Persecuzioni
Cristianofobia e odio anticristiano in Europa

Con questo titolo, il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia (ECJL) pubblica un articolo molto dettagliato e preciso, che vale la pena leggere integralmente. Un riassunto è disponibile qui per incoraggiare la consultazione sul sito web dell’ECJL.
Nel 2023, in Europa sono stati registrati 2.444 atti di odio contro i cristiani, tra cui 232 aggressioni fisiche. Queste cifre, in costante aumento negli ultimi anni, riflettono un preoccupante aumento dell’intolleranza anticristiana.
Aggressioni, profanazioni di chiese, divieti di preghiera e licenziamenti per motivi religiosi sono in aumento. Ciò porta all’emarginazione dei cristiani nella sfera pubblica, nonché alla progressiva criminalizzazione delle credenze ispirate al cristianesimo.
Fare luce su questo fenomeno, che può essere definito cristianofobia, anticristianesimo, odio anticristiano e crimini anticristiani, è necessario per consentire all’opinione pubblica e ai decisori di impegnarsi per una migliore tutela della libertà religiosa in Europa.
Definizione e riconoscimento della cristianofobia
Cos’è la cristianofobia?
La cristianofobia si riferisce all’odio, alla discriminazione o alla violenza contro persone, luoghi o simboli a causa della loro appartenenza cristiana. Include insulti, vandalismo, minacce, discriminazioni o attacchi motivati dalla fede cristiana delle vittime, nonché attacchi alla libertà religiosa.
Tra gli atti più gravi di cristianofobia c’è stato l’attacco del 25 gennaio 2023 ad Algeciras, in Spagna: un uomo armato di machete ha ucciso un sacrestano e ferito un prete, gridando «morte ai cristiani». Altre manifestazioni più frequenti, come gli incendi di chiese e la profanazione di statue religiose, vengono segnalate settimanalmente in diversi paesi europei.
Dibattiti sul termine «cristianofobia»
Diverse espressioni vengono utilizzate per descrivere l’ostilità rivolta al cristianesimo, ai suoi valori e ai suoi seguaci. Tra queste, il termine «cristianofobia» è sempre più comune nel dibattito pubblico e sta iniziando a essere adottato da alcune istituzioni, tra cui le Nazioni Unite. Tuttavia, questo termine suggerisce una paura irrazionale (fobia).
Tuttavia, l’odio anticristiano non è necessariamente una questione di paura, ma può derivare da un’ostilità ideologica palese, da un rifiuto culturale o persino da conflitti politici o storici. Per questo motivo alcuni preferiscono usare altre espressioni come «anticristianesimo», «odio contro i cristiani» o «intolleranza anticristiana», considerate più precise.
Nonostante i suoi limiti, l’uso del termine «cristianofobia» rimane strategico. Ci permette di identificare una realtà ancora troppo spesso ignorata: quella della crescente ostilità verso i cristiani nelle società cristiane secolarizzate. Questo rifiuto si manifesta non solo negli spazi pubblici e istituzionali, ma anche nelle relazioni sociali, professionali e persino familiari.
Non si tratta di un fenomeno marginale: secondo l’OSCE, gli atti motivati dalla fede cristiana della vittima rientrano nella categoria dei crimini d’odio. Pertanto, il termine «cristianofobia» si distingue comunque come strumento utile per far sentire la voce dei cristiani discriminati e avviare una risposta istituzionale. Il suo utilizzo, sebbene imperfetto, è oggi legittimo.
Cristianofobia e diritto internazionale ed europeo
La cristianofobia è riconosciuta, esplicitamente o implicitamente, da diverse organizzazioni internazionali responsabili della tutela dei diritti fondamentali. Queste istituzioni a volte utilizzano altre formulazioni, come «discriminazione basata sulla religione», ma alcune menzionano chiaramente l’odio contro i cristiani.
Le Nazioni Unite (ONU) menzionano esplicitamente la cristianofobia in diverse delle loro risoluzioni ufficiali. La Risoluzione 72/177 invita in particolare gli Stati a prevenire gli atti motivati dalla cristianofobia, allo stesso modo dell’antisemitismo o dell’islamofobia.
