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Economia

La Cina ammette: «abbiamo da decenni amici nel nucleo del potere USA»

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Sbalorditive ammissioni da parte cinese sull’influenza che Pechino ha sullo Stato profondo americano.

 

Le rivelazioni arrivano da Di Dongsheng, un professore all’Università Renmin di Pechino. Donshang ha parlato apertamente, ricordando che molto di quello che stava dicendo era «esplosivo», durante una trasmissione TV.

 

Il video è stato prontamente cancellato dai social media cinese, ma non solo: anche su Twitter il video, subito condiviso da dissidenti cinesi, è stato oscurato, con la scusa di una violazione di diritti d’autore.

Tra USA e Cina «aggiustavamo tutto in due mesi. Qual è la ragione? Dirò qualcosa di esplosivo: è perché abbiamo persone al vertice. Al vertice del nucleo delle cerchie più interiori del potere e dell’influenza in America, Noi abbiamo i nostri vecchi amici»

 

Durante la conferenza TV, il professor Dongsheng si duole del fatto che la Cina non sia riuscita ad «aggiustare» l’amministrazioen Trump durante la cosiddetta guerra commerciale.

 

«Perché tra il 1992 e il 2016 La Cina e gli USA erano capaci di risolvere ogni problema o di crisi, come l’incidente di Yinhe  [caso in cui gli USA sospettavano un carico cinese di armi chimiche dirette in Iran] o il bombardamento dell’ambasciata [di Belgrado, 1999] o l’incidente aereo [probabile riferimento agli sconfinamenti di aerei spia] … le cose venivano risolte subito, come le litigate di una coppia che iniziano sul guanciale e finiscono in fondo al letto»

 

L’idea dell’America a letto con la Cina, aggiungiamo noi, è oggidì particolarmente pregnante visto che è stato scoperto che un deputato democratico, Eric Salwell, aveva rapporti intimi con una bella spia cinese.

 

«Aggiustavamo tutto in due mesi. Qual è la ragione? Dirò qualcosa di esplosivo: è perché abbiamo persone al vertice. Al vertice del nucleo delle cerchie più interiori del potere e dell’influenza in America, Noi abbiamo i nostri vecchi amici»

 

L’ammissione sembra già enorme, ma l’accademico pechinese va oltre, e rivela anche la morfologia dei canali usati principalmente per influenzare gli USA dal di dentro.

 

 

«Negli ultimi 30, 40 anni abbiamo utilizzato  il nucleo del potere degli USA. Come ho detto, sin dagli anni ’70, Wall Street ha avuto una grande influenza negli affari  domestici ed esteri degli USA. quindi avevamo un canale sul quale fare affidamento»

«Negli ultimi 30, 40 anni abbiamo utilizzato  il nucleo del potere degli USA. Come ho detto, sin dagli anni ’70, Wall Street ha avuto una grande influenza negli affari  domestici ed esteri degli USA. quindi avevamo un canale sul quale fare affidamento».

 

Il problema, però. è l’incognita politica del secolo, Donald J. Trump eletto alla Casa Bianca.

 

Il video – che riportiamo qui sopra editato e subbato da Renovatio 21 – è stato commentato dall’editorialista di Fox News Tucker Clarkson, e poi condiviso sul canale YouTube del presidente Donald Trump.

 

«Il problema è che dopo il 2008 lo status di Wall Street è andato in declino e ancora più importante, nel 2016, Wall Street non è riuscita ad aggiustare Trump. Perché? È molto problematico. Trump prima era morbido.con la questione del default di Wall Street. Quindi fra di essi c’era conflitto. Non scenderò
nei particolari. Non ne avrei il tempo».

«Ora vediamo che Biden è stato eletto. L’élite tradizionale, l’élite politica, l’establishment sono molto vicini a Wall Street, giusto?»

 

«Così, durante la guerra commerciale USA-Cina loro [Wall Street] hanno cercato di aiutarci. lo so perché i miei amici in USA mi hanno  detto che hanno cercato di aiutarci, ma non hanno potuto fare molto».

 

Il climax della rivelazione mondiale si ha quando il professore cinese arriva a parlare di Biden. Anzi, di Biden e famiglia.

 

«Ora vediamo che Biden è stato eletto. L’élite tradizionale, l’élite politica, l’establishment sono molto vicini a Wall Street, giusto? Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondazione globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi le fondazioni?».

 

Si tratta di un discorso che fino a pochi giorni fa era censurato sui social network. Twitter aveva sbattuto fuori il quarto giornale più diffuso del Paese, il New York Post, per lo scoop sugli affari di Hunter Biden, il figlio drogato e immorale di Joe Biden.

«Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondazione globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi le fondazioni?»

