Spirito
Il nuovo predicatore del papa si chiama Pasolini e ipotizza personaggi gay nelle Sacre Scritture
Sta destando clamore in queste ore la scelta da parte di Bergoglio del nuovo predicatore della casa papale, accusato di una posizione ritenuta da vari fedeli eterodossa rispetto al tema dell’omosessualità
«Il predicatore neo-nominato della casa papale ha una storia di minimizzazione dell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità, affermando che la Bibbia condanna gli atti omosessuali solo perché gli autori delle Scritture non potevano considerare l’omosessualità come un “orientamento”, un concetto che non esisteva “nella cultura di quel tempo”» riporta LifeSite.
Il 9 novembre la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato il cambio di epoca in Vaticano con la nomina di padre Roberto Pasolini, un cappuccino, a predicatore della Casa Pontificia, in sostituzione del cardinale Raniero Cantalamessa.
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Per chi crede nei nomi come latori di presagi e destino – nomen omen, dicevano gli antichi – il cambio da uno che si chiama Cantalamessa e uno che si chiama Pasolini dovrebbe già dire tantissimo.
Padre Raniero Cantalamessa, che ora ha 90 anni, arrivò come predicatore del Papa nel 1980 e ha mantenuto questo incarico per tre pontificati, diventando gradualmente una figura riconosciuta a livello internazionale. Il Cantalamessa, più di recente, unendosi agli attacchi contro la Santa Messa tradizionale: in pratica, canta la Messa solo fino ad un certo punto, cioè dalla riforma liturgica in poi.
Ora «il suo successore sembra destinato a inaugurare un’era di prediche in Vaticano che mettono in discussione l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità» scrive LifeSite.
A inizio febbraio, don Pasolini ha tenuto un intervento sul tema «Omosessualità e vita cristiana», che sarebbe ancora disponibile in video.
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Le Sacre Scritture, da San Paolo in giù, condanno apertamente l’omosessualità.
Tuttavia, Pasolini, dà un’altra lettura: «Poniamoci una domanda perché la domanda è legittima: ma nella Scrittura c’è qualche forma di approvazione delle relazioni omosessuali? E la risposta non è facilmente no».
Ecco che passi biblici riguardanti Gionata e Re Davide possono essere visti sotto un’altra luce, una luce arcobalenata: erano una coppia omofila? «Lo possiamo immaginare, lo possiamo pensare, ci può far piacere pensarlo» dice il nuovo massimo predicatore vaticano. «Nulla ci vieta di poterlo pensare o di poterlo immaginare».
«La grande storia che viene spesso invocata come una storia di amore omosessuale è quella tra Gionata e Davide, e se voi la leggete, “il tuo amore per me era più prezioso di amore di donna”: c’è questa famosa espressione di amicizia tra Davide e Gionata che ci fa pensare che erano veramente amici».
«È chiaro che arrivare a dire che era una relazione omosessuale è però una forzatura al testo, perché niente allude a questo: lo possiamo immaginare, lo possiamo pensare, ci può far piacere pensarlo, però non c’è scritto» puntualizza il Pasolini, per poi rincarare la dose: «sicuramente c’erano al tempo storie di amore omosessuale, questo è evidente, quindi nulla ci vieta di poterlo pensare, di poterlo immaginare. Sotto, vedete, ci sono i riferimenti, i momenti clou di questa storia d’amore fra virgolette: nel libro di Samuele e nel secondo libro di Samuele».
Ci si muove quindi verso il Nuovo Testamento: ma quel centurione che chiedeva la guarigione del suo servo…? «Quel servo gli era molto caro» dice Pasolini, «e qui, la fantasia dei biblisti e dei lettori della Bibbia va in molte direzioni (…) un centurione che sguinzaglia tutte le sue amicizie per guarire questo servo, accende una domanda? Ma perché gli era così caro, lavorava bene? Oppure lavorava più degli altri, come alcuni dicono? O forse c’era una relazione tra i due. Non è sconveniente pensarlo».
