Spirito
Mons. Viganò, omelia in morte di Benedetto XVI
Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò.
ABSOLVE, DOMINE
Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò in morte Papæ Benedicti XVI
Dies iræ, dies illa, dies tribulationis et angustiæ,
dies calamitatis et miseriæ, dies tenebrarum et caliginis,
dies nebulæ et turbinis, dies tubæ et clangoris
super civitates munitas et super angulos excelsos.
Sof 1, 15-16
Amaro è il giorno del Signore! Anche un prode lo grida. Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebra e di oscurità, e giorno di nube e di caligine, giorno di suono di corno e di grido di guerra sulle città fortificate e sulle torri elevate. Così il Profeta Sofonia.
Absolve Domine. Perdona, o Signore. Cantiamo queste parole nel tratto della Messa dei defunti, siano essi Papi o semplici chierici, ricchi o poveri, sapienti o semplici. Et gratia tua illis succurente, mereantur evadere judicium ultionis, et lucis æternæ beatitudine perfrui. Possano superare il giudizio finale con l’aiuto della tua grazia, e godere della beatitudine della luce eterna.
Rivolgiamo alla Maestà divina questa medesima preghiera, mentre celebriamo la Santa Messa di suffragio per l’anima di Joseph Ratzinger, Pontefice Romano fino al 28 Febbraio 2013. E come chiede la pietà verso i defunti, la affidiamo alla misericordia di Dio, che tutto conosce e che scruta nel segreto dei cuori. Di quanto egli fece e disse durante la sua lunga vita, ed in particolare dopo essere asceso al Soglio di Pietro, vogliamo ricordare quel gesto provvidenziale di verità e giustizia con il quale egli riconobbe piena legittimità alla Liturgia apostolica, promulgando il Motu Proprio Summorum Pontificum
Il bene che la liberalizzazione dell’antico rito ha fatto alla Chiesa peserà sulla bilancia delle anime che vediamo in molte raffigurazioni dell’Arcangelo San Michele.
Grazie ad essa una moltitudine di fedeli e di sacerdoti – tra i quali possiamo annoverare anche noi stessi – ha potuto conoscere il tesoro inestimabile di dottrina e di spiritualità che scelte sciagurate avevano reso inaccessibile per cinquant’anni; grazie ad essa un fiume in piena di Grazie, che nessuno potrà arrestare, si è riversato – e si riversa ancor oggi – sulla Chiesa e sul mondo.
Nel contemplare le macerie che sopravvivono alla devastazione conciliare, non oso pensare quale potrebbe essere la situazione della Chiesa, senza la Messa di San Pio V. Eppure, nello stesso Motu Proprio Summorum Pontificum, non si può non notare l’impianto precario adottato dall’esimio teologo Ratzinger: la tesi dell’ortodossia cattolica (e della Messa tradizionale), l’antitesi dell’eresia modernista (e della Messa montiniana) e la sintesi del Vaticano II (e della compresenza di due forme dello stesso rito). I delicta juventutis non furono purtroppo mai formalmente sconfessati, anche se gli orrori di questi ultimi dieci anni li hanno quasi messi in ombra.
