Economia
Trump dice farà degli USA una superpotenza delle criptovalute

Donald Trump ha promesso di fare dell’America «la capitale delle criptovalute del pianeta» se tornerà alla Casa Bianca. Parlando alla Bitcoin Conference di quest’anno a Nashville sabato scorso, Trump ha detto che le criptovalute sono essenziali per la sua visione dell’America del futuro.
Si è impegnato a garantire che il governo degli Stati Uniti non venda mai i suoi Bitcoin e crei una «riserva strategica» di Bitcoin, prevedendo che la criptovaluta potrebbe un giorno eclissare la capitalizzazione di mercato dell’oro, pari a 16 trilioni di dollari.
«Per troppo tempo il nostro governo ha violato la regola cardinale che ogni bitcoiner conosce a memoria: non vendere mai i tuoi Bitcoin… Questo pomeriggio esporrò il mio piano per garantire che gli Stati Uniti diventino la capitale delle criptovalute del pianeta e la superpotenza Bitcoin del mondo, e ci riusciremo», ha promesso Trump.
«Se vengo eletto, sarà la politica della mia amministrazione… mantenere il 100% di tutti i bitcoin che il governo degli Stati Uniti detiene o acquisisce attualmente in futuro. Questo servirà, in effetti, come nucleo della riserva strategica nazionale di bitcoin», ha affermato.
JUST IN: ???????? Donald Trump says, “The United States will be the crypto capital of the planet and the #Bitcoin superpower of the World.”
pic.twitter.com/5CNHY8hhQE— Bitcoin Magazine (@BitcoinMagazine) July 27, 2024
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Trump, che nel 2019 scrisse sui social media che il valore del Bitcoin è «basato sul nulla» e nel 2021 aveva avvertito che le criptovalute erano un «disastro in attesa di accadere», ha fatto un’inversione a U nella sua retorica all’inizio dell’attuale campagna elettorale. A maggio, la sua campagna ha iniziato ad accettare donazioni in criptovaluta.
A Nashville, Trump ha promesso che se sarà in carica gli Stati Uniti «avranno delle normative» sulle criptovalute, ma «d’ora in poi le regole saranno scritte da persone che amano l’industria [delle criptovalute], non che la odiano».
«Se il Bitcoin definirà il futuro, voglio che venga estratto, coniato e prodotto negli Stati Uniti… Se il bitcoin andrà sulla luna, voglio che l’America faccia da apripista».
Nel corso del discorso, Trump ha ripetutamente contrapposto il suo sostegno alle criptovalute agli sforzi dell’attuale amministrazione di Washington per «bloccare» il settore, aggiungendo che ritiene che la repressione delle criptovalute e del Bitcoin sia «davvero negativa per il nostro Paese» e «del tutto antiamericana».
Secondo un articolo di Forbes, che cita dati ufficiali, gli Stati Uniti detengono attualmente circa 212.000 bitcoin sequestrati per un valore di circa 15 miliardi di dollari.
Poco dopo il discorso di Trump, la senatrice repubblicana del Wyoming Cynthia Lummis ha proposto una proposta di legge che incaricherebbe il Tesoro degli Stati Uniti di accumulare una riserva federale ufficiale di 1 milione di Bitcoin, per un valore di circa 70 miliardi di dollari, in un periodo di cinque anni.
Prima del discorso di Trump, Michael Saylor, fondatore della società di software MicroStrategy, aveva previsto che il prezzo del bitcoin sarebbe salito a 49 milioni di dollari a token entro il 2045, portando la sua capitalizzazione di mercato a quasi 100 trilioni di dollari.
Come riportato da Renovatio 21, durante la convention del Partito Libertario, Trump ha promesso di graziare il creatore del defunto marketplace del dark web Silk Road, Ross Ulbricht – una mossa che in molti hanno visto come un occhiolino fatto al mondo dei bitcoinisti.
In una recente intervista con Benny Johnson l’imprenditore ed investitore David Sacks, considerabile come uno dei principali sostenitori del nuovo assetto di donatori della causa trumpista (nonché voce di rilievo dietro la scelta di JD Vance come candidato vicepresidente), raccolti ora incredibilmente anche nella Silicon Valley, ha raccontato di una cena elettorale per Trump organizzata a casa sua, dove erano presenti anche i gemelli Vinkelvoss, veri inventori di Facebook, secondo una vulgata visibile anche nel film The Social Network (2010) – e ora grandi investitori in criptovalute.
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Secondo il racconto di Sacks, individuatili nel pubblico, il Trump li avrebbe blanditi, dicendo che Facebook lo avevano inventato loro e che la sentenza che li ha contrapposti a Mark Zuckerberg non era il massimo, ma che nella vita comunque hanno avuto tante «belle carte»: a differenza del ragazzo ebreo del New Jersey, i Vinkelvoss – già atleti olimpici di canottaggio con il culto dei fratelli Abagnale – sono «belli come modelli», oltre che solari e decisamente intelligenti. Secondo quanto noto a Renovatio 21, i Vinkelvossi avrebbero anche il culto di Mario Cipollini, cui somigliano in modo impressionante.
Ad ogni modo, i Vinkelvoss durante la serata a casa Sacks avrebbero donato alla campagna Trump un milione di dollari in Bitcoin. L’ospite ha altresì rivelato che altri grandi investitori di criptovalute presenti hanno fatto capire di desiderare semplicemente una cornice giuridica per operare in traquillità: chiedono, cioè, uno sforzo regolatorio da parte delle istituzioni americane, che al momento non si è materializzato, lasciando il settore in una zona legalmente opaca e vulnerabile.
Come riportato da Renovatio 21, promesse simili a quelle di Trump ai detentori di criptovalute sono state fatte l’anno passato ad un convegno sul Bitcoin dall’altro candidato alla Casa Bianca Robert F. Kennedy jr. RFK non solo era divenuto il primo candidato ad accettare donazioni in Bitcoin nel 2023, ma aveva al contempo attaccato lo Stato sorveglianza in preparazione con le monete elettroniche di Stato (CBDC), sulla scorta di ragionamenti che fece anche nel 2021 durante lo storico discorso contro il green pass e il colpo di Stato globale pandemico che fece all’Arco della Pace di Milano.
Kennedy ha altresì dichiarato che avrebbe sostenuto il dollaro USA con l’oro o con il Bitcoin una volta eletto.
Promesse contro l’introduzione di una CBDC americana sono state fatte anche da Trump.
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Immagine screenshot da Twitter
Economia
Stablecoin e derivati cripto minacciano l’equilibrio economico e funzionario

