Geopolitica
La Libia continua ad esplodere: decine di morti e centinaia di feriti negli scontri di Tripoli
Un’improvvisa fiammata di violenza ha infiammato la capitale libica, Tripoli, dove ieri si è consumato il cruento scontro armato fra due fazioni rivali, la Brigata 444 e le Forze speciali di deterrenza Rada.
Secondo quanto riportato dalla testata Libya Herald, il bilancio ha raggiunto almeno 27 vittime e oltre 106 feriti. La situazione di conflitto armato si sarebbe creata dopo che il comandante della Brigata, Mahmoud Hamza, era stato presumibilmente trattenuto dalle Forze Rada presso un aeroporto di Tripoli.
Successivamente, lo Hamza sarebbe stato liberato grazie a un accordo tra le due fazioni, che avevano temporaneamente fermato gli scontri.
Secondo quanto riportato dal Libya Observer, il comandante è stato consegnato alla Stability Support Agency come forza neutrale.
Il ministero della Sanità libico ha denunciato che durante gli scontri, i residenti erano rimasti bloccati all’interno delle proprie abitazioni, senza possibilità di sfuggire alle violenze. Il ministero ha quindi fatto appello alle parti coinvolte nel conflitto affinché consentano alle ambulanze e alle squadre di emergenza di accedere alle zone colpite, soprattutto nel sud della città, e di fornire sangue agli ospedali circostanti.
L’OPSGroup, un’organizzazione dell’industria dell’aviazione, ha riportato che numerosi voli sono stati cancellati a causa degli scontri, e molti aerei hanno lasciato la capitale. I voli in arrivo sono stati deviati verso la città vicina di Misurata.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha scritto su Twitter che il governo italiano sta monitorando attentamente gli sviluppi del nuovo caos scatenatosi in Libia. Tajani anche riferito di aver parlato con la ministra degli Esteri libica Najla Elmangoush, sottolineando che la priorità dell’Italia è la stabilizzazione della Libia attraverso un processo pacifico e l’avvio del percorso verso elezioni democratiche.
La Libia, dopo la defenestrazione di Gheddafi voluta da Parigi, Londra e Washington – con l’aiuto di qualche spezzone di personaggi dello Stato profondo della Repubblica Italiana, i cui interessi sono più che mai danneggiati da quell’infame operazione – rimane un calderone non controllabile, che continua a rivelarsi un rischio per la stabilità dell’area e non solo.
È di inizio anno lo strano caso delle circa 2,5 tonnellate di uranio prima date per «rubate» e poi altrettanto misteriosamente «ritrovate».
Come riportato da Renovatio 21, è emerso in questi anni il fatto che le tante fazioni in lotta si servano di spietati miliziani stranieri, dai sicari americani che sarebbero stati ingaggiati dal generale Haftar alla quantità di tagliagole islamisti siriani che sarebbero stati portati in Libia dalla Turchia, Paese che ha di fatto scalzato l’Italia come «protettore» di Tripoli, riprendendosi quando il colonialismo savoiardo aveva rubato al sultano di Istanbul più di un secolo fa.
Come sottolineato nel recente appello per la pace della Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa Occidentale (RECOWA), la Libia rimane un termine di paragone negativo a dimostrazione di cosa può succedere ad un Paese africano dopo uno sconsiderato intervento armato.
In questi anni è cresciuta, e moltissimo, la figura di Seif al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello, fermato con la giustizia ed altri mezzi durante la sua corsa elettorale – Seif Gheddafi, secondo il New York Times, è talmente popolare tra la popolazione che pensare una sua schiacciante vittoria politica non è sbagliato.
Immagine d’archivio da screenshot da YouTube
Geopolitica
Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti
L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta affrontando pressioni «incredibili» da parte dei «falchi» in Europa e in Ucraina, determinati a far fallire i negoziati con la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Queste affermazioni sono state rilasciate durante un’intervista al canale YouTube ungherese Ultrahang, trasmessa domenica.
La Russia non intende influenzare né «interferire» nelle «decisioni interne» della leadership statunitense, che sta subendo crescenti pressioni nel contesto degli sforzi di riavvicinamento con Mosca avviati sotto Trump, ha precisato Lavrov.
«Non vogliamo creare difficoltà agli Stati Uniti, che sono sottoposti a una pressione enorme e straordinaria da parte dei “falchi” europei», di Volodymyr Zelens’kyj dell’Ucraina e «di altri che si oppongono a qualsiasi cooperazione tra Stati Uniti e Russia su qualsiasi questione», ha detto Lavrov.
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«Ci sono molte persone poco ragionevoli che cercano di influenzare i politici di Washington, utilizzando ogni mezzo per ostacolare un processo che avrebbe potuto già raggiungere i suoi obiettivi».
Coloro che tentano di sabotare i negoziati tra Washington e Mosca stanno «cercando di distogliere il presidente Trump dalla linea che ha ripetutamente sostenuto in passato», ha aggiunto Lavrov. Il presidente degli Stati Uniti ha più volte dichiarato che il conflitto in Ucraina deve essere risolto in modo definitivo, una posizione ribadita chiaramente durante l’incontro con il suo omologo russo, Vladimir Putin, in Alaska, ha sottolineato il ministro.
«Tutti concordano che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina sia raggiungere un accordo di pace definitivo, che metta fine al conflitto, e non un semplice cessate il fuoco. Questo è essenziale», ha affermato.
I recenti cambiamenti nella retorica statunitense, «quando ora si parla di “nient’altro che un cessate il fuoco, un cessate il fuoco immediato, lasciando poi che la storia giudichi”, rappresentano un cambiamento molto radicale», ha osservato Lavrov.
«Questo indica anche che gli europei non stanno fermi, non mangiano e cercano di forzare la mano a questa amministrazione».
Mosca ha dichiarato di perseguire una soluzione duratura al conflitto ucraino, piuttosto che una pausa temporanea. Tuttavia, Kiev e i suoi alleati occidentali hanno ripetutamente richiesto un cessate il fuoco immediato, che Mosca considera un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze armate e riarmarsi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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