Big Pharma
Arriva CureVac, il «vaccino» inaccettabile

L’annuncio della possibile imminente entrata sul mercato del vaccino tedesco CureVac, in concomitanza con i sempre più generali dubbi sul vaccino di AstraZeneca, pone davanti ad un nuovo scenario di inevitabili seppur brevi riflessioni.
CureVac, dopo Pfizer/BioNTech e Moderna sarà il terzo vaccino a RNAmessaggero (mRNA), che potrebbe davvero avere un’azione sostituiva nei confronti del già fin troppo burrascoso percorso di AstraZeneca.
Come ormai risaputo, i vaccini a mRNA non introducono nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio — come accade per i vaccini a vettore virale, tipo AstraZeneca — ma solo l’informazione genetica che servirebbe alla cellula per costruire copie della proteina Spike. SARS-CoV-2 utilizza Spike, che è una proteina di superficie, la quale agisce come una chiave permettendo l’accesso dei virus nelle cellule, nelle quali cui poi si possono riprodurre.
Siamo quindi davanti ad un farmaco sperimentale che si serve della genetica umana per codificare e rispondere la risposta al virus
Per quanto qualcuno cerchi maldestramente di negarlo, siamo quindi davanti ad un farmaco sperimentale che si serve della genetica umana per codificare e rispondere la risposta al virus.
È infatti persino errato parlare di vaccino in senso stretto: sappiamo che i cosiddetti «vaccini COVID» non immunizzano affatto dal virus, ma potrebbero tuttalpiù — ed è dimostrato che in alcuni casi non fanno nemmeno questo, come è successo a tre infermieri di Reggio Emilia già vaccinati ma che hanno contratto il virus in forma grave, uno dei quali ricoverato in ospedale —, in caso di contagio, attenuare la sintomatologia.
Chi si vaccina contro il COVID, inoltre, per stessa ammissione degli «organi competenti» e delle aziende produttrici, resta contagiabile ma altresì contagioso per gli altri. Tutte queste caratteristiche, in effetti, non rispondono alle peculiarità di un qualcosa che voglia dirsi un vaccino in senso assoluto. Non si spiegherebbe altrimenti il motivo per cui i vaccinati devono continuare ad attenersi a tutte le «norme anti-contagio» (mascherina, distanziamento, ecc.).
Una sperimentazione, dunque, non un vaccino. E che nel caso di quelli a mRNA va inevitabilmente ad agire sulla genetica. Come? Nessuno lo sa
Una sperimentazione, dunque, non un vaccino. E che nel caso di quelli a mRNA va inevitabilmente ad agire sulla genetica. Come? Nessuno lo sa, e chi cerca di dare spiegazioni per dissipare la nebbia delle paure finisce sostanzialmente per non dare alcuna risposta pertinente e concreta.
CureVac, però, nonostante tutte queste considerazioni, parrebbe aver destato il giubilo di molti per un motivo in particolare: a rispetto degli altri vaccini — sia quelli a virus vivo attenuato, che quelli a mRNA — sembrerebbe cosa certa che nella fase di test non siano state usate linee cellulari di feto abortito (HEK-293, utilizzata invece in tutte le fasi di test da Moderna, in quelle iniziali di Pfizer/BioNTech, e presenti in tutti i vaccini COVID a virus vivo attenuato).
Questo potrebbe spingere molti cattolici impauriti dal virus della paura a vedere in CureVac il tocca sana che fa al caso loro, perché non contaminato dal peccato dell’aborto. Questo potrebbe essere vero, ma siamo sicuri che le riflessioni etiche, bioetiche e quindi morali su questi farmaci possano essere risolte solo alla luce della presenza o meno di linee cellulari di feto abortiti utilizzate in fase di test o presenti in alcuni di essi?
Si può realmente accettare, in coscienza e secondo retta morale, un farmaco sperimentale di cui non si conoscono i reali meccanismi di azione? Gli effetti nel medio-lungo termine, le modalità con le quali potrebbe intaccare la genetica dell’individuo?
Lasciamo il tema della «liceità» — che come già abbiamo avuto modo di dire odora oggi più che mai di farisaico — ai liceali della liceità, perché qui si tratta di riflessioni morali serie e profonde.
Ci chiediamo, dunque: si può realmente accettare, in coscienza e secondo retta morale, un farmaco sperimentale di cui non si conoscono i reali meccanismi di azione? Gli effetti nel medio-lungo termine, le modalità con le quali potrebbe intaccare la genetica dell’individuo?
