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Cina

Olimpiadi: l’apparizione della tennista Peng Shuai e la propaganda di Pechino

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.

 

 

La star del tennis cinese ha accettato un’intervista dall’Equipe scortata da funzionari di governo. Ha negato l’accusa di abusi sessuali contro l’ex vice premier Zhang Gaoli. Rimangono dubbi sulla sua libertà. Il Partito comunista usa lo sport come strumento politico.

 

 

 

La star del tennis cinese Peng Shuai, che ha accusato l’ex vice premier Zhang Gaoli di abusi sessuali, è apparsa alle Olimpiadi invernali della capitale. Le autorità cinesi fanno di tutto per dimostrare la libertà di Peng. La tennista ha cenato con Thomas Bach, il presidente del Comitato olimpico internazionale, e ha accettato un’intervista con L’Équipe, un giornale sportivo francese.

 

Il post su Weibo (una specie di Twitter cinese) con cui Peng in novembre ha accusato Zhang è rimasto online per circa 20 minuti, prima di essere rimosso. Le autorità cinesi hanno censurato tutti i resoconti e le discussioni sulla vicenda. Molti atleti e organizzazioni internazionali hanno espresso la loro preoccupazione per la sicurezza dell’atleta e per dove si trovasse.

 

I funzionari del Comitato olimpico cinese hanno organizzato l’intervista esclusiva con l’Équipe, che ha dovuto presentare le domande in anticipo. I giornalisti francesi hanno dovuto condurre il colloquio in cinese, con un funzionario governativo come traduttore. In realtà Peng parla un inglese fluente. L’Équipe ha pubblicato l’intera conversazione, mentre il nome di Zhang non viene menzionato.

 

Peng ha negato di aver subito abusi sessuali. «Violenza sessuale? Non ho mai detto che qualcuno mi ha costretto ad avere rapporti sessuali», ha detto la tennista nell’intervista.

 

Ella ha spiegato che il post «ha provocato un enorme malinteso». Peng ha affermato poi di averlo cancellato lei, senza fornire altre spiegazioni se non «perché volevo farlo». L’atleta ha sottolineato anche che si è tenuta in contatto con i suoi amici e non è mai scomparsa.

 

Marc Ventouillac, uno dei due reporter che ha intervistato Peng, ha detto che la tennista «ha risposto alle nostre domande senza esitare, sapeva cosa stava per dire».

«È parte della comunicazione e della propaganda del Comitato olimpico cinese» e «questa intervista non prova che Peng non abbia problemi»

 

Quando si parlava della questione degli abusi sessuali, Peng sembrava più attenta e nervosa, ha detto Ventouillac: «è parte della comunicazione e della propaganda del Comitato olimpico cinese» e «questa intervista non prova che Peng non abbia problemi».

 

I media ufficiali cinesi continuano a tacere sulla vicenda della tennista. L’apparizione di Peng alle Olimpiadi e la sua intervista non sono menzionate dai giornali ufficiali in lingua cinese e sui social network in Cina.

 

Anche la sciatrice cinese di origine Usa Eileen Gu ha appoggiato la retorica ufficiale su Peng. Gu ha detto di essere felice che la tennista abbia assistito alla sua gara di freestyle.

 

«Sono grata che Peng sia felice e in salute» Gu, che ha vinto la medaglia d’oro nella sua disciplina, è vista dai media governativi come una patriottica e promettente stella nascente, indipendentemente dal suo atteggiamento ambiguo sulla sua cittadinanza.

 

Zhang Gaoli è in difficoltà per lo scandalo. Secondo resoconti ufficiali, egli è però al sicuro. Per il Capodanno lunare, il leader supremo Xi Jinping ha inviato gli auguri ai principali leader in pensione –  una routine tradizionale osservata dal Partito Comunista cinese – incluso Zhang.

 

Le autorità cinesi sostengono che lo sport dovrebbe essere libero dalla politica. Negli eventi olimpici non mancano però dichiarazioni politiche e di propaganda: un ufficiale militare ferito nel conflitto al confine tra Cina e India ha partecipato alla staffetta della torcia; un’atleta uigura e una Han (gruppo maggioritario nel Paese) sono stati scelti per accendere insieme il braciere olimpico.

 

Dopo che Eileen Gu ha vinto la medaglia d’oro, l’Amministrazione generale cinese dello sport le ha inviato subito una lettera di congratulazioni, incoraggiandola a «guadagnare più onore per il Partito e lo Stato».

