Storia
Un tempio maya e un guerriero con la testa di serpente: ancora ritrovamenti archeologici in Messico
Gli archeologi che lavorano per la costruzione della linea ferroviaria «Trenmaya» a Chichén Itzá hanno scoperto un pezzo affascinante della storia maya: una statua risalente a circa 1.000 anni fa che raffigura un guerriero adornato con un abito di piume con un caratteristico elmo a forma di serpente.
L’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico (INAH) ha notato che la scultura misura 33 centimetri di altezza e 28 centimetri di larghezza. I funzionari hanno effettuato il ritrovamento nel complesso di Casa Colorada mentre stavano conducendo un’indagine archeologica del cantiere.
Si ritiene che la statua del guerriero ritrovata facesse parte di una scultura più grande, che rifletteva i parametri scultorei dei primi tempi della città maya.
Nonostante una frattura visibile, gli esperti dell’INAH affermano che il manufatto è in buono stato di conservazione, fungendo da collegamento tangibile tra le comunità contemporanee e il loro antico patrimonio.
Chichén Itzá, un importante sito di templi precolombiani nella penisola dello Yucatan, fu all’apice della sua influenza tra il IX e il XIII secolo d.C.
#Entérate | En Chichén Itzá, Yucatán, emerge el rostro esculpido de un guerrero
• Se descubrió en excavaciones financiadas con el Promeza, como parte del relleno constructivo de un basamento del conjunto Casa Colorada
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— INAH (@INAHmx) November 10, 2023
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Il progetto ferroviario in corso, parte degli sforzi del Messico per migliorare le infrastrutture turistiche, ha fruttato un tesoro di reperti archeologici, tra cui oltre un milione di frammenti di ceramica, 600 sepolture umane e varie strutture architettoniche. Il sito attualmente attira almeno 3.500 turisti al giorno e fino a 8.000 durante l’alta stagione, è oggetto di continui sforzi di conservazione.
Il guerriero con elmo serpentiforme non è l’unico ritrovamento recente in fatto di archeologia maya.
Gli archeologi in Messico hanno trovato un antico tempio maya di circa 1.000 anni a El Tigre, un sito archeologico nella penisola dello Yucatan. Risalente al 1000-1200 d.C., la struttura circolare ha due livelli ed era probabilmente ricoperta da un tetto piano. Gli archeologi ritengono che fosse dedicato alla divinità serpente maya Kukulcan, una delle quattro divinità principali dell’antica religione maya.
I funzionari ritengono inoltre che possa trattarsi dello stesso tempio descritto negli scritti di Don Pablo Paxbolon, che guidò il popolo maya in quello che oggi è lo stato messicano di Tabasco tra il 1575 e il 1576. I suoi scritti descrivono quattro di questi templi nella zona, ciascuno dedicato a una delle principali divinità.
Sebbene questi templi specifici non siano stati ancora trovati, sono state scoperte altre strutture circolari nella penisola dello Yucatan, tra cui Edzna, Becan, Uxmal e Chichen Itza.
«Questo edificio amplia la nostra conoscenza della tarda occupazione di El Tigre», ha detto Diego Prieto Hernández, antropologo e direttore generale dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia, durante una conferenza del 30 ottobre, come citato dai media messicani. «Le strutture circolari corrispondono generalmente al primo periodo postclassico tra il 1000 e il 1200 d.C., quando la zona maya aveva collegamenti con altre regioni della Mesoamerica, in particolare con il Messico centrale, Oaxaca e la costa del Golfo».
La penisola dello Yucatan fu uno degli ultimi insediamenti dei maya prima del collasso della civiltà. La sua caduta rimane argomento di dibattito tra gli esperti.
Anche questa scoperta è stata fatta duranti i lavori della nuova ferrovia, chiamata «Tren maya» o Treno maya, in costruzione in Messico e che si estenderà per 1.600 miglia. Il progetto ha prestato particolare attenzione alla conservazione dei reperti archeologici e ha già portato alla luce un gran numero di scoperte dall’inizio del progetto. Al 30 ottobre sono state rinvenute 2.698 strutture, 249 oggetti, 289.100 frammenti di ceramica e 177 resti umani parziali o completi.
Il treno maya inizierà le operazioni a dicembre.
Come riportato da Renovatio 21, questo mese un terremoto in Messico aveva portato alla luce una gigantesca scultura a forma di testa di serpente.