«Pensate un po’, se fosse così: Gesù ha fatto l’elogio più grande… a chi? Noi siamo nei guai fino al collo qua… per un certo modo di pensare. Vuol dire che dobbiamo rivedere tutte le opinioni che abbiamo. Dobbiamo accettare che gesù non aveva così paura». Segue difesa della Fiducia Supplicans, il documento vaticano che ha aperto alle benedizioni in chiesa delle coppie omofile.
Arriva quindi un accenno che non risparmia nemmeno i Santi Apostoli… e oltre.
«Quindi ecco ci sono questi due episodi, ce ne sarebbero anche altri, quelli più, diciamo, spinti sono anche quelli che arrivano ad ipotizzare che delle relazioni omosessuali potrebbero esserci state, per esempio, all’interno della cerchia dei discepoli, tra Gesù e i discepoli, Gesù e Lazzaro, perché ci sono delle espressioni che “amava Lazzaro Gesù”, ci sono delle espressioni molto forti».
Forse rendendosi conto di cosa sta dicendo, il frate sembra improvvisamente mordere il freno: «però evidentemente è tutto un modo di cercare di proiettare nella Scrittura delle domande nostre, una curiosità nostra, cioè noi vogliamo trovare qualcosa che non c’è scritto: è un po’ come se tu leggi le nozze di Cana e vuoi scoprire come era vestita la sposa: non c’è scritto, non te lo dice il Vangelo, quindi la Bibbia non ci da tutte le risposte, perché non sono necessarie».
«Ecco, non c’è nessuna parola contro l’inclinazione, ma contro gli atti omosessuali, quella che potremmo definire l’omogenitalità, cioè secondo la Scrittura un atto genitale dello stesso sesso ha potenzialmente un significato attivo» continua il neopredicatore di Bergoglio.
«Quindi sembra assente nella Scrittura, dobbiamo riconoscerlo, un giudizio sulla condizione o sull’orientamento omosessuale, quella che noi oggi potremmo definire omosessualità in quanto orientamento psicologico o condizione esistenziale, cioè non c’è nessuna parola che va a colpire questa categoria di persone, cioè quelli che si svegliano e guardano una persona dello stesso sesso e ne provano attrazione, perché di questi oggi noi parliamo, non delle persone che hanno degli episodi di omosessualità, ma delle persone che si trovano a vivere qualcosa a livello emotivo, psicologico da cui non riescono e non vogliono trovare una distanza».
«È da dire che la Bibbia non ipotizza nemmeno un mondo in cui ci sia una tendenza che non sia quella eterosessuale: nella cultura di quel tempo, l’unica tendenza che esisteva agli occhi degli autori e delle persone che vedevano era quella eterosessuale, noi oggi parliamo di persone omosessuali ma al tempo non si parlava di questo, per questo venivano anche stigmatizzati con quella forza di atti omosessuali: erano atti che venivano immediatamente catalogati come una cosa che non esisteva, come una donna che mette i pantaloni».
Pare di capire che, insomma, chi ha scritto la Bibbia non conosceva il mondo gay, per questo scriveva quelle cose lì.
Se invece a Gerusalemme si fossero celebrati anche 2000 anni fa i gay pride invece che Pasque etc., forse la Sacra Scrittura sarebbe diversa.
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Siamo lontani anni luce, quindi, non solo dalla Sacra Bibbia, ma anche dai documenti scritti a suo tempo dal papa coevo del Bergoglio: sotto la guida del cardinale Ratzinger nel 1986, la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) aveva pubblicato un documento («Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolcia sulla cura pastorale delle persone omosessuali») che istruiva i vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali. La CDF ha ammonito i vescovi a garantire che loro e qualsiasi «programma pastorale» nella diocesi affermassero «l’attività omosessuale è immorale».
