Politica
Trump dice che la Harris ha snobbato il candidato alla vicepresidenza perché è ebreo. In realtà ha un passato complesso

La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris non ha scelto il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro come suo vicepresidente perché è ebreo, ha affermato il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump.
Sebbene Shapiro fosse considerato il favorito, alla fine Harris scelse il governatore del Minnesota Tim Walz.
«Tutti pensavano che sarebbe stato Shapiro, ma non è stato Shapiro», ha detto Trump a Fox News mercoledì. «Ho pochissimi dubbi che non fosse per il motivo di cui stiamo parlando. Era perché è ebreo e pensano di offendere qualcun altro».
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«Penso che ci fossero altre persone migliori di lui, le conosco tutte. Ma sono rimasto scioccato quando è arrivato il momento delle ultime due e lei non ha scelto Shapiro», ha aggiunto.
La fazione «progressista» dei Democratici si era opposta a Shapiro, citando la sua difesa di Israele e le critiche alle proteste studentesche pro-palestinesi negli Stati Uniti. Alcuni critici lo hanno soprannominato «Genocide Josh» – riecheggiando il soprannome «Genocide Joe» dato al Presidente Biden – mentre altri hanno sottolineato i potenziali problemi che una coppia Harris-Shapiro avrebbe avuto nel raccogliere elettori musulmani, arabi e palestinesi-americani in stati chiave indecisi.
«Non ti sentiresti molto a tuo agio se fossi Israele in questo momento con questa squadra», ha detto Trump a Fox News. «Questa è la squadra peggiore mai assemblata per un ebreo o per Israele».
«Sono così cattivi con il popolo ebraico: per quello che hanno fatto, per il modo in cui parlano, per la loro politica e per tutto il resto», ha aggiunto.
Lo Shapiro rappresentava una scelta controversa per un altro motivo: ventenne aveva fatto il volontario nell’esercito israeliano. Secondo il Times of Israel, la cosa gli ha creato imbarazzo nella corsa alla nomina a vicepresidente, al punto che avrebbe cercato di minimizzare la questione.
«Mentre era al liceo, a Josh Shapiro è stato chiesto di svolgere un progetto di servizio, che lui e diversi compagni di classe hanno completato attraverso un programma che li ha portati in un kibbutz in Israele dove ha lavorato in una fattoria e in una zona di pesca», ha dichiarato il portavoce di Shapiro, Manuel Bonder. «Il programma prevedeva anche il volontariato in progetti di servizio in una base dell’esercito israeliano. Non è mai stato impegnato in alcuna attività militare».
Nel 1993 lo Shapiro aveva inoltre vergato un editoriale (intitolato «La pace impossibile») che respingeva gli accordi di Oslo allora freschi di firma, scrivendo: «Nonostante il mio scetticismo come ebreo e in passato volontario nell’esercito israeliano, spero fortemente e prego che questo “piano di pace” abbia successo».
Un’altra potente controversia che ha riguardato il possibile candidato ebreo alla vicepresidenza è quello della morte dell’insegnante Ellen Greenberg, trovata senza vita con inflitte 20 coltellate nel gennaio 2011, un caso registrato come omicidio ma archiviato come suicidio un anno dopo.
Per anni la famiglia Greenberg ha cercato di far riaprire il caso e riclassificarlo come omicidio, ma nel 2019 l’allora procuratore generale della Pennsylvania Shapiro confermò che la morte atroce della donna era avvenuta per colpi autoinflitti. La famiglia si disse disgustata dalla decisione.
Il fidanzato della Greenberg, Sam Goldberg, non è mai stato arrestato o accusato nel caso. Shapiro si è ritirato dal caso nel 2022 dopo che uno YouTuber ha affermato che la famiglia di Goldberg aveva contribuito alla campagna di Shapiro, creando un conflitto di interessi. L’ufficio del procuratore generale ha insistito sul fatto che non vi era alcun conflitto di interessi, ma un portavoce ha affermato all’epoca che Shapiro aveva rinunciato al caso a causa «dell’apparenza di un conflitto», secondo quanto riportato dal The Philadelphia Inquirer.
Lo Shapiro è ora mayor – governatore – dello Stato della Pennsylvania.
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Durante la sua presidenza 2017-2021, Trump ha apertamente sostenuto Israele, riconoscendo la sua annessione delle alture del Golan occupate e trasferendo l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme Ovest, tra le altre cose. Il biondo presidente del Queens ha ripetutamente affermato che tutti gli ebrei che votano per i democratici «dovrebbero farsi visitare la testa».
Nelle elezioni del 2020, tuttavia, si stima che il 70% degli ebrei americani abbia votato per Biden.
La Casa Bianca di Biden-Harris ha fornito armi e munizioni a Israele, chiedendo al contempo un cessate il fuoco e negoziati con Hamas, cosa che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ripetutamente respinto.
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Immagine di Governor Tom Wolf via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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