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Guerra cibernetica

Informatico CIA condannato a 40 anni di carcere

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Un ex ingegnere informatico della CIA che ha messo in imbarazzo il suo datore di lavoro fornendo a WikiLeaks un’enorme quantità di informazioni riservate è stato condannato a 40 anni di prigione da un giudice di Nuova York.

 

Il giudice della Corte distrettuale degli Stati Uniti Jesse Furman ha emesso giovedì la sentenza contro Joshua Schulte, non raggiungendo la pena detentiva all’ergastolo richiesta dai pubblici ministeri federali. Schulte, accusato di aver compiuto il più grande furto di segreti americani nella storia della CIA, è stato condannato con l’accusa di spionaggio, pirateria informatica, oltraggio alla corte, false dichiarazioni all’FBI e possesso di pornografia infantile. Lo riporta RT.

 

Schulte, 35 anni, sarebbe stato la fonte dietro il cosiddetto Vault 7 pubblicato da WikiLeaks nel 2017, che esponeva i metodi utilizzati dalla CIA per hackerare smartphone e altri dispositivi. Il rapporto bomba ha rivelato come gli Stati Uniti abbiano spiato governi stranieri, sospetti terroristi e altri obiettivi, creando un grande imbarazzo per le agenzie di intelligence di Washington. Secondo quanto riferito, ha anche innescato un complotto segreto della CIA per rapire o assassinare il fondatore di WikiLeaks Julian Assange.

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Prima del suo arresto nel 2018, Schulte aveva contribuito a creare gli strumenti di hacking che ha poi esposto a WikiLeaks. Le tattiche della CIA includevano sforzi per trasformare le cosiddette smart TV – televisori con connettività online – in dispositivi di ascolto. I pubblici ministeri hanno affermato che c’era lui dietro «la più dannosa divulgazione di informazioni riservate nella storia americana».

 

Schulte ha sostenuto durante il processo del luglio 2022 che la CIA e l’FBI lo stavano rendendo il capro espiatorio per un’umiliante fuga di dati che avrebbero potuto essere rubati da centinaia di altre persone. Ha affermato inoltre di non avere motivo di effettuare una simile fuga di notizie. Durante l’udienza di condanna di giovedì, si è lamentato delle condizioni orribili nella sua cella di Nuova York, che ha definito una «gabbia di tortura», e ha detto che i pubblici ministeri stavano cercando «vendetta» dopo avergli precedentemente offerto un patteggiamento chiedendo una pena detentiva di 10 anni.

 

Furman scoprì che Schulte era motivato da «rabbia, dispetto e risentimento percepito» nei confronti dei suoi capi della CIA dopo che questi avevano ignorato le sue lamentele sulle condizioni di lavoro. Dopo essere stato incarcerato nel 2018, l’ex programmatore ha continuato a cercare di far trapelare materiale riservato in quella che i pubblici ministeri hanno definito una «guerra dell’informazione» con il governo degli Stati Uniti, ha detto il giudice.

 

Secondo l’accusa, durante l’esecuzione di un mandato di perquisizione nel caso di spionaggio, gli investigatori dell’FBI avrebbero trovato una cache crittografata di oltre 3.000 immagini e video raffiguranti abusi sessuali su minori sul computer di casa di Schulte. Più di sei anni della sua condanna a 40 anni di carcere derivavano dalle accuse di pornografia.

 

Sebbene Furman non abbia accolto la richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di imprigionare Schulte a vita, ha accettato di applicare un «potenziamento del terrorismo», una disposizione legale che consente condanne più severe per reati legati al terrorismo.

 

Assange, incarcerato a Londra dal 2019 mentre combatteva l’estradizione negli Stati Uniti, rischia fino a 175 anni di carcere con 17 accuse di spionaggio.

 

Il Vault 7 contiene vari strumenti di attacco informatico sviluppati dal Center for Cyber ​​Intelligence (CCI) della CIA e pubblicati da WikiLeaks nel marzo 2017. Si è trattato della più grande violazione di dati nella storia di Langley, con conseguenze di lunga durata. Ad esempio, le società cinesi di sicurezza informatica hanno recentemente utilizzato le prove del Vault 7 per dimostrare che gli Stati Uniti hanno hackerato la Cina per oltre un decennio.

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Secondo un rapporto interno della CIA reso pubblico, «la CCI aveva dato priorità alla costruzione di armi informatiche a scapito della sicurezza dei propri sistemi. Le pratiche di sicurezza quotidiane erano diventate tristemente permissive».

 

«La maggior parte delle nostre armi informatiche sensibili non erano compartimentate, gli utenti condividevano password di sistema a livello di amministratore, non esistevano controlli efficaci sui supporti rimovibili e i dati storici erano disponibili per gli utenti a tempo indeterminato», prosegue il rapporto, che afferma che la CIA «non si è accorta della perdita fino a un anno dopo, quando WikiLeaks l’ha annunciata pubblicamente nel marzo 2017».

 

Sempre secondo il rapporto, «se i dati fossero stati rubati a beneficio di uno stato avversario e non pubblicati, potremmo ancora non essere consapevoli della perdita, come sarebbe vero per la stragrande maggioranza dei dati sui sistemi di missione dell’Agenzia».

