Essere genitori
Scuola, nota sui «patti di corresponsabilità»
Mai conto alla rovescia per il rientro a scuola è stato tanto frenetico e sofferto come in quest’anno malato.
Si attende il deflagrare di una bomba di cui nessuno è in grado di prevedere l’onda d’urto, ma tutti sanno che scoppierà e farà disastri, perché caricata per mesi di un surreale bagaglio di insipienza, e vien da dire di demenza, istituzionale.
Il conto dei danni presenti e futuri passa di mano in mano come il famoso cerino e i primi a liberarsene, come sempre, son quelli che lo hanno acceso e allegramente alimentato.
Nel balletto delle responsabilità ballato dai tanti irresponsabili, qualcuno ha trovato il sistema per sgravare l’amministrazione di pesi molesti e farli scivolare come niente fosse sulle spalle del privato cittadino sottoforma di genitore
Fatto sta che, nel balletto delle responsabilità ballato dai tanti irresponsabili, qualcuno ha trovato il sistema per sgravare l’amministrazione di pesi molesti e farli scivolare come niente fosse sulle spalle del privato cittadino sottoforma di genitore. Il pacco si presenta bene, ha un nome carino e familiare, si chiama «patto di corresponsabilità». Quest’autunno dunque si porta il «patto», in mille fogge diverse: minimal, colorato, impreziosito di accessori creativi.
Molta «utenza» stordita da anni e anni di scuola sedicente democratica, partecipata, inclusiva e condivisa, è pronta a ritirare il pacco con soddisfazione e sinanco con gratitudine verso le istituzioni, sotto il segno di quella «alleanza educativa» che, previo atto di fede, invita ad accettare supinamente ed ecumenicamente tutti gli sgorbi apparecchiati da una scuola in disarmo pilotato.
Piace, alla gente che piace, cooperare e stringere accordi, perché gli accordi per definizione presuppongono un dialogo e non importa se il dialogo non c’è. È, come dire, in re ipsa, e basta l’illusione.
Proviamo dunque insieme a smontare il giochino che ci stanno vendendo
Grazie a Dio, però c’è anche chi vede la luna al di là del dito, e ha ancora voglia di pensare, e non è disposto a firmare ricevute a scatola chiusa, perché vuole prima scartare il pacco e capire cosa c’è dentro. Per costoro offriamo qualche spunto di riflessione.
Proviamo dunque insieme a smontare il giochino che ci stanno vendendo come parte essenziale dell’equipaggiamento dello scolaro e invece è un ferrovecchio riciclato e sostanzialmente senza valore. Quel che si dice un bidone o, dalle parti di viale Trastevere, na sòla. Ma forse anche una mina inesplosa.
Il cosiddetto «patto educativo di corresponsabilità» è stato introdotto con il DPR 235/2007, il quale ha novellato il DPR 249/1998 («Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti»») inserendo la disposizione di cui all’art. 5 bis, che così recita:
Art. 5-bis (Patto educativo di corresponsabilità).
1. Contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un Patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.
2. I singoli regolamenti di istituto disciplinano le procedure di sottoscrizione nonché di elaborazione e revisione condivisa, del patto di cui al comma 1.
3. Nell’ambito delle prime due settimane di inizio delle attività didattiche, ciascuna istituzione scolastica pone in essere le iniziative più idonee per le opportune attività di accoglienza dei nuovi studenti, per la presentazione e la condivisione dello statuto delle studentesse e degli studenti, del piano dell’offerta formativa, dei regolamenti di istituto e del patto educativo di corresponsabilità.
Il «patto», dunque, si presenta come un mero accordo morale, una sorta di gentlemen’s agreement – il cui contenuto è rimesso alla discrezionalità del singolo istituto, in omaggio al principio di autonomia scolastic
La ratio della norma è stata illustrata, nella nota introduttiva al decreto, dall’allora ministro Maria Stella Gelmini: si mira a responsabilizzare studenti e famiglie, chiamandoli a siglare una simbolica alleanza educativa con l’istituzione scolastica, nel tentativo di arginare i fenomeni ingravescenti di bullismo e vandalismo all’interno della scuola.