 

Ironia della sorte: quattro anni fa l’allora vice premier Zhang Gaoli ha ricevuto la delegazione cinese di ritorno dalle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, in Corea del Sud.

 

Zhang era il capo responsabile dei lavori preparatori per i giochi invernali di Pechino.

 

Egli aveva istruito gli atleti e gli allenatori a «fare buoni risultati nelle Olimpiadi invernali della capitale come un importante compito politico, e vivere all’altezza delle aspettative del segretario generale [Xi Jinping], del popolo e della patria».

 

 

 

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Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Immagine di JC via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

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Cina

Mons. Viganò contro la soppressione di due diocesi in Cina

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto sulla piattaforma social X un breve ma incisivo commento relativo alla chiusura di due diocesi nel territorio della Repubblica Popolare Cinese.

 

Secondo quanto comunicato da L’Osservatore Romano il 10 settembre, «nel desiderio di promuovere la cura pastorale del gregge del Signore e per attendere più efficacemente al suo bene spirituale, in data 8 luglio 2025, il Sommo Pontefice Leone XIV ha deciso di sopprimere, nella Cina Continentale, le Diocesi di Xuanhua e di Xiwanzi, che furono erette l’11 aprile 1946 da Papa Pio XII, e in pari tempo di erigere la nuova Diocesi di Zhangjiakou, suffraganea di Pechino, con sede episcopale nella chiesa cattedrale di Zhangjiakou».

 

«In questo modo, il territorio della Diocesi di Zhangjiakou è conforme a quello della Città Capoluogo di Zhangjiakou, con una superficie totale di 36.357 km² e una popolazione totale di 4.032.600 abitanti, di cui circa 85 mila cattolici, serviti da 89 sacerdoti» scrive il giornale della Santa Sede.

 

La reazione del già nunzio apostolico a Washington è stata durissima.

 

«L’eredità di Pio XII e della Chiesa Cattolica è calpestata in nome dell’eredità di Bergoglio e della chiesa conciliare-sinodale» scrive monsignore. «Un’altra pagina vergognosa della sistematica distruzione della Chiesa Cattolica da parte dei vertici della Gerarchia vaticana, per sostituirla con una entità globalista paramassonica».

 

 

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«Un’altra capitolazione che umilia la Chiesa di Roma legittimando la chiesa scismatica patriottica (e comunista) cinese, abbandonando a se stessi i Cattolici fedeli alla Sede Apostolica e i Martiri vittime della dittatura» continua Sua Eccellenza. «Un’altra rottura con la “vecchia Chiesa” da parte della “chiesa conciliare-sinodale”».

 

Lo scorso maggio il prelato lombardo si era scagliato contro l’Accordo segreto sino-vaticano, che continua nonostante le violazioni patenti da parte di Pechino, che ordina in tranquillità i suoi «vescovi» patriottici senza il permesso di Roma, facendo quindi pensare ad un «asservimento della chiesa bergogliana a Pechino» e ad una terrificante «cinesizzazione del Cattolicesimo».

 

«Se il Papa e la Chiesa Cattolica non sono più considerati come agenti di forze ostili» dalla Cina, aveva scritto monsignore, «è perché entrambi hanno ceduto sui principi e si sono allineati alla Cina». Viganò procedeva a spiegare che potrebbe esservi dietro all’intero accordo la ricattabilità del personale ecclesiastico, a partire dal primo negoziatore, Teodoro McCarrick, figura cui Bergoglio tolse il titolo cardinalizio dopo lo scandalo immane dei traffici omosessuali imbastiti dal potente vescovo statunitense.

 

L’arcivescovo non mancava di ricordare che «questa vicenda coinvolge milioni di Cattolici cinesi perseguitati. La Chiesa del silenzio si confronta con il silenzio della Chiesa, con la complicità e nel tradimento di ecclesiastici cinici e corrotti ai quali interessa assecondare i progetti dell’élite globalista e della dittatura comunista di Pechino».

 

 

Come riportato da Renovatio 21, ancora quattro anni fa monsignor Viganò dichiarò che «la dittatura cinese è il paradigma di ciò che attende il mondo intero. Se non sapremo opporci». Con questa dittatura, presente e futura, il Vaticano sta cooperando, e su tutta la terra.