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Economia
Importatori indiani pagano petrolio russo in yuan

Le compagnie indiane importatrici di petrolio hanno iniziato a utilizzare lo yuan per pagare direttamente le forniture di greggio russo. Lo riporta The Cradle.
Secondo quanto riportato anche dall’agenzia Reuters, vi sono stati recenti pagamenti in yuan da parte dell’Indian Oil Corporation per «due o tre carichi di petrolio russo». In precedenza, i commercianti dovevano convertire i pagamenti in dirham (Emirati Arabi Uniti) o dollari in yuan, poiché questi ultimi possono essere convertiti direttamente in rubli per pagare i produttori russi.
Ora, secondo «fonti informate» citate da Reuters, si cerca di eliminare questo passaggio costoso. I pagamenti in yuan aumenteranno la disponibilità di petrolio russo per le raffinerie statali indiane, poiché alcuni commercianti russi rifiutavano altre valute.
I commercianti russi e la banca centrale russa si erano opposti all’accumulo di grandi saldi in rupie indiane, derivanti dagli elevati acquisti di petrolio, dato che le esportazioni indiane verso la Russia, pur in crescita in settori come ingegneria e farmaceutica, non bilanciavano le importazioni di greggio.
Questo passaggio ai pagamenti in yuan, di cui non è chiaro il periodo di attuazione, risulta vantaggioso sia per l’India che per la Russia, che necessita di yuan per il commercio con la Cina.
Dato il notevole deficit commerciale dell’India con Russia e Cina, è probabile che la sua Banca Centrale ottenga yuan attraverso una linea di swap con la Banca Popolare Cinese.
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Immagine di KeenHopper via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
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