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Necrocultura

Meloni, Gasparri e l’inchino a Moloch

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Mondo politico in subbuglio: nella prima seduta del Senato, Maurizio Gasparri di Forza Italia deposita una proposta di legge intitolata «Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito».

 

Attualmente, si dice, il codice civile vuole che i diritti riconosciuti al concepito siano «subordinati alla nascita». Cioè, hai diritti solo se nasci. Prima sei una non-persona, terminabile a piacere. Lo sappiam bene.

 

Il Gasparri avrebbe inoltre preparato altri testi: uno è per il «reato di surrogazione di maternità commesso all’Estero», cosa che credevamo già punibile con la legge 40/2004, che dice (12 comma 6)  che «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».

 

Tuttavia con la legge 40 non abbiamo mai visto manette, carcerazioni, multe milionarie. Certo, qualora venisse posto il problema davvero, ciò metterebbe in difficoltà molte coppie monosessuate, qualche esponente politico e un intero comparto dell’economia Ucraina, Paese che anche sotto missili e droni kamikaze continua a sfornare bambini in vitro via uteri in affitto, anche con lo sconto del Black Friday, e programma di arrivare presto all’utero artificiale, cosa a cui non pare aver pensato il Gasparri.

 

Un altro testo depositato dal senatore sarebbe per istituire una «Giornata della vita nascente», e sai che novità, e sai che importanza: non passa mese che qualche risibile gruppuscolo si inventi una data-festicciola per la vita, tanto per battersi il petto riguardo l’aborto, tema che con evidenza non hanno compreso nella sua forma presente.

 

Gasparri, pur non essendo esattamente una costante nel radar dei movimenti prolife italiani durante l’anno, era spesso visibile alle passate della marcia per la vita di Roma, manifestazione che ha chiuso ora i battenti.

 

Come riportato da Renovatio 21, aduna manifestazione romani di due anni fa un nostro lettore aveva portato, in un gesto più che mai solitario, un cartello riguardo all’uso di linee cellulari da feto abortito nella produzione dei vaccini: «NO AI VACCINI CON FETI ABORTITI SI’ ALLA VITA SENZA COMPROMESSI» scriveva il cartello. Gli chiesero di toglierlo.

 

Nell’intervista a Renovatio 21, gli chiedemmo se aveva parlato con dei politici presenti all’evento.

 

«Più che parlato ho fatto un’osservazione in riferimento all’obbligo vaccinale, che ritengo al di fuori di ogni logica, specialmente con qualcosa che non è stato sufficientemente sperimentato. C’erano due senatori, il primo, il senatore Pillon, mi ha detto di aver votato contro. Mentre il senatore Gasparri mi ha detto che lui era a favore. Io ho esclamato “ma come a favore!?!”. Lui ha ripetuto, con voce bassa, di essere a favore. Poi se ne è andato. Ero stupito perché pensavo che a favore dei vaccini potessero essere personaggi politici come la Lorenzin, mentre a destra pensavo che le cose stessero diversamente».

 

Capite che la nostra gioia per l’antiabortismo di Gasparri, e per quello di tutto l’italico sistema pro-vita, finisce esattamente qua.

 

Perché l’aborto, nel momento in cui esso è distribuito come una comunione satanica globale attraverso il siero genico ad una popolazione sottomessa, è solo uno sterile strumento politico, un argomento vuoto buono per far un po’ di casino, farsi belli con certo elettorato, facendo schiumare di rabbia gli avversari: insomma, politica identitaria, la droga per cui gli eletti non decidono più nulla, perché trovano più importante parlare di transessuali che di NATO e giri di miliardi pubblici, che sono invece temi che interessano al manovratore, che mica vuole essere disturbato quando deve manovrare.

 

E poi: come non vedere che l’aborto, nell’era in cui sfornano bambini in provetta, magari bioingegnerizzati CRISPR, in processi zootecnici che ne uccidono dozzine o più per ciascun nato, è pura retroguardia? Stiamo parlando di quanti cavalli deve avere il calesse quando ci spostiamo in aeroplano?