Non possiamo che pregare con fervore perché in un futuro prossimo possa compiersi quella restitutio integrale dell’antico rito che ponga fine a decenni di abusi, di manipolazioni, di adulterazioni e di persecuzioni resesi più feroci in epoca bergogliana.
Si iniquitates observaveris Domine, Domine, quis sustinebit? Chi può reggere al giudizio di Dio, se solo consideriamo le nostre colpe? Nessuno. Eppure la Misericordia di Dio, che ci è Padre e che ci ama fino a dare il proprio Figlio Unigenito per la nostra salvezza, si degna di guardare al bene compiuto con maggior attenzione di quella che pone alle nostre mancanze. È come se, nel saperci deboli e peccabili, Egli cercasse tutti i modi per strapparci alla dannazione eterna, dandoci mille opportunità per riscattarci. Questo vale per l’ultimo dei fedeli e per colui che siede sul più alto Trono. La considerazione del nostro peccato non ci deve indurre a considerarci destinati a cedere, ed esenti da punizione, ma spronarci a riporre ogni nostra fiducia in Colui che ci dà forza (Fil 4, 13). E ciò è vero anche per chi la Provvidenza ha scelto a governare la Chiesa.
Animato da questa fiducia, Papa Benedetto XVI cercò in qualche modo di riparare quel terribile vulnus che un suo Predecessore aveva causato al corpo ecclesiale; una ferita che andava guarendo, ma che le manovre del Nemico e dei suoi accoliti cercano di tenere aperta, vanificando Summorum Pontificum anche dinanzi agli innegabili beni spirituali che esso comporta alle anime; anzi, proprio a causa di queste Grazie infinite, perché esse rappresentano la più cocente sconfitta dello spirito secolarizzato e mondano dell’ideologia conciliare.
E se il rito riformato ha cancellato dalla Messa da Requiem il Dies iræ e imposto gli Alleluja, noi nella Messa antica troviamo le ragioni di speranza e di composto suffragio per l’anima di un uomo che il Signore ha voluto come Suo Vicario. In questo rito sentiamo la voce della Sposa che implora misericordia, perdono, indulgenza, assoluzione, remissione; la voce della Sposa che nel riconoscere i peccati dei suoi figli li presenta al cospetto dell’Eterno Padre, che il divin Figlio riscatta con il proprio Sacrificio. Possa dunque l’anima di Papa Benedetto trovare il luogo di refrigerio, di luce e di pace che per lui invochiamo nel Memento del Canone.
Nella gloria beata del Cielo, o nelle fiamme purificatrici del Purgatorio, Papa Benedetto XVI potrà pregare per noi e per la Chiesa tutta, conoscendo finalmente facie ad faciem quella divina Verità che l’esilio terreno disvela solo oscuramente. Le sue preghiere si uniscono alle nostre e a quelle delle anime sante e della Corte celeste, per implorare alla Maestà divina la fine delle tribolazioni presenti, ed in particolare la sconfitta e la cacciata della setta di eretici e corrotti che affligge ed eclissa la Santa Chiesa di Dio.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
5 Gennaio MMXXIII
Vigilia dell’Epifania del Signore
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Ognissanti dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò

Vos, purpurati martyres,
Vos candidati præmio
Confessionis, exsules
Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro
Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio.
Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Il Re, i Suoi più valorosi compagni d’arme, i Suoi soldati, e un’infinità di Santi sconosciuti. Profeti, Apostoli, Martiri, Confessori, Vergini e Vedove; Papi, Vescovi e Abati; Re e Sovrane. E la Regina di tutti costoro, la Condottiera delle Milizie, la Beatissima Semprevergine Maria. E le schiere angeliche: Serafini, Cherubini, Troni; Dominazioni, Virtù, Potestà; Principati, Arcangeli e Angeli. Miriadi di anime illuminate come un mistico firmamento dalla luce sfolgorante del Sol Justitiæ, Nostro Signore Gesù Cristo, Re e Pontefice.
Tibi omnes angeli,
tibi cœli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus,
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt cœli et terra majestatis gloriæ tuæ.
Te gloriosus Apostolorum chorus,
te Prophetarum laudabilis numerus,
te Martyrum candidatus laudat exercitus.
A questo sterminato consesso di Santi manchiamo solo noi, che in questa valle di lacrime peregriniamo verso la Patria celeste che troppo spesso crediamo lontana.
Una Patria da cui siamo exsules, esuli cacciati dalla Giustizia divina in quanto figli di Adamo ed Eva, riammessi per Grazia alla presenza beatifica della Santissima Trinità grazie alla Redenzione del Nuovo Adamo e alla Corredenzione della Nuova Eva. Con noi abbiamo molti compagni di viaggio, altri ci hanno preceduti, altri li incontreremo per via.
I nostri genitori, una volta lasciata questa vita passeggera, continueranno a pregare per noi nell’eternità e li ritroveremo ad attenderci quando suonerà la nostra ora. I nostri figli, i nostri nipoti perderanno anche noi, un giorno, e benediremo la volta che abbiamo loro insegnato a recitare un De profundis, perché la loro preghiera allevierà le nostre sofferenze purificatrici e ci avvicinerà a quel locus refrigerii, lucis et pacis cui tanto aneliamo.
Anche noi pregheremo per loro, dal Purgatorio e dal Paradiso, affinché con l’aiuto della Grazia riescano ad espiare le loro colpe su questa terra, con la penitenza, il digiuno, la preghiera; con la Carità, che copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8). La Carità: l’unica Virtù che non verrà mai meno, perché consustanziale al Dio Uno e Trino. La Virtù il cui fuoco arde di un tale amore per Dio, da consumare le nostre infedeltà.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Chi tra voi è ancora giovane, e pensa di aver dinanzi a sé ancora molto tempo prima del Giudizio particolare, forse non riesce a comprendere perché nelle persone più mature si renda via via più percepibile quella sorta di «nostalgia» per la gloria del Cielo che ci fa quasi desiderare la morte per prima raggiungere il Padre Celeste e i santi del Paradiso. Noi anziani sentiamo questo desiderium patriæ che ce la fa anelare più della luce del sole [Patria me major quam lucis sidera deerat, cfr. Ovidio, Tristia, I, 3].
Un desiderio che non ci viene dal ricordo di qualcosa che abbiamo lasciato – non essendo mai stati ammessi al Paradiso – quanto da quell’impronta che portiamo impressa nella nostra natura e che ci ricorda di essere opera della mano sapiente del Creatore, fatti a immagine e somiglianza della Santissima Trinità, trinitari anche noi nelle nostre facoltà – memoria, intelletto, volontà. La memoria del Padre, l’intelletto del Figlio, la volontà del Paraclito.
Potremmo dire che il ricordo ancestrale del Paradiso perduto si sia trasmesso, insieme alle conseguenze del peccato originale – la morte, la malattia, il dolore… – proprio come il figliuol prodigo prova nostalgia della casa del Padre, del quale ha dilapidato l’eredità. Quel richiamo struggente ci ricorda da dove veniamo, ma soprattutto ci indica la Patria a cui siamo destinati.
Il pellegrinaggio del popolo eletto nel deserto verso la Terra Promessa è figura del pellegrinaggio della Chiesa verso il ritorno nella gloria del proprio Capo, ma anche immagine del pellegrinaggio di ciascuno di noi verso la Nuova Gerusalemme.
Siamo stati creati per la gloria. Siamo stati voluti e quindi amati per essere partecipi della gloria del Dio Creatore, Redentore e Santificatore. Siamo stirpe di Re, figli ed eredi di Dio, coeredi di Cristo. E la nostra eredità inizia qui, cari fratelli. Inizia con la scala crucis che vediamo raffigurata in un’immagine medievale, in cui il Salvatore sale i pioli di una scala che conduce alla Croce. La nostra eredità eterna inizia con la volontaria accettazione della croce che la Provvidenza ci ha destinato, e che è l’unica che siamo in grado di portare, l’unica su cui possiamo serenamente salire, su cui possiamo con fiducia aprire le braccia.
