Spirito
Pio XII voleva condannare Marcial Maciel
Papa Pio XII (1939-1958) era stato informato della condotta depravata e riprovevole del fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado. E quest’ultimo avrebbe dovuto essere ridotto allo stato laico, se nel frattempo non fosse sopravvenuta la morte di Pio XII. È quanto rivelano gli archivi del pontificato di Pio XII, aperti dal 2020.
Nato a Cotija, in Messico, nel marzo 1920 da famiglia cristiana, Marcial Maciel, dopo essere stato escluso da diversi seminari e senza aver completato gli studi canonici, riuscì a farsi ordinato sacerdote nel 1944 da suo zio mons. Gonzales Arias, vescovo di Cuernavaca.
Nel 1948, le accuse di Marcial Maciel indussero Roma a cancellare l’autorizzazione canonica della Legione di Cristo. Il cardinale Valerio Valeri, prefetto della congregazione religiosa, informato di gravi denunce, sospese Maciel dalle sue funzioni nel 1956.
La morte di Papa Pio XII, avvenuta il 9 ottobre 1958, interruppe l’indagine che lo avrebbe ridotto alla laicità, ha affermato mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano.
Nel 2004, il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, chiese e ottenne da Giovanni Paolo II l’autorizzazione a riaprire il caso. Il 19 maggio 2006, Papa Benedetto XVI ordinò a Marcial Maciel di ritirarsi in preghiera e penitenza, rinunciando a ogni ministero pubblico.
Dopo aver professato l’innocenza del loro fondatore, avendo lui stesso sempre negato la fondatezza delle accuse mosse contro di lui, i Legionari di Cristo hanno riconosciuto, nel 2009, i fatti della doppia vita che Maciel conduceva. Fu allora ordinata da Roma una visita apostolica.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di DominkHoffman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported; immagine modificata
Spirito
Papa Leone si rifiuta di pregare nella moschea di Costantinopoli ma omaggia l’anticristiano Ataturk
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Spirito
La scommessa di Leone XIV
Nell’ultimo mese, Leone XIV ha annunciato la sua intenzione di visitare, come il suo predecessore, l’isola di Lampedusa, porta d’accesso per l’immigrazione clandestina in Italia. Ha autorizzato la pubblicazione di un libro-intervista con la giornalista Elise Ann Allen e ha risposto alle domande di un reporter di EWTN News nei giardini di Castel Gandolfo.
In queste due interviste, le sue dichiarazioni rivelano una stretta continuità con il pontificato precedente, se non nella forma, almeno nella sostanza. Riaffiorano infatti diversi temi di Papa Francesco: immigrazione, sinodalità, dialogo interreligioso… È comprensibile che molte delle speranze sollevate al momento della sua elezione si stiano gradualmente trasformando in dubbio, persino in preoccupazione.
Uno dei motivi di speranza è stato il nome che ha scelto: Leone XIV, nella tradizione di Leone XIII. Certamente, papa Pravost ha conservato poco di questo pontefice in termini di antiliberalismo, lotta antimassonica o ripristino degli studi tomistici; piuttosto, ha rivendicato una discendenza dalla Rerum novarum e dalla dottrina sociale della Chiesa, ma una dottrina sociale interpretata alla luce del Vaticano II.
Ecco cosa spiegava il 17 maggio 2025, nove giorni dopo la sua elezione, in una riunione della Fondazione Centesimus Annus: «la dottrina sociale della Chiesa, con la sua prospettiva antropologica, mira a favorire un accesso autentico alle questioni sociali: non pretende di possedere una verità assoluta, né nell’analisi dei problemi né nella loro risoluzione. […] L’obiettivo è imparare ad affrontare i problemi, che sono sempre diversi, perché ogni generazione è nuova, con nuove sfide, nuovi sogni e nuovi interrogativi».
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E per chiarire, nello spirito della libertà religiosa conciliare, continua: «l’indottrinamento è immorale; ostacola il giudizio critico, viola la sacra libertà del rispetto della coscienza – anche erronea – e si chiude a nuove riflessioni perché rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi».
La preoccupazione essenziale di Leone XIV, uomo di conciliazione, è l’unità e la pace, ma a quale prezzo? Nel suo desiderio di mitigare le «polarizzazioni», egli concepisce la dottrina sociale della Chiesa come un dialogo sinodale, capace di allentare le tensioni nel mondo e nella Chiesa, perché «non pretende di possedere una verità assoluta».
In definitiva, il Papa intende rileggere Leone XIII alla luce del Vaticano II: dottrina sociale a rischio di sinodalità. È una scommessa che ha l’aria di una sfida. Una sfida alla logica, una sfida al semplice buon senso.
Potremmo dirci, per rassicurarci, che è meno pericoloso sfidare il principio logico di non contraddizione che la legge fisica di gravità. Eppure il risultato è lo stesso: un ritorno brutale alla realtà, con un atterraggio spesso doloroso.
Don Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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