 

Ma torniamo al fatto del giorno.

 

In pratica, la prima cosa che ha fatto il senatore che fu di AN – che ricordiamolo, da anni è invece membro di un partito di matrice liberale, quello berlusconiano – è stato toccare l’aborto.

 

Perché lo ha fatto? Era una mossa per i giornali, che sono corsi a raccogliere le reazioni indignate (eccezionale la Chiara Appendino, quella del vaccino mRNA in gravidanza: «scherza col fuoco, l’Italia si opporrà») oppure qualcos’altro?

 

Voleva una proposta che facesse da diapason per tutta la legislatura? Partiamo così, tutto sarà accordato su questa frequenza ?

 

Oppure, uno può pensare, si tratta di uno sgarbo a FdI – partito della destra saltato fuori da quello in cui militava il Gasparri – e della sua leader, e premier in pectore, Giorgia Meloni?

 

È un’opzione che non può capire Repubblica, né tutta la povera massa goscista: disturbare la destra con l’antiabortismo – posizione che peraltro non ci sembra sia brillata negli oramai 30 anni di vita di Forza Italia.

 

Quindi: trollare Fratelli d’Italia mettendosi contro l’aborto?

 

Possibile? Possibile.

 

Perché, come ha registrato Renovatio 21, la Meloni ha passato mesi a dichiarare la sua volontà di non toccare la 194: abbiamo scritto un articolo, anche molto letto, per spiegare la trama catto-politica che vi sta dietro.

 

Non solo: tramite una raffica di interviste di famigli sui giornali nazionali (prima la sorella, moglie del papavero fiddino Lollobrigida, poi il compagno) il concetto era stato ribadito in ogni modo: «Non è vero che Giorgia è contro l’aborto». Lei stessa lo aveva fatto capire, sbuffando, al momento della rivoluzionaria sentenza Dobbs della Corte Suprema USA, quella che ha cancellato l’aborto come diritto federale riconosciuto dalla Costituzione americana.

 

In tanti ci hanno domandato perché mai, a urne calde, Giorgia avesse dovuto mandare ripetutamente fuori questo messaggio: non toccherò la 194, non toccherò l’aborto. Qualcuno ha tentato di spiegarselo, speranzoso e un po’ fantasy, che si tratta di una finta per far sì che l’Ordine mondiale le permetta di arrivare a Palazzo Chigi.

 

A noi viene in mente un’altra cosa. Una specie di pattern, una piccola tradizione, di cui abbiamo preso nota negli ultimi anni.

 

Il 22 gennaio 1993, a poche ore dalla sua ascesa alla presidenza (che avviene solitamente il 20 gennaio) il neopresidente Bill Clinton, come suo primo atto da vertice della superpotenza americana, abroga la Mexico City Policy: una politica introdotta da Reagan nel 1985 che blocca il finanziamento con fondi federali di ONG che diffondono l’aborto per il mondo.

 

Il 22 gennaio 2001, il neopresidente George W. Bush, in carica da neanche due giorni, rimette in vigore la Mexico City Policy.

 

Il 23 gennaio 2009, il neopresidente Barack Obama, arrivato alla Casa Bianca da neanche 48 ore, indovinate cosa fa: abroga, ancora una volta, la Mexico City Police.

 

Questo ciclo regolare ci porta dritti al 23 gennaio 2017, quando il neoeletto presidente Donald Trump non solo ristabilisce la Mexico City Policy, ma la amplia, coprendo tutte le organizzazioni sanitarie globali che ricevono finanziamenti dal governo degli Stati Uniti, piuttosto che solo le organizzazioni di «pianificazione familiare», cioè le multinazionali abortiste.

 

Indovinate cosa succede, quindi, il 28 gennaio 2021: il neopresidente Joe Biden annulla ancora una volta la regola.