La CDF aveva inoltre osservato che un’inclinazione omosessuale non è un peccato in sé; tuttavia, il Vaticano ha avvertito che tale inclinazione è comunque «una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata».
Di conseguenza, per un individuo compiacersi di tale inclinazione e non volerne prendere le distanze – lo scenario elogiato da Pasolini – equivarrebbe a voler compiere un’azione peccaminosa.
«Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale» scriveva il documento firmato dall’allora Prefetto della CDF Cardinale Giuseppe Ratzinger. «In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento».
Cosa pensare, dunque, della nuova nomina papale?
Una risposta la dà il sito Informazione Cattolica:
«Sospettiamo che in Vaticano abbiano scelto Fra Pasolini come nuovo predicatore di Casa Pontificia per promuoverlo anche come nuovo docente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia presso la Pontificia Università Lateranense perché diventino materia di insegnamento ufficiale le personali idee di Fra Pasolini riguardo l’interpretazione di alcuni passi biblici inerenti l’omosessualità e perché queste stesse idee di Fra Pasolini possano essere riproposte nel prossimo futuro sia con un ciclo di catechesi bibliche sull’omosessualità tenute da Fra Pasolini nella Basilica di San Pietro (per completare il ciclo di Catechesi sull’amore umano tenuto da Giovanni Paolo II a suo tempo) sia in un futuro documento a cura della Pontificia Commissione Biblica in materia di “amore omosessuale”».
Come ripetuto da Renovatio 21, beata l’ingenuità di chi, per un secondo, ha creduto alla pantomima papale della «frociaggine». La direzione di Roma, che si sposta verso Sodoma, qui è chiara da un pezzo, da molto prima che chiamassero a predicare al vertice della gerarchia un Pasolini.
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Pensiero
Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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Spirito
Cristo Re, il cosmo divino contro il caos infernale. Omelia di Mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Cristo Re dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Israël es tu Rex
Omelia nella festa di Cristo Re
Israël es tu Rex,
davidis et inclyta proles;
nomine qui in Domini,
Rex benedicte, venis.
D’Israele Tu sei il Re,
di David la nobile prole;
Tu che vieni, Re benedetto,
nel Nome del Signore.
Teodolfo di Orléans,
Inno Gloria laus et honor.
Gloria, laus et honor tibi sit, Rex Christe Redemptor. Al canto di questo inno antichissimo, intonato nella Domenica delle Palme dinanzi alle porte serrate della chiesa, la processione del clero e dei fedeli entra solennemente nella nuova Gerusalemme, spalancandone i robusti battenti con il triplice colpo della Croce astile.
La suggestiva cerimonia della seconda Domenica di Passione rievoca l’ingresso trionfale di Nostro Signore nella Città santa, di cui era figura l’ingresso di Salomone (1Re 1, 32-40). Essa ha dunque un’indole eminentemente regale, perché con questa presa di possesso del Tempio, Egli è riconosciuto e osannato come Dio, come Messia e come Re dei Giudei: il Cristo, Χριστός, l’Unto del Signore. La Sua divina Regalità era già stata testimoniata e onorata dai Magi, nella grotta di Betlemme: con l’oro al Re dei Re, l’incenso al Dio Vivo e Vero, la mirra al Sacerdote e Vittima.
Poco meno di cent’anni fa, l’11 Dicembre 1925, il grande Pontefice lombardo Pio XI promulgò l’immortale Enciclica Quas primas, nella quale è definita la dottrina della universale Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo: Egli è Re in quanto Dio, in quanto discendente della stirpe regale della tribù di Davide e per diritto di conquista mediante la Redenzione.