Secondo l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) un atto è classificato come crimine d’odio anticristiano quando combina un reato penale con un movente che prende di mira una persona o una proprietà in base alla sua identità cristiana, reale o percepita. Il 28 luglio 2025, l’OSCE ha pubblicato una guida pratica: «Comprendere i crimini d’odio anticristiani e affrontare le esigenze di sicurezza delle comunità cristiane».
L’Unione Europea non riconosce la cristianofobia come una categoria distinta di incitamento all’odio o crimine d’odio. Gli atti ostili ai cristiani sono raggruppati nella categoria discorsi d’odio o crimine d’odio basato sulla religione, senza distinzioni specifiche.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) vieta ogni discriminazione basata sulla religione (articolo 14 della Convenzione), ma non utilizza il termine «cristianofobia» nella sua giurisprudenza. Questa mancanza di riconoscimento esplicito mette in discussione il principio di parità di trattamento tra le confessioni religiose, poiché ha riconosciuto «antisemitismo» e «islamofobia» nella sua giurisprudenza.
L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE) ha utilizzato per la prima volta il termine «cristianofobia» nel 2011.
Cifre chiave e tipologia dei crimini d’odio anticristiani in Europa
Crimini d’odio contro i cristiani – Statistiche e tendenze in Europa nel 2023
Nel 2023, l’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDAC) ha registrato 2.444 crimini d’odio anticristiani in 35 paesi europei. Questa cifra, in aumento rispetto al 2022, riflette un’intensificazione della violenza contro chiese, simboli religiosi e individui a causa della loro fede cristiana. 232 attacchi hanno preso di mira direttamente individui.
Vandalismo (62%): graffiti, croci rovesciate, statue decapitate.
Incendio doloso (10%): chiese incendiate, spesso senza alcuna rivendicazione. In Francia, si prevede che gli attacchi incendiari alle chiese aumenteranno del 30% nel 2024 rispetto al 2023.
Minacce o molestie (8%): lettere anonime, intimidazioni verbali.
Violenza fisica (7%): aggressioni a sacerdoti, leader religiosi o fedeli.
Omicidi (o tentati omicidi) (2%): assassinii o aggressioni mortali a sacerdoti, leader religiosi o fedeli.
Paesi più colpiti nel 2023
Francia: 950 incidenti registrati, il 90% dei quali sono stati attacchi a chiese e cimiteri. In occasione della festa dell’Assunta, il Ministro dell’Interno ha invitato i prefetti a essere vigili, spiegando che gli atti anticristiani sono aumentati del 13% in Francia e che i terroristi islamisti incitano ad attaccare i cristiani in Europa.
Regno Unito: 702 casi registrati in Inghilterra e Galles. Nel giugno 2025, una grande croce di legno è stata incendiata e circa 40 lapidi sono state distrutte in un grave atto vandalico presso il cimitero di St. Conval a Barrhead, nell’East Renfrewshire, in Scozia.
Germania: 277 atti registrati, che rappresentano un raddoppio degli attacchi anticristiani tra il 2022 e il 2023. Le statistiche ufficiali del governo includono solo i crimini d’odio motivati politicamente.
L’articolo affronta poi la questione della «discriminazione e dell’emarginazione dei cristiani in Europa», seguita da «restrizioni alla libertà religiosa dei cristiani, leggi e abusi amministrativi in Europa», prima di tentare di comprendere le cause dell’odio anticristiano, che individua nella secolarizzazione, nel secolarismo e nella cultura della blasfemia, nonché nel declino del cristianesimo in Europa.
L’ECLJ si chiede poi: «Chi sono gli autori di atti anticristiani?». Provengono da contesti ideologici diversi. Il loro filo conduttore è un’ostilità esplicita verso il cristianesimo come fede, eredità o struttura culturale. Diversi profili di gruppo o individuali ricorrono nei casi in cui sono state accertate le motivazioni o i profili degli autori.