 

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Immagine di Shujianyang via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata

 

 

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Cina

«Inarrestabile»: Xi svela la triade nucleare in una parata militare che sfida l’Occidente. A suo fianco Putin e Kim

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La grande parata militare del leader cinese Xi Jinping in piazza Tian’anmen, che ha segnato la fine della Seconda Guerra Mondiale e a cui hanno partecipato leader mondiali, in particolare i cosiddetti «paria» delle attuali relazioni internazionali, il presidente russo Vladimir Putin e il nordcoreano Kim Jong-un, non ha deluso le aspettative, anzi ha suscitato una rapida risposta da parte del presidente Trump.   Il leader cinese Xi Jinping ha dichiarato che l’ascesa della Cina è «inarrestabile» e ha mostrato oltre 10.000 soldati in marcia in perfetta sincronia insieme a centinaia di armi avanzate.   In particolare, Xi ha anche mostrato per la prima volta la forza nucleare terrestre, marittima e aerea dell’Esercito Popolare di Liberazione – una triade completa e letale.  

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La parata è stata un’occasione per mostrare al mondo che la modernizzazione del più grande esercito permanente al mondo è in pieno svolgimento e per evidenziare i legami sempre più stretti – forse persino una «relazione speciale» – tra la Cina e le altre potenze nucleari, Russia e Corea del Nord.   Nel suo discorso inaugurale, Xi Jinping ha dichiarato: «L’umanità si trova nuovamente a un bivio, dovendo scegliere tra pace o guerra, dialogo o conflitto, cooperazione vantaggiosa per tutti o giochi a somma zero».   Riguardo alla triade nucleare completa, questa comprende il missile a lungo raggio lanciato da aerei JingLei-1, il missile intercontinentale lanciato da sottomarini JuLang-3, il missile balistico intercontinentale terrestre DongFeng-61 e una nuova variante del missile balistico intercontinentale terrestre DongFeng-31, come riportato da Xinhua News.   La Cina ha potenziato il suo arsenale nucleare, svelando nuove capacità, tra cui missili balistici intercontinentali di ultima generazione come il DF-5C, il DF-61 e il JL-3, quest’ultimo lanciato da sottomarini.   Questo completa la triade nucleare cinese, con missili nucleari dispiegabili da aria, terra e mare, rafforzando la capacità di un secondo attacco. In particolare, il JL-3 può colpire il territorio continentale degli Stati Uniti, consentendo a Pechino di minacciare obiettivi strategici in un eventuale conflitto.    

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I media statali cinesi hanno definito queste armi come il «jolly» strategico della Cina, evidenziandone il ruolo cruciale nella protezione della sovranità, della sicurezza e dell’orgoglio nazionale, nonché come elemento centrale della strategia di deterrenza del Paese.   Durante la parata sono stati mostrati sistemi laser per la difesa aerea, tra cui un grande laser che, secondo la televisione di stato, sarà utilizzato su navi da guerra, insieme a una versione terrestre. Sono stati presentati inoltre per la prima volta due grandi droni sottomarini, le cui immagini hanno rivelato dimensioni impressionanti rispetto ai soldati nelle vicinanze.  

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L’arrivo di Kim Jong Un a Pechino ha rivelato la presenza di due membri della sua famiglia: la sorella Kim Yo-jong, una delle sue più fidate consigliere, e una giovane ragazza, presumibilmente la figlia Kim Ju Ae, la cui partecipazione ha suscitato speculazioni su una possibile futura successione.   Gli eventi di mercoledì hanno offerto l’inedita immagine di tre leader, definiti dalla stampa occidentale mainstream come «l’asse del rivolgimento», intenti a supervisionare l’esibizione di armamenti nucleari.   Il missile balistico intercontinentale DF-5C, composto da tre sezioni trasportate su tre veicoli, può portare fino a 12 testate nucleari e ha una portata di 13.000-20.000 km, sufficiente per colpire qualsiasi bersaglio globale.   Riguardo alle relazioni tra Stati Uniti e Cina, la tempistica di questi eventi è significativa, poiché la Casa Bianca ha recentemente annunciato che il presidente Trump potrebbe visitare la regione entro fine ottobre ed è disponibile a incontrare Xi Jinping. Tra i temi principali ci sono un possibile accordo sui dazi, la potenziale vendita di TikTok negli Stati Uniti e l’influenza di Pechino su Putin per quanto riguarda il futuro della guerra in Ucraina, in particolare la possibilità di un cessate il fuoco o di una risoluzione più ampia.   In un momento della parata cinese, Xi e Putin hanno discusso di come i trapianti di organi e altri progressi scientifici potrebbero permettere alle persone di vivere fino a 150 anni in questo secolo.  

