Famiglia
Renovatio 21 rende omaggio alle Madri
Onore alla figura materna (quella vera).
Oggi, 9 maggio, si festeggia la cosiddetta «festa della mamma», traslata ad oggi per motivi commerciali, nonostante la data originale sia legata all’8 maggio.
Le origini di questa festa sono piuttosto antiche e si trovano già in epoca pagana, molto sentita sia dai greci che dai romani e comunque sempre collocata nel mese di maggio, a ridosso con i culti legati alle divinità femminili ed alla fertilità.
È già un traguardo poter ancora parlare della «madre» in uno Stato come il nostro dove, al passaggio del ddl Zan, parlare di madre e padre potrebbe addirittura essere considerato reato
Come tutti i significati risucchiati dalla mentalità moderna, anche questa festa diventa di fatto una sorta di giorno comune in cui ricordare una generica maternità.
Nulla di male, ci mancherebbe: è già un traguardo poter ancora parlare della «madre» in uno Stato come il nostro dove, al passaggio del ddl Zan, parlare di madre e padre potrebbe addirittura essere considerato reato.
Tuttavia, proprio per far fronte e muro contro la deriva ideologica effeminata e puerilmente sentimentale, è bene riscoprire quello che è il vero significato della maternità, nel suo senso più assoluto e profondo.
Tante sono «mamme», ma poche sono «madri»
Essere Madre oggi è sicuramente una grande sfida, una vocazione non comune dove tante sono «mamme», ma poche sono «madri».
Il dramma della mentalità moderna è proprio quello di aver appositamente confuso la maternità con il solo mettere al mondo dei figli (e perlopiù pochi).
Si pianifica, oggi, la maternità — in tutti i sensi.
Oggi, essere madri così come essere genitori non è uno strumento di crescita coniugale e finanche spirituale ed ecco perché anche in alcuni ambienti «pro-Life» si parla di quell’assurdo quanto impronunciabile concetto del «diritto alla vita»
È scomparso ogni senso di apertura alla vita, che non ponga alcun tipo di limite o vincolo materiale. Oggi, essere madri così come essere genitori non è uno strumento di crescita coniugale e finanche spirituale — mettere al mondo onesti cittadini che possano diventare abitanti del Paradiso —, quanto piuttosto un desiderio di completamento da realizzare a tutti i costi per sentirsi finiti e non più annoiati — ed ecco perché anche in alcuni ambienti «pro-Life» si parla di quell’assurdo quanto impronunciabile concetto del «diritto alla vita».
Ecco perché si sente spesso dire, da tante mamme, «ne ho già uno basta e avanza», «ne ho già due e siamo a posto così»: perché è la ricerca del proprio interesse edonistico ciò che conta. La propria realizzazione che non ponga ostacoli e non costi troppo sacrificio.
L’immagine della distruzione della famiglia patriarcale, d’altronde, quella dove vi erano tanti bambini, è riconoscibile in due semplici affreschi della società moderna: la mamma che fa i figli per piazzarli all’asilo e lavorare, e la mamma che piazza il padre, la madre o il nonno in casa di riposo per avere il tempo di andare in palestra.
È evidente che la nostra profana mentalità non aiuti le famiglie e le madri in particolare ad accrescere nella propria vocazione, ma è compito di quelle che sono rimaste le vere e proprie Madri quello di fortificarsi nella propria vocazione, renderla forte, genuina, sincera, vigorosa perfino.
L’immagine della distruzione della famiglia patriarcale, d’altronde, quella dove vi erano tanti bambini, è riconoscibile in due semplici affreschi della società moderna: la mamma che fa i figli per piazzarli all’asilo e lavorare, e la mamma che piazza il padre, la madre o il nonno in casa di riposo per avere il tempo di andare in palestra
La madre deve essere forte, virtuosa, dura, ma allo stesso tempo dolce, paziente, femminile.
