Persecuzioni
Diminuzione del numero di missionari uccisi nel 2024
L’Agenzia Fides ha pubblicato l’elenco dei missionari uccisi nel mondo durante l’anno 2024. Fides precisa che tale elenco utilizza la definizione di «missionario» per uomini e donne coinvolti in un modo o nell’altro nelle opere pastorali, e che muoiono violentemente, anche se non è specificamente in odio alla fede.
Secondo dati verificati dall’Agenzia Fides, nel mondo sono stati uccisi 14 missionari cattolici, tra cui 9 sacerdoti e 5 laici. Anche quest’anno sono Africa e America a registrare il maggior numero di decessi: 5 in entrambi i continenti.
Africa
In Camerun, padre Christophe Komla Badjougou, sacerdote togolese Fidei Donum, è stato ucciso il 7 ottobre a Yaoundé, ucciso a colpi di arma da fuoco davanti al portale dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria a Mvolyé, un quartiere della capitale, precisa Fides.
Il 27 settembre, nella Repubblica Democratica del Congo, Edmond Bahati Monja, coordinatore della sede locale di Radio Maria a Goma, capitale del Nord Kivu, è stato assassinato. Nel Nord Kivu si è registrata un’impennata dell’attività del gruppo armato M23. Questo giornalista radiofonico cattolico aveva indagato sulla violenza dei gruppi armati nella regione.
In Sud Africa, padre William Banda, missionario zambiano della Società di San Patrizio per le Missioni Estere, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco il 13 marzo. Padre Paul Tatu, religioso stigmatizzato della Provincia del Santissimo Redentore, è stato assassinato nella sua auto a Pretoria il 27 aprile.
In Nigeria, padre Tibias Chukwujekwu Okonkwo, farmacista, che gestiva diverse strutture sanitarie locali, è stato assassinato il 26 dicembre a Ihiala (sud-est della Nigeria), con diversi colpi di pistola, mentre viaggiava su un’autostrada.
America Latina
Nel subcontinente americano due sacerdoti sono stati assassinati in contesti legati all’insicurezza. In Colombia, don Ramón Arturo Montejo Peinado, parroco di San José a Buenavista, è stato ucciso durante un furto con scasso da parte di due venezuelani. In Ecuador , padre Fabián Enrique Arcos Sevilla, sacerdote diocesano di 53 anni, è stato trovato morto quattro giorni dopo la sua scomparsa.
A settembre, in Honduras, Juan Antonio López, 46 anni, sposato e padre di due figlie, coordinatore della pastorale sociale per la diocesi di Truijllo, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella sua auto. Fu anche consigliere comunale di questa città.
In Messico, il sacerdote del quartiere Cuxtitali, a San Cristobal de las Casas, padre Marcelo Pérez Pérez, è stato assassinato da due sicari in motocicletta, dopo aver celebrato la messa. Infine, in Brasile, Steve Maguerith Chaves do Nascimento, laico di 43 anni, sposato e padre di una figlia di 6 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco due minuti prima dell’inizio della messa nella sua parrocchia.
Europa
Nel mese di novembre, la regione di Valencia, in Spagna, è stata sconvolta dall’omicidio di Juan Antonio Llorente, frate francescano dell’Immacolata Concezione, assassinato nel suo monastero di Gilet. Il 9 novembre un uomo armato di bastone e bottiglia è entrato nel monastero e ha picchiato tutti i fratelli che incontrava. Molti sono rimasti feriti. Due giorni dopo, padre Llorente, all’età di 76 anni, morì a causa delle ferite riportate.
Sempre a novembre, in Polonia padre Lech Lachowicz, parroco, 72 anni, è stato aggredito domenica 3 novembre da un uomo entrato nel presbiterio armato di un’ascia per un furto con scasso. Il sacerdote è morto in ospedale dopo sei giorni di agonia sabato 9 novembre.
Dal 2000 al 2024 sono stati uccisi 608 missionari e operatori pastorali, una media di 24,32 all’anno in 25 anni. L’anno scorso l’Agenzia Fides ha registrato la morte di 20 missionari. Quest’anno si è quindi assistito ad una gradita regressione.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine tratta da pag. 20 del libro San Juan Capistrano Mission di Zephyrin Engelhardt (1922).
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Persecuzioni
L’Ucraina riarresta il vescovo ortodosso rilasciato per motivi medici
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Cina
Partita autunnale tra Santa Sede e Pechino
Mentre il Partito Comunista Cinese aumenta la pressione sulla Chiesa cattolica in Cina, la consacrazione episcopale del nuovo vescovo ausiliare di Shanghai, il 15 ottobre 2025, riaccende le tensioni e illustra tutta la complessità del dossier avvelenato ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.