Il «patto», dunque, si presenta come un mero accordo morale, una sorta di gentlemen’s agreement – il cui contenuto è rimesso alla discrezionalità del singolo istituto, in omaggio al principio di autonomia scolastica – concepito per rispondere a una emergenza di carattere disciplinare ed esteso poi, in molti casi, a comprendere dichiarazioni di intenti in materia lato sensu educativa.
Nella pratica, si risolve in un orpello più che inutile, dannoso: nel migliore dei casi enfatico, quando replichi cautele già vigenti ad altro titolo nell’ordinamento (generando comunque una indebita confusione tra fonti normative, vere o presunte); ma, qualora introduca novità, esso dà adito facilmente a censure di illegittimità per difetto di base normativa.
Che al «patto» non possa riconnettersi alcun effetto giuridicamente vincolante e, in particolare, non possa rientrare nello schema pattizio in senso proprio è evidente innanzitutto per il fatto che la scuola è una funzione pubblica di cui il cittadino ha diritto di usufruire in qualità di contribuente
Che al «patto» non possa riconnettersi alcun effetto giuridicamente vincolante (visto che fuoriesce da qualunque schema giuridico esistente nell’ordinamento) e, in particolare, non possa rientrare nello schema pattizio in senso proprio (di un accordo di diritto privato) è evidente innanzitutto per il fatto che la scuola è una funzione pubblica di cui il cittadino ha diritto di usufruire in qualità di contribuente: l’erogazione del servizio, che corrisponde a un dovere che la pubblica amministrazione è tenuta ad assolvere attraverso personale retribuito, di certo non può essere subordinata alla collaborazione dell’utente o alla assunzione da parte sua di specifici impegni negoziali. Il diritto costituzionale all’istruzione non è, per sua natura, soggetto a condizioni che ne limitino l’esercizio (art. 34 primo comma Cost.).
In tema di istruzione ed educazione, la Costituzione Italiana riconosce un preciso e distinto ordine di compiti a famiglia e scuola.
Alla famiglia spetta la priorità (e la connessa libertà) educativa: i genitori hanno il dovere e il diritto di istruire ed educare i figli (art. 30 primo comma).
Lo Stato, dal canto suo, deve predisporre gli strumenti per l’istruzione (e va da sé come una corretta istruzione sia di per se stessa anche educativa) di cui i genitori possono avvalersi, così come possono decidere di provvedere direttamente in autonomia (art. 33). In ogni caso, non vi è spazio per accordi privatistici che limitino l’esercizio di un diritto essenziale costituzionalmente garantito.
Il termine «patto», che evoca il ricorso a uno strumento negoziale nei rapporti tra scuola, famiglie e studenti, è quindi utilizzato dalla legge in senso atecnico e sovrabbondante
Il termine «patto», che evoca il ricorso a uno strumento negoziale nei rapporti tra scuola, famiglie e studenti, è quindi utilizzato dalla legge in senso atecnico e sovrabbondante.
Esso, tuttavia, insieme al termine «corresponsabilità» cui viene abbinato, assume un significato suggestivo e pericolosamente fuorviante quando si modifichi il suo oggetto rispetto a quello storico originario, sì da spostarlo da un orizzonte generico e discorsivo verso un cono d’ombra giuridico, pretesamente obbligatorio e dunque pretesamente sanzionabile.
In concomitanza con lo stato di emergenza, infatti, si è identificato nel «patto» lo strumento ideale – anche perché già diffusamente percepito come familiare e per ciò stesso innocuo – da piegare a nuove esigenze estranee al suo oggetto tipico, in particolare a quelle organizzativo/sanitarie per il contenimento dei contagi da SARS CoV-2.