L’istituzione di questa festa non ha in verità introdotto nulla di nuovo. Essa è stata voluta da Pio XI per contrastare e combattere la peste del liberalismo laicista, il massonico Libera Chiesa in libero Stato e la folle presunzione di estromettere Gesù Cristo dalla società civile. Pio XI non fu il solo a ribadire solennemente la dottrina cattolica: prima di lui Clemente XII, Benedetto XIV, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XIV, Pio IX, Leone XIII e San Pio X avevano severamente condannato le logge segrete, la carboneria, la Massoneria e tutti gli errori che i nemici di Cristo avevano sparso e alimentato nel corso degli ultimi due secoli.
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Dopo la grande frattura del Protestantesimo nel Cinquecento, i tre secoli successivi hanno visto affrontarsi in una serie di terribili battaglie la Chiesa Cattolica e l’Antichiesa, cioè la Massoneria: da una parte, il Principe della Pace e le Sue schiere angeliche e terrene; dall’altra, la scelesta turba, la folla sciagurata, aizzata dai mercanti asserviti a Lucifero.
Il mito del «popolo sovrano» ha sepolto sotto le rovine della Rivoluzione secoli di civiltà cristiana, mostrando sino a quali aberrazioni l’uomo potesse giungere. I Martiri di questi secoli di violenze inaudite e di eccidi ancora impuniti ci guardano dai loro scranni in cielo, chiedendo giustizia per il sangue che essi hanno versato, e con il loro silenzio – quasi di notte oscura per la Chiesa, alla vigilia della sua passione – essi osservano increduli i papi di questi ultimi decenni deporre le armi spirituali e cooperare con i nemici di Cristo.
Da quegli scranni ci guardano anche i Pontefici guerrieri che – anche a costo della propria vita, come Pio VI, imprigionato da Napoleone e morto di stenti in carcere – seppero affrontare a testa alta i più feroci attacchi contro Dio, contro il Papato, contro la Gerarchia Cattolica, contro i fedeli. Se la Storia non fosse stata falsificata dai momentanei vincitori di questa guerra – come avviene ancora oggi – nelle scuole i nostri figli studierebbero non la presa della Bastiglia, non le menzogne dell’epopea del Risorgimento, non le gesta di mercenari cospiratori o di ministri corrotti, ma le fasi del genocidio contro i Cattolici delle Nazioni un tempo cristiane.
Quando venne istituita la festa di Cristo Re, la Chiesa Cattolica non poteva più avvalersi della cooperazione dei Sovrani cattolici, che nelle leggi civili e penali avevano fatto osservare i principi del Vangelo e della Legge naturale. La prima autorità dell’ancien régime a cadere fu infatti la Monarchia di diritto divino, che attinge alla Regalità di Cristo la potestà vicaria nelle cose temporali.
La seconda autorità cadde pochi decenni dopo, e fu quella dei pontefici asserviti alla Rivoluzione. Con la deposizione della tiara papale, Paolo VI suggellò l’abdicazione della potestà di Cristo nelle cose spirituali e la resa alle ideologie anticristiche e anticattoliche della Sinagoga di Satana. «Anche noi, più di ogni altro abbiamo il culto dell’uomo», disse Montini alla chiusura del Vaticano II (1). E sotto le volte della Basilica Vaticana echeggiarono queste parole: «La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità», parole che solo pochi anni prima avrebbero scandalizzato qualsiasi Cattolico.
Paolo VI – e con lui il predecessore Giovanni XXIII – furono gli iniziatori del processo di liquidazione della Chiesa di Cristo e su di essi incombe la responsabilità di aver disarmato la Cittadella e averne spalancate le porte per meglio farvi entrare il nemico, salvo poi ipocritamente denunciare che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (2). E nulla si salvò da quell’operazione di disarmo: né la dottrina, né la morale, né la liturgia, né la disciplina.
