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Economia

L’astrolabio degli Hyksos, per uscire dalla notte bancaria

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Renovatio 21 pubblica questo articolo del 2012 di Piero Vassallo (1933-2022) dell’autunno 2021 sul tema, ancora oggi tabù, della prospettiva di nazionalizzazione delle banche.

 

 

 

A cominciare dal momento in cui un dolente Antonio Gramsci ammise (nei Quaderni dal carcere) che la maggioranza degli italiani semplici nutriva ideali refrattari al sistema di Karl Marx, l’apparato culturale della sinistra fu severamente impegnato a diffamare e squalificare gli interpreti della tradizione nazionale.

 

Gli autori di fede cattolica e di ovvia cultura controrivoluzionaria, pertanto, furono sepolti, dai quadri intellettuali del PCI, nel cimitero della memoria vergognosa, il medesimo in cui gli antichi egizi avevano nascosto gli odiati Hyksos.

 

Hyksos di complemento furono giudicati anche gli italiani sconfitti nella seconda guerra mondiale e perciò rinchiusi all’interno delle parentesi marmoree scolpite dal liberale filosofante Benedetto Croce.

 

Degli italiani innominabili, giacenti fra le parentesi alzate dal filosofo di Pescasseroli, è emblema il fratello, minore e vergognoso del celebre Antonio, camicia nera Mario Gramsci, ostinato combattente di tre guerre vinte e di una perduta e federale del deprecato partito fascista repubblicano in Varese.

 

La storia, in breve. Reduce dai fronti della prima guerra mondiale, il fratello innominabile aderì al fascismo nel 1921 e pertanto fu selvaggiamente affrontato e bastonato a sangue dai compagni dell’illustre Antonio.

 

Nel 1935, dimenticate le pedagogiche e fraterne percosse, Mario fece pressione su Benito Mussolini perché al fondatore del PCI fosse concessa la libertà condizionata (in seguito definitiva) e l’opportunità di curare in un’attrezzata clinica romana la malattia che lo affliggeva.

 

Gli storici rispettosi tacciono elegantemente, ma Antonio Gramsci, a seguito dell’intervento del bieco duce, morì in libertà, assistito da medici qualificati e da premurosi familiari.

 

Diversa la sorte di Mario Gramsci, che nel 1943 aderì purtroppo alla RSI. Catturato dai partigiani fu picchiato e torturato quindi consegnato agli inglesi, che lo deportarono in un campo di concentramento democratico.

 

Quando gli educatori inglesi accertarono che le condizioni di salute di Mario erano disperate lo rimpatriarono in fretta e furia. Anonimo fra gli anonimi, Mario morì in Italia nel dicembre del radioso 1945.

 

Il presente saggio è scritto per rivendicare il diritto alla memoria degli Hyksos pensanti con o senza camicia nera.  E per sollecitare, con motivata insistenza, il riconoscimento del diritto di cercare, nei proibiti libri firmati dagli Hyksos, le idee vincenti sulla crisi del 1929.

 

Estratto dalle crociane parentesi, il programma proibito può soccorrere gli affannati ricercatori di una via d’uscita dal presente, che è segnato dal  drammatico collasso dell’economia liberale e/o di specchio.

 

Nel solco della tradizione interpretata dalla destra che non c’è più, è proposto infine uno scandaloso scritto sui pensieri occultamente hyksos, che, nel secondo dopoguerra, hanno ispirato il principale autore del miracolo italiano, il professore Amintore Fanfani.

 

Il miracolo, infine, fu speronato e affondato da un panfilo, il Britannia, che era adibito al trasporto delle presenti sciagure.

 

Un temerario aspirante alla squalificata identità hyksos, il professore Giulio Tremonti, sostiene che «la globalizzazione è stata una pazzia – fatta da pazzi autentici, illuminati fanatici».

 

Il disordine causato dal mercato globale, la fatale inclinazione del sistema mercatista a produrre recessioni e carestie, sono implicitamente annunciati dall’elenco (stilato dall’incauto Tremonti) dei replicanti, intesi a rilanciare la mitologia intorno alla mano magica del mercato: «i liberali  drogati dal successo appena ottenuto nella lotta contro il comunismo; i post-comunisti divenuti liberisti per salvarsi; i banchieri travestiti da statisti; gli speculatori-benefattori; e i più capaci pensatori di questo tempo, gli economisti, sacerdoti e falsi profeti del nuovo credo». (Giulio Tremonti, La paura e la speranza.  Europa: la crisi globale che si avvicina e la via per superarla, Mondadori, Milano 2008).