Attraverso il «patto» si pretenderebbe di impegnare studenti e famiglie ad assumere compiti di vigilanza e presidio sulla propria salute e a rispettare le misure organizzative e igienico-sanitarie predisposte o addirittura in fieri (ovvero, in molti casi, una obbligazione su di un oggetto indeterminato e indeterminabile), con la malcelata intenzione di stabilire una presunzione di colpa in capo al privato «contraente»
Attraverso il «patto» – che le singole amministrazioni scolastiche oggi declinano a proprio arbitrio interpretando liberamente il susseguirsi disarticolato di direttive e protocolli delle autorità centrali – si pretenderebbe di impegnare studenti e famiglie ad assumere compiti di vigilanza e presidio sulla propria salute e a rispettare le misure organizzative e igienico-sanitarie predisposte o addirittura in fieri (ovvero, in molti casi, una obbligazione su di un oggetto indeterminato e indeterminabile), con la malcelata intenzione di stabilire una presunzione di colpa in capo al privato «contraente», sulla falsariga della fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 2054 c.c. (c.d. danno aquiliano): uno schema ovviamente non trasferibile nella disciplina di una funzione pubblica dove le parti, per definizione, lungi dal trovarsi su di un piano di parità, vedrebbero il fruitore versare in una condizione di minorata difesa davanti alla pubblica amministrazione.
Alla responsabilità «contrattuale» del privato si contrapporrebbe infatti la sostanziale irresponsabilità della amministrazione, chiamata a rispondere eventualmente solo al proprio superiore gerarchico e non alla controparte.
Il «patto di corresponsabilità», dunque, non possiede alcuna precisa fisionomia giuridica né può essere forzato ad acquisirla.
Uno schema ovviamente non trasferibile nella disciplina di una funzione pubblica dove le parti, per definizione, lungi dal trovarsi su di un piano di parità, vedrebbero il fruitore versare in una condizione di minorata difesa davanti alla pubblica amministrazione. Alla responsabilità «contrattuale» del privato si contrapporrebbe infatti la sostanziale irresponsabilità della amministrazione
A ulteriore conferma del fatto che pretenderne la firma e ritenerlo impegnativo per i sottoscrittori si traduce in uno stravolgimento dei fondamentali principi del diritto, foriero di abusi e non privo di intollerabili profili ricattatori, valgano, ad abundantiam, i seguenti argomenti:
- Nel «patto» è coinvolto anche il minore il quale però, per legge incapace di agire (art. 2 c.c.), non può stipulare alcun valido accordo.
- Il «patto» consiste, di fatto, in un documento predisposto unilateralmente dalla istituzione scolastica e presentato alle famiglie per la sottoscrizione sic et simpliciter: sarebbe dunque strutturalmente assimilabile alla categoria dei contratti per adesione (o di serie) la cui disciplina privatistica, essendo elusa la fase delle trattative tra i contraenti, è rigorosamente ispirata dal legislatore al principio di tutela del contraente debole. Nel caso in questione la asimmetria tra le parti risulterebbe ulteriormente quanto inaccettabilmente aggravata dalla natura ibrida (privatistico-amministrativa) del rapporto con la relativa concentrazione di potere in capo alla pubblica amministrazione.
Il «patto di corresponsabilità», dunque, non possiede alcuna precisa fisionomia giuridica né può essere forzato ad acquisirla.
- Le «procedure di elaborazione e revisione condivisa» del «patto» (secondo comma dell’art. 5 bis DPR 235/2007) attraverso l’eventuale coinvolgimento degli organi collegiali rappresentano un paravento democratico meramente cosmetico, del tutto inidoneo a compensare la sperequazione tra le posizioni delle parti: si tratta cioè di una fictio rappresentativa perché la materia de quo fuoriesce dagli ambiti di esercizio della autonomia negoziale e dai limiti di disponibilità delle posizioni giuridiche in gioco.
- La figura giuridica dell’obbligo a contrarre – del tutto impensabile qualora sia funzionale a limitare l’accesso a un servizio pubblico fondamentale – è vista in ogni caso con sfavore dal legislatore: non per nulla rappresenta una eccezione nell’ordinamento, non estensibile in via analogica, proprio perché costituisce un limite alla libertà negoziale e alla libertà individuale tout court.
