Economia
Lockdown per combattere l’inflazione: nuova tentazione dei governi pandemici?
Si moltiplicano ovunque i segnali di una grande ondata di inflazione in arrivo.
In rete si moltiplicano le voci più bizzarre, ad esempio che la Germania, che teme lo tsunami inflattivo, attiverà un processo di disintegrazione della (sua) Europa. Chissà
Tuttavia, nel grande gioco delle crisi economiche, stavolta si è innestato un fattore nuovissimo: la possibilità da parte dei governi di congelare i consumi tramite il lockdown.
Il potere di imprigionare la totalità del proprio popolo non era mai stato sperimentato da un governo, e i suoi effetti sull’economia potrebbero costituire una tentazione non indifferente: dal lockdown pandemico al lockdown economico, che potrebbe essere camuffato secondo l’emergenza epidemica o anche con la nuova maschera dei «lockdown climatici» di cui si è iniziato a parlare. Tutto il lavoro fatto dalle varie Greta Thunberg, unito al superpotere della clausura totale, potrebbe ripagare molto bene il sistema.
«Ad aprile 2020 l’ISTAT ha notato che il lockdown rigido era riuscito ad invertire il trend inflazionistico in atto già da mesi»
Dunque, una super-inflazione starebbe arrivando.
Un articolo di Claudio Antonelli su La Verità prova a mettere in fila qualche dato sull’ondata che si prepara.
Aumenta il costo della pasta, perfino nei supermercati a basso costo.
L’alluminio, secondo i contratti future, ha visto il prezzo quasi raddoppiare – con l’aggiunte del golpe in Guinea, grande produttore della materia prima, proprio in questi giorni.
Il Canada, il più grande produttore di grano duro, ha praticamente dimezzato le esportazioni. Il gas naturale ha visto un aumento di costo del 100%: raddoppiato.
L’avena è aumentata dell’80%, il petrolio è salito del 78%, lo zucchero del 59% e la carne di maiale del 39%.
«Ecco che adesso il rischio è che i governi europei, quello italiano in particolare, scivolino nella tentazione di nuovi lockdown per mettere in congelatore i consumatori. La conseguenza del fermare tutto sarebbe il raffreddamento dell’inflazione per via dell’inchiodata dei consumi»
Il rincaro sulla bolletta, ha avvertito il ministro, potrebbe arrivare al 40%: una notizia che, con l’arrivo dell’invero, dovrebbe suonare come apocalittica, ma è data da TG e giornali con nonchalance. In realtà, è tutto il quadro ad essere devastante.
Della catastrofe dei trasporti globali ha pubblicato qualche settimana fa in dettaglio Renovatio 21 con un articolo di William Engdahl.
Scrive La Verità: «Se l’inflazione si infiamma troppo, prima che l’economia sia ripartita tirandosi appresso la produttività e quindi il rialzo delle buste paga, il rischio è la povertà». Né più ne meno. Non è detto, pensiamo qui a Renovatio 21, che si tratti di un effetto indesiderato…
Purtuttavia, «ad aprile 2020 l’ISTAT ha notato che il lockdown rigido era riuscito ad invertire il trend inflazionistico in atto già da mesi».
«Ecco che adesso il rischio è che i governi europei, quello italiano in particolare, scivolino nella tentazione di nuovi lockdown per mettere in congelatore i consumatori. La conseguenza del fermare tutto sarebbe il raffreddamento dell’inflazione per via dell’inchiodata dei consumi».
Ci sarebbe, insomma, una tentazione di lockdown a partire dall’economia, alla quale le nostre classi dirigenti, cui oramai abbiamo consegnato perfino i nostri diritti più fondamentali, potrebbero non resistere.
Il fine ultimo lo possiamo immaginare: la distruzione definitiva della classe media, l’annichilimento del lavoro indipendente, la deindustrializzazione del territorio, la decrescita verticale di ogni distretto, il riallineamento di ogni attività umana secondo programmi che discendono da grandi gruppi (mega-aziende, banche, multinazionali) che coincidono con lo Stato o sono a lui contigui
Conoscete la questione della slippery slope, il pendìo scivoloso. Un piccolo passo che può sembrare insignificante o giustificato, e da lì è tutto in discesa, a velocità sempre maggiore verso la peggior china immaginabile. Una volta entrati in una fase politica – per esempio, quella in cui è possibile rinchiudere i cittadini in casa senza subire né rivolte né conseguenze politiche o giudiziarie, anzi – è difficile regredire alla precedente, mentre è certo che si scivolerà verso una fase dalle caratteristiche ancora più accentuate.