 

La perdita del Vault 7, che ha aperto in USA e nel mondo un vero vaso di pandora – con atti di guerra cibernetica false-flag che possono essere imputati a qualsiasi Paese grazie agli strumenti informatici trapelati – coincide essenzialmente con il Russiagate e l’allarme mediatico, non ancora cessato, sui cosiddetti «hacker russi».

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Guerra cibernetica

Il blackout di Amazon mette offline importanti siti web

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Un guasto ad Amazon Web Services (AWS) ha provocato disagi generalizzati a siti web e servizi online, colpendo piattaforme che includono streaming, servizi bancari, comunicazioni e media.   Il problema, verificatosi lunedì, ha coinvolto diverse grandi aziende, tra cui la piattaforma di Amazon, la piattaforma di intrattenimento in streaming Disney+, Lloyds Bank, l’app di trasporto Lyft, il New York Times, il forum Reddit e il celeberrimo (dopo la pandemia) servizio di teleconferenze Zoom.   AWS ha comunicato di aver rilevato «un incremento dei tassi di errore e delle latenze» su vari servizi, sottolineando di essere al lavoro «su più fronti paralleli per accelerare il ripristino». L’azienda ha successivamente riportato «progressi significativi» e promesso ulteriori aggiornamenti.

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Il fornitore di servizi cloud ha individuato l’origine del problema in una specifica parte della sua infrastruttura che serve la costa orientale degli Stati Uniti, senza però chiarire immediatamente le cause.   Un’interruzione simile su vasta scala si era verificata a luglio 2024, quando un aggiornamento software dell’azienda di sicurezza informatica CrowdStrike aveva causato crash globali dei sistemi Microsoft Windows.   Elon Musk si è vantato del fatto che la sua piattaforma social, X, è invece resistita al blackouto. «X funziona» ha twittato laconicamente ed ironicamente il miliardario, che con Jeff Bezos di Amazon ha una rivalità anche sul lato di industria spaziale.  

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La scorsa primavera a subire un’interruzione delle comunicazioni, un mese dopo aver visto un enorme blackout elettrico, fu il Regno di Spagna.   Un collasso delle grandi piattaforme internet di Meta si registrò nel marzo 2024, con alcuni che dettero la colpa ai miliziani Houthi che avrebbero tagliato i cavi del Mar Rosso.   Come riportato da Renovatio 21, già tre anni fa si era registrato un aumento delle interruzioni dell’internet in tutto il globo.  

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Cina

La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico

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La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.

 

In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.

 

Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.

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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.

 

Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.

 

Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.

 

L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».

 

Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.

 

Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.

 

All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».

 

Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.

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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.

 

Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.

 

A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.

 

Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.

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Guerra cibernetica

Aeroporti nordamericani hackerati con messaggi pro-Hamas

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Messaggi che elogiavano Hamas e attaccavano alti funzionari americani e israeliani sono stati trasmessi tramite sistemi di diffusione sonora e visualizzati su schermi digitali in tre aeroporti canadesi e uno statunitense lo scorso martedì. Lo ha riportato la stampa locale.   Le autorità hanno avviato indagini su quello che appare come un attacco informatico coordinato.   L’attacco hacker avrebbe colpito i display informativi e i sistemi audio di due aeroporti nella Columbia Britannica, l’aeroporto internazionale di Windsor in Ontario e l’aeroporto internazionale di Harrisburg in Pennsylvania.  

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Le immagini dei display aeroportuali, diffuse dai notiziari locali, mostravano il messaggio «Israele ha perso la guerra, Hamas ha vinto con onore», insieme a una dichiarazione offensiva contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sullo schermo è apparsa anche la firma digitale «Hackerato da Mutarrif Siberislam». Le trasmissioni audio includevano, secondo quanto riferito, slogan pro-palestinesi come «Palestina libera» e insulti rivolti sia a Trump che al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.   Le autorità dell’aeroporto di Kelowna hanno confermato l’incidente, spiegando che una terza parte aveva avuto accesso sia agli schermi informativi sui voli sia al sistema di diffusione sonora. Un portavoce dell’aeroporto internazionale di Victoria ha precisato che solo il sistema audio dell’aeroporto era stato compromesso.   Transport Canada ha dichiarato di essere a conoscenza degli attacchi, incluso un ulteriore incidente all’aeroporto internazionale di Windsor.   Le autorità di Harrisburg hanno confermato che l’episodio è sotto indagine da parte di funzionari locali, statali e federali.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il sistema dell’aviazione canadese fu oggetto di un misterioso attacco hacker che lo paralizzò totalmente, poco dopo che uno stop fosse dato agli aerei delle Filippine e un «problema tecnico» (questa la versione ufficiale) mettesse a terra tutti gli aerei USA, evento che non ha avuto precedenti se non nelle ore dopo l’attentato dell’11 settembre 2001. In quel caso, alcuni ipotizzarono un attacco di hacking di tipo ransomware, con riscatto pagato in bitcoin, il cui valore, in quelle ore, di fatto aumentò.   Come riportato da Renovatio 21, un attacco hacker ha colpito il mese scorso anche grandi aeroporti europei.  

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Immagine screenshot da Twitter  
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