Possano le madri di oggi, alle quali va tutta la nostra riverenza, essere anzitutto mogli, non facendosi mettere i pantaloni da un perverso pensiero comune che vuole sempre di più mascolinizzare la donna ed effemminare l’uomo, disgregando così la famiglia e depauperando i fondamentali ruoli del padre e della madre. Questi due ruoli, solo trovando la complementarietà che gli è naturale potranno diventare un vero e proprio argine contro la deriva moderna.
«Può esistere una religione senza la maternità?», si chiedeva Mons. Fulton J. Sheen. Evidentemente no, e la maternità è la culla della famiglia in senso tradizionale.
E la famiglia, a sua volta, è di fatto l’ultimo katécon che vogliono togliere di mezzo, quello che ancora resiste persino oltre la distruzione della Chiesa visibile.
«Può esistere una religione senza la maternità?», si chiedeva Mons. Fulton J. Sheen. Evidentemente no, e la maternità è la culla della famiglia in senso tradizionale.
È qui che il buon seme potrà essere conservato e fatto rifiorire.
Onore a tutte quelle madri che il buon seme lo hanno portato e lo portano nel sacro grembo, e che lo faranno germogliare, in vita, fino a renderlo un buon frutto che a sua volta darà altri frutti rigogliosi.
Cristiano Lugli
Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.
Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.
Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?
Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.
«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»
Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:
«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».
Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:
«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Famiglia
L’Irlanda vota per mantenere il linguaggio «sessista» nella sua Costituzione
Gli elettori irlandesi hanno respinto a stragrande maggioranza la proposta di rivedere la definizione di famiglia nella Costituzione del Paese e di rimuovere la menzione dei «doveri domestici» delle donne. Sia il governo che i partiti di opposizione hanno sostenuto che il testo attuale contiene un linguaggio antiquato e sessista sulle donne e sul loro ruolo nella società.
Venerdì si è svolto il referendum in materia, in significativa concomitanza con la Giornata internazionale della donna.
Agli elettori è stata offerta la possibilità di espandere la tutela costituzionale delle famiglie per includere quelle fondate su «relazioni durevoli» diverse dal matrimonio. È stato anche proposto loro di eliminare la clausola sul dovere dello Stato di «garantire che le madri non siano costrette, per necessità economica, a impegnarsi nel lavoro trascurando i loro doveri domestici».
Secondo i risultati ufficiali diffusi sabato sera, il 67,7% ha votato contro la ridefinizione della famiglia, mentre quasi il 74% ha respinto la rimozione della clausola dei «doveri domestici».
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«Penso che sia chiaro in questa fase che i referendum sull’emendamento sulla famiglia e sull’emendamento sull’assistenza sono stati sconfitti», ha detto sabato il primo ministro di origine indiana Leo Varadkar, il primo premier irlandese gay dichiarato, in una conferenza stampa a Dublino, ammettendo che le autorità non sono riuscite a convincere la maggioranza dell’opinione pubblica.
In precedenza aveva sostenuto che il voto per il «no» sarebbe stato «un passo indietro» per i diritti delle donne e aveva criticato «il linguaggio molto antiquato e molto sessista» della costituzione. Anche il vice primo ministro Micheal Martin ha espresso la sua frustrazione per i risultati, ma ha sottolineato che il governo li «rispetta pienamente».
Secondo i media irlandesi, la formulazione vaga degli emendamenti, i problemi di comunicazione e la campagna poco brillante sono stati tra i motivi per cui la gente ha votato «no».
Adottata nel 1937, la costituzione irlandese è stata fortemente influenzata dalla Chiesa cattolica e, secondo i critici, riflette posizioni conservatrici sulle questioni sociali.
Nell’ultimo decennio, tuttavia, il Paese ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso e ha abrogato il divieto quasi totale di aborto, dopo una campagna finanziata ampiamente da potentati economici internazionali interessati per qualche ragione a introdurre il figlicidio anche nella terra di San Patrizio.
Come riportato da Renovatio 21, ora il 95% delle donne irlandesi uccide il proprio figlio nel grembo materno se i test indicano che il bambino potrebbe avere la sindrome di Down.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
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