 

Il professor Dongsheng pare conoscere bene il caso di Hunter Biden.

 

«Chi lo ha aiutato a mettere in piedi le fondazioni?… Ci arrivate? Ci sono un sacco di affari dentro tutte queste…»

 

A questo punto il lettore deve chiedersi: chi sono, invece, gli amici della Cina in Italia?

 

Sotto qualche indizio offerto da Renovatio 21.

 

Coronavirus e 5G, decreto «Cina Italia»

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Cina

Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.

 

Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.

 

I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.

 

In un comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.

 

Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.

 

I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.

 

Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.

 

I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.

 

Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.

 

La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.

 

Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Economia

«Il fertilizzante è il nuovo gas»: l’UE verso una nuova dipendenza dalla Russia

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L’Unione Europea sta «camminando come un sonnambo» verso la dipendenza dai fertilizzanti russi, proprio come ha fatto con il gas naturale, ha dichiarato al Financial Times Svein Tore Holsether, amministratore delegato del produttore chimico norvegese Yara International.   I fertilizzanti azotati, ampiamente utilizzati per la crescita delle piante, sono prodotti con gas naturale e il blocco sta importando sempre più nutrienti per le colture dal Paese sanzionato, ha detto il dirigente norvegese alla testata britannica.   «Il fertilizzante è il nuovo gas», ha detto Holsether. «È un paradosso che l’obiettivo sia ridurre la dipendenza dell’Europa dalla Russia, e ora stiamo camminando come sonnambuli nel consegnare cibo e fertilizzanti essenziali alla Russia», ha aggiunto.   La Russia è uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali di fertilizzanti contenenti azoto. Le importazioni dell’UE di urea, un nutriente comune per le colture a base di azoto, sono raddoppiate dalla Russia nell’anno fino a giugno 2023 rispetto ai 12 mesi precedenti, ha riferito il FT, citando dati di Eurostat.   Sebbene le importazioni russe di urea siano diminuite dall’inizio di quest’anno, rappresentano ancora circa un terzo del totale importato nel blocco. Secondo la Commissione Europea, l’UE ha importato il 24% della sua fornitura totale di fertilizzanti azotati dalla Russia, con l’Egitto come secondo fornitore con il 22%.

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I nutrienti delle colture a base di azoto vengono prodotti miscelando la sostanza chimica presente nell’aria con l’idrogeno contenuto nel gas naturale ad alta temperatura e pressione. Un’impennata dei prezzi del gas naturale nel 2022 a seguito delle sanzioni occidentali contro la Russia per il conflitto in Ucraina ha fatto salire anche i prezzi dei fertilizzanti, colpendo finanziariamente gli agricoltori europei.   Mosca, nel frattempo, ha visto i suoi ricavi dalle esportazioni aumentare del 70% nel 2022.   Da allora i prezzi dei fertilizzanti sono diminuiti insieme a quelli del gas naturale, ma l’industria europea dei fertilizzanti è ancora in difficoltà poiché le importazioni russe occupano una quota maggiore del mercato, ha affermato Holsether.   I Paesi occidentali non hanno imposto alcuna sanzione alle esportazioni russe di cibo e fertilizzanti dall’inizio dell’operazione militare in Ucraina nel febbraio 2022.   Mosca si è tuttavia lamentata del fatto che le esportazioni sono ostacolate dalle sanzioni poiché rendono più difficile per i commercianti elaborare i pagamenti o ottenere navi e assicurazione.   Come riportato da Renovatio 21, altre volte l’alto quadro della Yara International aveva lanciato l’allarme sulla sempre maggiore dipendenza europea dai fertilizzanti di Mosca.   Come riportato da Renovatio 21la Russia è un esportatore di fertilizzante di importanza fondamentale per l’agricoltura mondiale. La filiera del fertilizzante è stata messa in stato di squilibrio dalle sanzioni seguite allo scoppio della guerra russo-ucraina, con scarsità di sostanze e aumento vertiginoso dei prezzichiusura di stabilimenti europei e conseguente rischio per la produzione di cibo globale.   È stato ipotizzato che il caos riguardo ai fertilizzanti sia parte di un attacco organizzato alle forniture globali. Capi di Stato africani nel 2022 avevano chiesto alla UE la liberazione di 200 mila tonnellate di fertilizzante russo ferme nei porti europei.   La crisi dei fertilizzanti è dietro al fenomeno dei campi incolti che anche il lettore potrebbe aver visto con i suoi occhi nelle campagne vicino casa.   Come riportato da Renovatio 21, otto mesi fa Mosca mette sotto indagine l’oligarca dei fertilizzanti, che è l’uomo più ricco di Russia.

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Cina

La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.

 

Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.

 

Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.

 

Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.

 

La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».

 

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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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