Impossibile non riconnettere le emersioni di questi reperti delle antiche civiltà mesoamericane con il fatto, apparentemente sconnesso, dell’introduzione di un «rito maya» nella messa cattolica.
I maya erano una popolazione che praticava il sacrificio umano, in forma massiva – qualcosa che sconvolse i conquistadores spagnoli.
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Immagine screenshot da YouTube
Spirito
Turchia, scoperte pagnotte di 1.300 anni con l’immagine di Cristo Seminatore
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Droga
La mafia ebraica, quella siciliana e il traffico di droga USA nel periodo interbellico
Secondo Alfred W. McCoy nel suo The Politics of Heroin: CIA Complicity in the Global Drug Trade, dagli anni venti del Ottocento negli Stati Uniti la malavita ebraica aveva controllato lo smercio dell’eroina per le strade americane. Si era creata questa situazione soprattutto perché la mafia siciliana aveva seguito una linea tradizionale ed idealistica in cui vietava al suo interno gli affari riguardanti prostituzione e narcotraffico.
In questo modo, questo tipo di affari venne prese completamente in mano da potenti gangster ebrei come Irving «Waxey Gordon» Wexler, Arnold Rothstein o Louis «Lepke» Buchalter.
Nel 1917 il New York Kehillah, un’agenzia della comunità ebraica, aveva pubblicato una serie di studi sul problema della droga a New York City. I risultati raccontavano come su 283 spacciatori di droga catalogati si potevano contare tra loro, 83 ebrei, 23 italiani, 8 irlandesi, 5 afroamericani e 3 greci. Riguardo lo specifico caso dello smercio della cocaina riscontrarono come l’85% fossero costituito da ebrei e il restante 15% da italiani.
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Allo stesso modo quando il proibizionismo cominciò nel 1920, altri criminali ebrei cominciarono i loro affari, Benjamin «Bugsy» Siegel, Arthur Schulz e Meyer Lansky e in breve tempo avevano preso il controllo del contrabbando di liquori. Negli anni Venti, delle diciassette maggiori organizzazioni, sette erano ebree, cinque italiane, tre irlandesi. Prima dell’inizio della guerra i nomi più noti vennero piano piano fatti fuori o arrestati, l’unico che rimase e che continuò la sua ascesa fu Lansky grazie ad un’alleanza con gli italiani.
Dagli anni Trenta però una nuova generazione di malavitosi italiani cominciarono a prendere il potere all’interno della mafia. In seguito anche a una guerra senza precedenti che lasciò sul campo più di sessanta gangsters uccisi si cominciò a modificare il codice d’onore della tradizione. Il carismatico capofila di questa nuova ondata di giovani mafiosi era Salvatore C. Lucania, meglio conosciuto come Lucky Luciano.
Dopo una serie di «riunioni» dove eliminò la vecchia guardia, delineò la sua idea di riorganizzazione del cartello in un sistema più moderno e di respiro mondiale. Vincendo il supporto delle ventiquattro famiglie mafiose americane, Luciano fu in grado di far diventare la mafia la più importante organizzazione criminale americana, mettendo in atto tecniche organizzative pionieristiche per l’epoca.
L’alleanza con la malavita ebraica, in particolar modo con la persona di Meyer Lansky, durò oltre quarant’anni contribuendo a farla diventare la caratteristica principale della criminalità organizzata americana.
L’eroina era un sostituto interessante per l’alcool. Nonostante i numeri dei tossicodipendenti non fossero comparabili, l’eroina aveva dei notevoli vantaggi. La sua recente entrata nella famiglia delle sostanze proibite la rendeva attraente per via di un mercato enorme ancora da esplorare. Era più leggera e si trasportava con meno spesa. Le sue fonti produttive limitate la rendevano facile da monopolizzare.
L’eroina oltretutto si rendeva perfettamente complementare all’altro nuovo segmento di mercato esplorato da Luciano: l’organizzazione della prostituzione su una scala mai vista prima. L’unione tra tossicodipendenza e prostituzione organizzata divenne il marchio di fabbrica della mafia di Luciano negli anni trenta. Nel 1935 controllava duecento bordelli solamente a New York e circa mille duecento prostitute, unendo questo alle scommesse e dal controllo dei sindacati la mafia aveva nuovamente raggiunto la sua sicurezza finanziaria.
