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Politica

Lavrov: «nazisti» in Ucraina «nutriti» dagli europei

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I membri europei della NATO stanno deliberatamente ignorando il carattere «nazista» del governo ucraino, che hanno potenziato come strumento anti-russo, ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.

 

Lunedì, l’alto diplomatico moscovita ha espresso preoccupazione per i «demoni del neonazismo, della russofobia e di altre ideologie odiose» che si stanno diffondendo in diverse nazioni dell’UE. Gli Stati membri stanno deliberatamente ignorando la cattiva condotta di Kiev, anche se perseguita i russi etnici e viola i diritti umani, ha sottolineato.

 

«Ucraina: “è diversa”. Quei nazisti sono stati allevati per l’ultimo tentativo di unire tutta l’Europa sotto bandiere razziste e naziste per una guerra contro la Federazione Russa», ha affermato Lavrov.

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Il ministro parlava nella sua veste di fiduciario del Gorchakov Fund, una ONG russa volta a migliorare la diplomazia pubblica, sottolineando la missione dell’organizzazione di presentare una visione autentica della Russia e l’ha messa in netto contrasto con l’approccio dell’Occidente alla comunicazione pubblica che «si descrive come infallibile e soffre di un complesso di eccezionalità».

 

L’UE sta perseguendo un piano di riarmo multimiliardario, giustificato da quella che Bruxelles definisce una crescente minaccia russa. I funzionari europei hanno avvertito che potrebbe scoppiare uno scontro diretto tra la NATO e Mosca nei prossimi anni. La Russia, tuttavia, nega qualsiasi intenzione ostile nei confronti del blocco militare guidato dagli Stati Uniti.

 

Le tensioni tra i membri europei della NATO e Washington sono riemerse dopo che il presidente Donald Trump ha assunto l’incarico a gennaio. La nuova amministrazione statunitense ha cercato una rapida risoluzione del conflitto in Ucraina e intende trasferire le responsabilità della sicurezza all’Europa una volta raggiunta una tregua.

 

L’obiettivo di Mosca di «denazificazione» rimane centrale nella sua posizione sul conflitto ucraino. I funzionari russi hanno denunciato il governo ucraino come un «regime neonazista» a causa delle sue politiche interne discriminatorie, dei presunti crimini di guerra contro i cittadini russi e della venerazione di figure nazionaliste storiche che hanno collaborato con la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

Parlando al Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF) nel giugno 2023, Putin aveva affermato che i suoi amici nella comunità ebraica «dicono che Zelensky non è un ebreo, è una vergogna per il popolo ebraico», sottolineando il fatto che le attuali autorità ucraine celebrano apertamente figure naziste, in particolare Stepan Bandera, un nazionalista ucraino che ha collaborato con il Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

Come riportato da Renovatio 21 la scorsa settimana i servizi russi SVR hanno detto che alla stampa tedesca è stato chiesto di nascondere la simbologia nazista visibile in Ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa vi fu il grottesco episodio dell’agenzia di stampa internazionale Reuters che aveva pubblicato un’intervista con una recluta ucraina con nome in codice «Adolf». Non paga, mesi dopo aveva ignorato che la foto che aveva mandato in stampa per un articolo ritraeva un ucraino con uno svasticone tatuato sul braccio.

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C’era stato poi l’episodio, mitico, della foto fatta circolare dai giornali ignari di un combattente ucraino con la toppa dell’ISIS. Cosa che lascia pensare che quando Assad dice di aver le prove che gli USA addestrano terroristi islamici in Siria per mandarli in un Ucraina (cosa che un anno fa già dicevano i servizi russi) forse bisogna un po’ credergli.

Come riportato da Renovatio 21, in precedenza il governo tedesco aveva rivelato di aver espulso sette soldati ucraini che esibivano simboli nazisti mentre erano nel Paese per l’addestramento.

 

Al campionato mondiale di risciacquo del nazi partecipò con fervore anche il Corriere della Sera, con questa indimenticabile intervista fatta ad un combattente runico a caso fuori dal monastero della Lavra di Kiev.

 


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Dall’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina, sono emerse innumerevoli fotografie e video di soldati ucraini che indossano insegne della Germania di quei tempi, alcune delle quali sono state pubblicate sui social media dal presidente Vladimir Zelensky, il quale in teoria è di origine ebraica.

 

Putin due mesi fa ha dichiarato che «ebrei etnici» senza fede stanno facendo a pezzi la chiesa ortodossa ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Lavrov aveva definito lo Zelens’kyj come «traditore degli ebrei».