 

Tremonti rammenta altresì che alla lucida follia dei globalizzatori si è aggiunta la fulminante cupidigia dei banchieri americani, che il presidente Bill Clinton aveva sciolto dal guinzaglio di una buona legge:

 

«Nel 1999 il presidente Clinton abroga la legge – voluta dal presidente democratico Franklin Delano Roosevelt – legge che vietava alle banche  di speculare. La legge diceva: Se tu usi il risparmio dei cittadini lo puoi impiegare per dare soldi alle famiglie, ai lavoratori, all’industria, alle comunità, non per giocare in borsa. Se vuoi giocare in borsa lo fai con i soldi tuoi. Clinton abolisce quella legge e autorizza le banche a fare quello che vogliono».

 

L’associazione dei due fattori di disordine scatenati dall’oligarchia liberale – la globalizzazione incontrollata e la cieca avidità dei banchieri & gabellieri – hanno generato la crisi, che sta devastando l’economia occidentale.

 

La festa italiana, celebrata dagli svenditori democristiani imbarcati sul panfilo Britannia intanto è finita. Ai politici di cultura cattolica, adesso s’impone l’arduo compito di chiudere, senza pentimenti, la scena liberale allestita dagli entusiasti ruggenti intorno alla catastrofe del sistema comunista.

 

La fonte del cattolicesimo liberale, non è inutile rammentarlo, sta nei saggi scritti dal democristiano Jacques Maritain durante il soggiorno negli Stati Uniti. Saggi non a caso apprezzati dal cattoliberale Michael Novak e valorizzati quali scongiuri da lanciare contro la tentazione rappresentata dall’economia mista concepita e attuata dagli Hyksos con felici esiti.

 

La ferocia della crisi in atto consiglia invece di fare un passo indietro e di rilanciare la magistrale lezione di Pio XI sulle cause ideologiche delle depressioni, che periodicamente sconvolgono le economie governate dalla mano magica del mercato. Senza dimenticare la fonte illuministica e signorile della mitologia liberale.

 

Stabilito che le massime del liberalismo vacillavano per effetto dell’implosione della borsa di Wall Street (1), Pio XI nella Quadragesimo anno, affermò che dalla superstiziosa sopravvalutazione del mercato «come da fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualistica, la quale, dimenticando o ignorando che l’economia ha un suo carattere sociale non meno che morale, ritiene che l’autorità pubblica la dovesse stimare e lasciare assolutamente libera a sé, come quella che nel mercato o libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi intelligenza creata».

 

Il coraggioso pontefice affermò di conseguenza che «il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze» e concluse il suo ragionamento riconoscendo la necessità inderogabile che la giustizia sociale fosse garantita dalla legge dello Stato: «è necessario che questa giustizia sia davvero efficace, ossia costituisca un ordine giuridico e sociale a cui l’economia tutta si conformi».

 

Pio XI, di conseguenza, approvava senza riserve l’intervento della politica degli Hyksos italiani, intesi a disciplinare la libertà del mercato e a correggerla instaurando quell’economia mista che fece uscire l’Italia dalla crisi causata nel 1929 dagli speculatori di Wall Street.

 

Di qui la sconfessione dell’utopia mercantilista e il conseguente successo della scienza economica italiana.

 

La soluzione approvata da Pio XI convinse Amintore Fanfani, giovane professore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, ad avviare uno studio approfondito sui rapporti tra morale cattolica ed economia.

 

Il risultato della ricerca intrapresa da Fanfani fu Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, un magistrale saggio pubblicato nel 1933 dalla casa editrice Vita e Pensiero.

 

Fanfani, dopo aver dimostrato che la modernizzazione dell’economia non fu avviata dai riformatori luterani e calvinisti ma dai mercanti cattolici attivi nella Firenze del Trecento, sostiene che il capitalismo può convivere e di fatto ha convissuto felicemente con la morale prevalente nelle società fondata sui realistici princìpi del cattolicesimo (2).

