Arte
Sopravvivere come Clark Kent
Scena 1: siete al parco con i bambini. Si avvicina una ragazza che conoscete, madre di una bambina che è sullo scivolo con i vostri figli. In effetti non la vedevate da tempo. La chiacchiera cade sul discorso scuole, e convenite che non vedete l’ora che tutto torni normale. La signora aggiunge un particolare spiazzante: in questo 2020-2021 non ha mandato la bambina a scuola. Radicale, pensate voi, grandissima: homeschooling duro e puro, no compromise. «Eh, questa cosa delle mascherine a scuola», abbozzate ancora cauti. «Sì, infatti – dice la ragazza – il fatto che esistano bambini che non le portano o le portino sotto il naso è intollerabile… In generale, io non la ho mandata a scuola perché si contagia certamente, non mi fido di nessun bambino, neanche con la mascherina». Voi, che avete lottato dai tempi della legge Lorenzin contro la deriva dittatoriale della Sanità, partecipando a manifestazioni, conferenze, leggendo articoli e libri, animando chat su ogni possibile app russa e americana, creando siti, voi, davvero, cosa volete rispondere? La signora non ne sa nulla ovviamente, non lo può immaginare, non sa chi siete veramente – e non sa cosa sta dicendo. Davvero: come reagire?
La nostra esistenza è diventata la risalita di un salmone nel fiume ghiacciato del consenso vaccinale (e nazisanitario, e biosecuritario) globale. Ogni altra forma di vita segue la corrente, e non vede l’ora di essere gettata nell’oceano – anche se non ha idea di cosa vi troverà
Scena 2: siete al telefono con un fornitore. L’argomento cade sui vaccini: «appena possono me lo faccio subito», dice il signore, «anche se fosse acqua fresca, anche se fosse qualsiasi cosa», perché «vojo torna’ alla vita de prima»… E giù, a dire del cinema, il ristorante, le vacanze, gli amici. Degluttite. Lo risentite mesi dopo, nel frattempo il vaccino è arrivato. Lui però non lo fa, lo fa la moglie, perché lavora in una di quelle considerate intelligentemente «categorie a rischio», un’insegnante che praticamente non vede nessuno perché in DAD dal 2020. Le capita l’AstraZeneca. Dopo qualche giorno, la signora avverte un dolore alla gamba, ad un certo punto non riesce più a muoverla. Il vostro fornitore è sconvolto «ma com’è possibile?». La moglie fa punture di eparina da giorni, ma i livelli non si abbassano abbastanza. Il rischio che si immaginano costantemente, vi dice il fornitore, è che un trombo le venga al cervello, magari mentre dorme, e «ciao ciao». Vi racconta del calvario personale: in realtà la gente comincia ad evitarla, nessuno dà solidarietà, nessuno se ne vuole occupare veramente, nemmeno, in certi ambienti ne vuole parlare: capisce perfino che il suo caso è diventato un’anomalia che il sistema non può tollerare se vuole continuare a propalare l’idea che «il vaccino è la strada maestra» per uscire dalla «pandemia». Il fornitore vi dice: io, a questo punto non lo farò – ma quale consenso informato. Voi, che avete studiato articoli sulle anomalie e incongruenze di quel vaccino già ai tempi in cui i test uscivano sballati perfino sulle scimmie, come decidete di reagire? Cosa gli dite?
