto Reich»
;The tyrannical, unelected bureaucracy oppressing the people of Europe are in the second picture https://t.co/j6CFFbajJa
— Elon Musk (@elonmusk) December 7, 2025
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In precedenza, Musk aveva bollato l’UE come un «mostro burocratico», accusandone la dirigenza di «soffocare lentamente l’Europa fino alla morte». Il miliardario, che ha spesso denunciato l’iper-regolamentazione bruxellese, ha invocato lo smantellamento completo dell’Unione. «L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro cittadini», ha scritto. Anche l’ambasciatore statunitense presso l’UE Andrew Puzder ha condannato l’iniziativa europea, precisando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le gravose normative che prendono di mira le aziende statunitensi all’estero». Ciononostante, l’UE difende la decisione: la vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen, ha puntualizzato che la responsabilità ricade unicamente sulla piattaforma di Musk e che «ingannare gli utenti con segni di spunta blu, oscurare informazioni sulle pubblicità ed escludere i ricercatori non è consentito online nell’UE». Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente. Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager. Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.Pretty much https://t.co/0hspV4roFj
— Elon Musk (@elonmusk) December 7, 2025
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Internet
L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram
L’Unione Europea sta ingiustamente prendendo di mira le piattaforme social che tollerano discorsi dissidenti o critici, ha dichiarato Pavel Durov, fondatore di Telegram.
La sua affermazione è arrivata in risposta a un post del 2024 di Elon Musk, proprietario di X, che accusava la Commissione Europea di aver proposto alla piattaforma un patto segreto per eludere sanzioni in cambio della censura di certi contenuti. Il giorno precedente, l’UE aveva inflitto a X una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari).
Durov ha spiegato che Bruxelles sta applicando alle società tech norme severe e impraticabili proprio per colpire quelle che rifiutano di praticare una moderazione occulta dei contenuti.
«L’UE impone regole impossibili per poter punire le aziende tecnologiche che si oppongono a una censura silenziosa della libertà di espressione», ha postato Durov sabato su X.
Il Pavel ha inoltre richiamato la sua detenzione in Francia dell’anno scorso, che ha descritto come motivata da ragioni politiche. Secondo lui, in quel frangente il capo dei servizi segreti francesi gli avrebbe chiesto di «bannare le voci conservatrici in Romania» in vista delle elezioni – un’ipotesi smentita dalle autorità transalpine. Durov ha aggiunto che gli agenti di Intelligence gli avrebbero offerto assistenza in cambio della rimozione discreta dei canali legati alle elezioni in Romania.
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Queste stesse accuse sono state ribadite nel suo intervento recente, in cui ha qualificato l’inchiesta come «un’indagine penale priva di fondamento», seguita da tentativi di pressione per limitare la libertà di parola in Romania e Moldavia.
Più tardi, sempre sabato, Durov ha aggiunto: «L’UE prende di mira esclusivamente le piattaforme che ospitano discorsi scomodi o dissenzienti (Telegram, X, TikTok…). Le piattaforme che, tramite algoritmi, mettono a tacere le persone rimangono sostanzialmente intatte, nonostante problemi ben più gravi di contenuti illegali».
L’anno scorso, Elon Musk aveva rivelato che la Commissione Europea aveva proposto a X «un accordo segreto illegale» per censurare i contenuti in modo discreto. «Se avessimo censurato silenziosamente i contenuti senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no», aveva scritto.
Venerdì, il portavoce della Commissione Europea Tom Rainier ha precisato che la sanzione a X ammontava a 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act, sottolineando che non aveva legami con la censura e che si trattava della prima applicazione concreta della normativa. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha aspramente criticato la decisione, definendola «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo statunitense da parte di governi stranieri».
Tanto Durov quanto Musk hanno subito pressioni da parte dei regolatori UE in base al DSA, in vigore dal 2023. Questa legge obbliga le piattaforme a eliminare celermente i contenuti illegali, sebbene i detrattori sostengano che possa essere impiegata per reprimere opinioni legittime.
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Immagine screenshot da YouTube
Internet
L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»
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