 

Quale benefico effetto della morale cattolica sull’economia, Fanfani citava la proibizione dell’usura: «La preoccupazione del rispetto della morale in questo campo prende talmente il sopravvento da indurre per lungo tempo i moralisti ad incoraggiare di sopperire alle necessità della vita economica non già con il semplice mezzo del prestito, ma con il ricorso alla formazione di società. Così si antepone ad una soluzione economicamente razionale quale è quella del prestito, una soluzione razionale anche moralmente quale è quella dell’associazione. Esempio questo d’evidenza solare, della subordinazione che per lo spirito cattolico hanno i problemi economici a quelli morali». (3)

 

Coerentemente la teoria di Fanfani esclude che il cattolicesimo respinga la razionalizzazione economica o che la voglia compiere secondo principi estranei all’ordine economico, «ma si è che il cattolicesimo ritiene che tale razionalizzazione deve avere dei limiti negli altri principi ordinatori della vita».

 

Pertanto «il cattolicesimo non può accogliere quella organizzazione sociale in cui riceve piena sanzione di legalità l’interesse predominante, prescindendo dalle sue relazioni positive o negative collo scopo della società, dello Stato, dell’uomo cattolicamente inteso».

 

La morale degli hykos cattolici costituisce dunque l’unica via al superamento della morale dimezzata e inquinata dal liberalismo, un’ideologia che ha giustificato guerre pedagogiche, piraterie, usure, schiavismo e sfruttamento dei lavoratori, in vista di successi che puntualmente si rovesciano in tragiche carestie.

 

La conferma di tale conclusione si legge nel miracolo economico italiano, ottenuto negli anni Sessanta da un sistema di economia mista, puntellato da istituti assistenziali e previdenziali fondati dalla calunniata lungimiranza degli Hyksos.

 

La decrepitezza dell’ideologia liberale e cattoliberale e la cecità del pensiero socialista si misura dalla proposta di abolire l’IRI e dalla motivazione antifascista degli oppositori democristiani a Fanfani.

 

Il giro degli anni che ha riportato l’Italia alla miseria regnante prima del miracolo economico, da Giano Accame definito cripto fascista, consiglia la rivisitazione delle teorie censurate dalla banca mangia uomini e dal delirio di scuola liberista.

 

 

Piero Vassallo

 

 

NOTE

1)Nel 1929 la mano magica del mercato gettò sul lastrico milioni di americani. Per risollevare la loro sorte il presidente Franklin Delano Roosevelt fu costretto ad adottare provvedimenti ispirati da princìpi hyksos, irriducibili alla venerata mitologia liberale.

2) Negli anni Novanta, l’economista Giuseppe Palladino, in continuità con Fanfani, rammenterà che «il capitalismo italiano, storicizzato alla luce dell’etica e della teologia morale dei canonisti, fece di anguste aree della Toscana e di altre plaghe del Nord Italia, le terre più prospere del mondo di quel tempo» (citato da Normanno Malaguti, cfr. La moneta debito, Il Cerchio, Rimini 2012). Di recente l’economista Flavio Felice ha confermato la tesi fanfaniana rammentando che «se per capitalismo intendiamo un modello di produzione fondato sul ruolo positivo svolto dalle imprese, dal mercato, dalla proprietà privata e dal libero, responsabile e creativo agire della persona, ancorata ad un saldo sistema giuridico e ad un chiaro orizzonte ideale, al centro del quale è posta l’opera del più affascinante, raffinato e prezioso fattore di produzione: il capitale umano, credo che sia difficile non cogliere proprio nella tradizione greca, romana ed infine cristiana, le radici stesse del capitalismo».

3) Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, Marsilio, Venezia 2005, pag. 111.

 

 

 

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Economia

El Salvador abbandona l’esperimento del corso legale Bitcoin e offre il supercarcere agli USA

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Il Congresso di El Salvador ha approvato una riforma che revoca lo status di Bitcoin come moneta a corso legale, in un’inversione della storica decisione del Paese del 2021, secondo quanto riportato dai media.

 

Gli emendamenti alla sua legge Bitcoin arrivano dopo un accordo di prestito con il Fondo monetario internazionale, che richiede che l’accettazione della criptovaluta sia resa volontaria nel Paese.

 

Nel 2021, El Salvador è diventato il primo Paese ad adottare la criptovaluta come moneta legale, riconoscendo ufficialmente Bitcoin insieme al dollaro statunitense, che era stata la valuta principale della nazione per due decenni.