L’ordinazione episcopale del vescovo Wu Jianlin si è svolta il 15 ottobre con misure di sicurezza degne di quelle imposte durante l’epidemia di COVID-19 nel Regno di Mezzo. Al punto che alcuni testimoni l’hanno descritta come una «cerimonia gremita»: circa seicento fedeli, tra sacerdoti, religiosi e laici, selezionati con cura, hanno partecipato all’evento, ma sono stati sottoposti a rigorosi controlli.
Consegna obbligatoria dei cellulari all’ingresso, controlli di accesso e una laconica dichiarazione ufficiale dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, che ignora le varie parole – peraltro molto consensuali – pronunciate dai prelati sul posto.
La cerimonia non ha mancato di lasciare un retrogusto: il prelato che ha presieduto la cerimonia non era altri che mons. Joseph Shen Bin, vescovo di Shanghai e presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, non riconosciuto da Roma e strettamente soggetto al Partito Comunista Cinese (PCC).
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Il vescovo Shen Bin, la cui nomina nell’aprile 2023 è stata imposta unilateralmente da Pechino, prima di essere ratificata retroattivamente da papa Francesco il 15 luglio, era circondato da tre vescovi riconosciuti in base all’accordo provvisorio concluso tra la Santa Sede e il Vaticano nel 2018: il vescovo Yang Yongqiang di Hangzhou, il vescovo Li Suguang di Nanchang e il vescovo Xu Honggen di Suzhou.
La situazione non è migliore per il vescovo ordinato il 15 ottobre: l’elezione del vescovo Wu Jianlin, 55 anni e originario del distretto di Chongming, risale al 28 aprile 2025, periodo in cui la sede papale è vacante. Non si tratta di una circostanza di poco conto: ha permesso al regime cinese di aggirare i fragili meccanismi di consultazione previsti dall’accordo provvisorio del 2018.
Il nuovo prelato, che ha assunto l’incarico di amministratore diocesano dopo la morte del precedente vescovo nel 2013, incarna la fedeltà alla linea del presidente Xi Jinping. La sua approvazione da parte di Papa Leone XIV, datata 11 agosto 2025, è stata rivelata dalla Sala Stampa vaticana il giorno stesso dell’ordinazione: un modo per dimostrare che la Santa Sede si è trovata ancora una volta di fronte al fatto compiuto.
La consacrazione del 15 ottobre risuona come un gesto di fragile unità, illustrato dal messaggio inviato dal vescovo Thaddée Ma Daqin, l’altro vescovo ausiliare di Shanghai, confinato nel seminario di Sheshan per tredici anni per essersi dimesso dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, dimostrando così la sua distanza dal PCC.
Assente alla cerimonia, il vescovo Ma Daqin, ordinato nel 2012 con l’accordo del Vaticano, ha espresso il suo auspicio per l’armonia sulla rete WeChat controllata da Pechino: «sono lieto di apprendere che il vescovo Shen Bin ha ordinato stamattina padre Wu Jianlin come vescovo ausiliare. Credo fermamente che, con questo collaboratore, il vescovo Shen potrà guidare le opere della Chiesa cattolica a Shanghai verso uno sviluppo sempre maggiore, per la maggior gloria del Signore».
Eppure, lungi dal suscitare una gioia unanime, questa ordinazione provoca una lacerazione personale tra i cattolici di Shanghai, come testimonia una voce anonima raccolta da AsiaNews il 16 ottobre 2025: «a Shanghai, dovremmo gioire o dovremmo piangere?», si chiede questo fedele locale.
L’incoronazione del vescovo Wu Jianlin avviene in un contesto di relazioni sino-vaticane erose nel tempo: Sandro Magister interpreta questa sequenza come una manifestazione dell’arroganza di Pechino, amplificata dalla «sinizzazione» delle religioni voluta da Xi Jinping. L’accordo del 2018, che affida alle autorità cinesi la proposta iniziale dei candidati episcopali prima dell’approvazione papale, verrebbe così «disprezzato», nelle parole dell’esperto vaticano.
E il Vaticano, dopo aver protestato nel 2023 contro l’insediamento del vescovo Shen Bin, si accontenterebbe di una conferma silenziosa, ratificando peraltro altre tre nomine cinesi dall’elezione di papa Leone XIV. «Se ignoriamo la verità dei fatti; se non interveniamo nella reclusione di un vescovo già legittimamente consacrato (…), è ancora questa la comunione voluta da Cristo?», si chiede il vaticanista italiano, che parla di uno «schiaffo in faccia» dato al nuovo sovrano pontefice.
Più che uno schiaffo in faccia per un papa – Xi Jinping non è certo Filippo il Bello – potrebbe trattarsi di una prova? Da bravi giocatori di Go, gli inventori del gioco più antico del mondo elogiano l’efficacia delle famose «mosse sentite», che costringono l’avversario a rispondere per mantenere l’iniziativa. La sfida per Roma sarebbe ora quella di riconquistare il vantaggio perso, probabilmente durante il precedente pontificato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
Persecuzioni
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