Se statisticamente ci troviamo dinanzi ad una probabilità pressoché nulla di subire conseguenze gravi da una malattia, per quale motivo moralmente accettabile dovremmo rischiare eventualmente la vita, la salute, facendo da cavia, inoculandomi vaccini genici ad mRNA mai testati prima sull’essere umano e, per di più, firmando un «consenso informato» (che di informativo non ha nulla) il quale, di fatto, rende le case farmaceutiche completamente immuni da qualsiasi responsabilità in caso di eventi avversi? Il principio di proporzionalità, unitamente alla virtù della prudenza, deve fungere da faro nell’analisi di questa nuova situazione che potrebbe convincere molti a vedere in CureVac una soluzione.
Non è assolutamente concepibile l’accettazione di un rischio in virtù di una non ben definita prevenzione.
Non è assolutamente concepibile l’accettazione di un rischio in virtù di una non ben definita prevenzione
Non è assolutamente accettabile l’inoculazione di un farmaco fondato su una sorta di terapia genica sconosciuta e mai testata prima sugli essere umani: il corpo è il Tempio dello Spirito Santo, e con esso non si può giocare alla roulette russa.
In questo senso, il tema bioetico e morale sopravvive di gran lunga anche all’assenza delle linee cellulari di feto abortito presenti o testate per la produzione del «vaccino COVID».
Rischiando di vederci affibbiata l’etichetta del complottista — che, oggi, nessuno dovrebbe temere — invitiamo infine tutti a riflettere sul fatto che ora l’opinione pubblica sta spostando tutta l’attenzione sui vaccini mRNA.
Non è assolutamente accettabile l’inoculazione di un farmaco fondato su una sorta di terapia genica sconosciuta e mai testata prima sugli essere umani: il corpo è il Tempio dello Spirito Santo, e con esso non si può giocare alla roulette russa
Ursula von der Leyen ha recentemente lanciato un appello chiedendo a tutti di concentrare le forze sui vaccini a mRNA.
Puro caso, oppure un cambio di passo verso la causa finale, che potrebbe essere il transumanesimo alimentato proprio dal tentativo di iniziare la modifica la genetica umana?
Cristiano Lugli
Big Pharma
Bayer punta sulla cura del Parkinson dopo decenni di vendita di prodotti come il glifosato legati alla malattia

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Bayer sta avviando una sperimentazione clinica di Fase 3 per un trattamento del Parkinson a base di cellule staminali attraverso la sua controllata BlueRock, nonostante l’azienda stia affrontando migliaia di cause legali relative ai pesticidi collegati alla malattia. Questa mossa evidenzia il duplice ruolo di Bayer nel contribuire al Parkinson e nel cercare di trarne profitto.
Bayer sta lanciando un nuovo trattamento sperimentale per il morbo di Parkinson, nonostante il colosso farmaceutico e chimico continui a trarre profitto dalla vendita di pesticidi collegati alla malattia.
La società ha annunciato la scorsa settimana che la sua sussidiaria BlueRock Therapeutics LP ha avviato una sperimentazione clinica di fase 3 per il bemdaneprocel, un farmaco progettato per sostituire le cellule cerebrali produttrici di dopamina uccise dalla malattia neurodegenerativa.
Il farmaco deriva da cellule staminali impiantate chirurgicamente nel cervello di una persona affetta dal morbo di Parkinson. Una volta impiantate, le cellule staminali possono svilupparsi in neuroni dopaminergici maturi, contribuendo a riformare le reti neurali colpite dal Parkinson.
Ripristinano «potenzialmente» la funzionalità motoria e non motoria dei pazienti. Il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense nel 2021.
Bemdaneprocel sarà probabilmente disponibile sul mercato tra anni, eppure Bayer sta investendo molto nelle infrastrutture produttive per i futuri prodotti di terapia cellulare e genica. Parte di questo sforzo include la costruzione di uno stabilimento da 250 milioni di dollari in California, secondo Reuters.
Le tecnologie di terapia cellulare e genica contro il cancro stanno già generando profitti per altre aziende, ma BlueRock è la prima azienda a portare una terapia cellulare per il Parkinson alla fase 3 degli studi clinici.
Le difficoltà finanziarie della Bayer derivano in parte dai brevetti scaduti su due dei suoi farmaci di successo: l’anticoagulante Xarelto e il medicinale per gli occhi Eylea.
Ma i maggiori problemi finanziari di Bayer sono radicati nell’acquisizione di Monsanto nel 2018, secondo Reuters. Il glifosato, un diserbante di Monsanto, è collegato al cancro e al Parkinson, le stesse malattie da cui Bayer potrebbe trarre profitto con un nuovo trattamento.