 

Ora, si essere tentati di vedervi un giuochino enantiodromico tra Democratici e Repubblicani USA: occhio per occhio, tit-for-tat, avanti all’infinito.

 

Tuttavia, ci colpisce come Clinton abbia voluto toccare quell’oscura legge, all’apparenza di nessun valore immediato, come primo suo atto di monarca statunitense.

 

Ci diamo una spiegazione, metapolitica, metastorica: quella fretta ha un significato molto preciso. È come se il novello re suggellasse un patto con un potere superiore, di cui spera di ottenere la grazie: permetterò, espanderò il sacrificio umano, dice il nuovo sovrano.

 

È quello che ad un certo punto ho cominciato a chiamare «l’inchino a Moloch».

 

Inizi il tuo futuro da capo di qualcosa, solo se prima fai atto di sottomissione agli dèi della morte.

 

Inchinatevi ai demoni del sacrificio umano. Offrite, magari, anche i vostri figli: la siringa pediatrica è lì per quello.

 

Sappiamo che è la regola che il mondo della Necrocultura imperante vede anche per le sue faccende quotidiane. Quanti di voi si sentirebbero di dire al proprio datore di lavoro di essere contro l’aborto? Quanti di voi credono di poter trattare in società dell’uso di feti abortiti nei vaccini e nei laboratori? Quanti possono aver il coraggio di dire agli amici al bar che i trapianti di organo sono in realtà brutali omicidi per squartamento a scopo predatorio? Quanti se la sentono di parlare in pubblico riguardo all‘abominio apocalittico dei bambini prodotti zootecnicamente, le cui provette oggi sono pagate dallo Stato?

 

Non solo alle alte cariche, quindi. A tutti noi, in effetti, viene chiesto quotidianamente un inchino a Moloch.

 

E il momento più tremendo è quando ti chiedono, per obbligo, di marchiare tuo figlio con vaccini che, in alcuni casi, sì, sono fatti con l’aborto, checché ne dicano i fact checker diffusori di fake news e l’oscena gerarchia cattolica apostata. Questo inchino a Moloch, lo sapete, è partito da prima della pandemia, con la legge Lorenzin, vero prodromo della situazione che stiamo ora vivendo, vero passaggio epocale dove tante, tantissime cose ci divennero chiare.

 

Personalmente, per Moloch non ho piegato il ginocchio – mai. E la cosa mi è costata cara: ho perso lavori, relazioni, opportunità. Ho ricevuto insulti e scherno ad abundantiam, ma quello non fa male. Confesso di non provare alcun orgoglio, alcuna soddisfazione, nello scriverlo. Il mondo è talmente sputtanato che lascio volentieri le pulsioni narcisiste a quelli che hanno bisogno di iscriversi ai movimenti identitari. Ho evitato di farlo, punto. Ho potuto. Ho voluto.

 

So che tante brave persone, tantissime, hanno invece «dovuto» farlo – o almeno sentono così. Piangendo, maledicendosi oppure sanandosi la dissonanza cognitiva con la trasformazione in zeloti della parte avversa, sempre a suon di mantra: «nessuna correlazione», «i vaccini non fanno male», «gli aborti delle linee cellulari sono lontani nel tempo», «se fanno tutti così vuol dire che è giusto», «non potevo lasciare a casa mio figlio da scuola».

 

È possibile perdonare i cristiani che lo hanno fatto e che alla fine hanno capito il loro errore.

 

Il discorso è invece diverso riguardo all’inchino a Moloch da parte dei politici.

 

Non possiamo accettarlo, perché esso comporta un aumento materiale immane del sacrificio degli innocenti.

 

Non possiamo accettarlo, perché riguarda la cosa più importante del mondo – e non a caso, la prima sulla quale i politici sembrano voler decidere.