Scena 3: Avete degli zii eccezionali. Vivono vicino a casa. I vostri figli passano molto tempo da loro, che essendo in pensione non vedono loro di donare parte delle loro giornate a quella che è la parte più rilevante della loro discendenza. Voi amate i vostri zii, e i vostri zii vi amano. Avete condiviso tutto. Essi sanno che avete rifiutato i vaccini ai vostri figli, pagandone il prezzo, già anni fa. Essi sanno del vostro impegno in quest’idea non conforme che è l’antivaccinismo. Anzi, a volte si sono pure fatti convincere: guardando il TG, certe volte, spiegato loro qualche truccato, hanno convenuto: «sì, ci raccontano balle! Quante ce ne raccontano». Poi un bel giorno vi dicono: «ho prenotato il vaccino». Cosa? «Sì, Astrazeneca, me lo fanno il giorno X». Degluttite. Poche ore dopo, l’AstraZeneca viene ritirato. Per qualche ora però, perché poi lo rimettono in circolo. Voi sperate: adesso come possono non capire? Adesso annulleranno l’appuntamento, dai! «No, andiamo lo stesso, ma gli diciamo che l’AstraZenca non lo vogliamo, me ne diano un altro». Il giorno arriva, fanno il Pfizer. Voi che per anni avete segnalato i morti e i menomati da tutti i vaccini, mRNA o meno, COVID o meno, cosa fate? Come reagite? Vi pentite di non aver tirato fuori qualche tabella? Di non avergli inoltrato su Whatsapp qualche articolo in più? Di non averli iscritti al canale Telegram giusto?
Se siete no-vax o semplicemente persone che sanno osservare la realtà – e magari da anni prima del virus di Wuhan – la vostra vita non può non essere diventata un occultamento continuo della vostra identità
Potremmo andare avanti con centinaia di altre scene così, perché capitano più volte al giorno: la somma di esse, in realtà, ora è diventata la nostra vita. L’esistenza è diventata la risalita di un salmone nel fiume ghiacciato del consenso vaccinale (e nazisanitario, e biosecuritario) globale. Ogni altra forma di vita segue la corrente, e non vede l’ora di essere gettata nell’oceano – anche se non ha idea di cosa vi troverà.
Se siete semplicemente persone che sanno osservare la realtà, se siete etichettabili come no-vax – e magari da anni prima del virus di Wuhan – la vostra vita non può non essere diventata un occultamento continuo della vostra identità. Volete, davvero, metterla giù dura al vostro datore di lavoro sui problemi dermatologici del continuo uso di amuchina gel? Volete, davvero, provare ad entrare in banca senza mascherina (sì, un tempo lì ci entravano mascherati solo i rapinatori)? Volete, davvero, perdere una grossa fette dei vostri clienti e fornitori? Volete, davvero, litigare con gli amici ad ogni piè sospinto? Volete, davvero, separarvi dalla famiglia più di quanto già non siete stati costretti a fare dalla biodittatura? Volete perdere i vostri affetti? Volete attirare su di voi i rancori e finanche le segnalazioni alle forze dell’ordine del vostro prossimo ora puntualmente stimolato a metamorfosarsi in delatore?
«Clark Kent è il modo in cui Superman ci vede. E quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana»
Molti risponderanno: sì. Non abbiamo obiezioni a chi risponde così. Il massimalismo non è peccato – praticamente mai, se è dalla parte del Bene.
Tuttavia, è dell’altro caso che vogliamo scrivere qui. Il caso in cui le persone come noi si ritrovano a vivere una sorta di doppia vita, di ospitare nella propria esistenza una sorta di doppia personalità obbligata. Come, effettivamente, i supereroi dei fumetti. Quelli che adesso sbancano al cinema con filmoni fracassoni. Ognuno di essi, con poche eccezioni, vive nel segreto la sua vera identità, la sua verità: i suoi stessi poteri, la sua stessa natura sono qualcosa che va celato ad un mondo che non capirebbe.
Il supereroe porta una maschera. Lo fa per proteggere se stesso e i suoi cari, e pure per proteggere la sua stessa missione.