Il lockdown abbiamo capito essere uno strumento politico, biopolitico, geopolitico; diverrà anche uno strumento macroeconomico – di fatto lo è già.
Il fine ultimo lo possiamo immaginare: la distruzione definitiva della classe media, l’annichilimento del lavoro indipendente, la deindustrializzazione del territorio, la decrescita verticale di ogni distretto, il riallineamento di ogni attività umana secondo programmi che discendono da grandi gruppi (mega-aziende, banche, multinazionali) che coincidono con lo Stato o sono a lui contigui.
In pratica, la riformulazione totale della società umana.
I lockdown in fondo altro non sono stati che un referendum per la riformulazione della società umana: abbiamo risposto sì
Togliere il pane, il lavoro, la libera associazione, la religione, e perfino la propria voce e la libertà di movimento serviva esattamente a questo – a verificare quanti fossero d’accordo.
I lockdown in fondo altro non sono stati che un referendum: abbiamo risposto sì.
Chiunque non lo capisce e di conseguenza non lotterà per la libertà, subirà infinite altre volte questo orrore, fino a che esso non consumerà anche quelle classi di lavoratori dipendenti che ad oggi hanno mantenuti intatti stipendio e carriera, mentre là fuori la classe media veniva annichilita assieme alla dignità umana.
Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Economia
La Bank of America lancia un allarme sul petrolio a 130 dollari
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Economia
Il prezzo dell’oro tocca il massimo storico
Ieri il prezzo dell’oro ha raggiunto il massimo storico, superando i 2.400 dollari l’oncia, mentre continua la corsa globale ai beni rifugio.
I prezzi spot dell’oro sono aumentati del 2,4% raggiungendo il massimo storico di 2.431,52 dollari l’oncia prima di pareggiare alcuni guadagni. I prezzi sono aumentati del 4% durante la settimana e del 16% finora quest’anno, superando l’aumento del 13% registrato per tutto il 2023, scrive RT.
Gli analisti attribuiscono il rally alla domanda degli investitori di beni rifugio in un contesto di incertezza globale e crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Funzionari statunitensi hanno affermato venerdì che l’Iran potrebbe lanciare un massiccio attacco contro Israele entro le prossime 24-48 ore. Teheran ha minacciato una dura risposta da quando Israele ha ucciso due generali iraniani in un attacco aereo all’inizio di questo mese.
«I fattori positivi per l’oro superano quelli negativi. Le crescenti tensioni in Medio Oriente sono il principale motore della recente impennata dell’oro», ha detto alla Reuters Chris Gaffney, presidente dei mercati mondiali di EverBank.
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La responsabile dell’analisi di mercato di StoneX Financial Ltd., Rhona O’Connell, ha anche affermato che «il rischio geopolitico è il fulcro qui» e che in un anno con più di 50 elezioni locali e nazionali, le continue tensioni in Medio Oriente si stanno aggiungendo «altra benzina sul fuoco».
Alcuni esperti hanno indicato che anche i continui e forti acquisti dalla Cina hanno sostenuto i prezzi, scrive Russia Today.
Gli investitori tradizionalmente si rivolgono all’oro in tempi di incertezza del mercato per coprire i rischi e come riserva di valore. Per migliaia di anni, i lingotti sono stati visti come un rifugio sicuro durante periodi di instabilità economica, crisi del mercato azionario, conflitti militari e pandemie.
Anche altri metalli preziosi sono in crescita, con l’argento che è salito del 4% a 29,60 dollari l’oncia, il suo prezzo più alto dall’inizio del 2021. Il palladio è salito del 2,7% a 1.075 dollari e il platino è salito sopra il livello psicologico chiave di 1.000 dollari l’oncia al suo massimo in quasi quattro mesi.
Come riportato da Renovatio 21, alcuni analisti avevano previsto che i prezzi dell’oro avrebbero potuto nei mesi successivi raggiungere la cifra record di 2.500 dollari l’oncia, spinti dalla domanda degli investitori di beni rifugio sulla scia dell’incertezza globale e delle tensioni geopolitiche.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno la Russia aveva parlato di un ritorno all’economia basata sul valore dell’oro. Gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrij Mitjaev avevano sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo mentre «salta giù» dal sistema basato sul dollaro in bancarotta e aiuta a stabilire una nuova architettura finanziaria internazionale. La proposta era quella di una sorta di «rublo d’oro 3.0».
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