 

No, non c’è qualcosa di più fondamentale. Se riuscite ad abbandonare la visione materialista, marxista o liberale che sia, della Storia – il mondo è governato dal danaro – potete capirlo.

 

Se nel profondo il mondo non gira per i soldi, quale è la sua moneta ultima?

 

Se il mondo è fatto di spirito, quale è la cosa che conta di più per le potenze in gioco?

 

Ci arrivate: il fulcro di tutto è la vita umana. Le vite degli uomini, passati, presenti e futuri, sono ciò che davvero riveste importanza nel gioco della realtà ultima.

 

Le potenze che tutto muovono si giocano le anime degli esseri umani: l’anima, cioè, etimologicamente, ciò che dà vita.

 

I destini delle anime umane rappresentano la vera economia su cui è basato l’universo.

 

Per un credente non è difficile da capirlo – e da crederlo.

 

Ecco perché non possiamo permetterci sovrani che si inchinano a Moloch: perché in gioco c’è l’intera creazione, umiliata e ferita dalla forza che vive per oltraggiarla, negarla, cancellarla.

 

Mi faccio la promessa di non fidarmi mai più di alcun politico che non abbia compreso questo fondamento. Perché tutto il resto delle cose che farà, discende da questo.

 

Populista, sovranista, sedicente cristiano, pro-lifista, tradizionista: non me ne frega niente. Importa solo se si è inchinato all’idolo distruttore. Quello siamo in grado di vederlo subito, il colore che dà a tutte le cose ci è subito evidente.

 

Perché conosciamo Moloch e i suoi oceani di sangue.

 

Conosciamo il danno che egli fa al mondo e alle nostre vite.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Bioetica

JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura

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Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.

 

Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.

 

«Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».

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Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.

 

La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.

 

«In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»

 

«Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».

 

Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.

 

«Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».

 

«È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».

 

Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.

 

«La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».

 

Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.

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«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».

 

«Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».

 

«Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».

 

Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.

 

Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.

 

Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.

 

È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.

 

C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la NecroculturaRenovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.

 

Roberto Dal Bosco

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr; immagine modificata

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Necrocultura

La generazione perduta nel suo egoismo

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La notizia era circolata la scorsa estate. Il titolo diceva già tutto: americana di 77 anni vende tutto per imbarcarsi in una «crociera infinita».   La signora Sharon L., 77 anni, ha venduto tutti i suoi beni e ha acquistato un biglietto per la nave di lusso Villa Vie Odyssey per una «crociera infinita». Spera di trascorrere i prossimi dieci anni a bordo, godendosi un giro del mondo. Il costo del viaggio è stato di circa 129.000 dollari per una cabina di 15 anni, più spese mensili che vanno dai 2.000 ai 3.000 dollari, inclusi pasti, assistenza medica, pulizie e internet illimitato.   La signora con evidenza sta realizzando un sogno, che a molti può repellere: lustri in una baracca galleggiante, un alveare di sconosciuti gozzoviglianti, tra overdose di cibo e spettacolini che servono alla narcosi funzionale del casinò, un incubo vero, ma ci rendiamo conto che è una prospettiva generazionale, la ripulsione quindi è tutta nostra. La signora, invece, sta coronando finalmente una prospettiva di vita ideale.   Non è tuttavia riguardo ai gusti nautici che vogliamo soffermarci: ci sono tante altre questioni che questa insignificante storia, a nostro avviso, nasconde.