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Le modifiche legislative approvate il 30 gennaio hanno rimosso l’accettazione obbligatoria di Bitcoin in El Salvador, rendendone l’uso interamente volontario. La riforma è stata approvata con 55 voti a favore e 2 contrari.

 

Secondo quanto riferito, gli emendamenti arrivano dopo quasi due anni di pressioni da parte del FMI, che ha esortato il Paese ad attenuare i rischi finanziari legati a Bitcoin in cambio di un prestito di 1,4 miliardi di dollari, concordato a dicembre, per stabilizzare l’economia in difficoltà del Paese.

 

Secondo Reuters, il FMI ha espressamente spinto affinché l’accettazione di Bitcoin fosse volontaria nel settore privato.

 

La mossa segna un’importante inversione di tendenza politica per El Salvador, in quanto il presidente Nayib Bukele ha sostenuto lo status di moneta legale del Bitcoin come un modo per promuovere l’inclusione finanziaria, in particolare per la popolazione senza servizi bancari.

 

Tuttavia, recenti sondaggi mostrano che il 92% dei salvadoregni ha smesso di utilizzare Bitcoin dopo la sua adozione ufficiale, evidenziando lo scetticismo pubblico nei confronti della valuta digitale, nonostante gli sforzi del governo.

 

Sebbene il Bitcoin abbia perso il suo status di moneta legale, il governo ha recentemente dichiarato che continuerà ad acquistare la criptovaluta per incrementare le sue riserve.

 

L’anno scorso, Bukele ha criticato duramente il dollaro statunitense, sostenendo che non è sostenuto da nulla e che l’economia statunitense si basa sulla «farsa» di stampare quantità illimitate di denaro. Ha continuato a prevedere che la civiltà occidentale crollerà quando questa bolla «inevitabilmente scoppierà».

 

Negli scorsi giorni il Bukele, ha proposto che gli Stati Uniti «esternalizzino parte del loro sistema carcerario», per rinchiudere criminali pericolosi nella famigerata mega-prigione del suo paese, dietro compenso.

 

La grande struttura di massima sicurezza è stata costruita per incarcerare i sospettati detenuti durante una repressione governativa della violenza delle gang.

 

Secondo quanto riferito, Bukele ha lanciato l’idea durante un recente incontro con il Segretario di Stato americano Marco Rubio, che ha visitato la nazione centroamericana nel suo primo viaggio ufficiale all’estero martedì. Rubio ha rivelato la proposta, affermando che gli Stati Uniti erano «profondamente grati» a Bukele per l’offerta.

 

«Si è offerto di ospitare nelle sue prigioni pericolosi criminali americani in custodia nel nostro Paese, compresi quelli con cittadinanza statunitense e residenza legale», ha detto Rubio ai giornalisti, aggiungendo che «nessun Paese ha mai fatto un’offerta di amicizia come questa».

 

El Salvador ha anche accettato di sostenere lo sforzo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per reprimere l’immigrazione illegale, accogliendo migranti deportati e «criminali di qualsiasi nazionalità, siano essi MS-13 o Tren de Aragua», ha detto Rubio, menzionando le due principali bande criminali transnazionali che operano in America Centrale e Settentrionale.

 

MS-13 (Mara Salvatrucha) è composta principalmente da salvadoregni, l’altra menzionata da Rubio è in gran parte venezuelana.

 

L’offerta è stata confermata da Bukele poco dopo, con il presidente che l’ha pubblicizzata come «un’opportunità per esternalizzare parte del suo sistema carcerario» agli Stati Uniti.

 

«Siamo disposti ad accogliere solo criminali condannati (compresi cittadini statunitensi condannati) nella nostra mega-prigione (CECOT) in cambio di una tariffa. La tariffa sarebbe relativamente bassa per gli Stati Uniti ma significativa per noi, rendendo sostenibile l’intero sistema carcerario», ha scritto il presidente su X, condividendo le foto della famigerata struttura.

 

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La mega-prigione, ufficialmente nota come Centro di confinamento del terrorismo (CECOT), è stata aperta all’inizio del 2023 nell’ambito degli sforzi di Bukele per reprimere la criminalità organizzata nel Paese, il fulcro della sua prima campagna presidenziale che lo ha portato ad essere eletto per la prima volta nel 2019.