Noi della resistenza contro il Nuovo Ordine Iatrocratico Mondiale siamo tutti Clark Kent ora. Il problema etico, nella sindrome di Clark Kent, è fino a che punto rimanere camuffati
È in questo momento che ci viene in mente l’immane genio di Quentin Tarantino. Il quale, in un film pazzesco e riuscitissimo – Kill Bill vol. II – metteva in bocca ad un personaggio questo discorso:
«L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi è che abbiamo un supereroe e il suo alter-ego: Batman è di fatto Bruce Wayne, l’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker. Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker, deve mettersi un costume per diventare l’Uomo Ragno. Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere: Superman non diventa Superman, Superman è nato Superman; quando Superman si sveglia al mattino è Superman, il suo alter-ego è Clark Kent. Quella tuta con la grande “S” rossa è la coperta che lo avvolgeva da bambino quando i Kent lo trovarono, sono quelli i suoi vestiti; quello che indossa come Kent, gli occhiali, l’abito da lavoro, quello è il suo costume, è il costume che Superman indossa per mimetizzarsi tra noi. Clark Kent è il modo in cui Superman ci vede. E quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana»
Viviamo per il momento in cui potremo vivere apertamente la nostra natura e le nostre energie, con tutti – come peraltro prevedrebbero tutte quelle Costituzioni e diritti con i quali ci hanno tormentato per decenni
Noi della resistenza contro il Nuovo Ordine Iatrocratico Mondiale siamo tutti Clark Kent ora. Siamo costretti a nascondere la nostra vera natura, siamo coartati a divenire mansueti e persino vigliacchi nelle discussioni e al lavoro. Anche se vediamo attraverso la materia (a parte il piombo), non possiamo dirlo. Anche se conosciamo tanto più che i comuni mortali – per esempio i loschi piani di miliardari perversi come Bill Gates, pardon, Lex Luthor – dobbiamo tenercelo per noi. Anche se siamo orfani di un pianeta esploso, non possiamo raccontarlo a nessuno. E se siamo impenetrabili alle mitragliate (della propaganda massiva), non dobbiamo darlo troppo a vedere.
Il problema etico, nella sindrome di Clark Kent, è fino a che punto rimanere camuffati. Ci deve essere un momento in cui dobbiamo intervenire nell’ordine di salvare qualcuno dalla siringa di Lex Luthor. È allora che arriva la dolorosa questione delle cabine telefoniche: sono sparite. Era il luogo in cui Nembo Kid (nome con il quale per qualche ragione Superman arrivò nell’Italia dei nostri padri). Dove cambiarsi, se non nel parallelepipedo a gettoni? E poi, mica siamo fortunati come l’alieno con la mantellina rossa: ci riconoscono subito, non basta togliersi gli occhiali e pettinarsi con il gel, diventa qualcosa di molto specioso, a quel punto ammettiamo che viviamo una doppia vita, dentro di noi albergano due persone diverse, ed essere oppositori del sistema non necessariamente significa essere supereroi, anzi, per i telegiornali siamo i super-villani. Trasformarsi in seduta stante apre sul nostro prossimo ulteriori dissonanze cognitive – come se i cittadini non ne avessero abbastanza.
Viviamo per il momento in cui potremo, senza pensarci troppo, incenerire con lo sguardo le basi e gli eserciti dei cattivoni
Non abbiamo una soluzione a questo dilemma, anche noi stiamo volando a vista, senza dare tanto nell’occhio. Di certo, viviamo per il momento in cui potremo vivere apertamente la nostra natura e le nostre energie, con tutti – come peraltro prevedrebbero tutte quelle Costituzioni e diritti con i quali ci hanno tormentato per decenni.
Sì, viviamo per il momento in cui potremo, senza pensarci troppo, incenerire con lo sguardo le basi e gli eserciti dei cattivoni.
Per ora facciamo quello che possiamo, vivendo sottotraccia, operando in segreto dove bisogna farlo.
Per il momento, imparate a sopravvivere come Clark Kent. È la vostra silenziosa forma di critica di quel genere umano lasciatosi andare in quest’ora di follia
Per il momento, imparate a sopravvivere come Clark Kent. È la vostra silenziosa forma di critica di quel genere umano lasciatosi andare in quest’ora di follia.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Siri Kaur via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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