 

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Droni

Il capo della Ryanair chiede le dimissione dell’«inutile» Ursula von der Leyen

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L’amministratore delegato di Ryanair, Michael O’Leary, ha aspramente criticato Bruxelles per non aver difeso gli aeroporti dell’Unione dai droni, chiedendo le dimissioni della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ha sostenuto che i droni non autorizzati, causa di interruzioni al traffico aereo, dovrebbero essere abbattuti.   Nelle ultime settimane, misteriosi avvistamenti di droni hanno colpito l’Unione, con alcuni media e funzionari occidentali che ipotizzano un coinvolgimento della Russia, ipotesi respinta da Mosca. Von der Leyen ha proposto l’idea di un «muro di droni» nel suo discorso sullo stato dell’Unione il mese scorso, un concetto ripreso durante un vertice informale dell’UE in Danimarca questa settimana.   In un’intervista a Politico, pubblicata mercoledì, O’Leary ha liquidato la proposta. «Non credo che un muro di droni abbia alcun effetto», ha dichiarato, sottolineando che i responsabili potrebbero facilmente operare dall’interno del paese interessato. O’Leary ha accusato Bruxelles di inattività e ha richiesto misure più drastiche contro la presunta minaccia dei droni.   «Perché non abbattiamo questi droni? Sono destabilizzanti e chiediamo un intervento», ha affermato. «Non ho fiducia nei leader europei che se ne stanno seduti a bere tè e mangiare biscotti… Non ho fiducia in von der Leyen. È inutile e dovrebbe dimettersi».

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Come riportato da Renovatio 21, O’Leary nel 2024 aveva attaccato la politica dell’immigrazione UE affermando che il sistema di asilo è «una truffa completa» e che tali individui «non sono rifugiati» perché arrivano da Paesi sicuri e poi gettano i loro passaporti nel water.   «Sì, perché li scaricano nel WC, arrivano all’aeroporto di Dublino e li scaricano nel WC», aveva dichiarato il CEO della celebre aerolinea irlandese alla radio Newstalk. «Si presentano qui… è una truffa completa e questi non sono rifugiati, una delle cose che mi fa impazzire in Irlanda è che trattiamo le persone come rifugiati che provengono dal Regno Unito o dalla Francia», si era lamentato il notissimo managerro.   «Nessuno è arrivato in Irlanda dall’Afghanistan o dal Kenya o dalla Nigeria o dalla Siria con un volo diretto perché non ce ne sono, quindi non stai fuggendo dalle persecuzioni nel Regno Unito o in Germania», aveva aggiunto l’O’Leary.   «Dovremmo prenderci cura dei rifugiati, ho grande simpatia per gli ucraini, ma le persone che arrivano qui dal Regno Unito, dalla Francia o da altri Paesi dell’UE, dovremmo rimandarle indietro dicendo, qui, nei paesi dell’UE da cui provieni».  

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Politica

Una cattolica esclusa dalle elezioni presidenziali irlandesi

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È difficile essere cattolici orgogliosi delle proprie convinzioni e tuttavia raggiungere la carica più alta in Irlanda: questo è ciò che Maria Steen, una politica che non è riuscita a ottenere il sostegno dei parlamentari irlandesi per candidarsi alle elezioni presidenziali del 24 ottobre 2025, ha imparato a sue spese.

 

L’Isola dei Santi non è certo più quella di una volta, e San Patrizio potrebbe rivoltarsi nella tomba: Maria Steen, un’avvocatessa che ha difeso pubblicamente gli insegnamenti della Chiesa durante i dibattiti referendari sull’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la definizione di famiglia, non è riuscita a ottenere un sostegno sufficiente per candidarsi alle elezioni presidenziali.

 

Questo appoggio ha richiesto l’approvazione di 20 membri dell’Oireachtas – il Parlamento irlandese, che comprende 174 membri del Dail Éireann e 60 senatori del Seanad Éireann – consentendole di candidarsi alle elezioni presidenziali del 24 ottobre.

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In Irlanda, la qualificazione per le elezioni presidenziali richiede un filtro parlamentare, ufficialmente per impedire un numero eccessivo di candidati, ma – alcuni sostengono – per bloccare la strada ai candidati non politicamente corretti.

 

Madre di cinque figli e candidata indipendente, Maria Steen ha comunque ottenuto il sostegno di 18 membri, ma non è riuscita a raccogliere le due firme mancanti prima della scadenza del 24 settembre. Storicamente, è stato difficile per un candidato non affiliato ai principali partiti politici irlandesi, come Fianna Fáil o Fine Gael, qualificarsi per le elezioni presidenziali.

 

Presentando la sua candidatura a fine agosto, l’avvocatessa ha cercato di proporsi come alternativa ai candidati dei partiti tradizionali, in un contesto di crescente sfiducia dell’elettorato nei confronti della classe politica irlandese. La presidenza irlandese, pur essendo in gran parte simbolica, gode comunque di grande visibilità, rappresentando il Paese a livello internazionale.

 

Il 24 settembre, annunciando la fine della sua campagna, Maria Steen ha dichiarato: «sebbene sia onorata di aver ottenuto il 90% delle firme richieste, mi dispiace dire che questo non è stato sufficiente e che il termine ultimo è ormai scaduto». Ha aggiunto: «Sebbene sarebbe stato l’onore di una vita servire come prima cittadina irlandese, essere cittadina è un onore sufficiente per me».