La scala crucis è anche scala paradisi, perché nella sequela del Redentore questa via regia conduce dritto al cospetto della Maestà divina. Una suggestiva immagine di San Giovanni Climaco ci mostra le anime salire verso il Cielo, con gli Angeli che le accompagnano nella salita e i diavoli che cercano di trascinarle giù.
I Santi – quelli che veneriamo sui nostri altari, dei quali incensiamo le Reliquie, sulle spoglie dei quali celebriamo il Santo Sacrificio della Messa e che per noi intercedono in Cielo – non sono l’eccezione in una norma di mediocrità. Non è normale non essere santi. Vi furono epoche in cui la santità era tutt’uno con l’essere Cristiani, perché nella furia della persecuzione uomini e donne, giovani e anziani erano quotidianamente chiamati ad affrontare il Martirio. Molti lo subirono come catecumeni, ancor prima di essere ammessi al Battesimo. Portiamo i loro nomi proprio perché il loro esempio ci sproni ad imitarli sulla stessa via di santità. Professiamo la stessa Fede apostolica, celebriamo gli stessi Misteri, e continuiamo ad avere gli stessi nemici: il mondo, la carne, il diavolo.
Un Cattolico che non vuole essere santo, che non desidera il Paradiso, che non anela a Dio – sicut cervus ad fontes aquarum – e che non sente questa «nostalgia» del Vero e del Bene, non ha capito nulla della nostra santa Religione, né tantomeno del miracolo di infinita Carità che ha spinto la Seconda Persona della Santissima Trinità ad incarnarSi e a patire per noi, senz’altra motivazione se non l’amore divino nei nostri riguardi e la gloria della Trinità stessa. Perché essere santi è un dovere di ciascuno di noi, in obbedienza al precetto: Siate santi come Dio è santo (Lv 19,2; 1Pt 1,16); ma se solo ci lasciamo conquistare da Nostro Signore la santità non è più un obbligo, ma la necessaria, spontanea e riconoscente risposta alla chiamata del Re, sotto i vessilli del Quale è un onore militare.
Aiuta Renovatio 21
I Santi sono coloro che hanno acclamato e continuano ad acclamare: Regnare Christum volumus! contro il grido blasfemo della scelesta turba. Sono coloro che fanno regnare il loro Signore anzitutto nella propria anima, rendendola degna dimora della Santissima Trinità mediante la vita della Grazia e l’unione con Dio. Sono coloro che nell’umiltà si lasciano guidare dalla mano sapiente del Signore, docili come una penna tra le Sue dita, perché sia chiaro che l’opera che ne esce è interamente divina. Quoniam tu solus Sanctus.
A noi esuli è però concesso uno spiraglio di Paradiso, su questa terra. Uno spiraglio della gloria della Maestà divina che anticipa ciò che ci attende e che rende disponibili le Grazie soprannaturali per affrontare il viaggio fino alla meta finale. Questo angolo di Paradiso lo troviamo nelle nostre chiese, nei nostri Tabernacoli, attorno a ciascuno dei quali si raccolgono adoranti tutti gli Angeli.
Lo troviamo nella Santa Messa, quando il sacerdote fa scendere dal Cielo il Re dei Re, ripetendo in forma incruenta il Sacrificio della Croce. E in questo Paradiso in terra, delimitato dalle colonne e dalle volte di una chiesa come dalle travi di un granaio, noi possiamo comunicarci al Corpo e Sangue di Cristo, presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità esattamente come Egli siede sul Trono dell’Agnello nella gloria del Cielo.
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensæ maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Forse è proprio dalla sacralità della Messa, dalla solennità dei gesti arcani, dalla profondità dei testi liturgici, dal torrente impetuoso di Grazie che il Santo Sacrificio riversa su di noi, che ci viene quella «nostalgia» per il Cielo, per la presenza dei nostri cari, per la luce della Verità somma, per il calore della perfetta Carità, per la gloria di Dio e dei Suoi Santi. Tu rex gloriæ, Christe. Cum sanctis tuis in æternum, quia pius es.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
1 Novembre MMXXV
In festo Omnium Sanctorum
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine: Fra Angelico (circa 1395–1455), Giudizio finale (circa 1450), Gemäldegalerie, Berlino
Immagine di Dosseman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
Sostieni Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale». Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”». «Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]» «Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina». Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)» «Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso
Sebbene il cattolicesimo rimanga la religione dominante nelle Filippine, un numero crescente di filippini si sta ora rivolgendo alle comunità protestanti, appartenenti al cosiddetto movimento «evangelico». Diverse ragioni spiegano questa crescente disaffezione nei confronti della Chiesa.
Nell’arcipelago filippino, la Chiesa cattolica permea tutti gli aspetti della vita: le arterie urbane, le feste popolari, i dibattiti politici e perfino gli scambi quotidiani spesso rimandano alle grandi devozioni cattoliche.
Il cattolicesimo, vestigia della dominazione spagnola e pilastro dell’unità nazionale, era sembrato fino ad allora incrollabile: ma questo significava dimenticare che anche il colosso a volte ha i piedi d’argilla. Mentre all’inizio degli anni 2000 circa l’82,3% della popolazione si identificava come cattolico, due decenni dopo questa percentuale era scesa al 78,6%.
Allo stesso tempo, le comunità evangeliche hanno conosciuto una crescita spettacolare, con la loro quota aumentata dal 4,1% all’8,2% in tempi record, al punto che si può parlare senza esagerare di una vera e propria ondata evangelica che continua a generare credenti «rinati», coloro che credono, come Nicodemo, di essere nati una seconda volta grazie al loro ingresso in questo nuovo tipo di protestantesimo.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
A questo declino hanno contribuito in larga parte le carenze che hanno scosso la Chiesa cattolica locale: si potrebbe citare il posizionamento politico dei vescovi filippini che, tra il 2016 e il 2022, sono entrati in guerra contro l’allora capo dello Stato, Rodrigo Duterte, in particolare a causa dei metodi rapidi di quest’ultimo contro i narcotrafficanti.
L’uomo forte dell’arcipelago non ha esitato a insultare a sua volta i prelati, contribuendo così a normalizzare gli attacchi contro la gerarchia ecclesiastica. Ma si potrebbero anche menzionare sospetti di irregolarità finanziarie e altri casi di abusi che hanno offuscato la reputazione dell’istituzione.
Il declino del cattolicesimo nella regione – come altrove nel mondo – si spiega anche con il fenomeno della «modernità psicologica», per cui la crescente domanda di autonomia, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si è spostata dal registro politico a quello intimo, per affermarsi anche nelle scelte spirituali e religiose.
In questo contesto, il credente ritiene che ora spetti a lui trovare le risorse personali che possano autenticare la propria fede ai propri occhi, piuttosto che affidarsi alle credenze prescritte dall’istituzione. Ciò porta a un cambiamento nell’adesione religiosa che mette in risalto la figura del convertito. Il credente tende a presentarsi come un «ritornante», un cristiano rinato che costruisce la propria appartenenza attraverso le proprie scelte.
Questa prospettiva risiede in una decisione personale. Testimoniare la propria conversione significa produrre una narrazione di sé come credente autonomo: significa introdurre l’individuo egocentrico nella mentalità cattolica. A questo si aggiunge la retorica dell’autenticità e dell’autorealizzazione, che spiega perché le sette evangeliche prediligano servizi intrisi di danze e lodi ritmiche, instillando un’atmosfera presumibilmente conviviale e immersiva.
In breve, è la conseguenza logica delle celebrazioni piatte e orizzontali delle animazioni liturgiche apparse sulla scia del Nuovo Ordo Missae.
Ma sarebbe esagerato prevedere la scomparsa del cattolicesimo o il soffocamento delle comunità locali sul suolo filippino: la fede cattolica resta viva, ma dovrà attingere più che mai in futuro alle radici della sua Tradizione per non vedersi rubare definitivamente la pretesa di vitalità e dinamismo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Nepespellogo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
-



Pensiero1 settimana faMiseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
-



Autismo7 giorni faIl più grande fattore di rischio per l’autismo? Bombardare i bambini piccoli con vaccini multipli
-



Vaccini6 giorni faI gravi effetti avversi del vaccino nei tribunali tedeschi
-



Spirito2 settimane fa«Umiliazione della Chiesa dinanzi a un eretico concubinario globalista»: Mons. Viganò sulla preghiera congiunta del re britannico col papa
-



Spirito1 settimana faCristo Re, il cosmo divino contro il caos infernale. Omelia di Mons. Viganò
-



Misteri6 giorni faHalloween festa di sangue: lista aggiornata dell’orrore
-



Pensiero2 settimane faMons. Viganò: dissonanza cognitiva e rivelazione del metodo, il colpo da maestro di Satana
-



Necrocultura1 settimana faLa generazione perduta nel suo egoismo












