Immigrazione
Rivolta etnica a Milano. Partita in Italia l’anarco-tirannia delle No-go zone?
A Milano è scoppiata una rivolta etnica, ma praticamente nessuno la vuole chiamare così. Né iniziare a pensare che il punto di non ritorno della banlieue francese è finalmene arrivato – e con esso, le no-go zone immigrate all’interno delle nostre città.
Si tratta di un dato di rilevanza storica non solo per la «capitale morale», ma per l’Italia tutta. Milano, si dice, anticipa ciò che succede nel resto del Paese: era l’idea dei socialisti craxiani, gruppone di intelligenze che riuscì ad espugnare Roma, per poi essere sterminato da un’operazione giudiziaria che veniva – si mormora, a bassissima voce, ancora – da un tentacolo atlantico.
E quindi: ecco che Corvetto, quartiere non così periferico (vi arriva la Metro a poche fermate dal Duomo, vi erano fino a qualche anno fa begli appartamenti per professionisti e famiglie) compaiono roghi e barricate, fuochi d’artificio sparati contro la polizia, autobus dell’ATM vandalizzati.
Milano, quartiere Corvetto, sono state due notti di guerriglia, devastazione e saccheggi perpetrati da immigrati e seconde generazioni dove pure la polizia è stata costretta al ritiro.
Questa è la famosa Milano multietnica del sindaco @BeppeSala che parlava di “percezione… pic.twitter.com/yDUy8OuxsF
— Francesca Totolo (@fratotolo2) November 26, 2024
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In verità, la stampa non lo può dire, almeno non nei titoli – per il solito effetto della Carta di Roma, il testo deontologico imposto ai giornalisti che prevede limiti di cronaca riguardo alle cose degli immigrati), nei primi articoli usciti bisognava leggere fra le righe: la protesta è praticamente composta da ragazzi nordafricani di secondo o financo terza generazione.
Lo ha detto, gliene va dato atto, l’inviato del popolare TG satirico, che, dopo aver ripreso violenze e bagarre, ragazzini maghrebini che minacciano una signora italiana (tu averle detto, chiaro, «tu razzista»), ha trovato le parole adeguate per definire la situazione: «la città è in mano a questi maranza».
MILANO – VIOLENZE DURANTE IL CORTEO – in ricordo di Ramy Elgaml.
Signora minacciata: “VUOI VEDERE CHE NON TORNI A CASA IN MACCHINA?”@brumottistar ci mostra delle immagini shock
Al link il video completo: https://t.co/ykKGs4NVi7#Striscialanotizia #Brumotti #Milano pic.twitter.com/KNeWt0jM0B— Striscia la notizia (@Striscia) November 26, 2024
A chiunque non sia vittima di forme terminali di prosciutto oftalmico, pare evidente che si deve chiamare il fenomeno con un nome preciso: rivolta etnica.
A Corvetto c’è stata, cioè, una minoranza ospite nel Paese (minoranza, per il momento), che si è rivoltata contro lo Stato ospitante.
Non è nemmeno la prima volta che succede. La prima rivolta etnica italiana, si dice, è stata quella di via Paolo Sarpi nel 2007: i cinesi che abitano la zona, costituendo una maggioranza sugli italiani al punto che si parla di una Chinatown, insorsero dopo che la pulizia multò una commerciante cinese. 300 immigrati del Dragone affrontarono la polizia, componendo un corteo dove sventolavano le rosse bandiere della Repubblica Popolare – tanto per capire quanto gli immigrati cinesi siano profughi del regime comunista pechinese, e a chi va senza dubbio la loro lealtà…
Tuttavia, allora si aveva a che fare con i cinesi, non con i minorenni nordafricani. Da qualche parte, si trovò la quadra. Le voci che si captavano tra i milanesi dicevano che si trattava di una qualche forma di trattativa della comunità sinica con il potere milanese, di mezzo c’era forse un trasferimento, qualcosa del genere. Fatto sta che non accadde più nulla.
Stavolta, a Corvetto, è diverso. Non c’è l’intelligenza classica orientale, dietro alla vampata di violenza anti-Stato dell’altro giorno: c’è la barbarie verticale delle generazioni immigrate, criminali e nichiliste (nichiliste fino a che non troveranno l’imam pagato dagli Stati del Golfo che li radicalizzerà), che chiunque sia passato per una città – grande, media piccola – riconosce bene.
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Lo sappiamo perché il caos milanese ha seguito il ruolino di marcia – identico fino ad essere quasi sospetto – di quanto visto l’anno passato nelle banlieue francesi (e, per contagio successivo, svizzere, e belghe): un ragazzo muore durante un inseguimento dalla polizia, parte una protesta violenta di nordafricani et similia che di fatto si impadroniscono di intere porzioni della metropoli. Non sappiamo se, come in Francia, anche da noi siano volati subito gli «Allahu Akbar» e pure le mitragliate in aria con i Kalashnikov, che certi video circolanti della rivolta francese sembravano ritrarre. Non sappiamo nemmeno quanto tempo ci vorrà prima che accada: non troppo, ipotizziamo
No, la grammatica profonda del fenomeno non cambia: masse di immigrati, pure giovani – quindi, in teoria, più facilmente integrati, integrabili, integrandi – rifiutano completamente l’ordine nazionale italiano, e producono una violenza, un caos, con un significato solo: questa zona è nostra, qui ci sono le nostre leggi.