In conclusione, è evidente come i cosiddetti «patti di corresponsabilità» – predisposti secondo criteri del tutto arbitrari e per giunta soggetti ad aggiornamenti e modifiche unilaterali – non possiedano né la rilevanza né la giustificazione giuridica che si pretenderebbe di attribuire loro
- Per quanto riguarda in particolare la richiesta di autocertificazioni che, in qualsiasi modo, facciano riferimento allo stato di salute proprio o altrui, è dirimente l’espresso divieto posto dal DPR 445/2000 (da un lato, all’art. 46 del decreto, sono elencati in via tassativa gli «stati, qualità personali e fatti» suscettibili di essere comprovati con dichiarazioni sostitutive sottoscritte dall’interessato; dall’altro lato, al successivo art. 49, viene esclusa espressamente la sostituibilità con altro documento di certificati medici e sanitari).
In conclusione, è evidente come i cosiddetti «patti di corresponsabilità» – predisposti secondo criteri del tutto arbitrari e per giunta soggetti ad aggiornamenti e modifiche unilaterali – non possiedano né la rilevanza né la giustificazione giuridica che si pretenderebbe di attribuire loro; ma è altresì evidente il rischio concreto che questa irrilevanza e mancanza di giustificazione non costituiscano alcun ostacolo ad un uso spregiudicato del diritto, nel disprezzo dei suoi principi fondamentali e di ogni etica politica. Fino all’abuso conclamato, quanto pericolosamente «contagioso», di negare l’accesso a scuola agli studenti le cui famiglie non intendano apporre la propria sottoscrizione.
Per tutti i motivi esposti, non intendiamo sottoscrivere il patto di corresponsabilità né alcun altro documento che, sotto diverso nome, persegua i medesimi scopi.
Non intendiamo sottoscrivere il patto di corresponsabilità né alcun altro documento che, sotto diverso nome, persegua i medesimi scopi
Ci riserviamo di agire nelle sedi opportune per far valere i nostri diritti, non ultimo quello al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, nel caso in cui la scuola pretenda di condizionare alla firma del modello l’ammissione dell’alunno alla frequenza, in spregio alle garanzie costituzionali.
Elisabetta Frezza
Avvocato
Animali
Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale
Gli scienziati dell’Istituto indiano di tecnologia Roorkee, in India, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Scientific Reports per discutere della loro scoperta del Vasuki Indicus, una nuova specie di serpente gigante, vissuto circa 47 milioni di anni fa nello Stato indiano del Gujarat.
I resti del gargantuesco serpentone sono stati trovati nella miniera di carbone di Panandhro, nella regione di Kutch. Il suo nome è stato scelto in riferimento al luogo del ritrovamento e alla leggendaria creatura simile a un serpente associata alla divinità induista Shiva.
I ricercatori hanno osservato 27 vertebre, per lo più in buono stato di conservazione e alcune delle quali ancora articolate, che sembrano essere state raccolte da un individuo adulto. I pezzi ossei hanno dimensioni comprese tra 37,5 e 62,7 millimetri in lunghezza e tra 62,4 e 111,4 millimetri in larghezza, indicando un corpo ampio e cilindrico.
Sulla base di queste misurazioni, gli scienziati hanno ipotizzato che l’esemplare di Vasuki Indicus di cui facevano parte potesse raggiungere una lunghezza compresa tra 10,9 e 15,2 metri.
«Il team, guidato da Debajit Datta e Sunil Bajpai, ha scoperto i resti fossili della specie, che poteva raggiungere una lunghezza stimata tra gli 11 e i 15 metri, praticamente quanto uno scuolabus» scrive La Stampa.
Tuttavia non è dato sapere quanto letale per l’uomo potrebbe essere stato il rettilone. Sappiamo invece perfettamente quando posso ferire, di questi tempi, il suo termine di paragone, lo scuolabus.
«Autista dello scuolabus ha un malore e muore a Chiavari: aveva appena concluso il giro con i bambini»: Il Messaggero di due settimane fa.
«Incidente a Cittadella: autista di scuolabus ha un malore e va a sbattere contro una corriera». Il Resto del Carlino, 25 gennaio 2023.
La Spezia, maggio 2022: «Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri». Lo riporta La Città della Spezia.
«Padova, autista di scuolabus muore alla guida». Automoto, ottobre 2023.
Corridonia, provincia di Macerata: «Malore fatale in strada, arrivano i soccorsi e uno scuolabus resta bloccato sui binari mentre arriva il treno». Il Resto del Carlino, il mese scorso.