Finora, Bayer ha pagato circa 11 miliardi di dollari per risolvere le cause legali relative al glifosato e si stima che siano ancora pendenti 67.000 cause legali nei suoi confronti.
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Molti dei pesticidi della Bayer sono collegati al Parkinson
Il morbo di Parkinson è il disturbo neurologico in più rapida crescita al mondo, caratterizzato dalla perdita di neuroni nella parte del cervello che produce dopamina e che è responsabile del controllo motorio.
Sebbene non esista una cura nota per il Parkinson, esistono alcune cause note. Studi dimostrano che l’esposizione a diversi pesticidi è fortemente correlata allo sviluppo della malattia.
I collegamenti più ampiamente segnalati tra pesticidi e morbo di Parkinson riguardano l’erbicida paraquat della Syngenta.
Attraverso un’indagine sui documenti interni di Syngenta, il giornalista Carey Gillam ha rivelato che l’azienda era consapevole che il suo pesticida causava cambiamenti neurologici che sono il segno distintivo della malattia, ma lavorava segretamente per insabbiare le prove scientifiche del collegamento.
Tuttavia, studi recenti collegano anche l’esposizione ad altri pesticidi alla malattia.
Numerosi studi di casi, uno studio epidemiologico, studi sugli animali e recenti studi che esaminano molteplici esposizioni a pesticidi dimostrano che il glifosato, una nota neurotossina, probabilmente gioca un ruolo nel Parkinson.
Tuttavia, gli scienziati che scrivono sulle più importanti riviste mediche affermano che sono necessarie ulteriori ricerche e una migliore regolamentazione, citando il legame poco studiato tra glifosato e Parkinson come esempio paradigmatico del problema.
Parte del problema, affermano, è che sono le aziende produttrici di pesticidi a condurre la maggior parte delle ricerche, e la maggior parte di queste riguarda singoli pesticidi in modo isolato.
Nuove prove dimostrano che il Parkinson è anche – e forse più frequentemente – collegato all’esposizione a «cocktail» di pesticidi. Questi causano «una neurotossicità maggiore per i neuroni dopaminergici rispetto a qualsiasi singolo pesticida», perché i diversi pesticidi hanno meccanismi d’azione diversi. Se combinati, possono causare danni neurologici maggiori.
Una ricerca pubblicata su Nature Communications ha esaminato la storia dell’esposizione chimica dei pazienti affetti da Parkinson e ha identificato 53 pesticidi implicati nella malattia.
Tra le 10 sostanze chimiche identificate come direttamente tossiche per i neuroni collegate al Parkinson figurano pesticidi, erbicidi e fungicidi prodotti dalla Bayer.
Tra questi ci sono l’endosulfan, prodotto dall’azienda ma gradualmente eliminato in risposta alle pressioni internazionali; il diquat, un ingrediente chiave utilizzato dalla Bayer per sostituire il glifosato nel Roundup e vietato nell’UE, nel Regno Unito e in Cina; e i fungicidi contenenti solfato di rame e folpet.
Un altro studio ha identificato l’esposizione a lungo termine a 14 pesticidi con un aumento del rischio di morbo di Parkinson nelle persone che vivono nella regione delle Montagne Rocciose e delle Grandi Pianure.
I tre pesticidi con l’effetto più forte sono stati simazina, atrazina e lindano. Bayer produce diversi pesticidi contenenti simazina e atrazina. Bayer in precedenza utilizzava il lindano nei suoi prodotti, ma ne ha gradualmente eliminato l’uso come pesticida agricolo negli Stati Uniti.
Bayer è una delle quattro aziende, insieme a Syngenta, Corteva e BASF, che controllano da anni il mercato mondiale dei pesticidi.
Negli Stati Uniti, l’azienda ha tentato di proteggersi da ulteriori contenziosi sui rischi per la salute causati dai suoi prodotti chimici, sostenendo una legislazione a livello federale e statale che renderebbe più difficile per gli stati regolamentare i pesticidi o per le persone danneggiate dai prodotti agrochimici fare causa ai produttori.
Brenda Baletti
Ph.D.
© 1 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Immagine di Mister F. via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Big Pharma
AstraZeneca minaccia di ritirare gli investimenti dalla Gran Bretagna

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Autismo
Paracetamolo, Big Pharma e FDA erano da anni a conoscenza del rischio autismo

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Le email ottenute dalla Daily Caller News Foundation mostrano che già nel 2008, i dirigenti della Johnson & Johnson, il produttore originale del Tylenol [come chiamano il paracetamolo in America, ndt], erano preoccupati in privato per quella che ritenevano una prova attendibile di un possibile legame tra autismo e paracetamolo. Anche la FDA era a conoscenza di tale legame.