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La signora, ci chiediamo, ha famiglia? I figli, i nipoti, i fratelli e le sorelle, i cugini e le cugine… come faranno a vederla? Come tipico, una volta, dell’esistenza per mare, la cesura con le proprie radici diviene netta, inevitabile. Ma lei, con probabilità, sta praticando un calcolo utilitaristico: c’è più piacere in un’esistenza a bordo piscina, con i camerieri in livrea, o nella via in casa con pranzi familiari e cene le domeniche e le feste comandate? La risposta pare se la sia data.   Ma andiamo ancora più sotto, nel greto materialismo sociale: i soldi ottenuti dalla vendità di beni e proprietà per la sua crociera verso la morte (questo, alla fin fine, pare che il progetto sia) sono percepiti – come vuole la legge, certo – come una sua disponibilità assoluta, individuale. Può farne ciò che vuole: così dice lo Stato, così vuole anche il senso comune moderno.   Qui si innesta un discorso spinoso: e se la signora ha dei figli, dei nipoti? Magari sono sistemati stupendamente, guadagnano cifre da capogiro, hanno già casa di proprietà, magari più di una, come riusciva alla generazione precedente. E poi, le mogli a casa: un altro trick che oggi sembra nemmeno solo numericamente impensabile, ma moralmente blasfemo.   Oppure, i figli dell’anziana boomerra come è più probabile nell’ora presente, sono parte di una società che li sottopaga, che li stritola con le tasse e i costi della vita impazziti (inflazioni, carestie artificiali come il COVID e la guerra in Ucraina, bollette pazze) che non consente loro il benessere, il risparmio, l’agio personale e famigliare che è stato invece magnificamente garantito alla generazione nata tra il 1946 e il 1964, i cosiddetti boomer.   I boomer hanno avuto tutto, e in cambio hanno lasciato meno di niente: hanno consegnato alla generazione successiva, e a quella dopo della loro, un mondo devastato, quasi irrecuperabile – e per questo capolavoro collettivo, ora sono anche pagati, con le pensioni d’oro che gli arrivano grazie al lavoro dei loro figli, che la pensione invece (tutti lo sappiamo) non la vedranno mai.   I boomer – il nome stesso lo vuole sottolineare – hanno goduto di un’era di espansione economica senza precedenti nella Storia. Impossibile, per loro, evitare il benessere, decenni di benessere, dove per stare male bisognava impegnarsi. Non parliamo solo degli imprenditori, dei bottegai, di tutti quelli che in più di mezzo secolo hanno preso e forse messo via danaro a palate: nell’era dei boomer anche la classe lavoratrice riusciva a comprarsi la casa, a volte persino due. L’operaio si comperava l’auto, magari pure senza leasing e maxirata usuraia finale, e poi andava pure a sciare – tutte cose che ho fatto in tempo di vedere con questi miei occhi.   Tale cuccagna, ora lo possiamo dire, ha avuto effetti distruttori sulla società umana. Il consumismo ha eroso lo spazio del sacro, come sa chiunque sia mai andato ad un grande concerto (modello Woodstock: alla fin fine, nient’altro che un ritrovo massivo di consumatori di dischi) o chi noti il culto che esiste attorno a certi marchi (Apple, per esempio, con gli adesivi della mela dietro a tante utilitarie e non solo). E senza il sacro, e senza il santo, cosa può diventera la realtà se non il contenitore del Male?   La generazione boomer, che ora rivendica di doversi godersi al massimo gli anni della pensione «perché abbiamo lavorato» (con lauti risparmi custoditi gollumescamente in banche che a volte poi li fregano), ha prodotto il mondo in rovina che abbiamo qui dinanzi a noi. È una generazione a cui è stata fatta trovare la pappa pronta – per questo, forse non è mai davvero cresciuta, con il fenomeno incontrovertibile dei vecchi che, tra capricci ed egomanie disperanti, si comportano come bambini.   E quindi eccoteli con la macchina nuova di zecca, usata per fare qualche migliaio di chilometri l’anno, eccoteli a Sharm-el Sheik, in Nepal, a Lanzarote, nella casa in montagna, eccoteli che bisbocciano ai tornei di burraco, eccoteli che intasano le stazioni termali – mentre chi è venuto dopo di loro lavora e fatica a sopravvivere, tra salassi energetici e fiscali, e una congiuntura economica che, lo sappiamo, è in realtà un aperto programma di sterminio della classe media e dell’umanità in generale.   I boomer hanno vissuto decenni e decenni di crescita economica, senza praticamente mai avere dovuto affrontare un vero conflitto – con l’eccezione di qualche boomer americano che è andato in Vietnam, per poi tornare e trasformare la questione in una lagna dalla quale non è possibile imparare nulla, e infatti eccoti l’Iraq e l’Afghanistan inflitti alla generazione successiva. In realtà è peggio di così: boomer italiani non hanno avuto il Vietnam, per cui si sono dovuti inventare una guerra loro, gli anni di piombo, definiti giustamente da alcuni come una «guerra civile a bassa intensità».