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«Pace attraverso la forza» sembra essere il messaggio di Xi in questa parata, per usare un’espressione che in realtà è usata da tempo dai leader americani. In piazza Tian’anmen, nel frattempo, sono sfilati missili ipersonici anti-nave, un chiaro messaggio in direzione di Taiwan, dove incrociano sempre, nelle cicliche provocazioni, portaerei e navi da guerra USA.  

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Riguardo a Kim Jong Un, è evidente che si è fortemente allineato con la Russia nel conflitto in Ucraina, inviando oltre 10.000 soldati nordcoreani a sostegno dello sforzo bellico – con circa 2.000 di loro rimpatriati da cadaveri– evidenziando un’alleanza sempre più stretta tra Mosca e Pyongyang. Xi Jinping, invece, non si è impegnato a tal punto in questa alleanza e probabilmente non desidera farne parte. Il presidente americano Donaldo J. Trump non ha potuto trattenersi dal commentare le immagini provocatorie.   «Vi prego di porgere i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong-un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America» ha scritto il presidente americano.     Trump ha anche sottolineato la sconfitta americana del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, che alla fine ha garantito una pace duratura alla Cina. No, Xi non ha elogiato gli Stati Uniti per questo, ma si è schierato orgogliosamente al fianco dei suoi alleati sanzionati dagli Stati Uniti…

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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Cina

La Cina presenta il primo chip 6G al mondo

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I ricercatori cinesi hanno presentato il primo chip 6G al mondo, in grado di aumentare la velocità di connessione nelle aree remote fino a 5.000 volte rispetto al livello attuale. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post (SCMP).

 

La tecnologia 6G si prevede possa ridurre il divario digitale tra aree rurali e urbane. Sviluppato da ricercatori dell’Università di Pechino e della City University di Hong Kong, il chip 6G «all-frequency» potrebbe offrire velocità internet mobile oltre i 100 gigabit al secondo su tutto lo spettro wireless, incluse le frequenze usate nelle zone remote, rendendo l’accesso a internet ad alta velocità più disponibile nelle regioni meno connesse e permettendo, ad esempio, di scaricare un film 8K da 50 GB in pochi secondi.

 

Tuttavia, le tecnologie 5G e 6G suscitano preoccupazioni. Critiche riguardano i possibili rischi per la salute dovuti alle radiazioni elettromagnetiche, soprattutto con le alte frequenze del 6G, oltre a vulnerabilità agli attacchi informatici a causa dell’aumento dei dispositivi connessi. L’espansione delle infrastrutture potrebbe inoltre avere un impatto ambientale e accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro le aree rurali. Si temono anche un incremento della sorveglianza e problemi legati alla privacy dei dati con l’aumento della connettività.

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Le tecnologie wireless come il 5G operano su gamme di frequenza limitate. Il nuovo chip 6G, invece, copre l’intero spettro (da 0,5 GHz a 115 GHz) in un design compatto di 11 mm x 1,7 mm, eliminando la necessità di più sistemi per gestire diverse frequenze. Questo permette al chip di funzionare in modo efficiente su bande sia basse che alte, supportando applicazioni ad alta intensità e migliorando la copertura in aree rurali o remote.

 

«Le bande ad alta frequenza come le onde millimetriche e i terahertz offrono una larghezza di banda estremamente ampia e una latenza estremamente bassa, rendendole adatte ad applicazioni come la realtà virtuale e le procedure chirurgiche», ha dichiarato al China Science Daily il professor Wang Xingjun dell’Università di Pechino.

 

I ricercatori stanno sviluppando moduli plug-and-play per diversi dispositivi, come smartphone e droni, che potrebbero facilitare l’integrazione del nuovo chip nelle tecnologie di uso quotidiano.

 

La Cina pare accelerare per una primazia tecnologica non solo nelle telecomunicazioni – con il caso di Huawei, e relativi incidenti diplomatici internazionali, e sospetti anche in Italia – ma in genere nel settore tecnologico, dove si assiste ai consistenti sforzi per l’IA, visibili nell’ascesa di DeepSeek, un’Intelligenza Artificiale realizzata nel Dragone che non abbisogna di chip particolarmente performanti.

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