Geopolitica
La NATO usa la Romania come «porta per la guerra»: parla il candidato presidente Georgescu

La NATO sta usando la Romania come «porta per la guerra», con l’obiettivo di lanciare una grande offensiva contro la Russia, ha avvertito il candidato indipendente alla presidenza Calin Georgescu.
Durante una puntata di «The Shawn Ryan Show» pubblicata sabato, Georgescu e l’ex Navy SEAL degli Stati Uniti Shawn Ryan hanno discusso del colpo di Stato in Romania e delle potenziali implicazioni dell’accumulo di militari presso la base aerea Mihail Kogalniceanu (MK), la più grande struttura NATO vicino al Mar Nero. Il candidato alla presidenza ha sollevato preoccupazioni sulla presenza militare del blocco in Romania, avvertendo che le basi NATO del paese potrebbero essere utilizzate per innescare una guerra con la Russia.
«Quello che sta succedendo ora in Romania e il fatto che non ci sia alcuna reazione dall’estero, specialmente dagli Stati Uniti, dimostra che non capiscono cosa sta succedendo qui. Perché se usano la Romania come porta per la guerra, cosa succederebbe dopo», ha detto Georgescu al conduttore in risposta a una domanda sul fatto che la Romania sia «nel mezzo di un colpo di Stato in questo momento».
«Non abbiamo bisogno di una guerra», ha affermato.
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La Romania, membro della NATO dal 2004, ha ampliato la base aerea MK per ospitare più truppe e attrezzature militari. Il progetto dovrebbe essere la base NATO più grande in Europa. Lo sviluppo è stato criticato da Mosca, con Andrey Klimov, vicepresidente del Federation Council Committee on Foreign Affairs, che lo ha definito una «minaccia per Bucarest».
Secondo Klimov, più grande è la base militare «anti-russa» e «più è vicina ai confini della Russia, più è probabile che sia tra i primi obiettivi di attacchi di rappresaglia».
Alla domanda se la base sarebbe stata usata per condurre «una grande offensiva in Russia», Georgescu ha risposto: «Esattamente. Questa è la parola – offensiva – che è sbagliata. E non possiamo accettarlo», ha affermato. «Perché questo non è affar nostro. Non è la nostra guerra».
Georgescu, noto per le sue forti opinioni euroscettiche e anti-NATO, è emerso come favorito nella corsa presidenziale della Romania a novembre, ottenendo il 22,94% dei voti. La sua ascesa ha alimentato le speculazioni sul fatto che avrebbe spinto per il ritiro della Romania dalla NATO o almeno avrebbe tentato di ridurre la cooperazione militare con essa.
La Corte costituzionale rumena ha annullato le elezioni prima del secondo turno, citando documenti di Intelligence che denunciavano «irregolarità» nel voto a favore di Georgescu. Questa decisione ha scatenato una serie di proteste di piazza a Bucarest.
Come riportato da Renovatio 21, è successivamente emerso che la campagna TikTok usata come pretesto per annullare le elezioni aveva alle spalle non la Russia, ma il partito di governo, il Partidul Național Liberal (PNL).
Venerdì migliaia di dimostranti si sono radunati davanti alla Corte suprema della Romania, chiedendo trasparenza e accusando le autorità di aver orchestrato un colpo di Stato elettorale.
«Nove persone dentro, decidono loro invece di 19 milioni cosa devono fare», ha detto il candidato alla presidenza al conduttore mentre discuteva dell’annullamento del secondo turno delle elezioni. «Chiediamo aiuto per le istituzioni democratiche e vogliamo proteggere la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra nazione», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, il prossimo maggio migliaia di soldati francesi prenderanno parte a un’esercitazione militare su larga scala in Romania.
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Immagine screenshot da YouTube
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Geopolitica
«Né saggio, né intelligente, né onorevole»: l’ayatollah Khamenei contro i colloqui con Trump

Il leader supremo iraniano Ali Khamenei ha avvertito che Teheran risponderà con misure tat-for-tat a qualsiasi mossa ostile degli Stati Uniti. Ha anche respinto l’idea di colloqui con Washington, dicendo che non sarebbe «né saggio, né intelligente, né onorevole».
