Politica
La foto segnaletica di Trump fa decollare la raccolta fondi per la campagna: 7,1 milioni di dollari in poche ore

La recente foto segnaletica di Donald Trump, che è già diventata un’icona epocale, ha aiutato la sua campagna a raccogliere una somma da record, secondo il sito americano Politico.
La testata ha riferito lo scorso sabato che l’ex presidente aveva raccolto circa 7,1 milioni di dollari da quando si era fatto scattare la foto dalle autorità.
Politico ha citato una fonte anonima che ha affermato che la campagna di Trump ha incassato 4,18 milioni di dollari solo venerdì, il più alto incasso in 24 ore fino ad oggi.
Poco dopo che l’ufficio dello sceriffo della contea di Fulton diffondesse la foto segnaletica, il figlio dell’ex presidente, Donald Trump Jr., ha annunciato di aver lanciato una linea di merchandise recante l’immagine e lo slogan «NEVER SURRENDER!», cioè «mai arrendersi».
In un post su Twitter, Don jr. ha affermato che tutti i proventi della vendita di magliette, tazze e poster sarebbero andati al Fondo per la difesa legale «per combattere la tirannia e la follia che stiamo vedendo davanti a noi».
Giovedì sera, il leader repubblicano ha pubblicato un post su Twitter – il primo dal 2021 – indirizzando i sostenitori al suo sito web. La sua pagina di destinazione presenta la foto segnaletica e chiede ai visitatori di «dare un contributo per sfrattare il corrotto Joe Biden dalla Casa Bianca e SALVARE L’AMERICA durante questo capitolo oscuro della storia della nostra nazione».
Dopo essere stato accusato di molteplici accuse relative ai suoi presunti tentativi di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, è stato poi rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 200.000 dollari.
Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti o in carica a farsi scattare una foto segnaletica dalla polizia.
All’inizio di questo mese, il procuratore distrettuale di Fulton Fani Willis ha svelato un atto d’accusa di 41 capi di imputazione contro l’ex presidente e 18 dei suoi associati. Altre 37 accuse gli sono state mosse in Florida.
Trump è accusato di aver violato le leggi sulla criminalità organizzata della Georgia, nonché di cospirazione per interferire in elezioni, falsa testimonianza, sollecitazione di un pubblico ufficiale a violare il giuramento e altri reati.
Questa è la quarta accusa penale che il 45° presidente degli Stati Uniti deve affrontare dall’inizio dell’anno.
I pubblici ministeri federali lo hanno già accusato di dozzine di reati, sostenendo che avesse complottato per interferire nelle elezioni del 2020, gestito male documenti riservati dopo aver lasciato la Casa Bianca nel 2021 e pagato denaro in segreto all’attrice a luci rosse Stormy Daniels durante la sua campagna elettorale del 2016.
Trump ha ripetutamente negato qualsiasi illecito e ha descritto le accuse come una caccia alle streghe motivata politicamente progettata per impedirgli di candidarsi alla presidenza nel 2024.
Come riportato da Renovatio 21, Trump rischia più di mezzo millennio di carcere.
Trump guida i sondaggi dei candidati repubblicani con distacco abissale nonostante abbia abbandonato il dibattito primario di Fox News questa settimana per un incontro con il suo ex conduttore di punta Tucker Carlson: l’intervista, mandata online cinque minuti prima del dibattito TV, ha totalizzato oltre 250 milioni di visualizzazioni.
Immagine da Twitter
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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