Comprendiamo la differenza abissale rispetto ad altri fenomeni come le mafie, che non attaccano praticamente mai (certo, che le eccezioni storiche che sappiamo) le forze dell’ordine, perché i mafiosi vogliono vivere, e prosperare, parallelamente al sistema, nello stesso suo territorio.
Nelle banlieue francesi ed ora italiane non c’è nulla di tutto questo: c’è la rivendicazione del possesso del territorio proprio contro lo Stato nazionale, che persino deve essere punito per i suoi atti.
Di fatto, quello che vediamo è l’embrione di una definitiva no-go zone milanese. Alcuni dicono che San Siro sia praticamente già così, e di fatto abbiamo visto embrioni di una «zona autonoma» immigrata (cioè, islamica) anche a capodanno, quando c’era stata una sorta di rivolta (tra festa e guerriglia, non vi è ad un certo punto molta differenza, vediamo) che aveva decisamente impegnato la polizia. Altri cominciano a parlare della situazione in Stazione Centrale.
Lo stesso, ricorderanno i lettori di Renovatio 21, era accaduto con i mondiali, dove confusione e vandalismo scoppiavano nelle nostre città sia che il Marocco perdesse sia che vincesse.
Festa Marocco a Milano, tensione: rissa e polizia schierata #Mondiali #Marocco #Milano #localteam pic.twitter.com/d8ZQHomi0u
— Local Team (@localteamit) December 14, 2022
E ancora, chi ci segue sa quanto abbiano sottolineato la vicenda di Peschiera del Garda, quando due anni fa migliaia di ragazzini immigrati misero in pratica quella che era de facto un’invasione della cittadina con il programma di escludere l’Italia da essa: le immagini dei celerini in inferiorità numerica che caricano i ragazzini immigrati che scappano sghignazzando (mentre altri da tutte le parti riprendono la scena) dà idea del fatto che Peschiera era divenuta una vera TAZ, una di quelle zone temporaneamente autonome teorizzate dai guru di anarchici e Black Block degli anni Novanta.
«Comanda l’Africa» era lo slogan del il raduno.
Peschiera del Garda de los pueblos más bonitos del Lago de Garda, uno de los más fáciles de visitar porque está muy bien comunicado con Milán y Verona. #italia #inseguridadciudadana Igual se han dado cuenta que no todas las culturas son respetables?. Y que pasan de integrarse ? pic.twitter.com/MqEwiHlMQe
— Politeia (@Politeia_ESP) June 9, 2022
Non solo la città venne espropriata: anche il sistema ferroviario, intasato dall’orda, fu conquistato, financo espropriato su base razziale.
Ecco la storia delle ragazzine italiane che denunciano di essere state molestate in un vagone dove, pare di capire, gli italiani non potevano più stare. Ha detto ai giornali il padre di una delle sventurate: «si sono sentite in trappola, braccate, senza l’aiuto di nessuno». I ragazzi del treno «le toccavano, dicendo: “Donne bianche voi non potete stare qui… siete delle privilegiate”».
«Le donne bianche non salgono» mentre «ci toccavano dappertutto». Alla molestia sessuale si aggiunge (forse, in modo rivelatore) un vero e proprio razzismo – il neorazzismo antibianco, anti-italiano, anti-europeo – ma chissà se mai i giornali lo hanno chiamato così. Ad ogni modo: inchiesta archiviata perché le telecamere del treno, purtroppo, in quel momento non funzionavano.
La no-go zone, con lo Stato italiano che lascia crescere la tracotanza delle masse para-islamiche, è probabilmente una delle fasi necessarie per l’instaurazione definitiva dell’anarco-tirannia: lo Stato moderno continuerà a tassarci, a sorvegliarci, a reprimerci (ricordate il COVID? Ricordate il green pass? Ricordate quelle proteste, proprio a Milano?) lasciando tranquille le basi di chi ruba, rapina, stupra. Perché se pensiamo alla nostra sopravvivenza, in una città divenuta vera giungla, pensiamo meno a cosa il potere che ci spreme e ci umilia, ogni giorno di più.
Divide et impera. Il conte Calergi lo aveva intuito, e predicato, apertis verbis: il meticciato serve per il controllo del continente, perché il meticcio, più passionale, sarà più facilmente manipolabile. Gli si butta lì un reality show, un paio di jeans alla moda, la musica trap, lo smartphone colorato, la libertà di rubacchiare qualcosa, di drogarsi, ed ecco che poi farà quello che vuole il vertice della piramide. Ordo ab chao.
Ecco l’europeo del futuro. Ecco perché lo stanno creando, gommone dopo gommone, sotto i nostri occhi.
Che non vi sia nessuna forza sociale in grado di opporsi attivamente a questo processo, è la vera tragedia del nostro tempo.
