Guerra cibernetica
Internet down in tutto il mondo a causa del crash del sistema di Cloudfare
Martedì, piattaforme di rilievo come X e ChatGPT hanno subito un’interruzione temporanea a causa di un guasto al servizio del fornitore di infrastrutture internet Cloudflare. Anche downdetector.com, tool diffuso per monitorare i disservizi online, è stato colpito dal malfunzionamento.
Poco prima di mezzogiorno UTC, l’azienda ha comunicato sulla sua pagina di stato di aver rilevato un «degrado interno del servizio» e di essere al lavoro per chiarirne le cause.
«L’interruzione di Cloudflare ha avuto ripercussioni sui servizi in tutto il mondo. Durante questo periodo, Downdetector ha ricevuto oltre 2,1 milioni di segnalazioni su tutti i servizi interessati», ha scritto il sito web di monitoraggio Downdetector su X.
I server di Cloudflare operano come «reverse proxy», deviando il flusso di traffico web attraverso la propria infrastruttura per schermare i clienti da rischi cibernetici. Tutelano quasi un quinto di tutti i siti globali.
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I principali portali che ne fanno uso hanno registrato disagi sporadici.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, un guasto esteso a Amazon Web Services (AWS) aveva provocato blackout diffusi sui servizi digitali. Un singolo intoppo può ripercuotersi su milioni di fruitori.
Il co-fondatore ed ex CEO di Binance, Changpeng «CZ» Zhao, ha commentato su X l’interruzione di Cloudflare: «la blockchain ha continuato a funzionare».
Non è ancora chiaro cosa possa essere successo. Alcuni ipotizzano che potrebbe essere stato un attacco alla schermatura offerta da Cloudfare di modo da fare disaccoppiare un particolare sito o sistema dal servizio, così da poter attaccare quest’ultimo, ma si tratta, come sempre nell’ambito cibernetico, di pure speculazioni.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Guerra cibernetica
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Guerra cibernetica
Accordo segreto di Israele con Google e Amazon
Un’inchiesta condotta in collaborazione da vari media, tra cui il Guardian, rivela che Israele ha obbligato i colossi tech statunitensi Google e Amazon a infrangere i propri vincoli contrattuali previsti dall’accordo cloud del 2021 con lo Stato Ebraico.
I patti dello Stato Giudaico con le due piattaforme USA sono finiti sotto la lente in seguito alle accuse – mosse anche dall’ONU – di genocidio per la reazione militare all’assalto di Hamas del 7 ottobre 2023, costato oltre 1.200 vite.
L’intesa, denominata Progetto Nimbus e del valore di 1,2 miliardi di dollari, impedirebbe alle aziende di negare al governo israeliano l’accesso ai servizi cloud, anche in caso di violazione dei loro termini d’uso, stando ai documenti pubblicati dal Guardian con +972 Magazine.
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Il contratto includerebbe inoltre un «meccanismo di allerta» che impone alle società di informare segretamente lo Stato degli ebrei ogni qualvolta uno Stato o un tribunale estero richieda i dati israeliani memorizzati in cloud.
Tale sistema prevede che l’azienda USA corrisponda a Israele una cifra – tra 1.000 e 9.999 shekel – pari al prefisso telefonico internazionale del Paese richiedente per ogni trasferimento di dati.
In pratica, questo escamotage permette alle tech di rivelare informazioni su richieste terze, normalmente secretate.
Google e Amazon rischierebbero pesanti penali se sospendessero i servizi a Israele. Lo Stato ebraico può «avvalersi di qualsiasi funzionalità» purché non infranga la legge israeliana, il copyright o implichi rivendita della tecnologia, secondo il testo trapelato.
La clausola mirerebbe a scongiurare che i giganti USA siano costretti a troncare i rapporti con Israele per pressioni di dipendenti, azionisti o attivisti.
Google ha dovuto affrontare crescenti critiche per il suo ruolo nel conflitto. A febbraio, ha rimosso dalle sue linee guida sull’Intelligenza Artificiale l’impegno a non sviluppare strumenti per armi o sorveglianza.
Negli ultimi anni i lavoratori Google hanno manifestato con crescente frequenza contro i legami aziendali con Tel Aviv, sullo sfondo del conflitto a Gaza. Ad aprile 2024 l’azienda ha licenziato circa 30 di essi, rei di aver ostacolato l’attività lavorativa.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio 2025 il cofondatore di Google Sergey Brin ha bollato l’ONU come «apertamente antisemita» dopo un report che accusava le tech, inclusa Alphabet, di aver lucrato sulla guerra a Gaza.
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Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi anni è emerso che centinaia di ex agenti dell’Intelligence militare israeliana hanno acquisito posizioni di influenza in diverse grandi società tecnologiche, tra cui Google, Facebook, Microsoft e Amazon.
Si tratterebbe di ex agenti della famigerata Unità 8200, l’ufficio dell’Intelligence militare dello Stato ebraico dedicata alla guerra cibernetica. L’Unità 8200 è nota per «la sorveglianza della popolazione palestinese, accumulando kompromat su individui a scopo di ricatto ed estorsione» scrive MintPressNews. «Spiando i ricchi e famosi del mondo, l’Unità 8200 ha fatto notizia lo scorso anno, dopo lo scoppio dello scandalo Pegasus», cioè l’emersione dell’esistenza di uno spyware potentissimo in grado di penetrare qualsiasi telefono, una vera arma cibernetica che la società israeliana vendo per il mondo.
«Gli ex ufficiali dell’Unità 8200 hanno progettato e implementato un software che ha spiato decine di migliaia di politici e probabilmente ha contribuito all’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi» scrive il sito americano.
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Il blackout di Amazon mette offline importanti siti web
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— Elon Musk (@elonmusk) October 20, 2025
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