Secondo i documenti ottenuti nelle cause legali contro Kenvue, i produttori di Tylenol [il nome commerciale del paracetamolo in USA, ndt] e la Food and Drug Administration (FDA) statunitense erano a conoscenza da anni della probabile associazione tra l’uso del farmaco durante la gravidanza e i disturbi dello sviluppo neurologico, tra cui l’autismo.
«Il peso delle prove inizia a sembrarmi pesante», ha affermato Rachel Weinstein , direttrice statunitense dell’epidemiologia per la divisione farmaceutica Janssen di Johnson & Johnson (J&J), in un’e-mail in cui commentava diversi studi che mostravano il collegamento.
La Daily Caller News Foundation ha ottenuto le e-mail da Keller Postman LLC, lo studio legale che rappresenta i querelanti in una class action federale contro Kenvue.
La J&J ha prodotto il Tylenol fino al 2023, quando ha trasferito la produzione a Kenvue, un’azienda separata.
Le rivelazioni via e-mail seguono l’annuncio fatto la scorsa settimana dal presidente Donald Trump secondo cui le donne incinte non dovrebbero assumere Tylenol e l’annuncio della FDA che aggiungerà avvertenze ai prodotti contenenti paracetamolo.
Le etichette aggiornate dei prodotti avvertiranno che il paracetamolo può essere associato a un rischio maggiore di patologie neurologiche, tra cui autismo e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), nei bambini. La FDA ha affermato che informerà anche i medici e il pubblico di questo rischio.
I media tradizionali e le organizzazioni sanitarie pubbliche hanno attaccato gli avvertimenti come infondati o esagerati. Alcune organizzazioni giornalistiche hanno citato scienziati – come l’epidemiologa dell’Università del Massachusetts Ann Bauer – che hanno pubblicato studi che identificano il legame tra Tylenol e autismo e hanno chiesto avvertimenti, ma che ora stanno pubblicamente ritrattando le loro preoccupazioni.
Tuttavia, il Daily Caller ha scoperto che, nonostante la confusione nei media e tra gli esperti di salute pubblica, le e-mail mostrano che già nel 2008 i dirigenti di J&J erano preoccupati in privato per la presenza di prove attendibili di un possibile collegamento tra autismo e paracetamolo. Hanno riconosciuto il collegamento in un’e-mail e hanno suggerito ulteriori indagini.
Le meta-analisi interne della FDA condivise con The Defender mostrano che l’agenzia aveva valutato per anni l’aggiunta di nuovi avvertimenti sugli effetti collaterali del paracetamolo nei bambini.
Nel 2019, gli scienziati della FDA hanno condotto una meta-analisi che ha rilevato disturbi urogenitali nei neonati collegati al farmaco. Gli scienziati hanno anche notato collegamenti con problemi di neurosviluppo. Nel 2022, la FDA ha condotto un’altra meta-analisi che ha rilevato un collegamento con l’ADHD.
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I produttori del Tylenol hanno monitorato attentamente una serie di pubblicazioni scientifiche che mostrano un collegamento con l’autismo
La Daily Caller News Foundation ha ricevuto email risalenti a oltre un decennio fa, che indicavano che i responsabili aziendali di J&J erano stati allertati del possibile legame tra paracetamolo e disturbi neurologici. Le email mostravano che J&J aveva persino preso in considerazione l’idea di proseguire la ricerca, ma poi aveva deciso di non farlo.
Il punto vendita ha anche ottenuto un’e-mail del 2012 di Leslie Shur, responsabile della divisione J&J che monitora gli effetti collaterali, in cui si riconosceva un altro reclamo da parte di un consumatore in merito al problema, e un’e-mail del 2014 in cui si dimostrava che il problema era stato sollevato con l’amministratore delegato Alex Gorsky, il cui nome è scritto in modo errato nell’e-mail.
Secondo la giornalista Emily Kopp, autrice dell’articolo del Daily Caller:
«I produttori di Tylenol hanno seguito attentamente una serie di pubblicazioni scientifiche che hanno riscontrato un’associazione tra l’assunzione del farmaco di successo in gravidanza e nell’infanzia e il rischio di autismo, come dimostrano altri documenti aziendali».