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La lista dei danni cosmici prodotti dai boomer non è breve.   I boomer hanno subito adottato, con gran voluttà, la rivoluzione sessuale – anzi, ci hanno sguazzato dentro, oscenamente. «L’amore libero» che hanno cantato e praticato da ragazzi ci ha dato divorzi di massa, omosessualità (cose che sono, come sappiamo, correlate), epidemie globali di malattie veneree (correlazione, sempre), pornografia e adulterio e disperazione, via via ramificando in milioni vite spezzate, e milioni di bambini con la psiche segnata, pronti a ripetere ciclicamente i cortocircuiti una volta divenuti genitori.   I boomer hanno fatto l’occhiolino alla droga libera, che si è trasformata in qualcosa di ancora peggiore: la droga farmaceutica, la droga psichiatrica, e degli otto milioni di italiani sotto psicofarmaci – e quindi, riteniamo, a rischio di violenza contro di sé e contro i famigliari e il prossimo – siano della generazione narcisa e perduta.   I boomer hanno accettato, senza batter ciglio, Israele e le sue guerre: solo ora, con Gaza (ma Sabra e Shatila, qualcuno ricorda? Cosa dissero all’epoca?), l’ultimo dei massacri, la gente si sta svegliando, ma sono le nuove generazioni: è questo il pensiero che sta facendo il potere ebraico, comprando ora TikTok e testate Millenial, perché sa che una volta estintisi i boomer, indottrinati e indottrinabili bovinamente con la TV, il sostegno dell’opinione pubblica per lo Stato Giudaico sarà finito.   I boomer hanno permesso il dominio della NATO sull’Europa, con il risultato che nell’ora in cui l’Alleanza Atlantica, quella sì, dovrebbe essere andata in pensione, essa ci porta una crisi economica infinita (senza gas russo, crediamo che vivere costerà meno?) e il rischio pantoclastico di apocalisse nucleare mai tanto vicino alle nostre esistenze.   I boomer hanno permesso, in scioltezza, che i loro Paesi fossero invasi da milioni di forestieri con intenzioni platealmente criminali, e non hanno alzato un dito contro questo abominio. Anzi: privati della morale cristiana, eccoteli a fare i caritatevoli verso le orde di invasori, con la pietà pelosa verso i distruggitori della civiltà come unico motto spirituale rimasto, quello che poi giustifica la continua delizia della vita comoda ed abbondante.   I boomer hanno approvato, felici felici, il figlicidio: anzi hanno votato in massa per legalizzarlo. L’idea, vediamo oggi, rientra perfettamente nel disegno: tanti si stanno «godendo la pensione» perché anni fa hanno ucciso i loro figli prima ancora che nascessero. Sacrifici umani per andare al mare, che sia in vacanza o in pensione – la menta egoriferita di questa generazione è arrivata a questo abisso indicibile, e certo ha contagiato anche la successiva. Di qui la degradazione morale che ha intaccato i più giovani, giù sino al nichilismo assassino che riempie le cronache nere al di fuori degli ambulatori frulla-feti.   I boomer hanno accolto, in grande serenità, il Concilio Vaticano II. E ci crediamo: azzerare il cristianesimo significa togliere ogni responsabilità personale, rendere il paese della Cuccagna pinocchiesca, della goduria e del consumo ad infinitum una condizione legittima, lo stato di default della società in cui credono di vivere. Il risultato è che molti non sanno nemmeno di cosa sto parlando, e di quale immane conseguenza il Concilio ha avuto sull’umanità, di fatto alterando profondamente il codice del suo sistema operativo, liberando il diavolo e l’inferno dicendo che essi non esistono.

