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Ministro svedese afflitto da «bananofobia»

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Il ministro svedese per le pari opportunità Paulina Brandberg ha una fobia così acuta per le banane che il suo staff deve lavorare 24 ore su 24 per impedire che lei possa mai posare lo sguardo sul popolare frutto giallo. Lo riporta il quotidiano svedese Expressen.

 

In un post sui social media del 2020, la Brandberg ha ammesso di avere «la fobia delle banane più strana del mondo». La sua ammissione è stata liquidata come un’esagerazione fino a mercoledì, quando Expressen ha pubblicato e-mail governative trapelate che rivelavano la vera portata del suo terrore per il frutto del banano.

 

Prima che la Brandberga partecipasse a un pranzo presso l’Agenzia giudiziaria norvegese a febbraio, il suo segretario di gabinetto ha inviato un’e-mail all’agenzia: «Paulina Brandberg ha una forte allergia alle banane, quindi apprezzeremmo che non ci fossero banane negli spazi in cui soggiornerà».

 

In vista di un incontro con un’autorità locale, più avanti nello stesso mese, la segretaria della Brandberga fu più schietta, dicendo al personale comunale: «nemmeno le banane sono ammesse nei locali».

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Quando il presidente del parlamento svedese, Andreas Norlen, aveva invitato la Brandberg a prendere un caffè a settembre, anche lui ricevette un’e-mail che lo informava dell’«allergia» alle banane del ministro.

 

«Grazie, probabilmente ci sarà una torta con il caffè e ci assicureremo che non contenga banane», ha risposto con cortesia l’ufficio del Norlen. «Tuttavia, abbiamo cesti di frutta con banane negli spazi adiacenti e nelle stanze di passaggio. È sufficiente se li mettiamo via la mattina dello stesso giorno?»

 

«Sarebbe fantastico se riuscissi a metterli via la mattina dello stesso giorno», aveva puntualmente risposto la segretaria della Brandberga.

 

Mentre la sua segretaria descrive la fobia come un’allergia, il ministro Brandberg ha detto all’Expressen che «è qualcosa per cui ricevo aiuto professionale» – in pratica il ministro bananofobo si fa vedere da uno specialista. «Si potrebbe dire che è una specie di allergia», ha dichiarato al giornale.

 

La bananafobia non è riconosciuta dalla maggior parte degli scienziati medici come una condizione legittima, ed è accomunata alla fobia generica di «certi cibi» nella Classificazione Internazionale delle Malattie.

 

Tuttavia, prove aneddotiche suggeriscono che si tratti di un fenomeno reale, seppur raro. Sul sito web di Mind, un ente di beneficenza britannico per la salute mentale, un malato di bananafobia ha descritto come «vedere una banana nella vita reale mi rende estremamente ansioso, iperventilo e mi sento pietrificato».

 

«So che le banane non possono farmi male, ma per qualche ragione mi sento piena di paura ogni volta che le vedo o le sento», ha scritto.

 

Dopo la pubblicazione dell’articolo dell’Expressen, anche la collega parlamentare di Brandberga, Teresa Carvalho, si è dichiarata bananafoba. «Soffro dello stesso disturbo», ha scritto la socialdemocratica su X. «Potremmo aver avuto molti dibattiti difficili sulle condizioni della vita lavorativa, ma su questo tema siamo uniti contro un nemico comune», cioè la banana.

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Non è noto se le politiche svedesi bananofobe reagiscano anche a prodotti culturali legati alla gialla minaccia, come la hit del 2000 L’unico frutto dell’amor è la banana o la canzone del controverso cantante emiliano Gianni Morandi Banane e lampone (1992), il film del nuotatore Carlo Pedersoli (detto Bud Spencer) Banana Joe (1982), o il programma TV di pupazzi Banana Split (1968).

 

Immaginiamo, ad ogni modo, che nonostante l’impegno politico, l’opera del controverso umorista ebreo Woody Allen Il dittatore dello Stato libero di Bananas (1971) non sia tra le pellicole preferite.

