Economia
La Volkswagen pianifica licenziamenti di massa
La Volkswagen intende ridurre significativamente la sua forza lavoro in Germania e chiudere diverse fabbriche nel Paese, nell’ambito di una profonda revisione volta ad abbassare i costi e ad aumentare il ritorno sulle vendite, ha annunciato il presidente del comitato aziendale della casa automobilistica.
Daniela Cavallo ha spiegato lunedì ai dipendenti di Wolfsburg che la dirigenza della Volkswagen è «assolutamente seria» riguardo ai piani e che la mossa «non è un segnale di minaccia nel round di contrattazione collettiva», ha riferito l’agenzia Reuters.
Nel corso dei suoi quasi 90 anni di storia, la casa automobilistica non ha mai chiuso uno stabilimento nel suo paese d’origine. L’ultima volta che ha chiuso una delle sue strutture è stato nel 1988 negli Stati Uniti.
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«C’è la ferma intenzione di lasciare che le regioni in cui si trovano le sedi si prosciughino e la chiara intenzione di mandare decine di migliaia di dipendenti Volkswagen in disoccupazione di massa», ha detto la Cavallo.
I suoi commenti giungono mentre il colosso automobilistico sta negoziando da diverse settimane con i sindacati sui piani di riorganizzazione della propria attività per rimanere competitivo alla luce della domanda più debole da Cina ed Europa.
La Cavallo ha specificato quale dei dieci stabilimenti Volkswagen operanti in Germania sarebbe stato chiuso o esattamente quanti dei suoi circa 300.000 lavoratori nel paese sarebbero stati licenziati, ma ha osservato che tutte le strutture rimanenti sarebbero state interessate dai cambiamenti e che «nessuna di esse è sicura».
La dirigente ha anche affermato che la dirigenza Volkswagen sta chiedendo un taglio del 10% degli stipendi e nessun aumento di stipendio per i prossimi due anni.
La Cavallo ha sottolineato, tuttavia, che il governo tedesco deve elaborare urgentemente un piano per garantire che l’economia del Paese non «vada a rotoli», osservando che la Volkswagen e altre aziende europee sono d’accordo sulla natura dei problemi che stanno affrontando, come la transizione elettrica più lenta del previsto e la forte concorrenza dei marchi automobilistici cinesi che entrano in Europa.
«Non siamo molto distanti quando si tratta di analizzare i problemi. Ma siamo a chilometri di distanza sulle risposte a questi problemi», ha detto la Cavallo.
All’inizio di questo mese, il quotidiano Sueddeutsche Zeitung ha riferito che l’economia tedesca dovrebbe contrarsi per il secondo anno consecutivo, in quanto lotta per tenere il passo con i costi energetici in aumento dopo essersi tagliata fuori dal gas russo.
Nell’ultimo anno, il governo tedesco ha notato un calo del 5,3% nella produzione industriale del paese, poiché anche gli ordini di beni di produzione nazionale sono crollati.
Gli esperti del Forum per una nuova economia con sede a Berlino hanno avvertito che i fallimenti della Germania potrebbero trasformare gli anni 2020 in un «decennio perduto» per il paese, che sta subendo «la peggiore crisi economica dalla seconda guerra mondiale».
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Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Volkswagen Oliver Blume aveva dichiarato che se si vuole che il gruppo Volkswagen sopravviva, sono necessari grandi cambiamenti.
La pianificazione dei tagli in VW era emersa già settimane prima, con il Blume che citava tra i fattori alla base della decisione un «ambiente economico difficile» e una «causa di scarsa competitività dell’economia tedesca».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.
Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.
L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.
Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.
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Immagine di © Raimond Spekking via Wikimedia Commons pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0
Cina
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Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.
L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.
L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.
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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».
Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.
La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.
Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.
Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».
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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.
L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.
Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.
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Immagine di Fourbyfourblazer via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
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