Attraverso minacce e taglio dei prezzi la svolta data da Luciano si fece sentire presto nelle strade di New York. Con il crollo della purezza dell’eroina, fumarla non produceva più gli effetti desiderati, costringendo i consumatori a doversela iniettare sotto pelle. Secondo uno spacciatore di Times Square: «gli italiani stavano vendendo merda piena di chimica e acidi… sono talmente tanto affamati di soldi che l’hanno tagliata almeno una mezza dozzina di volte».
Verso la fine degli anni Trenta, in ogni caso, l’organizzazione di Luciano cominciò a perdere colpi. Lo schema quasi industriale con cui aveva costruito il suo monopolio sulla prostituzione soprattutto, si rivoltò contro di lui. Le prostitute si organizzarono per denunciarlo. Thomas Edmund Dewey quindi, procuratore distrettuale di New York, dopo aver già condannato Waxey Gordon, riuscì a infliggere una pena dai trenta ai cinquant’anni a Luciano e ai suoi nove coimputati italiani ed ebrei, per prostituzione forzata.
Durante gli anni Trenta la quasi totalità dell’eroina arrivava da raffinerie posizionate a Shanghai e a Tientsin, con qualche eccezione della Marsiglia dei corsi e della tratta del Medio Oriente in mano ai fratelli Eliopoulos. Con la fine della guerra le raffinerie cinesi avevano appena ricominciato a produrre ma con l’arrivo a Shanghai di Mao Tse-Tung e del suo esercito, tutti i trafficanti dovettero sparire. I fratelli Eliopoulos si erano ritirati con l’arrivo del conflitto e i marsigliesi soffrirono dell’alleanza con la Gestapo che li aveva infine portati alla rovina o all’esilio. La mafia in Sicilia allo stesso modo era ridotta ai minimi termini avendo sofferto vent’anni di oppressione da parte della polizia fascista di Mussolini.
Con l’arrivo della guerra, l’attenzione maniacale derivata dalla potenziale presenza di spie aveva reso gli accessi al territorio statunitense praticamente invalicabili. La maggioranza dei tossicodipendenti erano stati forzati a trovare una soluzione alla mancanza di materia prima e di conseguenza il consumo di eroina negli Stati Uniti si era ridotto al minimo storico. Assieme a questo, gli operatori logistici illegali del traffico di stupefacenti avevano sofferto della mancanza di introiti e avevano raggiunto un livello di debolezza mai visto.
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Con la tossicodipendenza ai minimi storici nella società americana e la malavita mondiale ridotta in ginocchio da anni di distruzione e oppressione militare, la possibilità di far scomparire per sempre il narcotraffico era alla portata di mano della polizia americana. Al contrario, invece, la volontà della CIA fu quella di utilizzare questi canali irregolari per produrre dei proxy coperti in grado di operare nel momento del bisogno al lontano da sguardi indiscreti e senza necessità di ottenere l’approvazione del congresso o, peggio ancora, del popolo americano. Operazioni clandestine pagate dal narcodollaro a favore della lotta al comunismo.
La stessa situazione si può ritrovare a pochi decenni di distanza incontrando però attori diversi che seguono uno schema simile. La filiera produttiva latino americana venne preferita a quella asiatica ma allo stesso modo gruppi di proxy favoriti da ufficiali della CIA spinsero l’afflusso di cocaina prima e del suo surrogato povero, il crack, in seguito negli Stati Uniti. La quantità enorme di coca raffinata che arrivò in quegli anni negli Stati Uniti portò a stravolgere la cultura dell’epoca, non solo americana.
Ne parlò in anticipo sui tempi Gary Webb con i suoi articoli online nel 1996 sul sito del San José Mercury News che divennero poi Dark Alliance: The CIA, the Contras and the Crack Cocaine Explosion. Venne screditato apertamente dal gotha del giornalismo e dell’intellighenzia americana che produssero contro di lui svariati rapporti negando l’esistenza di prove e assieme anche qualsiasi possibilità di replica.
La vita di Webb, in seguito anche a una profonda depressione conseguenza delle difficoltà che dovette affrontare, terminò con quello che è stato ritenuto un suicidio frutto di ben due colpi di pistola alla testa.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine: foto segnaletica di Bugsy Siegel, dipartimento di Polizia di Nuova York, 12 aprile 1928.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Droga
Alla fonte dell’antico traffico mondiale dell’eroina
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