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Tuttavia, prima ancora, dovremmo forse rivolgerci ad una forza spirituale per fermare questa catastrofe. A Milano, essa ha un nome: Ambrogio.
Il Santo di Milano, cosa fece per risolvere la diatriba con gli ariani che si erano insediati in città? Secondo l’iconografia medievale, prese il flagello, minacciò gli eretici fino a far sì che abbandonassero per sempre la città. Ambrogio, sedici secoli fa, non tollerava le no-go zone.
Questo è l’esempio che Milano ha già – da un millennio e mezzo. Questo è il Santo protettore di Milano che va invocato, che va pregato perché la città sia salvata dalla sua distruzione.
Senza tradizione ambrosiana, Milano è perduta. Senza Ambrogio, sarà l’inferno.
Roberto Dal Bosco
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Immagine screenshot da YouTube
Immigrazione
Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»
TRUMP: “Our country’s at a tipping point. We could go bad.. We’re going to go the wrong way if we keep taking in garbage into our country.”
“Ilhan Omar is garbage. She’s garbage. Her friends are garbage. These aren’t people that work. These aren’t people that say, ‘let’s go,… pic.twitter.com/fmH2t3Q2gp — Fox News (@FoxNews) December 2, 2025
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His obsession with me is creepy. I hope he gets the help he desperately needs. https://t.co/pxOpAChHse
— Ilhan Omar (@IlhanMN) December 2, 2025
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Immigrazione
Nemmeno la provincia è al riparo dalla violenza dell’immigrazione: in memoria di Thomas Perotto
Due anni fa, il 19 novembre 2023, in quel di Crépol, borgo rurale nei pressi di Romans-sur-Isère, nel dipartimento della Drôme nel sud della Francia, perdeva la vita in circostanze tragiche il giovane diciassettenne Thomas Perotto.
Nel corso di un alterco in cui, secondo alcune testimonianze, il giovane era intervenuto in difesa di alcuni amici, Thomas veniva ucciso con una coltellata al cuore.
Secondo le testimonianze, le prime tensioni avevano avuto luogo nella sala delle feste in cui si svolgeva una festa di paese. Anche Thomas, membro della locale squadra di rugby era presente.
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Un gruppo di giovinastri, non propriamente francesi (qualcuno da noi userebbe il termine «di seconda generazione») si era presentato alla festa e dopo alcuni sguardi e commenti di troppo era scoppiato un parapiglia tra i rugbymen e gli infiltrati, che forse avevano pure pagato il biglietto.
I giovinastri avevano ricevuto rinforzi dalla Monnaie, quartiere malfamato di Romans-sur-Isère, ad alta densità migratoria e delinquenziale. Coltelli alla mano si erano scatenati sui presenti dando inizio ad una vera e propria carneficina al termine della quale moriva Thomas, raggiunto da due fendenti fatali mentre altri restavano gravemente feriti.
Nonostante il vero e proprio depistaggio di diverse testate giornalistiche che si erano affrettate a minimizzare i fatti, dando magari la colpa a qualche bicchiere di troppo, la realtà era venuta a galla.
Sembra infatti che i delinquenti della Monnaie si fossero presentati alla festa pour «casser des blancs» «pointer des blancs» tutte espressioni gergali per descrivere l’obiettivo della ghenga: malmenare, accoltellato e se possibile uccidere dei bianchi.
Allo stato attuale, alcune associazioni si battono perché il razzismo antibianchi venga riconosciuto dell’inchiesta ancora in corso come movente dell’omicidio di Thomas.
Ricordo bene come nei giorni successivi all’omicidio i colpevoli fossero già stati individuati e loro foto circolassero pure su Telegram. Gli indizi sembravano essere schiaccianti. Oltretutto alcuni di loro erano stati rintracciati, in fuga nei dintorni di Toulouse. Poi, stranamente (o forse no), i sospetti erano stati rimessi in libertà.
Ricordo anche il sostegno a Thomas, con un bello striscione esposto sugli spalti, da parte dei tifosi del club libanese di basket cristiano «Sagesse».
L’anno successivo, nella primavera 2024, venni poi a conoscenza da un sacerdote che Thomas era un fedele dello stesso Istituto che frequento anch’io.
Oltre al cordoglio, al ricordo e alla preghiera per Thomas è possibile fare alcune considerazioni.
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Come ripetuto su Renovatio 21 ormai nemmeno la cosiddetta «provincia sonnacchiosa» è al riparo da branchi di predatori su due gambe e costoro ci vengono pure a cercare nelle feste di paese, nelle occasioni in cui si rincontrano i vecchi amici o si vorrebbero fare due chiacchiere in tranquillità.
Lo vediamo un po’ dappertutto e pure da noi, basti pensare a quante sagre o feste popolari vengano funestate dalla presenza molesta di soggetti «a caccia di bianchi».
Non ci vogliono dare pace, per le strade, nei momenti di svago e neppure sui monti dove troviamo anche i grandi carnivori.
Quanto ancora saremo disposti a tollerarlo?
Victor García
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Immigrazione
La realtà dietro all’ultimo omicidio di Perugia
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