 

David Quinn, editorialista di un quotidiano nazionale irlandese, ha elogiato la performance di Maria Steen: «penso che raggiungere questo livello sia già un enorme riconoscimento per Maria e le sue capacità, ma allo stesso tempo è molto deludente che sia arrivata così vicina a entrare nella corsa presidenziale», ha dichiarato in un’intervista al sito web di informazione religiosa The Pillar.

 

Ha aggiunto: «I partiti stanno impedendo la nomina di qualcuno esterno». Considerando il cattolicesimo dichiarato di Maria Steen come una delle ragioni del suo fallimento, David Quinn ritiene che «sia un fattore determinante. Molti politici disapproverebbero che qualcuno noto per le sue convinzioni cattoliche e pro-life ottenga la carica più alta del paese, anche se quella carica non ha potere legislativo e lei non userebbe quella posizione per promuovere le sue convinzioni».

 

Ha concluso: «Ironicamente, il prossimo presidente potrebbe benissimo essere protestante» – del Fine Gael – «e dubito che la sua religione sarà molto discussa». Le elezioni presidenziali metteranno a confronto questo protestante con un politico sostenuto dai partiti di sinistra e un ex giocatore di football gaelico, sostenuto dal Fianna Fail. Tutti e tre i candidati hanno votato a favore dell’aborto nel referendum del 2018 e condividono opinioni simili su molte cosiddette questioni sociali.

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Ma Maria Steen potrebbe non aver detto l’ultima parola: la politica è diventata nota in Irlanda per le sue straordinarie comparse nei dibattiti televisivi prima di tre referendum molto contestati. Il primo è stato il referendum del 2015 sul «matrimonio per tutti», dove ha difeso il «No» durante un dibattito, prima che l’Irlanda votasse con il 62,07% dei voti per legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso.

 

Ha anche sostenuto il «No» nei dibattiti televisivi precedenti il ​​referendum del 2018 sull’aborto, dove i cittadini irlandesi hanno votato con il 66,40% per abrogare l’Ottavo Emendamento della Costituzione, che tutelava il diritto alla vita dei nascituri.

 

In vista dei referendum costituzionali del 2024 sulla definizione di famiglia, si è confrontata con l’ex Tanaiste (Vice Primo Ministro) Micheál Martin in un dibattito. È uscita vittoriosa quando i cittadini hanno respinto gli emendamenti con il 67,69% dei voti contro il 32,31%.

 

La candidatura proposta da Maria Steen ha ricevuto riscontri positivi da alcune personalità inaspettate, come il giornalista liberale Fintan O’Toole, che ha sostenuto che le elezioni presidenziali necessitavano di un «cattolico conservatore serio». E tra sette anni – la data delle prossime elezioni presidenziali – molto potrebbe cambiare in Irlanda e nel Vecchio Continente, regioni sempre più stremate da decenni di progressismo.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Politica

Merz contro la Von der Leyen

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Il cancelliere tedesco Friedrich Merz sta cercando di limitare l’autorità decisionale della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Lo riporta Bloomberg, che cita fonti diplomatiche informate.   Una delle fonti ha rivelato che Merz, sempre più critico verso Bruxelles, desidera che Berlino eserciti maggiore influenza sulle questioni che coinvolgono direttamente gli Stati membri dell’UE.   Merz si è opposto a diverse proposte di von der Leyen, come l’introduzione di nuove tasse a livello europeo e il piano per inviare forze di pace in Ucraina. Inoltre, ha avuto divergenze con lei su un accordo tariffario con gli Stati Uniti e sulle normative climatiche.   «Dobbiamo mettere un freno a questa macchina a Bruxelles», ha dichiarato Merz venerdì scorso ai leader aziendali, secondo quanto riportato da Bloomberg.

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In vista del vertice informale dei leader dell’UE a Copenaghen di mercoledì, Merz ha ribadito la necessità di una «correzione fondamentale» di quella che ha definito una regolamentazione eccessiva, affermando: «È semplicemente troppo», come riportato dall’agenzia di stampa tedesca.   Quest’anno, la Commissione Europea ha adottato diverse misure per ridurre la burocrazia, tra cui il Defense Readiness Omnibus, che mira a semplificare le procedure del mercato della difesa dell’UE. Tale iniziativa si inserisce nell’obiettivo più ampio di von der Leyen di mobilitare fino a 800 miliardi di euro in investimenti per l’acquisto di armi e munizioni entro il 2030.   Come noto, la Von der Leyen è stata ministro della Difesa della Repubblica Federale Tedesca, con alcune controversie legate al suo operato al dicastero.   Come riportato da Renovatio 21, nel settembre 2022 la Von der Leyen sembrò «ordinare» al governo tedesco di fornire Kiev di tutte le armi che desiderava. «L’Ucraina dovrebbe ottenere tutto il materiale militare di cui ha bisogno» aveva dichiarato recandosi a Kiev, in quello che sembrava un aperto rimprovero al suo Paese di origine.   Come riportato da Renovatio 21, dopo la tornata di luglio, Ursula dovrà affrontare due distinte nuove mozioni di sfiducia al Parlamento Europeo.

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Immagine di European People’s Party via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
 
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