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ripristinato la sua cosiddetta politica di «massima pressione» contro l’Iran da quando è tornato in carica, accusando Teheran di cercare di sviluppare una bomba nucleare. Martedì Washington ha annunciato altre sanzioni contro l’industria petrolifera di Teheran, prendendo di mira una rete internazionale che facilita le consegne di petrolio iraniano alla Cina.
Durante un incontro con il personale dell’aeronautica militare iraniana a Teheran venerdì, Khamenei ha insistito sul fatto che «gli americani si siedono e ridisegnano la mappa del mondo sulla carta, ma è solo sulla carta, senza alcuna base nella realtà».
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«Fanno dichiarazioni su di noi, esprimono opinioni e lanciano minacce. Se ci minacciano, noi minacceremo loro. Se agiscono in base a queste minacce, noi faremo lo stesso. Se minano la sicurezza della nostra nazione, noi risponderemo senza dubbio per le rime», ha detto.
Trump ha dichiarato mercoledì di voler avviare dei colloqui con Teheran per raggiungere un «accordo di pace nucleare verificato, che permetterà all’Iran di crescere e prosperare pacificamente». Ha anche insistito sul fatto che i resoconti secondo cui «gli Stati Uniti stanno lavorando insieme a Israele… per fare a pezzi l’Iran sono notevolmente esagerati».
Tuttavia, il leader supremo iraniano ha messo in guardia dal negoziare con il governo degli Stati Uniti, insistendo sul fatto che non sarebbe «né saggio, né intelligente, né onorevole».
Teheran è stata «molto generosa» e ha fatto delle «concessioni» durante i negoziati con le potenze mondiali sul Piano d’azione congiunto globale (JCPOA) del 2015, che prevedeva la rinuncia dell’Iran al suo programma nucleare militare in cambio della revoca delle sanzioni internazionali, ha affermato.
«La stessa persona che è al potere ora ha stracciato il trattato», ha osservato Khamenei, riferendosi al ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo storico da parte di Trump durante il suo primo mandato nel 2018.
«I negoziati con gli Stati Uniti non hanno alcun impatto sulla risoluzione dei problemi del Paese. Dobbiamo capirlo correttamente e non farci ingannare pensando che sedersi al tavolo delle trattative con quel governo risolverà certi problemi. No, i negoziati con gli Stati Uniti non risolveranno alcun problema», ha sottolineato l’85enne guida suprema della Repubblica Islamica.
Un nodo immenso nelle relazioni tra Teheran e Washington è costituito dall’assassinio nel 2020 del generale dei servizi Pasdaran Qassem Soleimani, ordinato a Bagdad da Trump. Successivamente, il presidente disse che era stato indotto alla decisione da Israele (cioè, par di capire, da Bibi Netanyahu) che epperò si tolse all’ultimo momento. Affermazioni confermate da rivelazioni dell’ex capo dell’Intelligence israeliana, secondo sarebbe stato proprio lo Stato Ebraico a convincere la Casa Bianca ad uccidere il generale iraniano.
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L’uccisione di Soleimani fu uno smacco anche per Khamenei, che poco prima aveva pubblicato un tweet secondo cui Trump «non poteva fare niente». Dopo l’assassinio della figura militare più popolare del Medio Oriente, il New York Times scrisse che «il leader supremo è ora un uomo umiliato pubblicamente».
L’FBI l’hanno scorso aveva affermato che l’Intelligence iraniana stava reclutando agenti negli Stati Uniti per aiutare a uccidere gli attuali ed ex funzionari governativi coinvolti nell’assassinio del Soleimani. Gli iraniani hanno giurato vendetta su Trump per il generale «martire», anche con video in computer grafica diffusi da account legati all’ayatollah Khamenei.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa è emerso che Elon Musk, agendo da emissario del presidente, avrebbe avuto a Nuova York un incontro riservato con diplomatici iraniani. Teheran ha negato.
Voci sostengono che la liberazione della giornalista italiana de Il Foglio arrestata a Teheran sia avvenuta grazie alla mediazione trumpiana, a seguito della visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Mar-a-Lago.
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Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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