Il primo gruppo identificato è quello dei musulmani radicali, spesso coinvolti in casi di violenza fisica. Nel 2023, 21 attacchi documentati in Europa erano motivati da motivazioni islamiste. I musulmani convertiti al cristianesimo sono particolarmente presi di mira.
Un secondo tipo di attori è costituito dalle organizzazioni di attivisti laicisti. Questi gruppi si battono attivamente per la totale esclusione di ogni espressione religiosa, in particolare quella cristiana, dagli spazi pubblici. In Francia, la Federazione Nazionale del Libero Pensiero sta intraprendendo azioni legali per ottenere la rimozione di croci, statue e presepi dai luoghi pubblici. Questo approccio contribuisce alla cancellazione dei riferimenti cristiani dall’ambiente simbolico comune.
Infine, gli attivisti di estrema sinistra esprimono ostilità ideologica nei confronti del cristianesimo, percepito come veicolo di valori conservatori, in particolare quelli legati alla difesa della vita.
Questi diversi profili condividono il desiderio di emarginare o screditare il cristianesimo nella società contemporanea. Le loro azioni, sebbene motivate da motivazioni diverse, alimentano un clima di odio verso i credenti e le loro espressioni culturali o simboliche.
Il resto dell’articolo fa il punto sulla tutela legale dei cristiani. Definisce quella delle Nazioni Unite come «protezione a distanza». Critica poi l’Unione Europea per non aver adeguatamente tutelato i cristiani. In pratica, solo due religioni beneficiano di un quadro istituzionale dedicato: l’Islam e l’Ebraismo.
Quanto alla CEDU, sebbene in teoria affermi i principi di tutela del cristianesimo, la sua giurisprudenzarivela un approccio differenziato alla protezione delle religioni. Da un lato, gli attacchi al cristianesimo sono generalmente tollerati in nome della libertà di espressione, mentre la critica all’Islam è spesso limitata per motivi di lotta all’odio.
La penultima sezione spiega le ragioni per cui è opportuno segnalare un atto anticristiano e le misure da adottare. Offre poi alcune proposte concrete per combattere la cristianofobia in Europa.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Cina
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Persecuzioni
Nuove leggi di repressione religiosa in India

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dopo l’approvazione del disegno di legge anti-conversione in Rajasthan e del Maharashtra Public Security Bill si sono verificate alcune proteste in India. In Rajasthan la legge colpisce persino le conversioni volontarie e i matrimoni interreligiosi, mentre in Maharashtra l’esecutivo potrà dichiarare «illegali» intere organizzazioni senza prove concrete. Nel frattempo la Corte suprema ha chiesto chiarimenti agli Stati sulla costituzionalità di queste norme.
In India cresce la contestazione dopo l’approvazione di due leggi controverse: il disegno di legge anti-conversione in Rajasthan e il Maharashtra Public Security Bill, ribattezzato dai manifestanti «Public Oppression Bill». I disegni di legge hanno dato adito a contestazioni che evidenziano un comune allarme per la riduzione degli spazi democratici nel Paese.
In Rajasthan, la People’s Union For Civil Liberties (PUCL), un’organizzazione per la difesa dei diritti democratici, ha definito il disegno di legge anti-conversione, approvato il 9 settembre 2025 dall’Assemblea legislativa, una grave minaccia ai diritti fondamentali. Promossa dal governo locale guidato dal Bharatiya Janata Party (BJP), la legge è stata approvata nonostante lo stesso ministero degli Affari Interni del Rajasthan abbia dichiarato che non ci sono stati casi di «love jihad» nel corso degli ultimi anni.
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Oltre al contenuto, la PUCL critica l’assenza di dibattito e la decisione del presidente dell’Assemblea di procedere al voto senza l’opposizione, uscita dall’aula in segno di protesta, sottolineando che ciò costituisce una grave violazione del processo democratico.