 

La struttura di massima sicurezza, che vanta una capienza di circa 40.000 detenuti, è la prigione più grande dell’America Latina e una delle più grandi al mondo. La prigione era piena fino a circa un terzo della sua capienza a giugno dell’anno scorso, con circa 14.500 detenuti.

 

Si dice che i detenuti del CECOT siano tenuti in condizioni estremamente anguste e difficili, sottoposti a sorveglianza costante e autorizzati a uscire dalle loro celle solo per 30 minuti al giorno mentre sono ammanettati.

 

L’ approccio del «pugno di ferro» al crimine organizzato esibito da Bukele è stato ripetutamente criticato da gruppi di difesa internazionali per presunte violazioni dei diritti umani e vari abusi, tra cui la detenzione arbitraria e il maltrattamento dei detenuti.

 

Il presidente salvadoregno ha sostenuto che la sua politica ha portato a una significativa riduzione della criminalità delle gang nel Paese.

 

Come noto, il Bukele è riconosciuto per aver totalmente fermato il crimine nel suo Paese, che era statisticamente il più violente del mondo, mentre ora, con più di un anno senza omicidi, risulta essere il più sicuro dell’emisfero occidentale – più tranquillo, quindi, perfino del Canada.

 

L’operazione di pacificazione del Paese – incredibile se paragonata con altre realtà come l’Ecuador e altri Paesi che paiono sul punto di divenire dei cosiddetti Narco-Stati – è stata portata avanti da Bukele con uno scontro diretto con le gang di narcotrafficanti che infestavano il Paese, ora finite in larga parte in nuove carceri di massima sicurezza costruite dal suo governo.

 

In un’intervista dello scorso anno Bukele rivelò che le gang narcos sono sataniste e sacrificano i bambini, trattando quindi della crisi della democrazia e del ritorno di Dio in politica.

 

Il presidente salvadoregno ha rimosso l’ideologia gender dall’istruzione pubblica, stia ricevendo il crescente odio del progressismo internazionale. Bukele stesso parla dell’attività delle ONG (sempre loro…) per i «diritti umani», che prima ignoravano bellamente il diritto dei cittadini salvadoriani di camminare per strada e non essere uccisi.

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Economia

I prezzi dell’oro raggiungono il massimo storico

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Mercoledì i prezzi dell’oro hanno raggiunto un massimo storico, estendendo una impennata record, poiché gli investitori, preoccupati per una guerra commerciale globale, hanno cercato asset sicuri nel contesto delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.   L’oro è salito dell’1%, con l’oro spot che ha raggiunto i 2.858,12 dollari l’oncia (circa 30,1 grammi del sistema metrico decimale) prima di attestarsi a 2.855,32 dollari, segnando un aumento dello 0,5% per la giornata. Anche i future sull’oro statunitense sono saliti, chiudendo a 2.884,60 dollari, in aumento dello 0,3%.   Gli analisti hanno attribuito l’impennata alle crescenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Martedì, sono entrate in vigore le tariffe aggiuntive del 10% del presidente degli Stati Uniti Donald Trump su tutte le importazioni cinesi. Pechino ha risposto con restrizioni su alcune importazioni statunitensi, tra cui una tariffa del 15% sul carbone e sul gas naturale liquefatto (GNL) statunitensi e una tariffa del 10% su petrolio greggio, macchinari agricoli, auto di grossa cilindrata e pick-up, in vigore dal 10 febbraio. Ha anche segnalato potenziali sanzioni contro aziende come Google.   Trump avrebbe dichiarato di non avere fretta di avviare colloqui con il presidente cinese Xi Jinping per alleviare la situazione.   «Le potenziali conseguenze economiche di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina stanno facendo temere agli investitori una recessione globale e un aumento dell’inflazione», ha detto all’agenzia Reuters Dominik Sperzel, responsabile del trading presso Heraeus Metals Germania.