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Desacralizzando il mondo, essi hanno desacralizzato la loro stessa vita: ed eccoci alla fine vera della crociera, che diventa anche quella programmabile con l’aiuto dello Stato moderno – ecco l’eutanasia, il suicidio assistito, il MAiD canadese che uccide ormai una persona ogni 25 e oltre. È l’egoismo arrivato al suo apice satanico: sono padrone di qualsiasi cosa, compresa soprattutto la mia vita, che è stata bene spremuta, e quindi, invece di soffrire, mi faccio uccidere, beninteso sempre comodamente e col danaro del contribuente, come con i lustri di ferie pensionistiche.   Il boomer consuma e crepa, e tutto alle spalle dei figli e dei nipoti, che non hanno avuto nemmeno una fetta della fortuna della generazione egotista, e che sembrano non in cima ai pensieri: se la vita è godimento, perché pensare alla discendenza? Perché pensare al futuro, al tempo in cui non ci saremo più? Perché pensare a tramandare – saggezza, stabilità, vita – a chi viene dopo di noi, magari pure con il nostro stesso sangue?   Qui torna la questione del feticidio. L’aborto altro non è che un abuso assassino del più forte verso il più debole, l’indifeso – allo stesso modo, i boomer vivono con prepotenza a discapito di quanti, con meno fortuna, sono costretti a vivere il tempo di incertezza e povertà creato dai boomer stessi: un atto soverchiante, una sorta di «diritto del più forte» della jungla della democrazia terminale, dove vige la primazia totale del più privilegiato, perché boomer o immigrato che sia, due categorie che si danno come immagini chirali della distruzione anarco-tirannica in caricamento.   Lo sappiamo, non tutti sono così. Anzi, diremo di più: chi legge questo sito, con buona probabilità non è un boomer, anche se ci avesse l’età. Perché se siete qui è perché sapete che importante non è la crociera INPS, ma la continuazione dell’essere, del vostro essere, cioè la vostra famiglia, e se non ce l’avete, dell’umanità che sta attorno.   Perché quella boomer, e crediamo sia lampante, è la generazione della Necrocultura; i loro piaceri sono un rischio per l’umanità intera, e non scherziamo – è evidente quanto essi siano connessi al piano di morte che ci è stato preparato.   Ci era stato detto che la generazione successiva ai boomer era la prima a essere più povera della precedente. Il problema è che anche i boomer lo sanno, perché vedono i propri agi, e gli sforzi immani di coloro ai quali è toccato questo tempo – tuttavia, non gliene frega niente. I boomer sono la prima generazione che sa perfettamente che quelle dopo staranno peggio, e va bene così.   Sta scritto: «siate irreprensibili e schietti figli di Dio, senza biasimo in mezzo a una generazione prava e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo» (Fil 2, 15).   Cerchiamo di resistere, sì: anche se sappiamo che la nave della società umana è compromessa, è stata guastata dai parassiti perversi, da una generazione di merda che riuscirà a far danni anche da estinta.     Roberto Dal Bosco

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Immagine di Flowering Dagwood via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Necrocultura

«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone

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Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.

 

«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.

 

«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».

 

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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».

 

«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.

 

Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.

 

Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.

 

Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.

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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.

 

L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.

 

Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.

 

Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).

 

I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.

 

La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.

 

Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.

 

La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.

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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.

 

Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.

 

Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.

 

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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.

 

In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.

 

Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.

 

Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.

 

Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

 

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0

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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.

 

È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

 

Immagine CC0 via Wikimedia

 

Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.

 

C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.

 

Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.

 

«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.

 

Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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