Ottobre 2023: «Autista di scuolabus ha un malore alla guida: Jessica muore a 15 anni schiacciata dal mezzo». Lo riporta il Corriere Adriatico.
Stati Uniti, aprile 2023: «L’autista dello scuolabus ha un malore: studente di 13 anni prende il controllo del mezzo».
Roma, dicembre 2022: «Scuolabus fuori strada a Roma, paura per 41 bambini: Malore dell’autista». Lo riporta IlSussidiario.net.
Renovatio 21 ha riportato tanti altri casi.
«I ricercatori ipotizzano inoltre che il predatore preistorico cacciasse in modo lento, come le anaconde» scrivono gli scienziati scopritori del serpentazzo indico.
Abbiamo imparato invece che il suo termine di paragone, lo scuolabus, miete vittime all’improvviso.
«Malori improvvisi» del conducente, che rischiano di tirare giù con loro le vite di diecine di bimbi trasportati.
E quindi: cosa è più pericoloso? Il boa preistorico di 15 metri o mandare il proprio figlio a scuola?
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«Influencer» per genitori condannata per abusi su minori
Una madre americana di sei figli, i cui consigli online sui genitori hanno attirato più di due milioni di abbonati su YouTube, è stata condannata il mese scorso ad almeno quattro anni di carcere con l’accusa di aggravamento di abusi su minori.
Ruby Franke, 42 anni, che gestiva il canale YouTube «8 Passengers», ora cancellata, è stata arrestata lo scorso agosto nello stato americano dello Utah quando suo figlio dodicenne malnutrito è scappato dalla casa di un’altra donna, Jodi Hildebrandt, 54 anni, per chiedere cibo e acqua a un vicino.
Il bambino era stato legato con nastro adesivo e aveva ferite aperte visibili a causa dell’essere stato legato con una corda, secondo i documenti della polizia. Hildebrandt, con il quale Franke collaborava in un’impresa commerciale separata, è stata condannata alla stessa pena detentiva di quattro pene da uno a 15 anni ciascuna.
Entrambe si erano dichiarate colpevoli a dicembre delle accuse di abuso aggravato di secondo grado su minori.
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Scusandosi con i suoi figli dopo la sua condanna, Franke ha detto di aver «creduto che l’oscurità fosse luce e che il giusto fosse sbagliato. Farei qualsiasi cosa al mondo per voi. Ho preso da voi tutto ciò che era tenero, sicuro e buono». Nella sua stessa dichiarazione, la Hildebrandt ha detto che spera che i bambini possano «guarire fisicamente ed emotivamente».
Durante il processo dell’anno scorso, il pubblico ministero Eric Clarke ha detto alla corte che due dei figli di Franke erano stati costretti a vivere in un «ambiente simile a un campo di concentramento» e gli erano stati «regolarmente negati cibo, acqua, letti in cui dormire e praticamente ogni forma di divertimento».
La Franke aveva creato il suo canale YouTube «8 Passengers» nel 2015 e l’estate scorsa aveva accumulato 2,3 milioni di abbonati, molti dei quali attratti dai video della vita familiare suburbana di Franke.
Tuttavia, alcuni spettatori si sono preoccupati nel 2020 quando uno dei suoi figli ha detto in un video che aveva dormito su un pouf per sette mesi. Altri video descrivevano Franke che tratteneva il cibo dai suoi figli e «annullava» il Natale come punizione.
Il canale YouTube «8 Passengers» è stato cancellato nel 2022, lo stesso anno in cui la Franke si era separata dal marito Kevin.
Nell’ambito di un patteggiamento, Hildebrandt – che ha collaborato con Franke in una serie di video di «life coaching» – ha ammesso di essere a conoscenza degli abusi sui minori e di aver costretto uno dei figli di Franke a «saltare più volte in un cactus».
Ha aggiunto che Franke aveva detto ai suoi figli che erano «malvagi e posseduti» e dovevano «pentirsi».
In una dichiarazione rilasciata dal suo avvocato prima del processo l’anno scorso, Kevin Franke ha chiesto che fosse inflitta la pena massima al suo ex partner per l’abuso «orribile e disumano» dei suoi figli.
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Immagine screenshot da YouTube
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