 

Non è chiaro nemmeno se la famosa legislazione dell’Unione Europea sulla curvatura della banane possa aiutare in questa situazione.

 

Dopo l’omofobia e la transfobia, a quando leggi e corsi scolastici sulla bananofobia, che potrebbe pure esservi collegata?

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Immagine di Swedish Presidency of the Council of the EU via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
 

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Dirigibile del tifo calcistico si schianta su un quartiere residenziale: il video

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Un video ripreso da un pedone cattura il momento in cui un dirigibile, con la scritta «Vamos São Paulo», cade in un edificio nel quartiere paulista di Osasco e si sgonfia rapidamente come un palloncino da festa. Il fatto è accaduto lo scorso settembre.   Altre riprese da più lontano mostrano la macchina volante che scende rapidamente verso il centro abitato per poi perdere aria. Il notiziario brasiliano G1 ha pubblicato una foto che mostra le conseguenze: il dirigibile è accasciato su di un edificio, come fosse una balena spiaggiata.    Stando a quanto detto dal notiziario, si è trattato di un volo di prova per promuovere la squadra di calcio del São Paulo Futebol Clube, prima che la squadra giocasse una partita di Copa Libertadores.   

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Nessuno a terra è rimasto ferito, anche se la persona all’interno della cabina del dirigibile ha riportato ferite lievi. Le autorità locali hanno affermato che stanno indagando sulla causa dell’incidente.   Non capita tutti i giorni che un dirigibile si schianti, perché – purtroppo – non sono usati così comunemente come gli aerei.    L’industria dei dirigibili ha dovuto fare i conti con la lunga ombra del disastro dell’Hindenburg del 1937, quando un dirigibile tedesco prese drammaticamente fuoco mentre cercava di attraccare a Lakehurst, nel Nuovo Jersey. Più di 30 persone persero la vita nell’incidente, causato dalla fuoriuscita di idrogeno dal dirigibile.   Ciò che è degno di nota di quel terribile disastro aereo – oltre alle foto entrate nell’immaginario popolare – è che ha segnato la fine dell’era dei dirigibili, un periodo compreso tra la fine del XIX secolo e gli anni Trenta del XX secolo in cui i grandi dirigibili per il trasporto passeggeri si affermarono come mezzo di trasporto e anche per usi militari.   Oggigiorno, i dirigibili utilizzano l’elio, che non è infiammabile come l’idrogeno, e solitamente vengono sfruttati per promozioni e pubblicità, come quella poi schiantatosi in Brasile.   Il ritorno dei dirigibili dovrebbe essere un imperativo per la nostra civiltà, purtroppo sempre più priva di iniziativa e fantasia.

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Giapponese muore a 116 anni: era la persona più anziana del pianeta. È merito della lingua simile al sardo?

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Tomiko Itooka, la persona più anziana del mondo, è morta a 116 anni. Il titolo ora passa a Inah Canabarro Lucas, una suora brasiliana di soli 16 giorni più giovane della vecchia giapponese.

 

La signora Itooka, nata il 23 maggio 1908 a Osaka, in Giappone, ha vissuto due guerre mondiali e ha assistito a più di un secolo di storia. Appassionata giocatrice di pallavolo al liceo in gioventù, in seguito ha gestito l’attività tessile del marito durante la seconda guerra mondiale. Dopo essere rimasta vedova nel 1979, ha abbracciato l’indipendenza nella prefettura di Nara e ha iniziato a fare escursioni, scalando persino il monte Ontake due volte.

 

L’Itooka è stata ufficialmente riconosciuta come la persona vivente più anziana del mondo nell’agosto 2024 dal Guinness World Records, in seguito alla morte di Maria Branyas, 117 anni, secondo il Gerontology Research Group. Quando le è stato detto che era in cima alla World Supercentenarian Rankings List, ha semplicemente risposto: «Grazie».