Così venne sfigurata anche la festa di Cristo Re, la cui data fu spostata alla fine dell’anno liturgico, assumendo una valenza escatologica: Cristo Re del mondo a venire, non delle società terrene. Perché la Signoria del Verbo Incarnato non doveva rappresentare un ostacolo al dialogo con «l’uomo contemporaneo» e con l’idolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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I fautori di questo smantellamento suicida ebbero a rallegrarsi che finalmente si fosse posto fine al trionfalismo postridentino di una Chiesa che voleva convertire il mondo a Cristo, e non adattare la divina Rivelazione all’antievangelo dell’Antichiesa; di una Chiesa che onorava il proprio Signore come Re universale e a Lui voleva condurre tutte le anime, perché nel regnum Christi esse potessero vivere nella pax Christi.
Scelesta turba clamitat: regnare Christum nolumus (3) – cantiamo nel magnifico inno della festa odierna – La folla scellerata schiamazza: Non vogliamo che Cristo regni! Questa bestemmia è il grido di battaglia delle orde di Lucifero, dei figli delle tenebre; lo stesso grido che risuonò quando lo spirito ribelle e orgoglioso di Satana vomitò il suo Non serviam. Un grido che sovverte il κόσμος divino, fondato in Nostro Signore Gesù Cristo, nel Dio incarnato per obbedienza all’Eterno Padre, e per obbedienza morto sulla Croce propter nos homines et propter nostram salutem.
Alla fine dei tempi, ormai prossima, l’Anticristo contenderà a Cristo proprio la Sua universale Signoria, cercando di sedurre i popoli con prodigi e falsi miracoli, addirittura simulando la propria resurrezione. Affascinante, seducente, simulatore, orgoglioso, pieno di sé, l’Anticristo combatterà la Santa Chiesa senza esclusione di colpi, ne perseguiterà i Ministri e i fedeli, ne adultererà la dottrina, ne corromperà i chierici facendone dei propri servi.
Quello che vediamo accadere nella sfera civile e religiosa da almeno da due secoli, in un continuo crescendo, è la preparazione di questo piano infernale, volto a spodestare Nostro Signore, a rifiutarLo come Dio, come Re e come Sommo Sacerdote, a calpestare empiamente l’Incarnazione e l’opera della Redenzione.
Con la festa di Cristo Re noi cooperiamo al ripristino dell’ordine, del κόσμος divino contro il χαός infernale. Restituiamo a Cristo la corona che già Gli appartiene, lo scettro che Gli ha strappato la Rivoluzione. Non perché stia a noi rendere possibile la restaurazione dell’ordine, di cui sarà artefice unico Nostro Signore, ma perché non è possibile prendere parte a questa restaurazione senza che noi vi contribuiamo.
Ai tempi della prima Venuta del Salvatore, il regno di Israele e il tempio non avevano né un Re legittimo, né legittimi Sommi Sacerdoti: l’autorità civile e religiosa era ricoperta da personaggi di nomina imperiale. Nella seconda Venuta alla fine del mondo questa vacanza dell’autorità sarà ancora più evidente, perché Nostro Signore ricomporrà in Sé tutte le cose – Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10) – in un momento storico in cui sarà il Male a dominare in tutti gli ambiti della vita quotidiana, in tutte le istituzioni, in tutte le società.
E sarà una vittoria trionfale, schiacciante, totale, inesorabile, su tutte le menzogne e i crimini dell’Anticristo e della Sinagoga di Satana.
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Facciamo nostra la preghiera dell’inno Te sæculorum Principem:
O Christe, Princeps Pacifer,
Mentes rebelles subjice:
Tuoque amore devios,
Ovile in unum congrega.
O Cristo, Principe che porti la vera Pace: sottometti le menti ribelli e riunisci in un solo ovile quanti si sono allontanati dal Tuo amore. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
26 Ottobre MMXXV
D.N.J.C. Regis
Dominica XX post Pent., ultima Octobris
NOTE
1) Cfr. Discorso di Paolo VI alla IX Sessione Pubblica del Concilio Vaticano II, 7 Dicembre 1965.
2) Paolo VI, Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1972.
3) Inno Te sæculorum Principem nella festa di Cristo Re.
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Immagine di Dominikosaurus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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