L’organizzazione ha definito il provvedimento «draconiano», sostenendo che minaccia diritti civili costituzionali come la libertà di coscienza, di parola, di dialogo interreligioso, di uguaglianza e di scelta individuale. Tra i punti più contestati figurano le definizioni vaghe di concetti come «coercizione» e «allettamento», che rischiano di criminalizzare persino una semplice conversazione tra persone di fedi diverse.
La legge rende inoltre illegali anche le conversioni volontarie tra adulti, colpendo chiunque «convinca» o «aiuti» in tale scelta, con possibili conseguenze sui matrimoni interreligiosi e persino su unioni omosessuali.
Il testo prevede eccezioni per la «riconversione» alla fede d’origine («ghar wapsi»), ma senza chiarire i limiti temporali o pratici, aprendo così la strada a interpretazioni arbitrarie e a possibili abusi contro minoranze religiose.
Le sanzioni, inoltre, sono particolarmente severe: da sette a quattordici anni di carcere e multe fino a 5 lakh di rupie (circa 5 mila euro), con pene più alte per donne, minori e comunità emarginate. A ciò si aggiunge un forte controllo amministrativo: ogni conversione richiederà l’approvazione del magistrato distrettuale e, in caso di accusa, sarà la persona coinvolta a dover dimostrare la propria innocenza, in contrasto con i principi costituzionali.
Se in Rajasthan la battaglia riguarda la libertà religiosa e la scelta individuale, in un altro stato dell’India, il Maharashtra, la protesta delle organizzazioni civili punta a difendere la libertà di parola e il diritto di manifestare. Nelle ultime settimane si sono mobilitate l’opposizione politica e la società civile contro l’approvazione del Maharashtra Special Public Security Bill, chiamato dai contestatori «Public Oppression Bill».
Migliaia di persone sono scese in piazza a Mumbai, Pune e in numerosi altri distretti, dando vita a una delle più ampie mobilitazioni degli ultimi anni nello Stato dell’India centro-occidentale. I manifestanti ritengono che la legge, anche in questo caso promossa dal BJP, mette a rischio la libertà di espressione, il diritto al dissenso e alla protesta trasformando l’amministrazione locale in uno «Stato di polizia», dove le libertà fondamentali sono subordinate a misure di sicurezza e controllo sociale.
Il provvedimento consente al governo statale di dichiarare un’organizzazione «illegale» senza fornire una definizione chiara delle attività proibite, lasciando spazio a interpretazioni arbitrarie. La legge punisce non solo l’appartenenza a tali gruppi, ma anche la semplice associazione o il sostegno, rendendo più facile l’avvio di procedimenti penali. Le nuove disposizioni preoccupano gli osservatori per il rischio di arresti senza mandato e di detenzione preventiva, strumenti che potrebbero essere impiegati per reprimere il dissenso e le proteste.
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Non si tratta della prima mobilitazione: già in aprile e poi in luglio gli oppositori erano scesi in piazza per contestare la normativa. Nei comizi, i relatori hanno ricordato che la norma viola gli articoli 14, 19 e 21 della Costituzione e conferisce poteri illimitati al governo. Lo slogan che ha unito le piazze è stato chiaro: «Not Public Security, but Public Oppression Bill!».
Negli ultimi giorni la Corte suprema ha richiesto ai governi di vari Stati di fornire spiegazioni sulle leggi anti-conversione, mettendo in discussione la loro validità costituzionale. Un collegio composto dal presidente della Corte Suprema dell’India, Bhushan R. Gavai, e dal Giudice K. Vinod Chandran, ha esaminato le petizioni riguardo le leggi sulla «libertà di religione» emanate da Uttar Pradesh, Madhya Pradesh, Himachal Pradesh, Uttarakhand, Chhattisgarh, Gujarat, Haryana, Jharkhand e Karnataka, concedendo agli Stati quattro settimane per rispondere alle richieste di chiarimento.
Si tratta si questioni aperte da anni, ma i ricorrenti sostengono che le comuni preoccupazioni costituzionali in questione giustificano un’udienza da parte della Corte suprema.
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Immagine di G20 Argentina via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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