Una presentazione interna del 2018, definita dall’azienda «riservata e riservata», riconosce che gli studi osservazionali mostrano un’associazione «piuttosto coerente» tra l’esposizione prenatale al Tylenol e i disturbi dello sviluppo neurologico.
Un’altra diapositiva della presentazione riconosce che meta-analisi più ampie, ovvero revisioni che riassumono più studi scientifici, hanno riscontrato un’associazione, ma sottolinea i punti deboli di questi studi, come le variabili confondenti e la soggettività nella misurazione dei tratti autistici.
Un portavoce di Kenvue ha dichiarato al Daily Caller che l’azienda ritiene che non vi sia «alcun nesso causale tra l’uso di paracetamolo durante la gravidanza e l’autismo» e che i suoi prodotti sono «sicuri ed efficaci» se utilizzati come indicato sull’etichetta.
Kopp ha fatto notare che il sito web dell’azienda afferma anche che «dati scientifici credibili e indipendenti continuano a non dimostrare alcun collegamento provato tra l’assunzione di paracetamolo e l’autismo» e che «non esiste alcuna scienza credibile che dimostri che l’assunzione di paracetamolo causi l’autismo».
Tuttavia, ha scoperto che le e-mail interne mostravano dipendenti che discutevano di uno studio del 2018 e di uno del 2016, i quali concludevano entrambi che le donne incinte avrebbero dovuto essere messe in guardia sui possibili effetti dell’assunzione di Tylenol durante la gravidanza.
Ha trovato anche delle email in cui si diceva che J&J aveva preso in considerazione la possibilità di finanziare studi sul possibile collegamento tra Tylenol e autismo, ma aveva deciso di non «esporsi», temendo che i propri studi potessero confermare i risultati.
Secondo Kopp:
L’azienda ha inoltre condotto una ricerca che ha definito «ascolto sociale», monitorando le ricerche su Google e i post sui social media alla ricerca di prove su Tylenol e autismo da gennaio 2020 a ottobre 2023.
«L’azienda ha avviato la ricerca sulle tendenze dei social media dopo la pubblicazione nel 2021 di un invito all’azione sul Tylenol su Nature Reviews Endocrinology da parte di 13 esperti statunitensi ed europei “alla luce delle gravi conseguenze dell’inazione”».
L’azienda ha scritto una revisione nel 2023, Project Cocoon, che segnalava preoccupazioni relative agli effetti collaterali urogenitali e neurologici dei farmaci nei neonati, che i dirigenti hanno notato riguarda «ogni aspetto del marchio», ha scritto Kopp.
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Anche la FDA è preoccupata per le crescenti prove
Secondo lo psichiatra David Healy, la FDA ha iniziato a preoccuparsi anche per le crescenti prove di un legame tra paracetamolo e disturbi dello sviluppo neurologico, a partire da una pubblicazione su JAMA Pediatrics nel 2014 e seguita da diverse importanti pubblicazioni negli anni successivi.
Healy è un testimone esperto in un caso contro Kenvue e Safeway , sostenendo che non hanno avvisato adeguatamente i consumatori del rischio di autismo o ADHD derivante dall’esposizione prenatale al farmaco.
Documenti del 2019 e del 2022, resi disponibili tramite richieste ai sensi del Freedom of Information Act associate alla causa e condivisi con The Defender, mostrano che, sulla base di una meta-analisi della letteratura pubblicata, la FDA ha identificato collegamenti coerenti tra paracetamolo e rischi sia urogenitali che neurologici.
Già nel 2019, gli autori di uno studio della FDA avevano raccomandato di rivedere le etichette per consigliare alle donne incinte di «fare attenzione all’uso occasionale di paracetamolo quando non è strettamente necessario per il dolore o per altri scopi».
Il documento del 2022, incentrato principalmente sui risultati neurologici, afferma che, nonostante i limiti dello studio, le meta-analisi e altre ricerche hanno costantemente riscontrato collegamenti tra paracetamolo e ADHD e, di conseguenza, «potrebbe essere prudente, come misura precauzionale…» Tuttavia, il resto della raccomandazione è redatto.
Healy ha affermato che le rivelazioni di Weinstein e di altri che lavorano con J&J sono particolarmente significative perché le case farmaceutiche hanno la responsabilità di informare i consumatori quando sanno che un farmaco potrebbe essere collegato a un evento avverso.
«L’onere di avvertire non sorge quando c’è una chiara correlazione causa-effetto», ha affermato Healy. «Sorge quando ci sono motivi per ritenere che potrebbe esserci un problema».
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Immagine di Katy Warner via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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