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La Itooka attribuiva la sua straordinaria longevità a una dieta ricca di banane e Calpis, una popolare bevanda giapponese di gusto lattiginoso. Il Calpis è una leccornia assoluta di cui il fondatore di Renovatio 21, solo e incompreso dalla popolazione italiana, consumava ampie scorte, in ispecie sottoforma del bottiglione di Calpis diluibile, ora totalmente introvabile anche nei mercati di importazione parallela dei cinesi nel nostro Paese. Una catastrofe accaduta, per qualche ragione, dopo il COVID, e che imputiamo, assieme ad altro, ai tiranni pandemici che hanno funestato per sempre le nostre vite.

 

L’ultracentenaria lascia un figlio, una figlia e cinque nipoti. È morta serenamente il 29 dicembre 2024, in una casa di cura ad Ashiya, nella prefettura di Hyogo, in Giappone. Le autorità locali hanno confermato la sua morte.

 

Il Giappone piazza spesso suoi cittadini nella classifica mondiale dei supercentenari. Un’altra area della terra che offre tanti ultravegliardi è, come noto, la Sardegna, con la cosiddetta «Blue Zone», tra la Barbagia e l’Ogliastra, a possedere secondo il ministero dei Beni Culturali italiano la più alta percentuale di centenari al mondo.

 

Varie speculazioni sono state fatte attorno al segreto dell’iperlongevità nipponica e sarda: c’è chi parla dell’alimentazione, chi dei ritmi della vita, etc.

 

Renovatio 21 propone a questo punto la sua teoria: il supercentenarismo che alligna nel Sol Levante come nell’isola tirrenica è dovuto alla lingua di natura SOV (Soggetto Oggetto Verbo) comune sia al giapponese che al sardo.

 

P.E. «Mario wa ringo wo tabemashita» – cioè, in ordine sardo «Mario le mele mangiato ha»

 

Un esempio di lingua SOV è quella parlata dal personaggio di Guerre Stellari Yoda. «Mio alleato è la forza, è un potente alleato essa è».

 

 

Di fatto, il carattere sardo di Yoda è dimostrato anche dalla sua età, che attorno ai 900 anni aggira si. O almeno così nel film detto è.

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Fulmini colpiscono il Campidoglio di Washington, l’Empire State Building e il grattacielo post 9/11 a Nuova York durante la notte di capodanno

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La sera di San Silvestro 2024, una serie di fulmini ha colpito il Campidoglio degli Stati Uniti e il Washington Monument, nonché l’Empire State Building e il One World Trade Center a New York City, secondo numerosi video pubblicati online.   I fulmini, avvenuti in mezzo a forti piogge lungo la costa orientale, hanno coinciso con i festeggiamenti del Capodanno e hanno rapidamente scatenato diffuse speculazioni sui social media, con alcuni commentatori che hanno suggerito che potrebbe trattarsi di un segnale soprannaturale.   Ciò avviene mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si prepara a lasciare l’incarico e Donald Trump è pronto a tornare alla Casa Bianca il 20 gennaio. Nelle stesse ore, due attentati, uno a Nuova Orleans e uno a Las Vegas, hanno scosso il capodanno americano.     Il senatore dello Utah Mike Lee ha condiviso un video del colpo del Campidoglio, scrivendo: «Sembra un presagio. Cosa ci sta dicendo?»     Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno si era registrato un terremoto a Nuova York dopo che un fulmine era stato visto colpire la Statua della Libertà, producendo una fotografia eccezionale quanto inquietante.   L’anno scorso, in Argentina, presso al Santuario di Nostra Signora del Rosario di San Nicolás, un fulmine colpì una statua di San Pietro il giorno del compleanno di Bergoglio e della Fiducia Supplicans, il documento che autorizza le benedizioni in chiesa delle coppie gay. La scarica elettrica provenuta dal cielo distrusse la mano e le chiavi.   Evvi da ricordare inoltre un ulteriore famosissimo lampo discusso in termine di segno soprannaturale, quello del 11 febbraio 2013: la foto del fulmine che colpisce la Basilica di San Pietro nelle ore delle dimissioni di Benedetto XVI.     Per qualche giorno, accusarono la foto di essere ritoccata, invece era tutto vero.   Diciamo pure che il nostro tempo abbonda, letteralmente, di segni dal cielo.   Ma è rimasto qualcuno ad ascoltarli?

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