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I prezzi dell’oro sono balzati di oltre l’8% quest’anno a causa dei timori di una guerra commerciale globale, raggiungendo livelli record. A Londra, il costo dei prestiti in oro a breve termine è aumentato a causa di una carenza nei mercati commerciali della città.   Gli esperti hanno collegato la carenza a un significativo movimento di oro verso gli Stati Uniti, dove le scorte sul New York Comex, una delle principali borse merci, sono aumentate dell’88% dalle elezioni presidenziali del novembre 2024. I trader hanno aumentato le spedizioni verso gli Stati Uniti in previsione dell’impatto dei dazi di Trump.   «L’oro è ipercomprato e deve correggere», ha detto l’analista di StoneX Rhona O’Connell alla testata, aggiungendo: «c’è ancora spazio per un ulteriore rialzo, ma escludendo eventuali cigni neri ci aspettiamo comunque di vedere il prezzo raggiungere il picco quest’anno».   Mercoledì, in un rapporto, il World Gold Council ha affermato che la domanda globale di oro è aumentata dell’1%, raggiungendo il record di 4.974,5 tonnellate nel 2024, trainata dai maggiori investimenti e dall’aumento degli acquisti da parte delle banche centrali nel quarto trimestre.

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Economia

I prezzi del gas in Europa aumentano

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I prezzi del gas europeo sono saliti al livello più alto da ottobre 2023, spinti dalle interruzioni della fornitura in seguito al recente rifiuto dell’Ucraina di estendere un accordo di transito del gas con Mosca. Le previsioni meteorologiche più fredde hanno esacerbato le preoccupazioni in un mercato energetico già teso.

 

Kiev ha deciso alla fine del 2024 di rescindere il contratto quinquennale di transito del gas con il gigante energetico russo Gazprom, interrompendo le forniture di gasdotto russo a Ungheria, Romania, Polonia, Slovacchia, Austria, Italia e Moldavia. Vladimir Zelensky ha affermato che la rescissione del contratto mirava a eliminare le entrate energetiche di Mosca. Tuttavia, Slovacchia e Ungheria lo hanno accusato di aver deliberatamente innescato una crisi energetica per ottenere un guadagno politico.

 

Il contratto di riferimento del mese in corso presso l’hub del gas olandese TTF è salito di oltre il 4% venerdì, superando i 590 dollari per mille metri cubi, ovvero 53,62 euro per megawattora, prolungando il rally dei giorni precedenti.

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I dati mostrano che i livelli di stoccaggio del gas nell’UE sono scesi a circa il 55%, una percentuale notevolmente inferiore al 72% registrato nello stesso periodo dell’anno scorso e al di sotto della media quinquennale del 62%.

 

Gli analisti prevedono un ulteriore aumento della domanda di riscaldamento, in quanto si prevede che le temperature scenderanno ulteriormente nei prossimi giorni.

 

L’UE ha dovuto far fronte a una drastica riduzione delle importazioni di gas russo, che in precedenza rappresentavano il 40% dell’approvvigionamento totale dell’Unione, a causa delle sanzioni legate all’Ucraina e del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream del 2022.

 

Per compensare, il blocco ha aumentato la sua dipendenza dalle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) più costoso dagli Stati Uniti e dalla Norvegia, facendo aumentare i costi energetici complessivi. Le recenti interruzioni nei campi norvegesi di Gullfaks, Troll e Asgard hanno ulteriormente limitato le forniture di energia all’Europa continentale.

 

Nonostante gli sforzi in corso per ridurre la dipendenza dall’energia russa, gli stati membri dell’UE hanno importato volumi record di GNL russo. Nella prima metà del 2024, la Russia è emersa come il secondo fornitore di GNL dell’UE, dietro solo agli Stati Uniti, secondo i dati dell’Institute of Energy Economics and Financial Analysis.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva precedentemente esortato Bruxelles ad acquistare più GNL americano, minacciando tariffe in caso di mancato rispetto.

 

L’UE è destinata a dipendere sempre di più dal GNL in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, poiché i livelli attuali sono «insufficienti» affinché il mercato europeo «bilanci e ricostituisca gli inventari per il prossimo inverno», hanno avvertito gli analisti di DNB Markets, secondo MarketWatch.

 

I funzionari dell’UE stanno ora discutendo la possibilità di riprendere le importazioni di gas russo come parte di un potenziale accordo per risolvere il conflitto in Ucraina, ha riportato questa settimana il Financial Times. Tuttavia, resta cauto sul fatto che una mossa del genere potrebbe minare gli sforzi in corso per diversificare le fonti energetiche e ridurre la dipendenza dalle forniture russe. Mosca ha anche espresso scetticismo riguardo alla fattibilità del piano segnalato.

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